Compagnia di Gesù: differenze tra le versioni

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[[File:Ihs-logo.svg|thumb|L'emblema dell'ordine: un disco raggiante e fiammeggiante caricato dalle lettere [[IHS]], il monogramma di [[Gesù]]. La lettera H è sormontata da una croce patente dal piede aguzzo; in punta, i tre chiodi della Passione, posti in banda, in palo e in sbarra e ordinati in fascia.]]
La '''Compagnia di Gesù''', (in [[lingua latina|latino]]o ''Societas Iesu'gesuiti''') è({{latino|Societas unIesu}}; [[istitutosigle religioso]]degli maschileistituti [[di dirittoperfezione pontificio]]: i membri di questo [[ordine religiosocattolici|ordinesigla]] di [[chierici regolari]]''S.I.'', dettio anche '''gesuiti'd.C.d.G.''), pospongonoè alun loro[[istituto nomereligioso]] lamaschile [[sigle degli istituti di perfezionediritto cattolici|siglapontificio]] '''S.I.'''<ref name="ap">{{cita|''Ann.Annuario Pont.pontificio 20132017'', |p. 14261411}}.</ref>
L'ordine fu fondato da [[Ignazio di Loyola]] che, con alcuni compagni, a [[Parigi]] nel [[1534]] fece voto di predicare in [[Terra Santa]] (progetto abbandonato nel [[1537]]) e di porsi agli ordini del papa: il programma di Ignazio fu approvato da [[papa Paolo III]] con la [[bolla pontificia|bolla]] ''[[Regimini militantis Ecclesiae|Regimini militantis ecclesiae]]'' (27 settembre [[1540]]).<ref name="Bangert33">{{Cita|W.V. Bangert|p. 33|Bangert}}.</ref>
 
L'[[ordine religioso cattolico|ordine]], composto da [[chierici regolari]], fu fondato da [[Ignazio di Loyola]] che, con alcuni compagni, anel [[Parigi1534]] nela [[1534Parigi]] fece voto di predicare in [[Terra Santasanta]] (progetto abbandonato nel [[1537]]) e di porsi agli ordini del papa: il programma di Ignazio fu approvato da [[papa Paolo III]] con la [[bolla pontificia|bolla]] ''[[Regimini militantis Ecclesiae|Regimini militantis ecclesiae]]'' (27 settembre [[1540]]).<ref name="Bangert33">{{Cita|W.V. Bangert|p. 33|Bangert}}.</ref>
Espulso da vari paesi europei nella seconda metà del [[XVIII secolo]], l'[[Soppressione della Compagnia di Gesù|ordine fu soppresso e dissolto]] da [[papa Clemente XIV]] nel [[1773]] (la Compagnia sopravvisse però nei territori cattolici della [[Russia]], perché la zarina [[Caterina II di Russia|Caterina II]] non concesse l<nowiki>'</nowiki>''[[exequatur]]'' al decreto papale di soppressione); fu ricostituito da [[papa Pio VII]] nel [[1814]].<ref name="ing158">{{Cita|M. Inglot|p. 158|Inglot}}.</ref>
 
Espulso da vari paesi europei nella seconda metà del [[XVIII secolo]], l'[[Soppressione della Compagnia di Gesù|ordine fu soppresso e dissolto]] da [[papa Clemente XIV]] nel [[1773]] (la Compagnia sopravvisse però nei territori cattolici della [[Impero russo|Russia]], perché la zarina [[Caterina II di Russia|Caterina II]] non concesse l<nowiki>{{'</nowiki>}}''[[exequatur]]'' al decreto papale di soppressione); fu ricostituito da [[papa Pio VII]] nel [[1814]].<ref name="ing158">{{Cita|M. Inglot|p. 158|Inglot}}.</ref>
 
I gesuiti osservano il [[voto (religione)|voto]] di totale obbedienza al papa e sono particolarmente impegnati nelle missioni e nell'educazione.<ref name="ap"/>
 
Il 13 marzo [[2013]] è stato eletto [[papa Francesco]] (Jorge Mario Bergoglio), il primo pontefice gesuitaproveniente dalla Compagnia di Gesù.<ref>{{cita|''Ann.Annuario Pont.pontificio 20132017'', |p. 24}}.</ref>
 
== Le origini ==
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{{vedi anche|Ignazio di Loyola}}
[[File:William Holl the Younger09a.jpg|thumb|Ignazio di Loyola in un'incisione di [[William Holl]]]]
Íñigo López de Loyola nacque, ultimo di tredici figli, attorno al [[1491]] da una nobile famiglia [[Paesi Baschi|basca]]. A tredici anni fu inviato ad [[Arévalo]] come paggio del primo tesoriere di [[Ferdinando II d'Aragona]], Juan Velázquez de Cuéllar, e nel [[1517]] si arruolò nelle truppe del viceré di [[Navarra]], il duca di [[Nájera]] [[Antonio Manrique de Lara]], prendendo parte alle guerre di [[Carlo V d'Asburgo|Carlo V]] contro [[Francesco I di Francia|Francesco I]]: durante la difesa di [[Pamplona]], assediata dai [[Francia|francesi]], fu colpito da una palla di cannone che gli sfracellò la gamba destra e gli ferì la sinistra, costringendolo a claudicare per tutta la vita.<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|pp. 29-30|O'Malley}}.</ref>
 
Durante il periodo di convalescenza nel castello di Loyola, che trascorse leggendo la ''[[Vita Christi]]'' di [[Ludolfo di Sassonia]] e la ''[[Legenda Aurea]]'' di [[Jacopo da Varazze]], maturarono in lui i germi di una profonda crisi spirituale e si convertì: deciso a recarsi in pellegrinaggio a [[Gerusalemme]], sostò presso il monastero [[Ordine di San Benedetto|benedettino]] di [[Monastero di Montserrat|Montserrat]] e, trascorsa una notte in preghiera davanti all'immagine della Madonna nera, depose le sue armi ai piedi dell'immagine sacra e prese l'abito e il bastone da pellegrino. Si diresse quindi a [[Manresa]], dove rimase un anno, vivendo ricche esperienze interiori: lesse l{{'}}''[[Imitazione di Cristo]]'', testo a cui rimase legato per tutta la vita e cominciò a cercare la pace dell'anima attraverso opere straordinarie di penitenza, poi ritrovò la serenità d'animo e attenuò le sue austerità; durante il soggiorno a Manresa cominciarono a prendere forma gli elementi essenziali dei suoi ''[[Esercizi spirituali]]''.<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|pp. 30-31|O'Malley}}.</ref>
 
Nel [[1523]] raggiunse [[Venezia]] e si imbarcò per Gerusalemme, dove visitò i luoghi santi. Dovette però abbandonare il progetto di stabilirsi in [[Palestina]] per il divieto di soggiorno impostogli dai [[Ordine dei Frati Minori|frati francescani]] dalla [[Custodia di Terra Santa]].<ref>{{Cita|Iserloh, Glazik,''et Jedinal.''|p. 536|Iserloh et al}}.</ref> Tornato in [[Spagna]] con il desiderio di abbracciare il sacerdozio, riprese gli studi a [[Barcellona]], poi presso l'[[Università di Alcalá (storica)|università di Alcalá]] dove, per il suo misticismo, fu sospettato di essere un ''[[alumbrado]]'' e fu tenuto in carcere dall'[[Inquisizione spagnola|Inquisizione]] per quarantadue giorni. Si trasferì quindi a [[Salamanca]] e poi, per completare la sua formazione, a [[Parigi]], dove arrivò il 2 febbraio [[1528]].<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|ppp. 32-33|O'Malley}}.</ref>
 
A Parigi Íñigo cominciò a farsi chiamare Ignazio, che pensava essere una variante del suo nome: in realtà, Íñigo era la forma [[lingua basca|basca]] del nome Innico o Enecone, che gli era stato imposto in omaggio a [[Enecone di Oña|sant'Enecone]], [[abate]] benedettino di [[Oña]], il cui culto era particolarmente sentito nella sua terra.<ref>{{Cita|G. Switek, in G. Schwaiger|p. 246|Schwaiger}}.</ref>
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[[File:First vows at Montmartre.jpg|thumb|Il voto di Montmartre]]
[[File:Jean-LeClerc-engraving-1612-San-Ignacio-de-Loyola.jpg|thumb|Dio Padre e Cristo con la Croce appaiono a Ignazio presso [[La Storta]]. Incisione di [[Jean LeClerc]]]]
Iscrittosi al Collège Saint-Barbe, ebbe come compagni di stanza [[Pietro Favre]], figlio di un umile pastore della [[Savoia (regione storica)|Savoia]], e [[Francesco Saverio]], di nobile famiglia della Navarra;<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|pp. 34-36|O'Malley}}.</ref> nel [[1533]] incontrò [[Diego Laínez]] e [[Alfonso Salmerón]], anch'essi spagnoli e provenienti dall'università di Alcalá che, essendo appena giunti in Francia e non conoscendo bene la lingua del posto, si legarono molto a lui.<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|pp. 36-37|O'Malley}}.</ref> Nel [[1534]] si unirono al gruppo di compagni di Ignazio il portoghese [[Simão Rodrigues]] e lo spagnolo [[Nicolás Bobadilla]], che aveva studiato teologia e filosofia ad Alcalá e [[Valladolid]].<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|p. 37|O'Malley}}.</ref>
 
Favre fu ordinato sacerdote agli inizi del [[1534]]. Il 15 agosto [[1534]] (festa dell'[[Assunzione di Maria]]), nella cripta sorta sul luogo tradizionale del martirio di san Dionigi e dei suoi compagni a Montmartre, Favre celebrò l'eucaristia e, prima della comunione, accolse i [[voto (religione)|voti]] di Ignazio, Saverio, Laínez, Salmerón, Rodrigues e Bobadilla; poi pronunciò i suoi voti e si comunicò. Non si conosce il testo della formula del voto emesso dai compagni, ma doveva trattarsi di quelli di [[voto di povertà|povertà]], di recarsi a Gerusalemme e mettersi a disposizione del papa (la promessa [[voto di castità|di castità]] era implicita, essendo tutti aspiranti al sacerdozio).<ref>{{Cita|C. de Dalmases|pp. 125-126|Dalmases}}.</ref>
 
Prima di partire da Parigi per Gerusalemme, ai sei si unirono tre francesi, [[Claude Jay]], [[Paschase Broët]] e [[Jean Codure]], e giunti a Venezia per imbarcarsi si aggregò alla comunità anche il prete [[Andalusia|andaluso]] [[Diego Hoces]].<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|p. 38|O'Malley}}.</ref>
 
=== La nascita dell'ordine ===
Poiché imbarcarsi per la [[Palestina]] in inverno non era possibile, i compagni trascorsero l'attesa lavorando gratuitamente presso gli ospedali veneziani degli [[Ospedale degli Incurabili (Venezia)|Incurabili]] e dei Santi Giovanni e Paolo; si recarono poi a [[Roma]], dove furono accolti favorevolmente da [[papa Paolo III]], che benedisse il loro pellegrinaggio, donò loro del denaro per pagarsi il viaggio e diede a tutti il permesso di farsi ordinare sacerdoti da un vescovo a loro scelta (fino ad allora, solo Favre e Hoces erano preti).<ref name="om39">{{Cita|J.W. O'Malley|p. 39|O'Malley}}.</ref>
 
I compagni emisero i voti di povertà e castità nelle mani di [[Girolamo Verallo]], [[legato pontificio]] a Venezia; Ignazio (assieme a Saverio, Laínez, Rodrigues, Bobadilla e Codure) fu ordinato sacerdote il 24 giugno [[1537]] da [[Vincenzo Nigusanti]], vescovo di [[diocesi di Arbe|Arbe]] in [[Dalmazia]], nella cappella privata della residenza del presule a Venezia.<ref>{{Cita|C. de Dalmases|pp. 148-149|Dalmases}}.</ref> Subito dopo si divisero in gruppi di due o tre individui e si stabilirono in diverse città ([[Verona]], [[Vicenza]], [[Treviso]], [[Monselice]], [[Bassano del Grappa|Bassano]]) dove si dedicarono alla predicazione per le strade, vivendo di elemosina e alloggiando dove capitava. Avvicinandosi l'inverno, il gruppo si riunì a Vicenza e, preso atto che il desiderato viaggio a Gerusalemme non era fattibile, decisero di stabilirsi in nuove città (soprattutto universitarie, dove avrebbero potuto trovare nuovi giovani aspiranti a unirsi alla comunità).<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|pp. 38-40|O'Malley}}.</ref>
 
Prima di lasciarsi, decisero di chiamarsi Compagnia di Gesù, perché Cristo era il loro unico modello, colui a cui essi dedicavano tutta la vita. Il termine compagnia era molto utilizzato nel nome delle confraternite e di altre società ecclesiastiche: diversamente da quanto tradizionalmente si ritiene (anche gli storici gesuiti [[Jerónimo Nadal]] e [[Juan Alfonso de Polanco]] sposarono l'idea) la parola "compagnia" non fu adottata per la sua connotazione militare.<ref name="om39"/> Pur mantenendo il nome ufficiale di Compagnia di Gesù, i membri dell'ordine adottarono il nome di "gesuiti" (termine utilizzato già da [[Ludolfo di Sassonia]] per indicare quelli che sono stati "salvati dal Signore"), per la devozione del fondatore al [[Santissimo Nome di Gesù|nome di Gesù]] dopo la visione di La Storta nel 1537.<ref>{{Cita|O'Malley|pp. 78-79}}.</ref>
 
