Eraclito: differenze tra le versioni

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{{Avvisounicode}}
{{Bio
|Nome = Eraclito di Efeso
|Nome = Eraclito<ref>Sulla corretta posizione dell'[[Accento (linguistica)|accento]] nella pronuncia del nome non sembra esservi un accordo generale: seguendo la [[lingua latina]] si pronuncerebbe «Eraclìto», secondo quella [[lingua greca antica|greca]] invece «Eràclito». Sebbene la regola nella pronuncia dei nomi greci sia di seguire l'accentazione latina, nel caso di Eraclito il [[Dizionario di pronuncia italiana]] di [[Luciano Canepari]] suggerisce di adeguarsi all'uso più diffuso tra gli studiosi che è di pronunciarlo alla greca (cioè ''Eràclito'', cfr. la [http://www.corriere.it/Rubriche/Scioglilingua/2005/15luglio.shtml rubrica Scioglilingua] del ''Corriere della Sera'').</ref> di Efeso
|Cognome =
|PreData = pronuncia alla greca ''Eràclito'' {{IPA|/eˈraklito/}}, alla latina invece ''Eraclìto'' {{IPA|/eraˈklito/}}<ref>{{Dipi|Eraclito}}</ref><ref>{{DOP|id=1022647}}</ref><ref>[http://www.corriere.it/Rubriche/Scioglilingua/2005/15luglio.shtml Rubrica Scioglilingua] del ''[[Corriere della Sera]]''</ref>; {{lang-grc|Ἡράκλειτος|Hērákleitos}}, "gloria di [[Era (divinità)|Era]]"<ref>Il nome "Eraclito" (''Herákleitos'') ha lo stesso significato di quello di [[Eracle]], cfr. ''[https://web.archive.org/web/20131224105906/http://www.experiencefestival.com/herakleitos Meaning of Herakleitos]'', in quanto ''Herákles'' è una forma contratta o ipocoristica del nome ''Herákleitos'', composto da ''Hera'' (Era, la dea moglie di [[Zeus]]) e ''kleitos'' ("gloria").</ref> o {{polytonic|Ἡράκλειτος ὁ Ἐφέσιος}}, ''Hērákleitos ho Ephésios'', "Eraclito di Efeso"
|Sesso = M
|LuogoNascita = Efeso
|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita = 535 a.C.
|LuogoMorte = Efeso
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte = 475 a.C.
|Epoca = -500
|Epoca2 = -400
|Attività = filosofo
|Nazionalità = greco antico
|PostNazionalità = , uno dei maggiori pensatori [[presocratici]]
|Immagine = Hendrik ter Brugghen - Heraclitus.jpg
|Didascalia = ''Eraclito'', olio su tavola di [[Hendrick ter Brugghen]], [[1628]], [[Rijksmuseum (Amsterdam)|Rijksmuseum]] ([[Amsterdam]])<ref>[{{Cita web |url=http://www.margencero.com/articulos/new03/parmenides_heraclito.html |titolo=Parmenides or Heraclito] |accesso=16 dicembre 2013 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131216190311/http://www.margencero.com/articulos/new03/parmenides_heraclito.html |dataarchivio=16 dicembre 2013 |urlmorto=sì }}</ref><ref>[http://gabriellagiudici.it/eraclito/ Gabriella Giudici, ''Eraclito'']</ref>
}}
 
IlEraclito suoè considerato il [[pensieroPensatore]] risultaoscuro particolarmenteper difficileeccellenza daed comprendereegli edstesso ènutriva statosfiducia nella possibilità che il suo scritto potesse essere compreso dalla maggior parte degli uomini. Egli è interpretato neiin modi più diversidifferenti a causa del suo stile ermetico, oracolare, criptico e della frammentarietà nella quale ci è giunta la sua opera. Eraclito aveva comunque fama di cripticità già nellacomplessa suain epocaprincipio. Ad esempio [[Aristotele]], che si suppone ne abbia letto integralmente l'opera, lo definisce «l'oscuro»; persino [[Socrate]] ebbe problemi a comprendere gli aforismi dell'«oscuro», sostenendo che erano profondi quanto le profondità raggiunte dai tuffatori di [[Delo]].<ref>González Calero Pedro, in ''Rido ergo sum'', ed. Ponte alle Grazie, 2008.</ref> Eraclito influenzò in vario modo i pensatori successivi: da [[Platone]] allo [[stoicismo]], la cui fisica ripropone in gran parte la teoria eraclitea del ''[[logos]]''.<ref name=fronterotta>Eraclito, ''Frammenti'', Introduzione, p. XXV, a cura di Francesco Fronterotta, BUR, 2013.</ref>
 
== Biografia ==
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Della vita di Eraclito si hanno pochissime notizie,<ref>Secondo quanto riportato da Diogene Laerzio ci sarebbero stati cinque Eracliti (''Vite dei filosofi'', IX 17). Secondo la traduzione di Giovanni Reale: «Ci furono cinque Eraclito: il primo è questo del quale ho parlato; il secondo è un poeta lirico, a cui è dovuto l'inno ''Dei dodici dèi''; il terzo è un [[poeta]] [[elegia]]co di [[Alicarnasso]], rivolgendosi al quale Callimaco compose questa poesia: "Mi annunziò un tale... allunga la mano". Il quarto fu uno di [[Lesbo]], che scrisse una ''Storia della [[Macedonia (regione storica)|Macedonia]]''; il quinto fu uno che mescola il serio e il faceto, che prima di fare questo era stato suonatore di [[cetra (antichità classica)|cetra]]» (da ''I presocratici. Prima traduzione integrale...'', ed. cit., p. 363).</ref> mentre della sua opera filosofica sono sopravvissuti, attraverso testimonianze, soltanto pochi frammenti.
 
Nacque in una famiglia [[aristocrazia|aristocratica]]<ref name=ers />; il padre, dal nome incerto (le fonti riportano vari possibili nomi: Bautore, Blosone,<ref>[[Diogene Laerzio]], ''Vite dei filosofi'', IX 1.</ref> Blysone<ref>[[Clemente Alessandrino]], ''Stromata'', I 65.</ref>, Erachione, Erachino<ref>[[Suida]]</ref>, Eraconte<ref>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 1, Secondo traduzione di Giovanni Reale in ''I presocratici. Prima traduzione integrale...'', ed. cit., p. 317''</ref> o Eraconto<ref>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 1, Secondo la traduzione di Gabriele Giannantoni in ''I Presocratici. Testimonianze e frammenti'', p.179.</ref> che, invece, a quanto presentato da Giannantoni si suppose essere il nome del nonno<ref name=ers>«Per un panorama completo dei problemi e delle discussioni moderne su Eraclito, cfr. ZELLER-MONDOLFO, ''La filosofia dei Greci'', cit. I 4. Riguardo alla famiglia di Eraclito, a parte l'incertezza del nome del padre (Blosone e Blisone [cfr. A 3 e 18 A 7]; Eraconte si è supposto essere il nome del nonno), si sa che era di nobile origine e che al suo capo spettava il titolo di βασιλεύς (cfr. A 2): il che può valere a spiegare l'atteggiamento [[aristocraziaAristocrazia|aristocratico]] di Eraclito e la sua violenta polemica contro il governo [[democraziaDemocrazia|democratico]] che si instaurò ad Efeso intorno al [[478 a.C.|478]].» (''I Presocratici. Testimonianze e frammenti'', Gabriele Giannantoni, ed. cit., p.179, nota 1)</ref>), era un discendente di Androclo, il fondatore di Efeso, e possedeva mezzo stadio di terra e una coppia di buoi.

Nonostante discendesse da una famiglia di nobile origine, aad Eraclito non interessava né la fama né il potere né la ricchezza; infatti, nonostante in quanto primogenito avesse diritto al titolo onorifico di ''[[basileus]]''<ref name=ers /> (che in greco significava re ed era la massima autorità sacerdotale), rinunciò a esso in favore del fratello minore<ref>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 6.</ref>.
[[File:Heraclitus b 4 compressed.jpg|upright|left|thumb|Busto di filosofo greco, talvolta identificato con Eraclito ([[Roma]], [[Musei capitolini]])]]
 
Quando il [[Impero achemenide|re di Persia]] [[Dario I di Persia|Dario]], dopo aver letto il suo libro ''[[Sulla natura (Eraclito)|Sulla natura]]'', lo invitò a corte promettendogli grandi onori<ref>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 13.</ref>, Eraclito rifiutò la sua proposta, rispondendogli che, mentre "tutti quelli che vivono sulla terra sono condannati a restare lontani dalla verità a causa della loro miserabile follia" (che per Eraclito consiste nel "placare l'insaziabilità dei sensi" e nell'ambizione al potere), lui invece è immune dal desiderio e rifugge ogni privilegio, fonte d'invidia, restando a casa sua e accontentandosi di quel poco che ha. Per il suo distacco dai beni materiali e il disprezzo per il potere e per la ricchezza, Eraclito non piaceva molto agli Efesini, che erano esattamente l'opposto; per questo venne criticato dagli Efesini quando riuscì a convincere il tiranno [[Melancoma]] ad abdicare e ad andare a vivere nei boschi, ad aperto contatto con la natura<ref>Clemente Alessandrino, ''Stromata'', 1, 65.</ref>. Visse in solitudine nel [[Tempio di Artemide (Efeso)|tempio di Artemide]] ove, stando a quanto dice [[Diogene Laerzio]], depose il suo libro, «avendo deciso intenzionalmente, secondo alcuni, di scriverlo in forma oscura, affinché ad esso si accostassero quelli che ne avessero la capacità e affinché non fosse dispregiato per il fatto di essere alla portata del volgo»<ref name=era>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 6. Tratto da ''I Presocratici. Testimonianze e frammenti''</ref>. Mentre [[Teofrasto]] sostiene che, a causa del temperamento [[melanconiaMelanconia|melanconico]] di Eraclito, esso non fu mai portato a termine e fu scritto in modo discontinuo<ref>«Teofrasto sostiene che, a causa del suo temperamento melanconico, egli compose il suo scritto per un verso senza portarlo a termine e per l'altro in modo discontinuo». Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 6. Tratto da ''I Presocratici. Testimonianze e frammenti''</ref>. Il testo sempre a quanto presentato da Diogene Laerzio «godette di una tale fama che alcuni se ne fecero seguaci e furono chiamati Eraclitei»<ref name=qua>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 4. Tratto da ''I Presocratici. Testimonianze e frammenti''</ref>. La deposizione del libro nel tempio conferma peraltro il suo temperamento aristocratico, essendo un gesto volto a proteggerlo dalla massa degli umani.<ref>[http://www.filosofico.net/eracli.html Eraclito su ''filosofico.net''].</ref> Vivendo per lo più isolato, Eraclito trascorse gli ultimi anni prima della morte sui monti, cibandosi di sole piante, adottando una dieta strettamente [[vegetariana]].<ref>[[Indro Montanelli]], ''Storia dei Greci'', capitolo XI, Eraclito, BUR, 2010 (prima ed. 1959)</ref>
 
Durante l'eremitaggio sui monti, si ammalò di [[idropisia]] e quindi «tornò in città e, in forma di enigma, chiese ai medici se fossero capaci di far sì che dall'inondazione venisse la siccità; e poiché quelli non lo comprendevano, si seppellì in una stalla sotto il calore dello [[sterco]] animale, sperando che l'umore evaporasse». Da qui si raccontano cinque versioni leggermente diverse. Nella prima, «non avendone, neppure così, alcun giovamento, morì dopo essere vissuto sessant'anni.»<ref>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 3. Tratto da ''I Presocratici. Testimonianze e frammenti''</ref>. [[Ermippo di Smirne|Ermippo]] presenta invece «ch'egli chiese ai medici se qualcuno fosse capace di essiccare l'umore vuotando gli intestini; alla loro risposta negativa, si distese al sole e ordinò ai ragazzi di ricoprirlo di sterco animale. Stando così disteso, il secondo giorno morì e fu seppellito nella piazza»<ref name="qua"/>. Mentre [[Neante di Cizico]] «dice che era rimasto lì non essendo più riuscito a staccarsi lo sterco di dosso, e che, divenuto irriconoscibile per la deformazione, fu divorato dai cani»<ref name=qua />. È possibile che la causa di morte di Eraclito sia stata proprio l'annegamento nello sterco di mucca<ref>[[Focus (periodico 1992)|Focus]], ''Morte e immortalità n° 41'', p. 64.</ref><ref>Francesco Rende, ''Come la filosofia può salvarti la vita'', 2013, [https://books.google.it/books?id=BSe1hV_U6ykC&pg=PP16&lpg=PP16&dq=eraclito+annegamento&source=bl&ots=gkp39jdz_l&sig=rU9a51WlHpKLkWGbsBVuVwAiyJQ&hl=it&sa=X&ei=whW3UrvzK4PpygOY94HADQ&ved=0CHEQ6AEwCQ#v=onepage&q=eraclito%20annegamento&f=false estratto]</ref>, anche se «[[AristoteneAristone di Ceo|Aristone]] nell'opera ''Su Eraclito'' dice che era guarito dall'idropisia e che era morto per un'altra malattia; questo lo afferma anche [[Ippoboto]]»<ref>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 5. Tratto da ''I Presocratici. Testimonianze e frammenti''</ref>.
 