Nel novembre del [[1537]], Ignazio, Favre e Laínez si recarono nuovamente a Roma. Secondo la tradizione, presso [[La Storta]], a nove miglia dalla città, Ignazio ebbe una delle sue più celebri esperienze mistiche: ricevette la visione di Dio Padre insieme a Cristo con la Croce, che lo invitavano a essere loro servo e gli assicuravano sostegno a Roma. Paolo III accolse calorosamente i gesuiti e diede a Favre e Laínez l'incarico di insegnare teologia e sacre scritture alla Sapienza. I tre divennero celebri dando gli Esercizi spirituali, predicando per l'avvento e la quaresima in Trinità dei Monti e per le strade e assistendo la popolazione colpita dalla carestia.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 31|Bangert}}.</ref>
 
==== L'approvazione pontificia ====
[[File:Paul iii and ignatius loyola.jpg|thumb|Il 3 settembre 1539 Paolo III approva oralmente la ''Formula instituti'' di Ignazio]]
Ignazio e i compagni cominciarono a essere richiesti dagli alti prelati della [[Curia Romana|Curia]] che diedero loro incarichi importanti (il cardinale [[papa Paolo IV|Carafa]] affidò loro la riforma di alcuni monasteri). Crescendo la loro importanza, nei primi mesi del [[1539]] i membri della Compagnia si riunirono spesso per discutere del futuro della comunità e il 15 aprile, durante una messa presieduta da Favre, furono interrogati sulla loro disponibilità ad andare a costituire un ordine e a farne parte.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 32|Bangert}}.</ref> Le loro discussioni si protrassero fino al 24 giugno e portarono alla stesura dei "Cinque capitoli", il testo base della ''Formula instituti''.<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|p. 41|O'Malley}}.</ref>
 
La ''Formula'', approvata da Paolo III il 3 settembre [[1539]], conteneva i principali fondamenti della Compagnia: il carattere apostolico, il fine di far progredire gli uomini nella fede e nella cultura religiosa, la povertà, l'obbedienza alla Santa Sede e al preposito, l'abolizione degli uffici corali, la promessa di recarsi ovunque il papa avesse indicato.<ref name="Bangert33"/>
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Il testo fu sottoposto all'esame di una commissione di cardinali. [[Gasparo Contarini]] appoggiò incondizionatamente la formula; [[Girolamo Ghinucci]], vedendo nell'abolizione del coro una concessione al luteranesimo, manifestò forti riserve; [[Bartolomeo Guidiccioni]], ostile al clero regolare, cercò di ostacolare la nascita dell'ordine. Alla fine la commissione diede il suo parere favorevole, ma Guidiccioni concesse il suo voto favorevole solo in cambio dell'imposizione alla Compagnia di un limite massimo di sessanta membri (all'epoca, i gesuiti erano circa venti). [[Papa Paolo III]] concesse l'approvazione pontificia con la [[bolla papale|bolla]] ''[[Regimini militantis Ecclesiae]]'' del 27 settembre [[1540]].<ref name="Bangert33"/>
 
La Compagnia di Gesù divenne un ordine riconosciuto dalla legge canonica: Ignazio fu eletto all'unanimità preposito generale e il 22 aprile [[1541]], nella [[basilica di San Paolo fuori le mura]], il fondatore e i suoi compagni pronunciarono i loro voti solenni. Il limite di sessanta membri fu abolito nel [[1544]] (bolla ''[[Iniunctum nobis]]'') e il 21 luglio [[1550]], con la bolla ''[[Exposcit debitum]]'', l'ordine fu confermato da [[papa Giulio III]].<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 34|Bangert}}.</ref>
 
=== I primi successori di Ignazio ===
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Sotto il loro governo l'ordine crebbe rapidamente fino a superare i 10.000 membri: i teologi gesuiti svolsero un'importante attività come consiglieri di cardinali (al [[concilio di Trento]]) e accompagnatori di nunzi durante le diete imperiali o i colloqui di religione (al [[colloquio di Poissy|sinodo di Poissy]]);<ref>{{Cita|G. Switek, in G. Schwaiger|pp. 254-255|Schwaiger}}.</ref> i missionari della Compagnia ebbero un ruolo determinante nel contrasto alla diffusione delle dottrine protestanti e nella "[[ricattolicizzazione]]" dei paesi dell'[[Europa centro-orientale]] dove si era diffuso il [[luteranesimo]] (fu determinante il ruolo di [[Pietro Canisio]], il cui catechismo fu utilizzato a lungo come testo base per l'insegnamento della dottrina cattolica nei paesi di [[lingua tedesca]]).<ref>{{Cita|G. Switek, in G. Schwaiger|p. 254|Schwaiger}}.</ref>
 
I missionari gesuiti penetrarono in [[Irlanda]] e [[Inghilterra]] (dove [[John Ogilvie|Ogilvie]] e [[Edmund Campion|Campion]] subirono il martirio); proseguirono l'opera cominciata da Francesco Saverio nell'[[Estremo Oriente]] ([[Alessandro Valignano|Valignano]], [[Matteo Ricci|Ricci]], [[Johann Adam Schall von Bell|Schall]], [[Ferdinand Verbiest|Verbiest]]) e cominciarono a propagare il cattolicesimo nelle [[Americhe]].<ref>{{Cita|G. Switek, in G. Schwaiger|p. 255|Schwaiger}}.</ref>
 
I teologi della Compagnia furono però protagonisti di aspri conflitti dottrinali (la disputa di [[Luis de Molina]] con i [[Ordine dei frati predicatori|domenicani]] sul rapporto tra [[grazia (teologia)|grazia]] e [[libero arbitrio]]; la [[controversia dei riti cinesi]]; l'accusa di lassismo rivolta ai gesuiti dai [[giansenismo|giansenisti]]) che si trascinarono fino al [[XVIII secolo]].
 
L'ordinamento degli studi seguito dai gesuiti nei loro collegi (definitivamente fissato da Acquaviva con la pubblicazione della ''[[Ratio Studiorum|Ratio studiorum]]'' del [[1599]])<ref name="succign"/> esercitò una grande influenza in campo educativo.
 
La rapida crescita dell'ordine si arrestò sotto il generalato di [[Muzio Vitelleschi]], successore di Acquaviva, che si adoperò a favore della pacificazione interna e sotto il cui governo si celebrò il centenario della fondazione della Compagnia.<ref name="succign"/>
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=== La cura d'anime ===
[[File:Pierre Coton (1564-1626).jpg|thumb|[[Pierre Coton]], confessore di Enrico IV]]
Tra i ministeri ai quali dovevano attendere i gesuiti la ''Formula'' del [[1550]] citava (insieme alla catechesi, alla predicazione, alle lezioni sacre e al servizio della parola di Dio) la "consolazione spirituale dei credenti, con l'ascoltarne le confessioni e con l'amministrazione degli altri sacramenti".<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|p. 149|O'Malley}}.</ref>
 
I gesuiti, del tutto indifferenti alle questioni sollevate dai [[protestantesimo|protestanti]] sulle origini e sulla forma del [[sacramento della penitenza]], promossero il ricorso frequente alla confessione. Diffusero anche la pratica della confessione generale, raccomandata dagli ''Esercizi spirituali'', ovvero la revisione di tutta la propria vita fatta con un confessore al fine di raggiungere una migliore conoscenza di sé stessi e cominciare un nuovo modo di vita.<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|pp. 151-152|O'Malley}}.</ref>
[[File:Blaise pascal.jpg|thumb|left|[[Blaise Pascal]] accusò i gesuiti di lassismo morale]]
La legislazione riguardante la confessione era estremamente intricata e l'assoluzione da alcuni peccati era riservata ai vescovi o alla Santa Sede. Nel [[1545]] [[papa Paolo III]] concesse ampi privilegi alla Compagnia in materia di assoluzione: [[papa Giulio III]] nel [[1552]] concesse ai gesuiti la facoltà di assolvere i penitenti addirittura dal peccato di eresia.<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|p. 159|O'Malley}}.</ref>
 
In connessione con l'aumento dello spazio riservato al sacramento della penitenza, i gesuiti affrontarono sempre più largamente lo studio dei casi di coscienza ([[casuistica]]): la casuistica nacque come riflessione su quello che, nelle varie circostanze concrete, poteva essere ritenuto l'orientamento morale più corretto. Per giudicare la colpevolezza di un atto, i gesuiti privilegiarono la teoria del "[[probabilismo]]": vi era una molteplicità di opinioni su quello che doveva essere il modo giusto di agire in una determinata situazione e il confessore poteva sceglierne una probabile (non necessariamente la più probabile) se questa era favorevole al penitente.<ref>{{Cita|O. Niccoli|pp. 195-196|Niccoli}}.</ref>
 
A questa morale, ritenuta "[[lassismo|lassista]]", i [[giansenismo|giansenisti]] ne contrapponevano una estremamente rigorista, che arrivava a rifiutare l'assoluzione ai fedeli fino alla loro totale e irrevocabile conversione. [[Blaise Pascal]] si inserì nella polemica tra gesuiti e giansenisti nelle sue ''[[Le provinciali]]'', accusando i primi di tradire i principi eterni della morale evangelica e compromettere i veri interessi della religione adattandoli disinvoltamente ai vizi del secolo. Le ''Lettres'' conobbero una grande diffusione e suscitarono un acceso dibattito: in un testo di autore anonimo pubblicato a Venezia nel [[1698]] (''Lettere d'un direttore'') si affermava che l'accusa di lassismo mossa alla morale gesuita era contraddetta dalla "severa virtù" che era possibile constatare nei penitenti della Compagnia e nel fatto che molti fuggissero la loro direzione spirituale ritenendola troppo rigorosa.<ref>{{Cita|O. Niccoli|pp. 196-197|Niccoli}}.</ref>
 
La Compagnia di Gesù si specializzò nella direzione spirituale di personaggi di rango elevato, anche di sovrani ([[Pierre Coton]], [[François Annat]] e [[François d'Aix de La Chaise|La Chaise]] furono confessori dei re di Francia [[Enrico IV di Francia|Enrico IV]] e [[Luigi XIV di Francia|Luigi XIV]]).
 
=== Le opere di carità ===
Se nella versione della ''Formula'' del [[1540]], tra le opere di carità cui intendevano dedicarsi i gesuiti, comparivano solo l'insegnamento del catechismo e l'ascolto delle confessioni, in quella del [[1550]] furono inseriti anche la riconciliazione dei litiganti e il servizio ai carcerati e ai malati negli ospedali.<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|p. 187|O'Malley}}.</ref>
 
Chiamati a predicare e a confessare nelle zone più remote delle penisole italiana e iberica, i gesuiti le trovavano spesso sconvolte da lotte tra fazioni rivali e faide sanguinose che infuriavano da anni: i padri organizzavano nelle chiese vere e proprie liturgie di riconciliazione alle quali venivano invitati gli esponenti dei gruppi in lotta e, dopo la predica, venivano invitati a perdonarsi reciprocamente. L'azione pacificatrice era rivolta anche agli sposi separati e a comporre dispute, per esempio, tra monaci e clero secolare.<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|pp. 187-189|O'Malley}}.</ref>
 
L'opera di assistenza agli ammalati, molto importante alle origini, cominciò a declinare quando i gesuiti cominciarono a specializzarsi nell'insegnamento (sotto il generalato di Laínez). Il ministero dei prigionieri, ai quali i religiosi offrivano grosso modo gli stessi servizi offerti agli ammalati, continuò perché i carcerati non richiedevano cure continue come gli ammalati e il loro servizio era quindi compatibile con l'insegnamento. I prigionieri erano in massima parte debitori o detenuti in attesa di processo, quindi non criminali recidivi. Nelle prigioni i gesuiti predicavano, confessavano e insegnavano il catechismo, distribuivano le elemosine raccolte per i detenuti; spesso trattavano con i creditori e con le autorità per ottenere la mitigazione o la sospensione delle condanne.<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|pp. 189-193|O'Malley}}.</ref>
 
Nel [[1543]] Ignazio fondò a Roma la Casa di [[chiesa di Santa Marta al Collegio Romano|Santa Marta]], per aiutare le [[prostituzione|prostitute]] desiderose di abbandonare il loro mestiere a reinserirsi nella società, e anche altrove i gesuiti si impegnarono in vari modi in tale ministero.<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|p. 198|O'Malley}}.</ref> Nel [[1546]] fu anche creato il conservatorio delle Vergini Miserabili, presso la [[chiesa di Santa Caterina dei Funari]], dove alle figlie delle prostitute veniva fornita un'educazione e una dote: istituzioni simili furono promosse dai gesuiti a [[Venezia]] (conservatorio delle Vergini Periclanti) e [[Firenze]] (istituto delle Fanciulle della Pietà).<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|p. 207|O'Malley}}.</ref>
 
L'impegno dei gesuiti fu notevole anche in favore degli ebrei e dei musulmani convertiti al cattolicesimo (Ignazio fu tra i primi a consentire a ''[[moriscos (gruppo religioso)|moriscos]]'' e ''[[marrano]]s'' l'accesso a un ordine religioso).<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|pp. 208-212|O'Malley}}.</ref>
 
=== L'attività educativa ===
[[File:Wilhelminum München.png|thumb|Il collegio gesuita di [[Monaco di Baviera]]]]
Diego Laínez e Pierre Favre furono i primi gesuiti a dedicarsi all'insegnamento (ricevettero l'incarico da Paolo III nel [[1537]]); Jay nel [[1543]] ottenne una cattedra a [[Ingolstadt]] e nel [[1545]] Rodríguez divenne precettore dei figli di [[Giovanni III del Portogallo]].<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|p. 222|O'Malley}}.</ref>
 