== Il pensiero ==
[[File:Utrecht Moreelse Heraclite.JPG|thumb|Eraclito in un dipinto di [[Johannes Moreelse]]]]
 
Dell'opera di Eraclito ci rimangono testimonianze e frammenti sparsi, in forma di aforismi [[oracoloOracolo|oracolari]]<ref>«'''[...]''' ricordiamo che alcuni, sulla base del carattere "discorsivo" di questo primo frammento, hanno negato che il libro di Eraclito fosse composto in stile aforistico e oracolare: se noi abbiamo questa impressione è solo per il modo in cui gli antichi hanno fatto le loro citazioni; e se Eraclito depose il libro nel tempio di [[Artemide]] (cfr. A 1 § 6) ciò può spiegarsi pensando che con ciò egli voleva assicurarne la conservazione. Tuttavia questo modo di citazione non può essere casuale e del resto Eraclito, di fronte all'incapacità a comprendere degli uomini, doveva dire di sé quel che dice l'oracolo delfico (B 93) e della [[Sibilla]] (B 92). Dai tentativi, fatti in seguito, di esporre in modo sistematico la filosofia di Eraclito, derivano le trattazioni [[dossografia|dossografiche]], del tipo di quella che troviamo in Diogene Laerzio.» (da ''I presocratici. Testimonianze e frammenti'', ed. cit., p. 195).</ref>. In un frammento fa difatti riferimento alla maniera di interpretare i responsi dell'oracolo di [[Apollo]] a [[oracoloOracolo di Delfi|Delfi]]: {{Citazione|Il signore, il cui oracolo è a Delfi, non dice né nasconde, ma indica.<ref name=dk93>Frammento DKDiels-Kranz 93.</ref>}}
 
Sempre a quanto posto da [[Diogene Laerzio]] vi furono moltissimi che diedero interpretazioni del suo libro tra i quali: [[Antistene]], [[Eraclide Pontico]], [[Cleante]], [[Sfero di Boristene|Sfero lo Stoico]], [[Pausania di Gela|Pausania]] detto l'Eraclitista, [[Nicomede (matematico)|Nicomede]], [[Dionisio di Eraclea (filosofo)|Dionisio]], [[Diodoto (filosofo)|Diodoto]] che negò che il testo trattasse della [[natura]] ma riguardasse la [[politica]], [[Ieronimo di Rodi|Ieronimo]] e [[Scitino di Teo|Scitino]].<ref>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 15-16.</ref>
Eraclito manifesta un atteggiamento filosofico che potremmo definire "[[iniziazione|iniziatico]]", ritenendo infatti di non poter essere compreso dalla moltitudine. A conferma di ciò disse:
 
{{Citazione|Uno è per me diecimila, se è il migliore|[[Galeno]], ''De Dignoscendis Pulsibus''; frammento 49<ref name=galsimmaco-prodromo>PresentatoCitato anche da [[Quinto Aurelio Simmaco]] e da [[Teodoro Prodromo]] in ''Epitalamio per le nozze di Giovanni Comneno e.... Taronita''. Da ''I presocratici. Testimonianze e frammenti'', ed. cit., p. 202, traduzione di Gabriele Giannantoni. Nella traduzione di Giovanni Reale: «Uno solo vale più di diecimila, se è il migliore». Da ''I presocratici. Prima traduzione integrale...'', ed. cit., p. 353.</ref>|εἷς ἐμοὶ μύριοι, ἐὰν ἄριστος ἦι|lingua=grc}}
 
Ma non si limitò alla folla, infatti criticò apertamente anche i più sapienti dell'epoca, colpevoli di non aver compreso l'unitarietà del Logos:
 
{{Citazione|Sapere molte coseL'erudizione non insegna ad avere intelligenza: altrimenti l'avrebbe altrimenti insegnatoinsegnata ad [[Esiodo]], e a [[Pitagora]] eed poiinoltre a [[Senofane]] e ad [[Ecateo di Mileto|Ecateo]].|Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX, 1; frammento 40<ref name=phi>{{fr}}Traduzione di [http://philoctetes.free[Marcello Gigante]], Bari, Laterza, 1962, p.fr/heraclitefraneng.htm philoctetes422.free.fr]</ref>|πολυμαθίη νόον (ἔχειν) οὐ διδάσκει· ἩσίοδονγὰρἩσίοδον γὰρ ἂν ἐδίδαξε καὶ Πυθαγόρην αὖτις τε Ξενοφάνεά (τε) καὶ Ἑκαταῖον.|lingua=grc}}
 
In lui probabilmente sono presenti anche alcuni legami con la tradizione [[orfismoOrfismo|orfica]] e [[Dioniso|dionisiaca]].<ref>''Eraclito. Dell'origine'', a cura di A. Tonelli, Feltrinelli, 2005.</ref><ref>Frammenti 15 e 58, DKDiels-Kranz</ref> Eraclito è comunemente passato alla storia come il "filosofo del [[divenire]]"<ref name="reale">Così ad esempio G. Reale: «Per Eraclito le cose non hanno realtà se non appunto nel perenne divenire. È questo senza dubbio l'aspetto della dottrina di Eraclito divenuto più celebre, tosto fissato nella formula "tutto scorre" (''pànta rhèi'')» (da ''Il pensiero antico'', p. 23, Vita e Pensiero, Milano 2001, ISBN 88-343-0700-3).</ref> legato al motto «tutto scorre» (''pánta rhêi'', in [[linguaLingua greca|greco]] πάντα ῥεῖ), ma in realtà il famoso detto non è attestato nei frammenti giunti fino a noi ed è probabilmente da attribuirsi al suo discepolo [[Cratilo]] che svilupperà il pensiero del maestro, estremizzandolo. In ogni caso la formula lessicale "''[[panta rei]]''" verrà coniata ed utilizzata la prima volta da [[Simplicio (filosofo)|Simplicio]] in ''Phys.'', 1313, 11.<ref>«Panta rhei os potamòs» (πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός, "tutto scorre come un fiume")</ref> L'origine di tale affermazione è legata all'aforisma eracliteo n. 91: {{Citazione|Non si può discendere due volte nel medesimo [[fiume]] e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va.<ref>Frammento 91, [[Hermann Diels|Diels]]-[[Walther Kranz|Kranz]]</ref>}}
In altri frammenti afferma che il solo ''Logos'' è immutabile, ma prende forme mutevoli in quanto l'universo eracliteo è [[panteismoPanteismo|panteistico]] e mutevole al tempo stesso:
{{Citazione|Non ascoltando me, ma il logos, è saggio intuire che tuttetutto le cose sonoè Uno, e che l'Uno è tutte le cosetutto.|Eraclito, DKDiels-Kranz, FRFr. 50|Οὐκ ἐμοῦ, ἀλλὰ τοῦ λόγου ἀκούσαντασἀκούσαντας [ὁμολεγεῖν] σοφόν ἐστιν ἒν πάντα εἰδέναι. |lingua=grc}}
 