Tra il [[1540]] e il [[1544]] furono creati dei collegi per la formazione dei futuri membri dell'ordine a [[Parigi]], [[Lovanio]], [[Colonia (Germania)|Colonia]], [[Padova]], [[Alcalá de Henares|Alcalá]], [[Valencia]] e [[Coimbra]]: queste istituzioni erano semplici residenze, senza attività didattiche, destinate a dare alloggio agli scolastici che studiavano presso le locali università.<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|p. 223|O'Malley}}.</ref>
 
Il ministero dell'insegnamento, inizialmente non previsto dal fondatore, si sviluppò fino a divenire una delle principali attività dell'ordine e uno dei principali strumenti della sua diffusione.
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==== I collegi di Gandía e Messina ====
[[File:Pigna - Collegio romano 1080166.JPG|thumb|L'antica sede del Collegio Romano]]
Nel [[1544]] [[Francesco Borgia]], che aveva già contribuito alla nascita del collegio di Valencia, ottenne da Paolo III il permesso di fondare un collegio a [[Gandía]]: fu il primo collegio in cui i gesuiti impartivano anche l'insegnamento e dove erano ammessi anche studenti non destinati a entrare nella Compagnia (nelle intenzioni di Borgia, era destinato all'educazione dei figli dei moriscos).<ref name="OM225">{{Cita|J.W. O'Malley|p. 225|O'Malley}}.</ref>
 
Essendo venuto al corrente di quello che era accaduto a Gandía, [[Jerónimo Doménech]] pensò di fondare un collegio a [[Messina]], dove aveva trovato un'immensa ignoranza nel clero: fece interessare all'iniziativa anche [[Eleonora Osorio]], moglie del viceré di [[Sicilia]], e il 19 dicembre [[1547]] le autorità cittadine chiesero a Ignazio l'invio di insegnanti, ai quali si garantiva cibo, vestiario e alloggio.<ref name="OM225"/>
 
Dopo l'apertura del [[Università degli Studi di Messina|collegio di San Niccolò]] a [[Messina]] ([[1548]]), il senato di [[Palermo]] chiese a Ignazio l'apertura di un collegio anche nella capitale siciliana; in breve tempo, la Compagnia si mise all'opera per aprire collegi a [[Napoli]], [[Venezia]] e [[Colonia (Germania)|Colonia]]. Il 22 febbraio [[1551]], con il sostegno economico del duca di Gandía, fu aperto il [[Collegio Romano]].<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|pp. 226-227|O'Malley}}.</ref>
 
==== La Ratio studiorum ====
[[File:Ratiostudiorum.jpg|thumb|Frontespizio della prima edizione della ''Ratio studiorum'']]
Le scuole divennero strumenti per confermare i cattolici dubbiosi, per ottenere la conversione dei giovani dal protestantesimo e influire sui loro genitori. I collegi divennero in breve il centro principale di tutti i ministeri gesuitici: a questi era collegata una chiesa in cui scolastici e docenti della Compagnia svolgevano i loro consueti ministeri.<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|pp. 228-229|O'Malley}}.</ref>
 
A partire dalla fondazione dei primi collegi, negli anni [[anni 1540|quaranta]] e [[anni 1550|cinquanta]] del [[XVI secolo|Cinquecento]], fu elaborata la ''Ratio atque institutio studiorum Societatis Iesu'', messa a punto da una commissione tra il [[1581]] e il [[1599]], anno della sua pubblicazione. Questo manuale sul metodo educativo e l'ordinamento delle scuole, composto da 463 regole, codificava un metodo pedagogico imperniato sull'insegnamento del latino e dei classici, emulazione tra studenti e severa disciplina.<ref name="capra">{{Cita|C. Capra|pp. 113-115|Capra}}.</ref>
 
Le caratteristiche che portarono al successo dei collegi gesuiti e imposero un nuovo stile di educazione furono la gratuità, l'apertura a studenti di tutte le classi sociali (almeno in linea di principio), l'insegnamento delle "umane lettere"<ref>Robert Aleksander Maryks, ''Saint Cicero and the Jesuits'', 9780754662938, 9780754662938, Ashgate, 2008.</ref> unito a quello delle scienze, la divisioni in classi con insegnanti propri e la progressione da una classe all'altra in base a obiettivi curricolari predefiniti, l'adozione di un programma chiaro e coerente.<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|pp. 248-249|O'Malley}}.</ref>
 
I collegi, diversamente dalladalle case professe, che non potevano possedere beni, erano dotati di rendite e benefattori: si specializzarono nell'educazione dei giovani di nascita aristocratica e alto borghese e i gesuiti si specializzarono nella formazione delle classi dirigenti.<ref name="capra"/> I collegi della Compagnia erano 48 nel [[1556]], 144 nel [[1580]] e nel [[1640]] 521.<ref>{{Cita|G. Switek, in G. Schwaiger|pp. 253-254|Schwaiger}}.</ref>
 
== Le missioni ==
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==== L'apostolo delle Indie ====
L'impegno missionario della Compagnia fu conseguenza del desiderio del [[re di Portogallo]] [[Giovanni III del Portogallo|Giovanni III]] di evangelizzare le popolazioni nei suoi domini d'oltremare. Il sovrano si rivolse a Ignazio che decise di inviare in Portogallo Rodrigues e Bobadilla: poiché Bobadilla era indisposto, lo sostituì [[Francesco Saverio]]. Rodrigues rimase a [[Lisbona]] per impiantarvi la Compagnia, mentre Saverio partì dalla capitale portoghese il 7 aprile [[1541]] insieme a due compagni (un prete romano e un seminarista portoghese) sulla nave Santiago; giunse a [[Goa]] il 6 maggio [[1542]].<ref>{{Cita|W.V. Bangert|pp. 40-41|Bangert}}.</ref>
 
I primi destinatari dell'opera di Francesco Saverio furono i pescatori di perle della zona di [[Kanyakumari|capo Comorin]], per i quali tradusse in [[lingua tamil|tamil]] le principali preghiere cristiane; dopo due anni tornò a Goa, dove fu raggiunto da altri confratelli, e trascorse i successivi quattro anni in viaggi di ricognizione che lo portarono fino nelle [[Molucche]]. Il 15 agosto [[1549]] sbarcò in [[Giappone]], dove riuscì a stabilire contatti con la classe colta e arrivò a convertire alcune migliaia di indigeni.<ref name="OM867">{{Cita|J.W. O'Malley|pp. 86-87|O'Malley}}.</ref>
 
Francesco infine cercò, inutilmente, di penetrare in [[Cina]], ma morì sull'isola di [[Sancian]] il 3 dicembre [[1552]].<ref name="OM867"/>
 
==== India ====
Dopo la morte di [[Francesco Saverio]], che aveva fondato la provincia indiana della Compagnia con sede a Goa (alla quale si aggiunse poi quella di [[Cochin]] o [[Malabar]]),<ref name="ind1">{{Cita|W.V. Bangert|p. 257|Bangert}}.</ref> l'apostolato missionario dei gesuiti in India si rivolse particolarmente a tre terre che si erano mostrate ricche di prospettive per l'attecchimento del cattolicesimo: il regno del [[Moghul|gran mogol]], che si estendeva da [[Kabul]], all'[[Iran]], al [[Bengala]] meridionale, il Malabar, nel sud-ovest della penisola indiana, e la regione attorno alla città di [[Madurai]].<ref name="ind2">{{Cita|W.V. Bangert|p. 168|Bangert}}.</ref>
 
Il gran mogol [[Akbar]] nel [[1579]] inviò un'ambasceria ai gesuiti invitandoli a corte per esporre i principi del [[cristianesimo]].<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 99|Bangert}}.</ref> La Compagnia inviò tre missionari: [[Rodolfo Acquaviva]], nipote di [[Claudio Acquaviva|Claudio]], Francisco Henriquez, un [[persia]]no convertito al cattolicesimo dall'[[Islam]], e il catalano [[Antoni de Montserrat]] (Antonio de Monserrate in spagnolo). I tre lasciarono Goa diretti a [[Fatehpur (Fatehpur)|Fatehpur]], capitale dell'impero del gran mogol, il 17 novembre [[1579]].<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 100|Bangert}}.</ref> Acquaviva rimase presso Akbar per quattro anni ma, nonostante la grande stima che riuscì a guadagnarsi, non suscitò la conversione del sovrano e nel 1583 fu richiamato a Goa (morì martire qualche anno dopo, ucciso dagli indù a [[Isola di Salsette|Salsette]]).<ref name="ind2"/> Nel [[1584]] Akbar invitò a corte altri gesuiti: la missione fu guidata da [[Gerolamo Saverio]], pronipote di Francesco, che rimase presso il sovrano per oltre trent'anni accompagnandolo nei suoi lunghi viaggi attraverso il suo vasto impero. Le speranze di convertirlo, comunque, andarono deluse.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 169|Bangert}}.</ref>
 
Nella penisola di [[Malabar]] esisteva un'antica comunità cristiana, che la tradizione faceva risalire alla predicazione dell'apostolo [[Tommaso apostolo|Tommaso]]: le loro pratiche rituali erano sensibilmente diverse da quelle latine (vigeva l'uso della saliva e dell'insufflazione durante il [[battesimo]])<ref name="wvb355">{{Cita|W.V. Bangert|p. 355|Bangert}}.</ref> a causa della vicinanza con i [[caldei]] della [[Mesopotamia]], la loro dottrina si era tinta di [[nestorianesimo]].<ref>{{Cita|W.V. Bangert|pp. 170-171|Bangert}}.</ref> Il mantenimento di tali usi, sostenuto dai gesuiti, fu duramente contestato da altri missionari e portò alla nascita della [[questione dei riti malabarici]]. [[Papa Benedetto XIV]], con il documento ''Omnium sollecitudinem'' del 13 settembre [[1744]], condannò i riti malabarici:<ref name="wvb355"/> molti cristiani indiani secessionarono e divennero [[Chiesa ortodossa siriaca|giacobiti]]. Per la prima volta dall'arrivo dei gesuiti in India, il numero dei cattolici cominciò a diminuire.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 357|Bangert}}.</ref>
 
Nel [[1606]] il gesuita [[Roberto de Nobili]] fu inviato come missionario a [[Madurai]]. Imparò presto la [[lingua tamil]] e i costumi locali: essendo di nobile nascita, si presentò come [[rajah]] e, diversamente da quanti lo avevano preceduto, godette di grande rispetto.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 171|Bangert}}.</ref> Conoscendo l'alta considerazione in cui erano tenuti gli asceti [[Sannyasa|sannyasin]], adottò il loro stile di vita: vestì un abito ocra, si fece un segno sulla fronte e cominciò a nutrirsi di riso, frutta ed erbe; imparò il [[sanscrito]] e studiò i [[veda]]. Nel [[1611]] aveva convertito oltre 150 indiani.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 172|Bangert}}.</ref> I superiori di de Nobili denunciarono come forieri di superstizione i suoi metodi, ma [[papa Gregorio XV]], con la costituzione ''Romanae sedis'' del 31 gennaio [[1623]], sostenne il missionario.<ref name="ind1"/> De Nobili rivolse quindi le sue attenzioni ai [[paria (casta)|paria]], i senza casta: si servì del gesuita Baltasar de Costa, che attraversò i regni di [[Madurai]], [[Tanjore]] e [[Sathyamangalam]] vestito di una tunica gialla e con degli orecchini d'oro e riuscì a battezzare oltre 2.500 adulti, soprattutto delle classi contaminate.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 258|Bangert}}.</ref>
 
==== Giappone ====
[[File:Jesuit with Japanese nobleman circa 1600.jpg|thumb|Un nobile giapponese a colloquio con un gesuita]]
Tornando dal viaggio alle [[Molucche]], [[Francesco Saverio]] aveva conosciuto Yajiro, nativo del Giappone, che gli aveva parlato del suo paese: Yaijro fu battezzato con il nome di Paolo della Santa Fede e nel 1549 partì con il Saverio e altri gesuiti per [[Kagoshima]], capitale del Giappone meridionale, dove fu fondata una missione e furono operate circa duecento conversioni. Nel [[1550]] Francesco si presentò, con le credenziali di ambasciatore del re di Portogallo, a [[Ōuchi Yoshitaka]], potente [[daimyō]] di [[Yamaguchi]], recandogli numerosi doni (orologi, occhiali, carillon, vino): il daimyō accolse benevolmente i gesuiti, concesse loro di predicare il cristianesimo e mise a loro disposizione un tempio [[buddhismo|buddhista]] abbandonato, che divenne loro quartier generale.<ref name="giap1">{{Cita|W.V. Bangert|pp. 44-48|Bangert}}.</ref>
 
Francesco Saverio aveva molta stima dei giapponesi, che considerava "un popolo di moralità eccellente [...] buono e senza malizia". Arrivò a credere che il Giappone rappresentasse il campo di missione più promettente dell'Oriente<ref name="OM867"/> e, conoscendo la grande stima che quel popolo aveva per la cultura cinese, pensò di dedicarsi all'evangelizzazione della Cina sperando che questa avrebbe facilitato le conversioni anche in Giappone. Fu questo a spingere Saverio a lasciare il Giappone e a tentare di entrare in Cina.<ref name="giap1"/>
 
Nel [[1579]] i battezzati giapponesi erano circa 150.000: molti, però, si erano convertiti per interesse economico, per prendere parte al commercio con i portoghesi; ad altri il battesimo era stato imposto ai sudditi dai principi locali (il daimyō di [[Ōmura]], che abbracciò il Cristianesimo nel [[1563]], aveva imposto la conversione ai suoi oltre 20.000 sudditi; lo stesso accadde nei feudi di [[Amakusa]] e [[Bungo-Takada|Bungo]]).<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 102|Bangert}}.</ref>
 
Il consolidamento della Compagnia in Giappone è dovuto ad [[Alessandro Valignano]], che fu visitatore in Giappone per tre periodi ([[1579]]-[[1582]], [[1590]]-[[1592]] e [[1598]]-[[1603]]): al primo suo arrivo, i gesuiti in Giappone erano 59 (28 dei quali sacerdoti). Grande estimatore della cultura giapponese, impose ai suoi missionari di adattarsi agli usi locali limitandosi a non compromettere i dogmi cattolici. Ad esempio, fece assumere ai gesuiti la condizione dei monaci [[Buddhismo Zen|zen]]. Favorì anche l'ingresso nella Compagnia degli indigeni, per i quali fu aperto un noviziato, che non avendo problemi con la lingua potevano facilmente catechizzare e predicare. Nel [[1602]] furono ordinati i primi due sacerdoti giapponesi.<ref name="b173">{{Cita|W.V. Bangert|pp. 173-175|Bangert}}.</ref>
 
Dopo il rapido successo iniziale, l'avvento al potere di [[Toyotomi Hideyoshi]] mise in difficoltà la missione gesuita in Giappone. L'intromissione del viceprovinciale Coelho nella politica locale fece sospettare a Hideyoshi che i gesuiti fossero spie e che stessero preparando un'invasione da parte degli occidentali: il 24 luglio [[1587]] fu emanato un decreto di espulsione per i gesuiti, che non fu applicato rigorosamente solo per non compromettere le relazioni commerciali con Macao. Inoltre, benché con il breve ''Ex pastoralis officio'' [[papa Gregorio XIII]] avesse reso il Giappone una missione esclusiva dei gesuiti (si temeva che l'arrivo di altri religiosi potesse indurre i giapponesi a pensare che il cristianesimo mancasse di unità e fosse un insieme di piccole sette), anche i [[Ordine dei frati minori|frati francescani]] spagnoli stabilirono delle missioni in Giappone, scontrandosi spesso con i gesuiti: le baruffe aumentarono la diffidenza di Hideyoshi, che il 5 gennaio [[1597]] fece uccidere [[Ventisei martiri del Giappone|ventisei cristiani]] (tra cui [[Paolo Miki]] e altri due scolastici gesuiti).<ref name="b173"/>
 
[[Tokugawa Ieyasu]], successore di Hideyoshi, inizialmente si dimostrò tollerante con i cristiani, incoraggiò i gesuiti e ricevette in udienza Valignano. Solo tra il [[1599]] e il [[1600]] vi furono 70.000 battesimi. Ma nel [[1600]] arrivarono in oriente i mercanti [[Paesi Bassi|olandesi]] protestanti, che fecero diminuire l'importanza delle relazioni economiche con il Portogallo e misero in cattiva luce il cattolicesimo: tutto questo, insieme al desiderio di Ieyasu di far tornare tutti i giapponesi al [[buddhismo]], portò all'espulsione dei gesuiti dal Giappone (27 gennaio [[1614]]). La comunità cristiana, che era arrivata a contare 300.000 individui, fu distrutta.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|pp. 175-176|Bangert}}.</ref>
 
==== Cina ====
[[File:FrontispieceAthanasii depictingKircheri... AdamChina Schallmonumentis and(1667) Matteo"Frontispicio" Ricci holding a map of China(22629197626).jpg|thumb|I missionari [[Matteo Ricci]] e [[Johann Adam Schall von Bell|Adam Schall]] mostrano la carta della [[Cina]]: incisione dal frontespizio della ''China illustrata'' di [[Athanasius Kircher]]]]
Fallito il tentativo di Francesco Saverio, il piano per la penetrazione della Compagnia in [[Cina]] fu elaborato da [[Alessandro Valignano]] durante il suo soggiorno a [[Macao]] ([[1578]]). Convinto che l'ordine dovesse dissociarsi dall'immagine di predone occidentale avido di conquista, invitò i suoi missionari ad acquisire la maggior padronanza possibile della [[lingua cinese]], a rispettare i valori culturali e spirituali dei cinesi, a usare la scienza come mezzo per introdurre la fede, a sviluppare l'apostolato per mezzo degli scritti e delle relazioni sociali e a concentrare il loro impegno missionario nei confronti della classe colta dominante.<ref name="Ban c">{{Cita|W.V. Bangert|pp. 176-177|Bangert}}.</ref>
 
Valignano inviò [[Michele Ruggieri]] a Macao a studiare il cinese: a lui si unì lo scienziato e linguista [[Matteo Ricci]] e, grazie alla fama di grande matematico di cui godeva Ricci, i due furono invitati in [[Cina]] e ottennero il permesso di risiedervi. Ruggieri e Ricci fissarono la loro residenza a [[Shiuhing]] e nei venticinque anni che rimasero nel paese raggiunsero [[Shaoguan]], [[Nanchang]], [[Nanchino]] e [[Pechino]].<ref name="Ban c"/>
 
Ricci concentrò i suoi sforzi nella conversione delle classi elitarie: si appellò alla loro curiosità intellettuale mostrando loro prismi, orologi, strumenti matematici e carte geografiche. Nel [[1594]] fu ammesso nella classe dei [[Mandarino (funzionario)|mandarini]], il che gli permise di aumentare il suo prestigio sociale. Nel [[1601]] si stabilì a Pechino, accolto con favore dall'imperatore.<ref name="Ban c2">{{Cita|W.V. Bangert|p. 179|Bangert}}.</ref>
 
Nel [[1610]], anno della morte di Ricci, i cattolici cinesi erano circa 2.500: tale numero raddoppiò nei cinque anni successivi.<ref name="Ban c2"/>
 
Dopo il rapido successo iniziale, per i gesuiti cominciarono i primi problemi. Il mandarino Shen Ch'ueh, preoccupato per l'infiltrazione di un culto straniero, tra il [[1617]] e il [[1622]] promosse la prima persecuzione contro i cattolici, costringendo i gesuiti alla clandestinità. Nel [[1644]] le truppe della [[Manciuria]] invasero la Cina e misero fine al secolare governo della [[dinastia Ming]], che si erano sempre mostrati favorevoli ai gesuiti: sotto uno dei primi imperatori della dinastia [[dinastia Qing|Ch'ing]], tra il [[1664]] e il [[1669]], i religiosi furono tenuti agli arresti domiciliari a [[Canton]].<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 263|Bangert}}.</ref>
 
Nonostante le persecuzioni i gesuiti continuarono la loro opera: il successore di Ricci alla guida della missione, [[Niccolò Longobardi]], ne accolseraccolse il metodo e nel [[1618]] fece giungere dall'Europa il gesuita [[Johann Schreck]], astronomo e accademico dei [[accademia dei Lincei|Lincei]], che portò in Cina nuove conoscenze matematiche e geometriche, nuove tecniche per la costruzione di strumenti astronomici e le teorie di [[Galileo Galilei]].<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 264|Bangert}}.</ref>
 
Da ricordare sono anche i gesuiti [[Johann Adam Schall von Bell]], tedesco, che fu nominato presidente del tribunale matematico e mandarino di prima classe, e [[Ferdinand Verbiest]], fiammingo, chiamato dall'imperatore [[Kangxi]] per farsi esporre le ultime scoperte europee in campo matematico e astronomico.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 265|Bangert}}.</ref>
 
L'apertura dei gesuiti nei confronti della cultura e delle tradizioni cinesi portò allo scoppio della [[questione dei riti cinesi]].
 
I gesuiti nel [[1615]] avevano ottenuto da [[papa Paolo V]] il permesso di tradurre la [[Bibbia]] in cinese e, per i preti locali, di celebrare la [[Messa]] e recitare il [[Breviario romano|breviario]] nella loro lingua (l'autorizzazione fu revocata dalla congregazione di [[Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli|Propaganda Fide]] sotto i pontificati di [[Alessandro VII]] e [[Innocenzo XI]]);<ref>{{Cita|W.V. Bangert|pp. 265-266|Bangert}}.</ref> soprattutto, avevano consentito, sin dai tempi di Matteo Ricci, ai convertiti di continuare a celebrare i riti in onore degli antenati e di [[Confucio]] che, secondo i gesuiti, avevano carattere più civile e politico che religioso.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 177|Bangert}}.</ref>
 
L'arrivo dei [[Ordine dei frati minori|francescani]] e dei [[Ordine dei frati predicatori|domenicani]] nel [[1631]] creò i primi problemi: essi criticarono il metodo missionario gesuita (la decisione di vestire i preziosi abiti dei mandarini, di rivolgersi prevalentemente alle classi elevate) e condannarono come superstiziosi e pagani i riti cinesi.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 267|Bangert}}.</ref> Al fronte religioso che si opponeva alla prassi missionaria dei gesuiti in Cina si aggiunsero poi i padri del [[Società per le missioni estere di Parigi|Seminario delle missioni estere di Parigi]], e i missionari di [[Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli|propaganda fide]], i [[Ordine della Beata Vergine del Monte Carmelo|carmelitani]], gli [[Ordine di Sant'Agostino|eremitani]], i [[Chierici regolari di San Paolo|barnabiti]] e i [[chierici regolari minori|caracciolini]].
 
Nel [[1693]] il vicario apostolico di [[arcidiocesi di Fuzhou|Fukien]], Charles Maigrot, delle Missioni Estere di Parigi, condannò l'utilizzo dei termini cinesi ''Tian'' (cielo) e ''Shangdi'' (signore supremo), che i gesuiti tolleravano quali termini per designare il Dio dei cristiani da parte dei cinesi convertiti. Maigrot portò il suo decreto a Roma, e la [[Santa Sede]] aprì un'istruttoria che si concluse con una condanna dei riti: il 20 novembre [[1704]], con il decreto ''Cum Deus Optimus'' [[papa Clemente XI]] proibì l'uso di quei termini e la partecipazione dei neoconvertiti ai riti ancestrali.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|pp. 361-362|Bangert}}.</ref> La condanna dei riti cinesi fu confermata con il decreto del 25 settembre 1710, con la costituzione ''Ex illa die'' del [[1715]] e con la bolla ''Ex quo singulari'' del [[1742]]).
 
Secondo lo storico gesuita Bangert, la questione dei riti cinesi fu sollevata più per svilire l'immagine della Compagnia che per tutelare la purezza del culto.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|pp. 362-363|Bangert}}.</ref>
 
==== Brasile ====
[[File:Demersay - Redução de São Miguel Arcanjo em 1846.jpg|thumb|La [[riduzioni gesuite|riduzione]] di [[São Miguel das Missões]]]]
[[File:Oscar Pereira da Silva - Retrato de Anchieta, Acervo do Museu Paulista da USP.jpg|thumb|[[José de Anchieta]], tra i primi gesuiti in Brasile]]
Negli stessi anni in cui Saverio cominciava l'evangelizzazione del lontano Oriente, altri gesuiti si dedicarono alle missioni presso le popolazioni indigene del Brasile, altro grande possedimento portoghese. Il 29 marzo [[1549]] una comunità di sei religiosi guidata da [[Manuel da Nóbrega]] partì per l'America e sbarcò a [[Bahía de Todos los Santos]].<ref name="Bangert50">{{Cita|W.V. Bangert|p. 50|Bangert}}.</ref>
 
Il loro primo incarico fu quello di curare l'educazione dei figli dei coloni portoghesi, insediati lungo la costa atlantica: la loro prima capanna di fango eretta a [[Salvador (Brasile)|São Salvador da Bahia]] divenne il collegio massimo, una delle più importanti istituzioni culturali del paese.<ref name="Bangert50"/>
 
Nel [[1553]] Nóbrega si spinse all'interno insieme a [[José de Anchieta]], un giovane gesuita proveniente dalle [[Canarie]], e i due fondarono un seminario destinato a diventare il centro per l'organizzazione dell'apostolato presso gli indigeni [[tupi (gruppo etnico)|tupi]], che i missionari organizzarono in comunità stabili. Da quell'insediamento si sviluppò la città di [[San Paolo (Brasile)|São Paulo]].<ref name="Bangert51">{{Cita|W.V. Bangert|p. 51|Bangert}}.</ref> Furono i primi gesuiti che Ignacio mandò in America.<ref>[https://w2.vatican.va/content/francesco/es/homilies/2014/documents/papa-francesco_20140424_omelia-san-jose-de-anchieta.html Homilía del Santo Padre Francisco]</ref>
 
Anchieta scrisse la prima grammatica della [[Lingue tupi|lingua tupi]] e fu autore di numerosi canzoni in lingua indigena utilizzando melodie popolari.<ref name="Bangert51"/>
 
==== Paraguay ====
I gesuiti furono chiamati in [[Paraguay]] nel [[1585]] dal vescovo di [[arcidiocesi di Tucumán|Tucumán]] per evangelizzare i [[Guaraní]] che, dinanzi all'avanzata degli spagnoli, si erano ritirati a est del [[Paraná (fiume)|Paraná]], nelle zone delle [[Pampa]] e del [[Gran Chaco]]. Inizialmente l'azione dei gesuiti fu poco efficace per vari motivi (il metodo adottato della missione itinerante, il carattere nomade della popolazione, i cacciatori di schiavi), così il preposito generale [[Claudio Acquaviva]] suggerì ai missionari la creazione di colonie stabili di indios, lontane dai centri abitati spagnoli (al sicuro, quindi, dall'influsso dei costumi coloniali e dai cacciatori di schiavi). Sorsero così le prime ''[[riduzioni gesuite|reducciones]]'' (o riduzioni), approvate dalla Corona spagnola ma ostacolate dai coloni, dei piccoli villaggi fortificati autonomi a struttura teocratica che, grazie alle attività agricole introdotte dai gesuiti (coltivazione del cotone, del mate), godettero di una certa prosperità.<ref name="Para">{{Cita|Iserloh, Glazik,''et Jedinal.''|pp. 711-712|Iserloh et al}}.</ref>
 