Se da un lato è sensato - per buona parte della critica storico-filosofica - riferirsi ad Eraclito come il "filosofo del divenire", su un altro versante interpretativo, sembra essere altrettanto appropriato approcciarsi al pensiero dell'efesio considerando la sua speculazione come incentrata su una prima e fondamentale importanza data al lògos. Nel sopra citato frammento, infatti, si nota quanto sia presente un non troppo implicito carattere rivelativo del lògos filosofico. Eraclito è il primo a mettersi in disparte: è perfettamente consapevole che l'ascolto debba essere indirizzato al lògos stesso e non, quasi profeticamente parlando, alla sua parola. In questo senso è egli stesso a farsi mero portavoce di un qualcosa che "già è" e che, in primis, "sempre è". Come ha osservato il filosofo contemporaneo [[Giorgio Colli]], il verbo greco "eidénai" (εἰδέναι) indica preminentemente un "congetturare per immagini", un "intuire". Tale analisi filologica, evidenzia quella peculiare tensione del mondo greco antico a legare l'atto stesso della conoscenza con quello della visione.
 
È in questo senso che, circa un secolo dopo, [[Platone]] userà il termine "eidòs"eìdos (εἶδος) per enfatizzare il carattere mnemonico della conoscenza sensibile: infatti, il conoscere è, per Platone, risvegliare nell'anima dell'uomo l'idea (sempre e solo come tensione) di ciò che è stato già visto in un [[iperuranio]] ideale, esterno al mondo sensibile, in cui l'anima si trovava - contemplando e vedendo quelle idee - prima di incarnarsi nel corpo materiale. Emerge così, alla luce di queste precisazioni, la natura stessa del lògos eracliteo: è il senso del tutto che permea il tutto, rivelandosi indirettamente e rendendosi afferrabile tramite intuizione.
 
=== Gli svegli e i dormienti ===
{{Citazione|È la medesima realtà il vivo e il morto, il desto e il dormiente, il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli, e quelli di nuovo mutando son questi.|Eraclito, frammento 88|Ταὐτὸ τ΄ἔνι ζῶν καὶ τεθνηκὸς καὶ ἐγρηγορὸς καὶ καθεῦδον καὶ νέον καὶ γηραιόν· τάδε γὰρ μεταπεσόντα ἐκεινά ἐστι κἀκεῖνα πάλιν μεταπεσόντα ταῦτα.|lingua=grc}}
 
Ricorre nel pensiero filosofico di Eraclito la contrapposizione fra i desti e i dormienti:<ref>«Il motivo dell'opposizione sonno-veglia, connesso con quello dell'incapacità umana a comprendere il logos e la vera natura delle cose (cfr. quanto osservato a proposito di B 17, n. 28) è frequente in Eraclito: lo abbiamo già visto in B 1 e lo ritroveremo in B 26, B 73, B 75, B 87 e B 89. Al di là di molte sottili questioni ermeneutiche (per le quali si rinvia all'esposizione in [[Eduard Zeller|Zeller]]-[[Rodolfo Mondolfo|Mondolfo]], ''op. cit.'', I 4, pp. 279-87) e l'indubbia oscurità di alcune sue formule, il senso fondamentale sta nel parallelismo tra le coppie sogni-sonno e saggezza particolare (cfr. B 2)-vita. In altri termini le opinioni particolari degli uomini, proprio perché separate da "ciò che è saggio" (cfr. B 108 e n. 52) danno di ciò che vediamo un'immagine di alcunché di morto (unità di vivo e di morto cfr. B 62) e non hanno maggiore consistenza dei sogni che vediamo nel sonno. Per questo i "valori" notturni del sonno e della morte fanno tutt'uno con quelli "luminosi" della veglia e della vita.» Questa interpretazione è di Gabriele Giannantoni in ''I presocratici. Testimonianze e frammenti'', ed. cit., p. 201.</ref> è «unico e comune il mondo per coloro che sono svegli»,<ref>Dal libro ''Sulla superstizione'' di [[Plutarco]], in [[Hermann Diels|Diels]]-[[Walther Kranz|Kranz]], 89. La traduzione dal [[greco antico]] in [[Lingua italiana|italiano]] di Gabriele Giannantoni risulta come segue: «unico e comune il mondo per coloro che son desti, mentre nel sonno ciascuno si rinchiude in un mondo suo proprio particolare» (da ''I presocratici. Testimonianze e frammenti'', ed. cit., p. 215). Quella di [[Giovanni Reale]] è invece: «Eraclito dice che per coloro che sono svegli esiste un mondo unico e comune, e che invece ciascuno di coloro che dormono torna nel proprio mondo» (da ''I presocratici. Prima traduzione integrale...'', ed. cit., p. 363). La traduzione di [[Angelo Tonelli]] è infine: «Per i risvegliati c'è un cosmo unico e comune, ma ciascuno dei dormienti si involge in un mondo proprio.» (da ''Eraclito, Dell'Origine'', a cura di Angelo Tonelli, [[Giangiacomo Feltrinelli Editore]], 1993).</ref> ossia quelle persone, che, andando oltre le apparenze, sanno cogliere il senso intrinseco delle cose,<ref>«Molti sono scadenti, pochi quelli che valgono» (fr. 14, A 72, Colli).</ref> mentre «agli altri uomini rimane celato ciò che fanno da svegli, allo stesso modo di quando non sono coscienti di quel che fanno dormendo»,<ref>Diels-Kranz 1.</ref> riferendosi alla mentalità degli uomini comuni, i dormienti appunto. Eraclito intende per filosofi tutti quelli che sanno indagare a fondo la loro anima, che, essendo illimitata, offre all'interrogando la possibilità di una ricerca altrettanto infinita.<ref>«Non potrai mai raggiungere i confini dell'anima, per quanto tu possa andare percorrendo per intero le sue vie: tanto profondo è il suo ''lògos''» (fr. 45, Diels-Kranz).</ref> Il pensiero eracliteo è quindi aristocratico,<ref>[http://www.filosofico.net/eracli.html Eraclito su ''filosofico.net'']: «l'aristocraticismo di Eraclito non è molto legato alla vita politica, quanto piuttosto a quella intellettuale e culturale».</ref><ref>«La tradizione lo ricorda come un uomo orgoglioso e solitario, difensore e sostenitore di valori aristocratici e poco comprensibili alla gente comune» (G. Granata, ''Filosofia'', vol. I, pag. 25, Alpha Test, 2001).</ref> in quanto egli definisce la maggioranza degli uomini superficiali, poiché tendono a dormire in un sonno mentale profondo che non permette loro di comprendere le leggi autentiche del mondo circostante.<ref>«Per parte sua, il volgo, verso il quale l'aristocratico Eraclito non nutre se non disprezzo, si adagia in un'ignoranza presuntuosa» (F. Volpi, ''Dizionario delle opere filosofiche'', pag. 345, Mondadori, 1988).</ref> Secondo Eraclito infatti «rispetto a tutte le altre una sola cosa preferiscono i migliori: la gloria eterna rispetto alle cose caduche; i più invece pensano solo a saziarsi come animalibestie».<ref>Diels-Kranz 29.</ref> La testimonianza di [[Diogene Laerzio]] conferma come Eraclito fosse uno «spregiatore del volgo».<ref name=dIX6>«Eraclito depose il suo libro nel tempio di Artemide, avendo deciso intenzionalmente, secondo alcuni, di scriverlo in forma oscura, affinché ad esso si accostassero <solo>'''[integrazione di Diels]''' quelli che ne avessero la capacità e affinché non fosse dispregiato per il fatto di essere alla portata del volgo. E questo sottolinea anche [[Timone]] [fr. 43 Diels], allorché dice:<br />Tra di essi s'innalzò con il suo grido l'enigmatico Eraclito, dispregiatore della folla.<br />Teofrasto sostiene che, a causa del suo temperamento melanconico, egli compose il suo scritto per un verso senza portarlo a termine e per altro in modo discontinuo. Antistene nelle ''Successioni'' [F.H.G. III 182*] riferisce un indizio della sua generosità: rinunciò infatti al potere regale in favore del fratello. Il suo scritto godette di una tale fama che alcuni se ne fecero seguaci e furono chiamati Eraclitei» Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX, 6. Tratto da ''I Presocratici. Testimonianze e frammenti''.</ref><ref>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX, 6.</ref>
 
=== I migliori e i più ===
[[File:Busto di c.d. eraclito, da villa papiri ercolano, copia romana da orig. del III sec ac., MANN 01.JPG|thumb|upright=0.8|Uno dei busti ritrovati nella [[Villa dei Papiri]] a Ercolano, identificato dapprima come Eraclito, solo più recentemente con [[Empedocle]].<ref>«In tempi più recenti, è stata avanzata l'ipotesi che si tratti di Empedocle di Agrigento (492-432 a.C.). Tale proposta trova conforto sia nella notizia di Diogene Laerzio in merito alla folta chioma del personaggio sia alla specifica collocazione del bronzo all'interno della villa dove faceva ''pendant'' con il bronzo raffigurante Pitagora (inv. 5607), che fu suo maestro» ([http://cir.campania.beniculturali.it/museoarcheologiconazionale/percorso/nel-museo/P_RA26/RIT_RA380/scheda_view ''Museo archeologico Nazionale di Napoli''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160806072044/http://cir.campania.beniculturali.it/museoarcheologiconazionale/percorso/nel-museo/P_RA26/RIT_RA380/scheda_view# |data=6 agosto 2016 }}).</ref>]]
 
{{Citazione| Rispetto a tutte le altre una sola cosa preferiscono i migliori: la gloria eterna rispetto alle cose caduche; i più invece pensano solo a saziarsi come bestie | Clemente Alessandrino, ''[[Clemente alessandrino#.22Miscellanea.22 .28Stromateis.29|Stromateis]]'' (Miscellanea)<ref>In Diels-Kranz 29. Da ''I presocratici. Testimonianze e frammenti'', ed. cit., p. 202, traduzione di Gabriele Giannantoni. Nella traduzione di [[Giovanni Reale]]: «Gli uomini migliori preferiscono una sola cosa a tutte le altre, ossia la gloria eterna alle cose mortali; i più, invece, amano saziarsi come le bestie». In ''I presocratici. Prima traduzione integrale...'', ed. cit., p. 349.</ref> | αἰρεῦνται γὰρ ἓν ἀντὶ ἁπάντων οἱ ἄριστοι, κλέος ἀέναον θνητῶν' οἱ δὲ πολλοὶ κεκόρηνται ὅκωσπερ κτήνεα | lingua=GRC}}
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{{Citazione| Uno è per me diecimila, se è il migliore | [[Galeno]], ''De Dignoscendis Pulsibus''<ref>Presentato anche da [[Simmaco]] e da [[Teodoro Prodromo]] in ''Epitalamio per le nozze di Giovanni Comneno e.... Taronita''. In Dielsname=simmaco-Kranz 49. Da ''I presocratici. Testimonianze e frammenti'', ed. cit., p. 202, traduzione di Gabriele Giannantoni. Nella traduzione di Giovanni Reale: «Uno solo vale più di diecimila, se è il migliore». Da ''I presocratici. Prima traduzione integrale...'', ed. cit., p. 353.<prodromo/ref>| εἷς ἐμοὶ μύριοι, ἐὰν ἄριστος ἦι | lingua=grc}}
 
Si deduce di conseguenza una netta contrapposizione tra la "gloria eterna", la quale è sia ciò che è preferito dai "migliori" sia ciò che in quanto tale ne attesta l'essere "migliore", e tutte le altre cose, ossia quelle "caduche, mortali", tra le quali vi è anche il "pensare solo a saziarsi come bestie", che è quanto pensato dai "più".
 