Le ''reducciones'' del Paraguay, tra il [[1610]] e il [[1640]] circa, si diffusero fino a comprendere gli indios della provincia [[Brasile|brasiliana]] di [[Tapes]] e andarono a costituire quasi una repubblica indipendente (il cosiddetto "stato gesuita del Paraguay"), suscitando l'ostilità delle locali autorità ecclesiastiche e coloniali (tanto che [[Filippo IV di Spagna]] autorizzò gli indigeni a munirsi di armi da fuoco). Tra il [[1628]] e il [[1635]] i portoghesi del [[Brasile]] attaccarono le ''reducciones'' che, alla fine del conflitto, nel [[1641]] erano ridotte a una trentina, con circa 150.000 indios cristiani.<ref name="Para"/>
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==== Canada ====
[[File:Pere Marquette.JPG|thumb|Padre Marquette e gli indiani sul Mississippi]]
Dopo alcuni isolati tentativi fatti negli anni precedenti, i primi gesuiti provenienti dalla [[Francia]] giunsero a [[Québec (città)|Québec]] nel [[1632]] sotto la guida di [[Paul Le Jeune]]. I padri aprirono il collegio di Nostra Signora degli Angeli e su loro invito anche l'[[orsoline dell'unione canadese|orsolina]] [[Maria dell'Incarnazione Guyart]] raggiunse la colonia per unirsi alla loro missione educativa.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 282|Bangert}}.</ref>
 
A pochi anni dall'arrivo in [[Canada]] i gesuiti avevano già raggiunto il numero di 23 padri e 6 fratelli. I missionari cominciarono a dedicarsi all'evangelizzazione degli [[uroni]] e si spinsero verso l'interno per cercare contatti con altri popoli indigeni: avendo sentito parlare di un grande fiume che scorreva verso il sud che gli avrebbe permesso di raggiungere altri territori abitati dagli amerindi, il gesuita [[Jacques Marquette]] si unì al viaggio dell'esploratore [[Louis Jolliet]] e nel [[1673]], risalendo il corso del [[Wisconsin (fiume)|Wisconsin]], scoprì il corso superiore del [[Mississippi (fiume)|Mississippi]] e discese il fiume esplorando soprattutto le confluenze del [[Missouri (fiume)|Missouri]] e dell'[[Ohio (fiume)|Ohio]], giungendo alla conclusione che il fiume scorreva verso sud per sfociare nel [[golfo del Messico]].<ref>{{Cita|W.V. Bangert|pp. 284-285|Bangert}}.</ref>
 
I gesuiti convertirono al cristianesimo numerosi uroni stanziati lungo il fiume [[San Lorenzo (fiume)|fiume San Lorenzo]]. Contro gli uroni si formò presto una confederazione di cinque popoli [[irochesi]], tra cui i [[mohawk]], che creò gravi problemi ai missionari. Nel [[1642]] [[RenéRenato Goupil]] fu ucciso dai mohawk e il suo compagno [[IsaacIsacco Jogues]], liberato dopo mesi di prigionia e torture; nel [[1646]] Jogues tornò tra i mohawk assieme a [[JeanGiovanni de La Lande]] per una missione di pace, ma furono entrambi uccisi. Al numero dei gesuiti uccisi dagli irochesi in Canada si unirono [[JeanGiovanni de Brébeuf]], [[GabrielGabriele Lalemant]], [[AntoineAntonio Daniel]], [[CharlesCarlo Garnier]] e [[NoëlNatale Chabanel]].<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 286|Bangert}}.</ref>
 
Il gruppo degli otto [[santi martiri canadesi|martiri canado-americani]] fu canonizzato da [[papa Pio XI]] nel [[1930]].<ref>{{Cita|C. Testore, in BSS|vol. III (1962), coll. 730-731|BSS}}.</ref>
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Nel [[1548]] i gesuiti tentarono di penetrare in [[Marocco]], ma furono espulsi poco dopo. Maggior successo ebbe l'attività missionaria della Compagnia in [[Etiopia]], [[Mozambico]], [[Angola]], [[Regno del Congo|Congo]] e [[Capo Verde]].
 
Minacciato dai [[musulmani]], il [[negus]] d'Etiopia Claudio promise a Giovanni III di Portogallo, in cambio del suo sostegno militare, di abiurare il [[monofisismo]] e di aderire con i suoi sudditi al cattolicesimo. Da Goa giunsero in [[Etiopia]] alcuni missionari gesuiti e il 30 marzo [[1556]] lasciò Lisbona [[João Nunes Barreto]], nominato patriarca d'Abissinia (fu il primo gesuita a essere innalzato all'episcopato).<ref name="Bangert51"/> Dopo la sconfitta dei musulmani il negus dimenticò le sue promesse e il successore di Claudio confinò i gesuiti nel deserto (l'ultimo morì nel [[1597]]). I padri Eliano e Rodríguez contattarono, per conto della Santa Sede, il patriarca [[Chiesa copta|copto]] di [[patriarcato di Alessandria|Alessandria]] Gabriele VII, ma i colloqui per la riunione delle Chiese cattolica e copta non ebbero un esito positivo.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|pp. 103-104|Bangert}}.</ref>
 
Nel [[1560]] tre gesuiti giunsero da Goa in [[Mozambico]], dove erano stati chiamati da Gamba, capo della tribù dei Ma[[Karanga]] stanziati presso [[Inhambane]], che avevano conosciuto il cristianesimo grazie ai loro contatti con i portoghesi. In breve i missionari battezzarono oltre 450 persone, poi si spinsero verso lo [[Zambesi]] e convertirono il capo dell'[[impero di Monomotapa]], sua madre e i suoi 300 sudditi. I musulmani, però, ordirono una congiura e spinsero l'imperatore a far assassinare i gesuiti ([[Gonçalo da Silveira]], il capo della missione, fu strangolato il 15 marzo [[1561]]) mettendo fine all'impresa dei gesuiti nella zona.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|pp. 104-105|Bangert}}.</ref>
 
I primi quattro gesuiti penetrarono in [[Angola]] attorno al [[1563]], ma la loro missione non ebbe successo: l'11 febbraio [[1575]] sbarcarono a [[Luanda]] altri quattro gesuiti (due preti e due fratelli) che, nonostante lo scarso appoggio della Compagnia (che inviò rinforzi solo nel [[1580]]), in tre anni battezzarono oltre 200 persone (nel [[1593]] gli angolani battezzati erano già oltre 8.000).<ref>{{Cita|W.V. Bangert|pp. 105-106|Bangert}}.</ref> I gesuiti eressero a Luanda una chiesa e un collegio e tra il [[1604]] e il [[1608]] fondarono stazioni missionarie nelle isole di [[Capo Verde]].<ref>{{Cita|W.V. Bangert|pp. 181-183|Bangert}}.</ref>
 
Dopo una prima breve impresa in [[Regno del Congo|Congo]] tra il [[1548]] e il [[1555]], nel [[1581]] i gesuiti dell'Angola, guidati da [[Baltasar Barreira]], tornarono in questa regione per un viaggio di esplorazione e vi battezzò 1500 persone. Dopo un inizio promettente della missione, alcuni eventi portarono alla distruzione dell'armonia religiosa (nel [[1645]] giunsero dei missionari [[Ordine dei frati minori cappuccini|cappuccini]] spagnoli che cercarono di portare i congolesi nell'orbita spagnola) e al disordine civile (rivolte di indigeni). Anche a causa dell'esiguo numero di gesuiti, nel [[1674]] l'impresa in Congo fu abbandonata.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|pp. 271-272|Bangert}}.</ref>
 
Fra le molte missioni fondate dai gesuiti in Africa prima della soppressione del [[XVIII secolo]], quella in Angola fu l'unica a radicarsi e ad avere un certo sviluppo.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 370|Bangert}}.</ref>
 
=== Le missioni interne ===
Come Ignazio, che aveva cominciato il suo ministero insegnando la dottrina ai bambini e girando insieme ai compagni per le piazze dei paesi predicando ai passanti, anche i primi gesuiti si dedicarono alla predicazione estemporanea, quasi in concorrenza con cantastorie e cavadenti, viaggiando di città in città, spesso a piedi nudi.<ref>{{Cita|O. Niccoli|pp. 164-165|Niccoli}}.</ref> Fino alla metà del Cinquecento questa forma di predicazione ebbe caratteristiche di improvvisazione e fu esercitata in maniera quasi giullaresca, assumendo anche un fine di mortificazione per chi la compiva. La situazione mutò a partire dalla seconda metà del secolo e soprattutto nel Seicento.<ref>{{Cita|O. Niccoli|p. 166|Niccoli}}.</ref>
 
Le gerarchie ecclesiastiche (vescovi e inquisitori) cominciarono a ricorrere ai gesuiti commissionando loro un'opera di controllo antiereticale (tra i valdesi di [[Piemonte]], [[Puglia]] e [[Calabria]], tra i ''moriscos'' in Spagna) ma anche di rilancio della vita religiosa.<ref>{{Cita|A. Prosperi|pp. 570-571|Prosperi}}.</ref> La vicenda del gesuita [[Silvestro Landino]] è paradigmatica: tra il [[1550]] e il [[1551]], in occasione della [[visita pastorale]] di Egidio Foscari a [[Modena]] (capitale italiana del movimento filoprotestante) e nella sua [[arcidiocesi di Modena-Nonantola|diocesi]], affiancò il presule dedicandosi allo smascheramento di ecclesiastici e maggiorenti in odore di eresia; spostandosi nelle zone montane, però, si rese conto che a minacciare la vita cristiana non era tanto la diffusione delle dottrine riformate, quanto la profonda ignoranza e superstizione della popolazione e del clero delle zone più isolate.<ref>{{Cita|A. Prosperi|p. 551|Prosperi}}.</ref> Capitava che i sacerdoti delle aree rurali ignorassero la formula del sacramento dell'[[Eucaristia]] o che, interrogati sulla [[Trinità (cristianesimo)|Trinità]], i contadini rispondessero essere battesimo, cresima ed eucaristia, o fede, speranza e carità, o Gesù, Giuseppe e Maria; altri credevano all'esistenza di un numero indefinito di dei.<ref>{{Cita|A. Prosperi|p. 622|Prosperi}}.</ref>
 
Dalle zone dell'[[Appennino tosco-emiliano]] Landino passò all'isola di [[Capraia Isola|Capraia]] e poi in [[Corsica]], dove trascorse gli ultimi giorni della sua vita dedicandosi alle missioni tra le popolazioni più isolate e abbandonate. Nei luoghi desolati e periferici i gesuiti riconobbero "altre Indie", bisognose di evangelizzazione al pari di quelle dell'[[Asia]] e delle [[Americhe]].<ref>{{Cita|O. Niccoli|p. 167|Niccoli}}.</ref>
 
Nel corso del Seicento le missioni nelle campagne acquisirono una struttura fissa: i padri si recavano in una località al centro di un'area rurale e vi rimanevano alcuni giorni dando esercizi spirituali a sacerdoti e nobili, predicando al popolo, organizzando processioni, confessioni e comunioni collettive,<ref>{{Cita|O. Niccoli|p. 168|Niccoli}}.</ref> distribuendo medaglie e immaginette sacre, fondando o rivitalizzando confraternite, formando catechisti.<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|p. 140|O'Malley}}.</ref>
 
== Colonialismo ==
Lo slancio missionario dei gesuiti è testimoniato dalle circa quindicimila lettere (''[[indipetae]]''), scritte tra il [[1550]] e il [[1771]] da tutta Europa e conservate negli archivi romani dell'Ordine. In esse i religiosi domandavano di essere mandati nelle missioni d'oltremare per emulare san [[Francesco Saverio]], l'apostolo del Giappone, il cui nome appare a chiare lettere in duemila missive.<ref>{{Cita|G.V. Scammel|pp. 103-104|Scammel}}.</ref>
 
I membri secolari e regolari del clero si dedicavano ovunque ad attività commerciali, in particolare i gesuiti furono attivi in [[Giappone]] fino alla proibizione del cristianesimo nel [[1614]] e alla successiva espulsione dei portoghesi dal paese.<ref>{{Cita|G.V. Scammel|p. 158|Scammel}}.</ref> L'unica funzione dell'impero, scrisse una volta lo stesso san Francesco Saverio, era quella di coniugare "ogni modo e tempo del verbo depredare".<ref name="sc147">{{Cita|G.V. Scammel|p. 147|Scammel}}.</ref> Persino un religioso cattolico, recatosi in India nel [[1672]], rimase colpito dalle ricchezze accumulate nei monasteri e nei conventi portoghesi e ricavò l'impressione che "tutto il commercio della nazione fosse nelle loro mani".<ref>{{Cita|Abate Carré|p. 214|Carré}}.</ref>
Quando furono espulsi dal Giappone nel [[1639]], i gesuiti si trasferirono nel [[Makassar]]; in [[Indocina]] e in [[Thailandia]], che offrivano tuttavia opportunità meno remunerative.<ref name="sc147"/>
 