=== La dottrina dei contrari ===
{{Citazione|[[Polemos]] è padre di tutte le cose, di tuttetutti i re; e gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi. |Ippolito di Roma, Κατὰ πασῶν αἱρέσεως ἔλεγχος - Confutazione di tutte le eresie, IX, 9, 4; Diels-Kranz, frammento B 53.<ref name=phi>{{fr}}[http://philoctetes.free.fr/heraclitefraneng.htm philoctetes.free.fr].</ref>|Πόλεμος πάντων μὲν πατήρ ἐστι, πάντων δὲ βασιλεύς, καὶ τοὺς μὲν θεοὺς ἔδειξε τοὺς δὲ ἀνθρώπους, τοὺς μὲν δούλους ἐποίησε τοὺς δὲ ἐλευθέρους.|lingua=grc}}
 
La dottrina dell'unità dei contrari è forse l'aspetto più originale del pensiero filosofico eracliteo.<ref name="ReferenceA">{{Cita libro|autore=Nicola Abbagnano; Giovanni Fornero|titolo=la filosofia 1A|anno=|editore=Pearson|città=|p=37|pp=|ISBN=978 -88 -395 -3092 -9}}</ref> La legge segreta del mondo risiede nel rapporto di [[polaritàPolarità (filosofia)|interdipendenza]] di due concetti opposti (fame-sazietà, pace-guerra, amore-odio ecc.)<ref>Frammento 67.</ref> che, in quanto tali, lottano fra di loro ma, nello stesso tempo, non possono fare a meno l'uno dell'altro, poiché vivono solo l'uno in virtù dell'altro: ciascuno dei due infatti può essere definito solo per opposizione, e niente esisterebbe se allo stesso tempo non esistesse anche il suo opposto. Così, ad esempio, una salita può essere pensata come una discesa da chi vi si trova in cima.
 
Tra i contrari si crea una sorta di lotta. In questa dualità, questa guerra fra i contrari (''[[polemos]]'') in superficie, ma armonia in profondità, Eraclito vide quello che lui definiva il ''[[logos]]'' indiviso, ossia la legge universale della Natura.
 
Ed è proprio la dottrina dei contrari che fa di Eraclito il fondatore di una logica degli opposti, antitetica a quella aristotelica e fondata sulla legge del divenire della realtà. In essa, infatti, tesi e antitesi (essere e non-essere) sono una sintesi contraddittoria e permanente nella realtà che solo così può divenire, attraverso i suoi due coessenziali aspetti ("nello stesso fiume scendiamo e non scendiamo"; "siamo e non siamo"); ed è antitetica alla logica aristotelica perché opposta al suo [[principio di non contraddizione]] e [[principio del terzo escluso|del terzo escluso]] ("Il mare è l'acqua più pura e impura: per i pesci è potabile e gli conserva la vita, per gli uomini è imbevibile e mortale").<ref>[http://www.iisf.it/scuola/int_fil_greca/eraclito.htm fr. 61]. Aristotele tuttavia sosterrà l'impossibilità che il medesimo attributo appartenga e non appartenga contemporaneamente al medesimo oggetto sotto il medesimo aspetto, mentre Eraclito faceva forse riferimento a due diversi aspetti nei quali lo stesso oggetto può essere osservato. In tal caso, la sua ambiguità rispetto ad Aristotele consisterebbe piuttosto nell'assegnare alle contraddizioni una valenza oggettiva che è invece meramente soggettiva.</ref>
 
I frammenti di Eraclito pervenutici sono tersi ed eleganti, pieni di vivaci metafore. Leggendoli superficialmente si comprende perché fosse chiamato "l'Oscuro" (in greco antico: ''skopès''), ma leggendoli con attenzione si scopre qual è stato il suo maggior contributo alla filosofia: il mondo reale consiste in una combinazione equilibrata di tendenze opposte e dietro alla "''lotta degli opposti''" esiste un'armonia nascosta che è il mondo. È in questo senso logico, e non come massima militare, che bisogna prendere la sua affermazione "la guerra è la madre di tutto".<ref>[[Bertrand Russell]], ''La saggezza dell'Occidente'', trad. Luca Pavolini, TEA edizioni</ref>
 
=== L'''arché'' ===
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I primi filosofi greci cercavano l'origine, o ''[[archè]]'', dei fenomeni negli enti della realtà naturale, a partire da [[Talete]] di cui ci restano alcune testimonianze aristoteliche in cui sembrerebbe affermare che ''l'arché è l'acqua''. È costante infatti nella [[filosofia antica]] la consapevolezza che le cose derivino da un principio che in quanto tale è unico, ingenerato e imperituro, indivisibile ed immutabile.<ref>«La maggior parte di coloro che per primi filosofarono ritennero che i soli principi di tutte le cose fossero quelli di specie materiale, perché ciò da cui tutte le cose hanno l'essere, da cui originariamente derivano e in cui alla fine si risolvono, pur rimanendo la sostanza ma cambiando nelle sue qualità, questi essi dicono è l'elemento, questo è l'''arché'' delle cose e perciò ritengono che niente si produce e niente si distrugge, poiché una sostanza siffatta si conserva sempre» (Aristotele, ''Metafisica'', I, 3, 983b).</ref>
 
La dottrina delle quattro essenze fondamentali della Terra, [[acquaAcqua (elemento)|acqua]], [[terraTerra (elemento)|terra]], [[ariaAria (elemento)|aria]], [[fuocoFuoco (elemento)|fuoco]], fornisce gli [[elementiElementi (filosofia)|elementi]] tra i quali i primi filosofi greci scelsero l<nowiki>{{'</nowiki>}}''arché'', i più generali tra i costituenti del mondo sensibile. [[Platone]] mostrerà che l<nowiki>{{'</nowiki>}}''arché'' del sensibile sono le idee iperuraniche, e che dunque non può essere trovata nemmeno nei costituenti fondamentali, e che il sensibile postula l'esistenza di una realtà trascendente che lo causa.
 
Aristotele affermò che l<nowiki>{{'</nowiki>}}''arché'' secondo Eraclito fosse il [[fuoco]]. In alcuni frammenti, effettivamente, sembra che Eraclito sostenga questa tesi: il fuoco, condensandosi, diventa aria, quindi acqua e poi terra; dopodiché, esso può rarefarsi per tornare ad essere acqua, aria, e in seguito fuoco.<ref>«Il fuoco vive della morte della terra e l'aria vive della morte del fuoco; l'acqua vive della morte dell'aria, la terra della morte dell'acqua» (Eraclito, frammento 76).</ref> Quindi tutto ha origine e fine nel fuoco. Questo permetterebbe di collegare Eraclito con le ricerche naturalistiche dei filosofi di [[Mileto (Asia Minore)|Mileto]]. In realtà, è probabile che il riferimento al fuoco vada inteso in senso più metaforico: in questo elemento fisico sembra infatti mostrarsi la teoria ontologica di Eraclito. Il fuoco è sempre vivo, in continuo movimento; è in ogni momento diverso dal momento precedente, ma allo stesso tempo sempre uguale a sé stesso.
Analogamente l'''arché'' è il primo ed unico principio, la nascita e la morte, l'inizio e la fine: come il fuoco, che nella giusta misura ora si accende e ora si spegne, in quanto è il [[divenire]] la realtà fondamentale, assieme al ''Logos''.<ref>Di origine chiaramente iranica sono la dottrina del fuoco e delle sue trasformazioni negli altri elementi, come la teoria dell’unità degli opposti, la quale alluderebbe alle stesse trasformazioni del fuoco, e la teoria di un Dio saggio, che è separato da tutto e tutto governa.
La sacralità del fuoco è stata infatti molte volte affermata dalla religione zoroastriana, e la stessa concezione eraclitea del Sole come un bacile pieno di fuoco ricorda l’altare del fuoco di [[Zoroastro]]. Il reciproco scambio degli elementi, poi, deriverebbe addirittura dalla teoria della nascita e della morte presente nelle ''[[Upanishad]]''. Anche la famosa dottrina eraclitea della guerra come madre di tutte le cose deriverebbe dalla concezione zoroastriana della lotta fra i due dèi opposti. A proposito di Eraclito, dunque, si può affermare che il suo pensiero conserva chiare tracce di influenza derivante dall’[[India]], sicuramente attraverso la [[Persia]]. ([[Martin Litchfield West]], ''La filosofia greca arcaica e l’Oriente'', Il Mulino, Bologna, 1993).</ref>
 
=== L'universo come Dio-tutto ===
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{{Citazione|La divinità è giorno-notte, inverno-estate, guerra-pace, sazietà-fame. Ed essa muta come il Fuoco.|Frammento 67}}
Questo Dio-tutto comprende quindi in sé ogni cosa, costituisce una realtà increata che esiste da sempre e per sempre.
Eraclito crede anche nella [[Eterno ritorno|ciclicità del cosmo]], concepita come insieme di fasi alterne di [[apocatastasiApocatastasi|distruzione-produzione]], al punto che alcuni autori attribuiscono a lui il concetto di ''[[ecpirosiEcpirosi|ekpyrosis]]'', una sorta di grande conflagrazione universale.<ref name="ReferenceA"/>
 
Secondo [[Simplicio (filosofo)|Simplicio]] e la ''[[Metafisica (Aristotele)|Metafisica]]'' di Aristotele, il pitagorico [[Ippaso (filosofo)|Ippaso]] descrisse il legame fra il fuoco, il divenire e la totalità negli stessi termini di Eraclito.<ref>{{cita libro|url=http://www.filosofia.it/archivio/images/download/essais/il%20pensiero%20polare%20dei%20greci%201_gallo_15.pdf|autore=Francesco Luigi Gallo|titolo=Il pensiero polare dei Greci/Ordine e armonia|pagina=26}}</ref>
 
== Influenza su autori successivi ==
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Lo stesso Hegel si considerava filosoficamente erede di Eraclito al punto da affermare: «Non c'è proposizione di Eraclito che io non abbia accolto nella mia Logica» (Hegel, ''[[Lezioni sulla storia della filosofia]]''). Eraclito però, a differenza di Hegel non concepiva il divenire come una progressiva presa di coscienza dell'assoluto; per lui il divenire sembra consistere piuttosto nelle variazioni di un identico sostrato o ''[[Lògos]]'': «tutte le cose sono Uno e l'Uno tutte le cose»; «questo [[Cosmo]] è lo stesso per tutti... da sempre è, e sarà».<ref>Frammento 30.</ref> Da questa visione del mondo verrà influenzato soprattutto lo [[stoicismo]].<ref name=fronterotta />
 
In seguito, se la tradizione filosofica [[aristotelismoAristotelismo|aristotelica]] giudicò Eraclito incompatibile con i princìpi della [[logica formale]], sebbene lo stesso [[Aristotele]] (come già Platone) ne accoglieva la teoria del divenire nel tentativo di conciliarla con la rigida staticità di Parmenide e introducendo così la dottrina del perenne passaggio dalla potenza all'atto, sarà presso i mistici [[neoplatonismoNeoplatonismo|neoplatonici]] che Eraclito troverà maggior fortuna. Secondo [[Plotino]], che pure tiene fermi i capisaldi della logica [[scuolaScuola eleatica|parmenidea]], «Eraclito seppe che l'Uno è eterno e spirituale: poiché solo ciò che è corporeo diviene eternamente e scorre» (''[[Enneadi]]'', V, 9). Anche i [[misticismo|mistici]] cristiani come [[Meister Eckhart]] e [[Nicola Cusano]] poterono far propria la concezione eraclitea degli opposti collocandola su un piano [[trascendente]] e sovra-razionale: per costoro infatti, mentre sul piano immanente della vita quotidiana continuano a valere i princìpi della razionalità sillogistica, in [[Dio]] si troverebbe invece la comune radice di ciò che appare [[contraddizioneContraddizione|contraddittorio]] alla semplice ragione, perché in Lui è presente quell'unità degli opposti che esplicandosi e materializzandosi nel mondo giunge poi a diversificarsi.<ref>Marco Vannini, ''Storia della mistica occidentale'', Mondadori, 2005.</ref>
 
Eraclito verrà infine riabilitato del tutto da Hegel, il quale però reinterpretò la sua identità degli opposti non più in senso mistico e trascendente, ma in un'ottica immanente.
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[[Martin Heidegger]], che alla fine degli anni sessanta tenne un famoso seminario sul filosofo greco insieme con Eugen Fink a [[Friburgo in Brisgovia|Friburgo]], ritiene che il concetto di verità, intesa come ἀλήθεια, come «non-nascondimento» (in tedesco ''Unverborgenheit''), sia una sorta di parafrasi del frammento eracliteo n. 93, sul fatto cioè che la verità può essere soltanto "indicata", ossia non è "nascosta" ma neanche la si può "dire" direttamente: per Heidegger la filosofia di Eraclito funge da conferma alle sue posizioni.<ref>[http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=579&Guid=39ef6b44325d4585957b9999b0b9eb00 Sulle interpretazioni di Nietzsche e Heidegger si veda quest'intervista di Remo Bodei, per l'Enciclopedia Multimediale delle scienze filosofiche].</ref>
 
Alcuni studiosi hanno rilevatoipotizzato una somiglianzaanalogia tra "l'unità dei contrari" che ricorrenteemerge nel pensiero di Eraclito e la polarità tipica del [[taoismo]] [[cina|cinese]].<ref>Girolamo Mancuso, ''Introduzione a «Il libro del Tao. [[Tao Te Ching|Tao-Teh-Ching]]» di [[Laozi|Lao-Tzu]]'', ed. Newton e Compton, 2013, pag. 15.</ref>
Fu collocato da [[Dante]] nel castello degli "spiriti magni" non cristiani (Inf. IV. 138).
 