Per quanto riguarda il Brasile, i padri gesuiti dapprima trasferirono gli amerindi in villaggi dove potevano proteggerli e convertirli, come il re aveva ordinato, e nel [[1570]] ottennero dal sovrano che venisse abolita la schiavitù, tranne per chi praticava il cannibalismo o rifiutava la conversione al Cristianesimo. Come conseguenza, furono espulsi due volte da [[Maranhão]], e a causa della pressante richiesta di manodopera, soddisfatta dall'importazione dei neri africani solo alla fine del XVI secolo, furono infine costretti ad accettare la politica dei coloni.<ref>{{Cita|G.V. Scammel|p. 172|Scammel}}.</ref>
 
Secondo le credenze del tempo era infatti per volontà di Dio che gli africani fossero schiavi di padroni bianchi e cristiani. Essi meritavano tale sorte non solo perché appartenevano presumibilmente alla razza su cui ricadeva, secondo la Bibbia, la maledizione lanciata da Noè sui discendenti del figlio Cam, ma anche per l'enormità dei peccati commessi dai loro antenati, della quale il colore della pelle era un'indubbia testimonianza. Anche la riluttanza a lavorare con zelo in condizioni di schiavitù era ritenuta una prova della loro inadeguatezza, e si pensava che l'asservimento li avrebbe abituati ai benefici effetti di una vita faticosa e regolare, preparandoli a ricevere il dono divino del messaggio cristiano. È comprensibile quindi che in un'Europa in cui i vagabondi erano marchiati e i dissidenti religiosi torturati o arsi vivi, non si sollevassero serie obiezioni ad analoghi trattamenti inflitti ai neri ritenuti altrettanto recalcitranti.<ref>{{Cita|G.V. Scammel|p. 184|Scammel}}.</ref>
 
Intorno al [[1600]] i gesuiti possedevano, insieme ai [[Ordine dei frati predicatori|domenicani]], circa un terzo delle terre produttive nelle colonie spagnole e portoghesi delle Americhe. All'inizio del Settecento in ogni latifondo lavoravano, secondo le modalità tipiche dell'economia coloniale iberica, mille indigeni ogni centocinquanta schiavi neri.<ref>{{Cita|G.V. Scammel|p. 193|Scammel}}.</ref>
 
Nelle Americhe colonizzate da spagnoli e portoghesi, dove gli edifici ecclesiastici, alcuni dei quali erano autentiche fortezze, regolarmente superavano per dimensioni e magnificenza le opere più imponenti dell'architettura civile, la Chiesa cattolica si insediò in maniera solenne e fastosa acquisendo immense proprietà, come in Asia accadde di rado. Monasteri e conventi fornivano l'istruzione primaria ai bambini non indigeni, e dalla fine del Cinquecento i gesuiti aprirono una rete di scuole secondarie: città opulente ospitavano conventi alla moda e lungo le frontiere imperiali missionari paternalistici dirigevano il lavoro e le preghiere degli accoliti amerindi, mentre nel cuore dell'impero i convertiti nativi professavano un cattolicesimo fatto di devozione superstiziosa e di paganesimo appena velato, oppure strane combinazioni di usanze cristiane e indigene.<ref>{{Cita|G.V. Scammel|pp. 266-267|Scammel}}.</ref>
 
== Soppressione e rinascita dell'ordine ==
{{vedi anche|Soppressione della Compagnia di Gesù}}
[[File:Jesuitenorden 1773.JPG|thumb|La soppressione della Compagnia di Gesù in un'incisione satirica del [[1773]]]]
La vicenda che condusse alla soppressione della Compagnia di Gesù è sintomatica della debolezza dell'autorità papale. I governi di numerosi stati europei consideravano l'ordine il più pericoloso alleato dei pontefici e la Compagnia fu sempre più considerata il principale ostacolo alle politiche riformiste e [[giurisdizionalisti|giurisdizionaliste]] ([[gallicanesimo]], [[febronianesimo]]) dei sovrani, nonché al rinnovamento delle forme religiose (propugnato dai [[giansenismo|giansenisti]]). Accusati di regicidio, di pervertire l'ordine sociale, di corrompere la gioventù e di essere artefici della supremazia del papa sul potere monarchico, i gesuiti furono espulsi dai principali regni europei e dalle loro colonie.<ref>{{Cita|P. Bianchini (cur.)|p. 7|Biancini}}.</ref>
 
Fu il [[Portogallo]] ad aprire la via alla soppressione. Il [[Sebastião José de Carvalho e Melo|marchese di Pombal]], capo del governo, fautore dell'[[assolutismo monarchico]], entrò in aperto conflitto con i gesuiti per la vicenda delle ''reducciones'' brasiliane. Il marchese inviò a [[papa Benedetto XIV]] una relazione in cui accusava i gesuiti di avidità di denaro e sete di potere e li denunciava di essere al centro di scandalose operazioni commerciali, il che costrinse il pontefice a inviare in Portogallo il cardinale [[Francisco de Saldanha da Gama|Saldanha]] a compiere un'inchiesta; i gesuiti furono anche accusati di essere coinvolti nel fallito attentato a [[Giuseppe I del Portogallo|Giuseppe I]] del [[1758]]. Agli inizi del [[1759]] il re ordinò di confiscare tutte le proprietà dell'ordine e pochi mesi dopo ne decretò l'espulsione.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|pp. 391-393|Bangert}}.</ref>
 
I problemi per la Compagnia in [[Francia]] cominciarono con la condanna per bancarotta fraudolenta del gesuita Antoine La Vallette decretata dal [[Parlamento francese (Ancien Régime)|parlamento]] di [[Parigi]], dominato da elementi [[giansenismo|giansenisti]] e [[gallicanesimo|gallicani]] e in cui era ben radicato il movimento antigesuitico. Il 6 agosto [[1761]] il parlamento ordinò di bruciare pubblicamente le opere di ventitré gesuiti (tra i quali [[Roberto Bellarmino|Bellarmino]]) in quanto lesive della morale cristiana e ai gesuiti di chiudere i loro collegi, nei quali si sarebbe esercitata una cattiva influenza sui giovani: [[Luigi XV di Francia|Luigi XV]] cercò di far sospendere l'esecuzione della sentenza,<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 399|Bangert}}.</ref> ma la sua debolezza politica lo costrinse però alla fine a piegarsi di fronte alle pressioni dei parlamenti e a rendere esecutivo il decreto.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 407|Bangert}}.</ref>
 
Dalla Spagna i gesuiti furono cacciati da [[Carlo III di Spagna|Carlo III]], per il quale i religiosi rappresentavano un ostacolo nella realizzazione dell'assolutismo monarchico: essi infatti avevano sempre preso posizione contro la filosofia [[regalismo|regalista]] e avevano un forte legame con l'aristocrazia ostile alla politica del sovrano. Inoltre, il ministro [[Pedro Rodríguez de Campomanes|Campomanes]] accusò falsamente i gesuiti di essere gli istigatori di una rivolta, inducendo Carlo III a credere che essi stessero complottando contro di lui. Tutti questi elementi concorsero a spingere il re a emettere il decreto di espulsione il 27 febbraio [[1767]].<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 411|Bangert}}.</ref> Gli altri Stati borbonici imitarono presto l'esempio spagnolo: [[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando IV]], spinto da [[Bernardo Tanucci|Tanucci]], espulse i gesuiti da [[Napoli]] e [[Sicilia]] nel novembre [[1767]]<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 417|Bangert}}.</ref> e il duca di [[ducato di Parma e Piacenza|Parma]] [[Ferdinando I di Parma|Ferdinando]], consigliato da [[Guillaume du Tillot|du Tillot]], cacciò i religiosi dai suoi stati nel febbraio [[1768]].<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 418|Bangert}}.</ref>
 
Sotto la pressione dei sovrani borbonici, con breve ''[[Dominus ac Redemptor]]'' del 21 luglio [[1773]] [[papa Clemente XIV]] soppresse la Compagnia, che all'epoca contava circa 23.000 membri in 42 province: i vescovi locali erano nominati delegati apostolici per eseguire la soppressione delle case situate nella loro diocesi.<ref>{{Cita|M. Inglot|p. 6|Inglot}}.</ref>
 
La soppressione dei gesuiti a [[Roma]] fu eseguita il 16 agosto successivo e il preposito generale [[Lorenzo Ricci]] fu incarcerato in [[Castel Sant'Angelo]], dove morì il 24 novembre [[1775]].<ref>{{Cita|M. Inglot|p. 7|Inglot}}.</ref>
 
In [[Svizzera]] lo scoppio della [[guerra del Sonderbund]] ([[1847]]) portò all'espulsione dei gesuiti da tutta la Svizzera e all'inserimento della loro interdizione nella [[Costituzione svizzera del 1848|costituzione federale del 1848]] (art. 58). La Costituzione del [[1874]] estese il provvedimento a ogni attività nelle chiese e nelle scuole (art. 51). Questo articolo d'eccezione confessionale fu abrogato nel [[1973]] in seguito a votazione popolare.
 
=== I gesuiti in Russia e in Prussia ===
Dopo la spartizione della [[Polonia]] ([[1772]]), i territori orientali del paese (la cosiddetta Russia Bianca) erano passati sotto il dominio della [[Russia]] di [[Caterina II di Russia|Caterina II]]: i gesuiti contavano in quelle terre 18 case, di cui tre collegi (a [[Polack|Połock]], [[Vicebsk|Witebsk]] e [[Orša|Orsza]]) e 201 religiosi.<ref>{{Cita|M. Inglot|p. 5|Inglot}}.</ref>
 
La zarina rifiutò di dare l{{'}}''[[exequatur]]'' al breve di soppressione e fece comunicare al superiore di Połock, Stanisław Czerniewicz, la sua intenzione di conservare la compagnia nei suoi domini.<ref>{{Cita|M. Inglot|pp. 8-9|Inglot}}.</ref> I gesuiti della Russia Bianca ebbero il compito storico di assicurare la continuità dell'ordine di prima del 1773 con quello restaurato nel 1814.<ref>{{Cita|M. Inglot|p. 9|Inglot}}.</ref>
 
Anche [[Federico II di Prussia|Federico II]], per motivi legati all'educazione, non volle consentire subito la soppressione delle case gesuite nei territori cattolici del regno di [[Prussia]] ([[Slesia]] e parte della Polonia). La soppressione, invece, ebbe luogo a [[Breslavia]] il 5 febbraio [[1776]].<ref>{{Cita|M. Inglot|pp. 9-10|Inglot}}.</ref>
 
=== Tentativi di ricostituzione ===
[[File:Jacques-Louis David 018.jpg|thumb|Pio VII nel [[1814]] restaurò la Compagnia]]
Subito dopo la soppressione furono effettuati numerosi tentativi di ripristinare l'ordine: la carmelitana [[Luisa Maria di Borbone-Francia (1737-1787)|Teresa di Sant'Agostino]], figlia di Luigi XV, cercò di ottenere dal papa l'autorizzazione per gli ex gesuiti a organizzarsi in fraternità di preti secolari, ma Clemente XIV non accolse favorevolmente il progetto.<ref>{{Cita|M. Inglot|p. 29|Inglot}}.</ref>
 
Qualche anno dopo, altri cercarono, con successo, di ricostruire la forma di vita e il modo di operare della Compagnia dando inizio a nuove congregazioni: nel [[1791]] [[Pierre-Joseph Picot de Clorivière]], già membro della Compagnia, fondò l'[[istituto dei sacerdoti del Cuore di Gesù]], approvato da [[papa Pio VII]];<ref>{{Cita|F. Morlot, in DIP|vol. V (1978), coll. 1672-1678|DIP}}.</ref> [[François-Léonor de Tournély]] e [[Charles de Broglie]], nel [[1794]], fondarono a [[Eegenhoven]] (Belgio) i [[padri del Sacro Cuore]], che ebbero un certo sviluppo sotto la guida di [[Joseph Varin]].<ref>{{Cita|M. Fois, in DIP|vol. VIII (1988), coll. 1682-1683|DIP}}.</ref>
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Nel [[1797]], con l'autorizzazione del cardinale [[Giulio Maria della Somaglia]], [[Niccolò Paccanari]] istituì a Roma la [[Società della Fede di Gesù]], le cui regole ricalcavano le costituzioni dei gesuiti: [[Pio VI]] approvò temporaneamente la congregazione e nel [[1799]] vi unì i padri del Sacro Cuore di Varin. Dopo aver conosciuto una notevole diffusione, i padri della Fede entrarono in un periodo di crisi dopo l'arresto di Paccanari da parte del [[Santo Uffizio]]: quando fu ristabilita la Compagnia di Gesù ([[1814]]) molti membri vi entrarono, gli altri divennero preti diocesani.<ref>{{Cita|M. Colpo, in DIP|vol. VIII (1988), coll. 1609-1611|DIP}}.</ref>
 
Queste congregazioni contribuirono in modo efficace a tenere in vita lo spirito della Compagnia di Gesù.<ref>{{Cita|M. Inglot|p. 33|Inglot}}.</ref>
 