==Nell'arte==
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Eraclito viene citato da [[Dante]] nel [[Inferno - Canto quarto|Canto IV]] dell'[[Inferno (Divina Commedia)]], fra gli ''spiriti magni'' che quest'ultimo incontra nel primo Cerchio o [[Limbo]]; il poeta lo descrive accanto a [[Democrito]], [[Anassagora]], [[Talete]], [[Empedocle]], [[Diogene di Sinope|Diogene il Cinico]] (oppure [[Diogene di Apollonia]]) e [[Zenone di Elea]] (o [[Zenone di Cizio]]):{{citazione|Democrito che 'l mondo a caso pone,<br />Dïogenès, Anassagora e Tale,<br />Empedoclès, Eraclito e Zenone.|''Inferno'', IV, vv. 136-138}}
 
==Nella cultura di massa==
Eraclito viene citato in Greco antico da [[Manlio Sgalambro]] all'inizio della Canzone [[Di passaggio]] di [[Franco Battiato]] la cui traduzione è: «È la medesima realtà il vivo
e il morto, il desto e il dormiente,
il giovane e il vecchio:
questi infatti
mutando son quelli,
e quelli di nuovo [mutando] son questi.» (Eraclito, Frammento 88 Diels-Kranz)
 
==Eraclito e il Taoismo==
Sia per Eraclito sia per il [[Taoismo]] l'universo è senza inizio e senza fine. Secondo Eraclito "questo cosmo né alcuno degli dei lo fece né alcuno degli uomini, ma fu sempre, ed è e sarà, fuoco di eterna vita, che si accende con misura e si spegne con misura". Secondo [[Chuang Tzu]] "non vi è passato né presente, non vi è principio né fine". Notevoli sono le consonanze anche sul tema dell'''impermanenza'' di ogni cosa. Eraclito dice che "nello stesso fiume entriamo e non entriamo" (E, 16), che "il fiume in cui entrano è lo stesso, ma sempre altre sono le acque che scorrono" (E, 52). Per il taoismo "sotto il cielo tutto affonda e riemerge senza mai perire" ed "un turbine di vento non dura una mattina / un rovescio di pioggia non dura una giornata. / Chi opera queste cose? / Il Cielo e la Terra. / Se perfino il Cielo e la Terra non possono persistere / tanto più lo potrà l'uomo?".
Sulla ''relatività'' le idee sono uguali. Eraclito scrisse: "Il mare è l'acqua più pura e la più contaminata: i pesci la bevono e li tiene in vita, agli uomini è imbevibile e dà morte. Per Chuang Tzu "i pesci vivono stando nell'acqua, gli uomini stando nell'acqua muoiono". Anche sul tema della ''saggezza'' le convergenze sono notevoli. Per Eraclito la saggezza consiste nel riconoscere la connessione tra le cose e nel frenare la tracotanza, la "úbris", così come sta scritto in molti testi taoisti.<ref>[[Giangiorgio Pasqualotto]], " Il Tao della 'physis': Eraclito e il Taoismo" ne ''Il Tao della filosofia'', Luni editrice, Milano, 2021.</ref>
 
== Note ==
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* ''I presocratici. Testimonianze e frammenti'', a cura di [[Gabriele Giannantoni]], Bari, Laterza, 1969.
* Eraclito, ''I frammenti e le testimonianze'', a cura di [[Carlo Diano]] e [[Giuseppe Serra (professore)|Giuseppe Serra]], Milano, Mondadori, 1980.
* Eraclito, ''Dell'origine. Testo greco a fronte'', a cura di [[Angelo Tonelli]], Milano, Feltrinelli, 2005.
* ''I presocratici. Prima traduzione integrale con testi originali a fronte delle testimonianze e dei frammenti di [[Hermann Diels]] e [[Walther Kranz]]'', a cura di [[Giovanni Reale]], Milano, Bompiani, 2006.
* Eraclito, ''Testimonianze, imitazioni e frammenti''. Testo greco a fronte, a cura di MiroslavMiroslava MarcovichMarkovic e Leonardo TarànTarano, Milano, Bompiani, 2007.
* Eraclito, ''Frammenti'', Testo greco a fronte, a cura di Francesco FronterottaFronte otta, Milano, BUR Rizzoli, 2013.2000
 
=== Studi ===
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* Adriano Ardovino, ''Interpretazioni fenomenologiche di Eraclito'', Macerata, Quodlibet, 2012.
* Giuseppe Fornari (a cura di) ''Eraclito, la luce dell'oscuro'', Firenze, Olschki, 2013 ISBN 978-88-222-6145-8.
* Jacopo Nero Verani, ''Il gioco di Eraclito'', prefazione di [[Giuseppe Girgenti]], Milano, Mimesis 2023 ISBN 978-88-5759-235-0
 
=== Divulgazione ===
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==Voci correlate==
* [[Panta rei]]
* [[Leucippo]]
* [[Ermodoro di Efeso]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|v=Eraclito (monografia)|b=Filosofia_presocratica_e_socratica/Eraclito|b_oggetto=testi|b_preposizione=sulla|b_etichetta=filosofia di Eraclito}}
 
{{VoceLibro|Aforisti Occidentali}}
{{VoceLibro|Meta-dialettica}}
* [[File:Wikibooks-logo.svg|link=b:|18px|Collabora a Wikibooks]] '''[[b:|Wikibooks]]''' contiene un approfondimento su '''''[[b:La religione greca/Le teologie dei filosofi/Il Logos di Eraclito|Il Logos di Eraclito]]'''''
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{cita web|https://asteroidi.wordpress.com|Eraclito, raccolta dei frammenti tradotti in italiano completi di testo greco}}
* {{cita web|httphttps://archive.org/details/eraclitotestimon00bodruoft|Eraclito, "Testimonianze e frammenti", a cura di E. Bodrero, Torino 1910}}
* [http{{cita web|https://art-museum-online.blogspot.it/2013/11/busto-di-eraclito.html |Busto 3D di Eraclito] conservato al Victoria and Albert museum di Londra}}
* {{cita pubblicazione | autore =Lucia Saudelli | data =2011 | titolo =Les fleuves d'Héraclite. Un couple d'aphorismes? | rivista =Elenchos. Rivista di studi sul pensiero antico fondata da Gabriele Giannantoni | editore =[[Bibliopolis]] | numero =anno XXXII, fascicolo 1 | pp =79-94 | url =httpa://www.academia.edu/1223754/Les_fleuves_dHeraclite | lingua =fr }}
* [http://art-museum-online.blogspot.it/2013/11/busto-di-eraclito.html Busto 3D di Eraclito] conservato al Victoria and Albert museum di Londra
 
{{Presocratici}}
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