=== La restaurazione ===
Nel [[1793]] la [[Santa Sede]] approvò segretamente i gesuiti della Russia Bianca e il 17 marzo [[1801]], con il breve ''Catholicae fidei''<ref>[httphttps://www.archive.org/stream/iurispontificii00martgoog#page/n470/mode/1up Documento] edito da R. de Martinis, ''Iuris pontificii de propaganda fide. Pars prima'', tomo IV, Romae 1891, p. 454.</ref> di [[papa Pio VII]], il riconoscimento divenne pubblico; nel [[1803]] fu approvata l'attività dei gesuiti in [[Inghilterra]]<ref>{{Cita|P. Bianchini (cur.)|pp. 89-108|Biancini}}.</ref> e il 30 luglio [[1804]], con il breve ''Per alias'', [[papa Pio VII]] ristabilì la Compagnia a [[Napoli]] e in [[Sicilia]] (dove l'ordine era stato reintrodotto a opera di [[Giuseppe Pignatelli]]).<ref>{{Cita|M. Inglot|p. 35|Inglot}}.</ref>
 
Con la bolla ''Sollicitudo omnium ecclesiarum''<ref>[httphttps://www.archive.org/stream/iurispontificii00martgoog#page/n536/mode/1up Documento] edito da R. de Martinis, ''Iuris pontificii de propaganda fide. Pars prima'', tomo IV, Romae 1891, p. 520.</ref> del 30 luglio [[1814]] Pio VII ripristinò la Compagnia di Gesù in tutto il mondo.<ref name="ing158"/>
 
== La Compagnia dopo la ricostituzione ==
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{{vedi anche|Perinde ac cadaver}}
[[File:Sacred Heart 1770.jpg|thumb|left|I santi gesuiti Ignazio e Luigi Gonzaga adorano il Sacro Cuore di Gesù]]
La spiritualità della Compagnia si fonda sugli ''[[Esercizi spirituali]]'' ignaziani. Gli elementi fondamentali degli Esercizi sono la contemplazione della vita di [[Gesù]], l'accoglimento della chiamata alla sequela di Cristo fattosi servo per noi, lo sforzo ad assomigliare sempre più a Gesù nella vocazione personale al servizio della Chiesa. Secondo gli Esercizi l'imitazione di Gesù implica l'assoluta [[povertà]] (solo i collegi erano autorizzati ad avere rendite fisse), l'abbandono alla volontà di Dio (manifestato nell'assoluta obbedienza ai superiori ''[[perinde ac cadaver]]'', ovvero come un cadavere), l'[[umiltà]], la sopportazione paziente di umiliazioni e offese, della croce e delle persecuzioni.<ref>{{Cita|G. Switek, in G. Schwaiger|ppp. 250-251|Schwaiger}}.</ref>
 
In reazione alla diffusione del [[giansenismo]], che negava il valore di ogni devozione e proponeva un regime di vita spirituale rigoroso, arcigno e arido, i gesuiti si fecero propagatori della calda e confortante devozione al [[Sacro Cuore di Gesù]], che poneva l'accento sulla centralità dell'amore di Dio come chiave della storia della salvezza.
 
Fu il gesuita [[ClaudeClaudio de laLa Colombière]], direttore spirituale delle monache della [[Ordine della Visitazione di Santa Maria|Visitazione]] di [[Paray-le-Monial]], a diffondere della pratica dei [[primi nove venerdì del mese]], ispirata, secondo la tradizione, da Gesù stesso alla visitandina [[Margherita Maria Alacoque]]. Nella visione di Gesù che Margherita Maria affermò di aver ricevuto il 2 luglio [[1688]], infatti, il Cristo avrebbe indicato i gesuiti come speciali propagatori della devozione al suo cuore e avrebbe chiamato La Colombière "servo fedele e perfetto amico".<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 230|Bangert}}.</ref>
 
In stretta connessione alla devozione al Sacro Cuore, a opera del gesuita [[François-Xavier Gautrelet]], nel [[1844]] nacque in Francia l{{'}}''Apostolato della preghiera'', i cui aderenti si impegnano a offrire giornalmente preghiere e azioni al Sacro Cuore in spirito di riparazione dei peccati dell'umanità. Il gesuita [[Henri Ramière]] fondò il periodico ''Messaggero del Sacro Cuore'', che nel [[1912]] veniva pubblicato in ventisei lingue diverse.<ref>{{Cita|W.V. Bangert|pp. 488-489|Bangert}}.</ref>
 
Gli Esercizi e la devozione al Sacro Cuore dimostrano il carattere cristocentrico della spiritualità gesuita.<ref>{{Cita|I. Parraguirre, in DIP|vol. II (1975), coll. 1287-1293|DIP}}.</ref>
 
Numerosi appartenenti all'ordine sono stati elevati agli onori dell'altare: il fondatore,<ref>{{Cita|R. García, in BSS|vol. VII (1966), coll. 674-705|BSS}}.</ref> [[Pietro Favre]], i missionari [[Francesco Saverio]] e [[Pietro Claver]], i teologi [[Pietro Canisio]] e [[Roberto Bellarmino]], i giovani scolastici [[Luigi Gonzaga]],<ref>{{Cita|F. Baumann, in BSS|vol. VIII (1967), coll. 348-353|BSS}}.</ref> [[Stanislao Kostka]] e [[Giovanni Berchmans]], il superiore [[Francesco Borgia]], il provinciale e principale restauratore della Compagnia [[Giuseppe Pignatelli]], i predicatori [[Giovanni Francesco Régis]], [[Bernardino Realino]] e [[Francesco De Geronimo]], i martiri [[Paolo Miki]] e [[Giovanni de Brébeuf]].
 
== L'arte dell'ordine ==
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Se è improprio parlare di uno stile gesuitico, quello che emerse fu la necessità di definire alcune regole, alcuni principi riguardanti la disposizione planimetrica delle strutture religiose, che sfociarono in alcuni schemi, dapprima riferiti alle chiese romane, e poi applicati in tutta la penisola e all'estero.
 
Il campione originale dell'architettura gesuitica fu la chiesa del Gesù, costruita a Roma tra il [[1568]] e il [[1575]], sotto la direzione dell'architetto [[Jacopo Barozzi da Vignola]]. L'opera si caratterizzò per la fusione dell'impianto centrale, di concezione [[Rinascimento|rinascimentale]], con l'impianto longitudinale, peculiare del [[Medioevo]]. La riesumazione della croce latina a scapito dello schema classico, improntata da una mastodontica [[navata]] centrale, completata da [[cappella|cappelle]] laterali inserite al posto delle navate minori, e soverchiata da una grande [[cupola]], consentiva ada un grande numero di praticanti di partecipare alle funzioni, di vedere, ma soprattutto di sentire l'oratore, scopo fondamentale della missione gesuitica. Ma pure la [[facciata]], progettata da [[Giacomo Della Porta]] su due piani, dei quali il secondo si estendeva solo quanto la navata centrale, diventò un modello imitato in tutto il mondo per almeno due secoli.
 
Tra le chiese ispiratesi all'architettura gesuitica, si possono ricordare quella di ''Val-de-Grace'' a [[Parigi]] e quella di San Carlo ad [[Anversa]].
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== L'organizzazione dell'ordine ==
 
[[File:Constitutions (Proemium).jpg|thumb|Il preambolo delle Costituzioni della Compagnia di Gesù in un manoscritto del fondatore]]
La Compagnia di Gesù appartiene al numero degli ordini di [[chierici regolari]], sorti nel corso del [[XVI secolo]] e utilizzati dalla Chiesa per contrastare la diffusione del [[protestantesimo]] e diffondere i dettami del [[Concilio di Trento]], caratterizzati dall'unione di vita religiosa e impegno apostolico.
 
La struttura dell'ordine è stabilita dalla ''Formula instituti'', codificata e ampliata da Ignazio nelle Costituzioni della Compagnia, redatte insieme al suo segretario [[Juan de Polanco]] tra il [[1547]] e il [[1550]], ulteriormente modificate in base ai suggerimenti dei religiosi professi e promulgate nel [[1553]]: il testo, approvato nel [[1606]] da [[papa Paolo V]] con la bolla ''Quantum religio'', è rimasto sostanzialmente immutato fino alla XXXI congregazione generale dell'ordine ([[1965]]-[[1966]]).<ref>{{Cita|M. Fois, in DIP|vol. II (1975), coll. 1262-1265|DIP}}.</ref>
 
[[File:Constitutions (Proemium).jpg|thumb|Il preambolo delle Costituzioni della Compagnia di Gesù in un manoscritto del fondatore]]
 
Le costituzioni ignaziane (frutto della riflessione sull'esperienza religiosa del fondatore e dei suoi primi compagni) non sono solo un codice legislativo, ma uniscono agli elementi giuridici anche aspetti spirituali e ascetici e non possono essere comprese prescindendo dagli Esercizi spirituali.<ref>{{Cita|G. Switek, in G. Schwaiger|p. 250|Schwaiger}}.</ref>
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=== L'aspetto innovativo ===
 
Nelle sue Costituzioni, Ignazio annullò i quattro aspetti fondamentali dell'organizzazione monastica: la residenza per tutta la vita in una medesima comunità (''stabilitas loci''), le decisioni prese a maggioranza da tutti i membri della comunità riuniti in capitolo, l'elezione del proprio superiore da parte di ogni singola comunità, la recita corale dell'ufficio divino.
 
=== I gradi di appartenenza ===
[[File:IlÉglise GesuGesù - Rome (IT62) - 2021-08-30 - 2.jpg|thumb|left|La [[Chiesa del Gesù|chiesa del Santissimo Nome di Gesù]] (o del Gesù) a [[Roma]], sede principale dell'ordine]]
Vi sono diversi gradi di appartenenza all'ordine:<ref name="Sch2523">{{Cita|G. Switek, in G. Schwaiger|pp. 252-253|Schwaiger}}.</ref> dopo due anni di [[noviziato]] (o prima probazione), i gesuiti in formazione, detti scolastici,<ref name="Sch2523"/> pronunciano i primi voti, semplici e perpetui, che possono essere sciolti dai prepositi provinciali (dopo i primi voti, gli scolastici si dicono "approvati"); compiuto un triennio di studi filosofici e uno di studi teologici, inframezzati da una seconda probazione nelle case professe o nei collegi, lo scolastico approvato viene [[ordine sacro|ordinato]] [[presbitero|sacerdote]].
 
Al periodo di formazione segue un ulteriore anno di noviziato (terza probazione) al termine del quale, dopo aver trascorso almeno dieci anni nella Compagnia, il candidato viene ammesso per fare la professione in forma solenne dei tre voti (detti finali) di povertà, obbedienza e castità (comuni a tutti i religiosi), di un quarto voto solenne (specifico della Compagnia) di speciale obbedienza ''circa missiones'' al papa e di cinque altri voti semplici (non cambiare la legislazione della Compagnia se non per renderla più rigida, non cercare posizioni di autorità nella Compagnia, non cercare prelature nella Chiesa, denunciare ai superiori i colpevoli di queste azioni, ascoltare i consigli della Compagnia in caso di innalzamento all'episcopato).<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|p. 382|O'Malley}}.</ref> Dopo questi voti, il gesuita si dice professo.
 
Ai professi sono riservate tutte le alte cariche dell'ordine.
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=== Il governo dell'ordine ===
[[File:Casa generalizia Compagnia di Gesù.jpg|thumb|upright=1.4|Casa generalizia della Compagnia di Gesù a Roma, [[Borgo Santo Spirito]]]]
Al vertice della struttura dell'ordine Ignazio pose la [[Congregazione generale della Compagnia di Gesù|congregazione generale]], un'assemblea composta dai prepositi provinciali e da due padri professi delegati da ogni provincia;<ref>{{Cita|W.V. Bangert|p. 53|Bangert}}.</ref> la congregazione generale non si riunisce a intervalli regolari, ma viene convocata solo in caso di morte del preposito generale, o per ordine del papa, o per volere del preposito generale, o per decisione della congregazione dei procuratori, eletta con mandato triennale dalle province.
 
La massima autorità della Compagnia di Gesù è il [[Preposito generale della Compagnia di Gesù|preposito generale]] (detto popolarmente "papa nero"), eletto a vita dalla congregazione generale. La sua autorità è subordinata a quella della congregazione generale, della quale è tenuto ad applicare i decreti.<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|p. 61|O'Malley}}.</ref> Il generale è assistito da dieci assistenti, nominati dalla congregazione generale: a ogni assistente fa riferimento un'"assistenza", cioè un gruppo di province raggruppate per lingua o nazionalità.
 
Quella del preposito è l'unica carica elettiva: egli nomina i prepositi provinciali, che nominano a loro volta quelli delle comunità locali.
 
La Compagnia di Gesù non comprende un terz'ordine né un ramo femminile. Benché nel [[1545]] Ignazio avesse accettato, su pressioni di Paolo III, la possibilità di istituire un ramo femminile della Compagnia, nel [[1549]] i gesuiti furono dispensati dall'obbligo di assistere spiritualmente le religiose (forse, Ignazio temeva che dover fornire cappellani fissi e governare i monasteri femminili avrebbe distolto i religiosi dalla loro missione apostolica); tuttavia, nel [[1554]], caso unico nella storia dell'ordine, a [[Giovanna d'Asburgo]], figlia di [[Carlo V d'Asburgo|Carlo V]], fu consentito di emettere segretamente i voti degli scolastici con il nome di Mateo Sánchez.<ref>{{Cita|J.W. O'Malley|p. 85|O'Malley}}.</ref>
 
== Attività ==
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I gesuiti sono impegnati nell'istruzione e nella ricerca scientifica, nella formazione dei sacerdoti, nella catechesi per gli adulti, nell'apostolato verso il mondo giovanile e le comunità di vita cristiana, nei [[mass media]], nell'assistenza spirituale a categorie svantaggiate (profughi, persone emarginate).<ref name="gs260"/>
 
La loro forma preferita di attività sono le case per esercizi spirituali: gli esercizi vengono generalmente dati a gruppi omogenei di persone per tre o otto giorni (anche meno, secondo le necessità). È tuttavia possibile compiere l'intero ciclo mensile.<ref>{{Cita|A. Martini, in M. Escobar (cur.)|vol. I ([[1951]]), pp. 765-769|Escobar}}.</ref>
 
Il principale centro di studio diretto dai gesuiti<ref>''Ann. Pont. 2013'', p. 1738.</ref> è la [[Pontificia Università Gregoriana]], fondata nel [[1553]] a [[Roma]] da Ignazio di Loyola e [[Francesco Borgia]] con il nome di ''Collegio Romano'', eretta in università da [[papa Paolo IV]] nel [[1556]] e restaurata da [[papa Leone XII]] nel [[1824]];<ref>{{cita|''Ann.Annuario Pont.pontificio 20132017'', |p. 18931880}}.</ref> a essa nel [[1924]] [[papa Pio XI]] ha consociato il [[Pontificio Istituto Biblico]], fondato da [[papa Pio X]] nel [[1909]], e il [[Pontificio Istituto Orientale]], fondato da [[papa Benedetto XV]] nel [[1917]].<ref>{{cita|''Ann.Annuario Pont.pontificio 20132017'', p|pp. 18941880-1881}}.</ref>
 
L'ordine pubblica numerose riviste come ''Gregorianum'', ''Analecta Bollandiana'' e ''Archivum Historicum Societatis Iesu'', semestrale fondato nel [[1932]] che pubblica articoli di ricerca storica, documenti inediti, recensioni, bibliografie.<ref>{{Cita|M. Fois, in DIP|vol. I (1974), col. 874|DIP}}.</ref> Tra gli altri periodici nati per iniziativa della Compagnia: ''[[La Civiltà Cattolica]]'', ''Etudes'', ''Recherches de science religieuse'', ''Revue d'ascétique et de mystique'', ''Stimmen der Zeit'', ''Letture'', ''Popoli'', ''[[Aggiornamenti sociali]]'', ''Messaggio del Sacro Cuore''.
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=== Contributi alla scienza ===
Numerosi sono stati i contributi apportati da gesuiti, singolarmente o in gruppi, allo sviluppo delle scienze, teoriche ede applicate, dal tempo dell'istituzione dell'Ordine. Essi contribuirono allo sviluppo degli [[Orologio a pendolo|orologi a pendolo]], dei [[Pantografo (grafica)|pantografi]], dei [[barometro|barometri]], dei [[telescopio|telescopi]] e dei [[microscopio|microscopi a riflessione]]. Fornirono inoltre contributi significativi nei campi del [[magnetismo]], dell'[[ottica]] e della [[elettrologia]]. Furono tra i primi a osservare le fasce colorate della superficie del [[Giove (astronomia)|pianeta Giove]], la [[Galassia di Andromeda|nebulosa di Andromeda]] e gli [[anelli di Saturno]]. Esposero teorie sull'origine delle [[marea|maree]] e sulla corrispondente influenza sulle stesse da parte della [[luna]] e sulla propagazione ondosa della luce. AdA essi è dovuta l'introduzione dei segni + e - nella matematica, la tecnica di controllo dei flussi del [[Po]] e dell'[[Adige]], la realizzazione di mappe stellari dell'[[emisfero australe]].<ref>Jonathan Wright, ''I gesuiti, mito e missione'', (trad. di Maria Fausta Marino e Angela De Simio), Roma, Newton & Compton, 2005, pp. 164-165</ref> [[Georges Lemaître]] ideò il concetto di [[Big Bang]] in astrofisica.
 
== Statistiche ==
Nel corso dei secoli, a causa delle alterne vicende dell'ordine, il numero dei gesuiti è variato notevolmente. Nella seguente tabella, accanto all'anno di riferimento, è indicato il numero totale dei membri della Compagnia e di seguito, eventualmente, la ripartizione tra sacerdoti, scolastici e religiosi laici.<ref>Dati riportati in DIP, vol. II ([[1975]]), col. 1280.</ref>
 
<div{| class=wikitable style="font-size:90%; borderwidth:0px; padding:0px; margin-left:1em; margin-right:0px;margin-bottom:0px70%; text-align:center">
{| class="wikitable" style="width:70%;"
|- bgcolor="#EFEFEF"
! anno || membri || scolastici || sacerdoti || religiosi laici
|-
| 1579 || 5.165 || || ||
|-
| 1626 || 15.544 || || ||
|-
| 1749 || 22.589 || || 11.293 ||
|-
| 1830 || 2.137 || 777 || 727 || 633
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|-
| 1974 || 29.436 || 4.032 || 20.822 || 4.582
|-
|}
Negli ultimi anni si assiste a un notevole e costante ridimensionamento dell'ordine. La seguente tabella da un quadro dell'andamento dei membri della Compagnia di Gesù negli ultimi anni.<ref>{{cita web|url=http://www.sjweb.info/news/index.cfm?Tab=7&Language=4&PubNumID=188|titolo=La Compagnia di Gesù in cifre|accesso=18 gennaio 2014}}</ref>
</div>
Negli ultimi anni si assiste a un notevole e costante ridimensionamento dell'ordine. La seguente tabella da un quadro dell'andamento dei membri della Compagnia di Gesù negli ultimi anni.<ref>{{cita web|url=http://www.sjweb.info/news/index.cfm?Tab=7&Language=4&PubNumID=188|titolo=La Compagnia di Gesù in cifre|accesso=18 gennaio 2014}}</ref>
 
<div{| class=wikitable style="font-size:90%; borderwidth:0px; padding:0px; margin-left:1em; margin-right:0px;margin-bottom:0px70%; text-align:center">
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|- bgcolor="#EFEFEF"
! anno || membri || scolastici || sacerdoti || religiosi laici
|-
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| 2013 || 17.287 || 3.589 || 12.298 || 1.400
|-
|2022
|14.439
|2.587
|10.432
|837
|}
</div>
 
Al 1º gennaio [[2015]]2022, l'ordine contava 16{{formatnum:14439}} gesuiti nel mondo.740 membriErano così ripartiti: 583 novizi, con{{formatnum:2587}} quasiscolastici, 12.000837 fratelli e {{formatnum:10432}} sacerdoti.<ref>{{citaCita web|url=https://www.avvenirejesuits.global/it/chiesa2022/pagine03/congregazione23/la-generalecompagnia-gesuitidi-congesu-domenicanoin-brunocifre-cadoreedizione-2022/|titolo=UnLa domenicanoCompagnia celebradi MessaGesù perin l'aperturacifre della CongregazioneEdizione generale2022 dei{{!}} gesuiti.The ÈSociety laof prima volta nella storiaJesus|sito=www.jesuits.global|lingua=it|accesso=26 novembre 20162023-11-22}}</ref>
 
Uno studio del ''Center for Applied Research in the Apostolate'' (CARA) ha evidenziato che nell'ultimo secolo il loro numero ha subito grandi modifiche, passando dai 16.295 del 1910, al livello massimo raggiunto nel 1965 (36.038), per poi scendere ai 18.266 registrati nel 2010: un dimezzamento avvenuto in 45 anni.<ref>{{cita web|url= httphttps://nineteensixty-four.blogspot.com/2011/02/changing-jesuit-geography.html|titolo= The Changing Jesuit Geography|accesso=18 gennaio 2014}}</ref>
 
La Compagnia di Gesù rimane l'istituto religioso colcon il più alto numero di membri (1715.676306), seguito dalla [[Società salesiana di San Giovanni Bosco]] (1514.573767), dall'[[Ordine dei frati minori]] (1412.123726) e dall'[[Ordine dei frati minori cappuccini]] (10.786349).<ref>I dati riflettono la situazione al 31 dicembre 20112019: cfr. statistiche in ''Ann. Pont. 20132021'', pp. 1409-1466.</ref>
 
== Note ==
{{Note strette}}
<references/>
 
== Bibliografia ==
* {{Bibliografia|APcita 2013libro|''titolo=Annuario pontificio per l'anno 2013'', 2017|editore=Libreria Editrice Vaticana, |città=[[Città del Vaticano]] 2013. |anno=2017|ISBN =978-88-209-90709975-1.9|cid=''Annuario pontificio 2017''}}
* {{Bibliografia|Bangertcita libro|autore=William V. Bangert, ''|titolo=Storia della Compagnia di Gesù'', |url=https://archive.org/details/storiadellacompa0000unse|editore=Marietti, |città=[[Genova]] |anno=1990. |ISBN =88-211-6806-9.|cid=Bangert}}
* {{Bibliografia|Biancinicita libro|curatore=Paolo Bianchini (cur.), ''|titolo=Morte e resurrezione di un ordine religioso'', |url=https://archive.org/details/morteeresurrezio0000unse|editore=Vita e pensiero, |città=[[Milano]] |anno=2006. |ISBN =88-343-1287-2.|cid=Bianchini}}
* {{Bibliografia|Capracita libro|autore=Carlo Capra, ''|titolo=Età moderna'', |editore=Le Monnier, |città=[[Firenze]] |anno=1996. |ISBN =88-00-45103-9.|cid=Capra}}
* {{Bibliografia|BSScita libro|curatore=Filippo Caraffa e |curatore2=Giuseppe Morelli (curr.), ''|titolo=Bibliotheca Sanctorum'' (BSS), 12 voll., |editore=Istituto Giovanni XXIII nella Pontificia Università Lateranense, |città=Roma |anno=1961-1969.|cid=BSS}}
* {{Bibliografia|Carrécita libro|autore=Abate Carré, ''|titolo=The Travels of the Abbé Carré in India and the Near East From 1672 to 1674'', |editore=Asian Educational Services, |città=[[Londra]] |anno=1992. |ISBN =978-81-206-0596-1|cid=Carré}}
* {{Bibliografia|Dalmasescita libro|autore=Cándido de Dalmases, ''|titolo=Il padre maestro Ignazio'', |editore=Jaca Book, |città=[[Milano]] |anno=1994. |ISBN =88-16-30265-8.|cid=de Dalmases}}
* {{Bibliografia|Escobarcita libro|curatore=Mario Escobar (cur.), ''|titolo=Ordini e congregazioni religiose'', 2 voll., |editore=[[Società Editrice Internazionale|SEI]], |città=[[Torino]] |anno=1951-1953.|cid=Escobar}}
* {{Bibliografia|Inglotcita libro|autore=Marek Inglot, ''|titolo=La Compagnia di Gesù nell'Impero Russo (1772-1820)'', |editore=EPUG, |città=[[Roma]] |anno=1997. |ISBN =88-7652-722-2.|cid=Inglot}}
* {{Bibliografia|Iserlohcita et allibro|autore=Erwin Iserloh, |autore2=Josef Glazik, |autore3=Hubert Jedin, ''|titolo=Riforma e Controriforma'' (|volume=vol. VI della serie ''|collana=Storia della Chiesa'', diretta da H. Jedin), |editore=Jaca Book, |città=[[Milano]] |anno=2001. |ISBN =88-16-30246-1|cid=Iserloh ''et al.''}}
* {{Bibliografia|Niccolicita libro|autore=Ottavia Niccoli, ''|titolo=La vita religiosa nell'Italia moderna'', |editore=Carocci editore, |città=[[Roma]] |anno=2002. |ISBN =88-430-2412-4.|cid=Niccoli}}
* {{Bibliografia|O'Malleycita libro|autore=John W. O'Malley, ''|titolo=I primi gesuiti'', |editore=Vita e pensiero, |città=[[Milano]] |anno=1999. |ISBN =88-343-2511-7.|cid=O'Malley}}
* {{Bibliografia|DIPcita libro|curatore=Guerrino Pelliccia e |curatore2=Giancarlo Rocca (curr.), ''|titolo=Dizionario degli Istituti di Perfezione'' (DIP), 10 voll., |editore=Edizioni paoline, |città=[[Milano]] |anno=1974-2003.|cid=DIP}}
* {{Bibliografia|Prospericita libro|autore=Adriano Prosperi, ''|titolo=Tribunali della coscienza'', |editore=Giulio Einaudi editore, |città=[[Torino]] |anno=1996. |ISBN =88-06-12670-9.|cid=Prosperi}}
* {{Bibliografia|Scammelcita libro|autore=Geoffrey V. Scammel, ''|titolo=Genesi dell'Euroimperialismo'', |editore=ECIG, |città=[[Genova]] |anno=2000. |ISBN =88-7545-871-5.|cid=Scammel}}
* {{Bibliografia|Schwaigercita libro|autore=Georg Schwaiger, ''|titolo=La vita religiosa dalle origini ai nostri giorni'', |editore=San Paolo, |città=[[Milano]] |anno=1997. |ISBN =978-88-215-3345-7.|cid=Schwaiger}}
 
== Voci correlate ==
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== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{collegamenti esterni}}
* {{cita web|http://www.sjweb.info/|Il sito web ufficiale della Compagnia di Gesù|lingua=en}}
* {{cita web|url=https://jesuits.global/it/|titolo=La Compagnia di Gesù nel mondo}}
* {{Thesaurus BNCF}}
* {{cita web|url=https://jesuits.eu/|lingua=en|titolo=La Compagnia di Gesù in Europa}}
* {{cita web|url=https://gesuiti.it/|titolo=La Compagnia di Gesù in Italia}}
* {{cita web|url=https://sjcuria.global/it/|titolo=La Curia generale dei Gesuiti a Roma}}
 
{{gesuiti}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|Cattolicesimocattolicesimo}}
 
[[Categoria:Compagnia di Gesù| ]]
[[Categoria:Sant'Ignazio di Loyola]]