Isabella d'Aragona (duchessa di Milano): differenze tra le versioni
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{{Monarca
|nome = Isabella d'Aragona
|immagine = Isabella d'Aragona di Napoli, lunetta.jpg
|legenda = Lunetta di Isabella d'Aragona nella [[casa degli Atellani]], Milano.
|titolo = [[Consorti dei sovrani di Milano|Duchessa consorte di Milano]]
|stemma = Coat of arms of Isabella of Aragon, Duchess of Milan.png
|inizio regno = 5 febbraio [[1489]]
|fine regno = 21 ottobre [[1494]]
|predecessore = [[Bona di Savoia]]
|successore = [[Beatrice d'Este]]
|titolo1 = [[Ducato di Bari#Duchi di Bari|Duchessa di Bari]]
|inizio regno1 = [[1501]]
|fine regno1 = [[1524]]
|predecessore1 = [[Ludovico il Moro|Ludovico Sforza]]
|successore1 = [[Bona Sforza]]
|luogo di nascita = [[Napoli]]
|data di nascita = 2 ottobre [[1470]]
|luogo di morte = [[Napoli]]
|data di morte = 11 febbraio [[1524]]
|luogo di sepoltura = [[Basilica di San Domenico Maggiore]], [[Napoli]]
|casa reale = [[Trastámara d'Aragona di Napoli|Trastámara-Napoli]] per nascita<br />[[Sforza]] per matrimonio
|padre = [[Alfonso II di Napoli]]
|madre = [[Ippolita Maria Sforza]]
|consortedi = [[Gian Galeazzo Maria Sforza]]<br/>{{piccolo|(1488-1494)}}
|figli = [[Francesco Maria Sforza|Francesco Maria]]<br />[[Bona Sforza|Bona]]<br />[[Ippolita Sforza|Ippolita]]<br />Bianca
|religione = [[Chiesa cattolica|Cattolicesimo]]
}}
{{Bio
|Nome = Isabella
|Cognome = d'Aragona
|Sesso = F
|LuogoNascita = Napoli
|GiornoMeseNascita = 2 ottobre
|AnnoNascita = 1470
|LuogoMorte = Napoli
|GiornoMeseMorte = 11 febbraio
|AnnoMorte = 1524
|Epoca = 1400
|Epoca2 = 1500
|Attività = duchessa
|Nazionalità =
|Categorie = no
|FineIncipit = fu [[Consorti dei sovrani di Milano|duchessa consorte di Milano]]
}}
Divenne in seguito [[Ducato di Bari|duchessa sovrana di Bari]] (con [[Palo del Colle|Palo]] e [[Modugno (Italia)|Modugno]]), principessa di [[Rossano (Italia)|Rossano]], signora di [[Ostuni]] e di [[Grottaglie]].
Secondogenita di [[Alfonso II di Napoli|Alfonso II]], erede al trono di [[Regno di Napoli|Napoli]], e di [[Ippolita Maria Sforza]], parve prendere dal padre il carattere fiero, l'orgoglio per [[Aragonesi|la propria dinastia]], l'attitudine al comando; dalla madre apprese l'amore per l'arte e la cultura.
== Biografia ==
All'età di soli due anni venne promessa in sposa al cugino [[Gian Galeazzo Sforza]] (che aveva quattro anni), figlio del [[duca di Milano]] [[Galeazzo Maria Sforza]], nell'ottica di una politica mirata da tempo a stringere i rapporti e consolidare l'amicizia tra i due stati. In precedenza infatti era già stato stipulato il matrimonio tra i genitori di Isabella, [[Alfonso II di Napoli|Alfonso II]] e [[Ippolita Maria Sforza]] e la promessa di matrimonio tra [[Sforza Maria Sforza]] ed [[Eleonora d'Aragona (1450-1493)|Eleonora d'Aragona]] (che, invece, poi sposerà il duca di Ferrara [[Ercole d'Este]]). [[Ferdinando I di Napoli]], che combinò il matrimonio di Isabella, concesse anche i territori di [[Bari]], [[Modugno (Italia)|Modugno]] e [[Palo del Colle]] a [[Sforza Maria Sforza]], che così divenne il primo Duca di quelle terre.
Alla morte di [[Galeazzo Maria Sforza|Galeazzo Sforza]], il giovanissimo [[Gian Galeazzo Maria Sforza|Gian Galeazzo]] divenne duca di Milano, ma rimase sotto la reggenza della madre, [[Bona di Savoia]]. I quattro fratelli di Galeazzo (Sforza Maria, [[Ludovico il Moro|Ludovico detto il Moro]], Ascanio e Ottaviano) avevano tentato, senza successo, di acquisire la reggenza del Ducato. Degli affari di Stato si occupava il cancelliere [[Cicco Simonetta]]. Alla morte di Sforza Maria, Ludovico il Moro era anche divenuto duca di Bari, ma le sue ambizioni riguardavano soprattutto Milano. Riuscì a convincere Bona di Savoia ad allontanare [[Francesco Simonetta|Cicco Simonetta]] per poter avere mano libera nel governo del Ducato di Milano, dove continuò sempre ad avere il potere effettivo, anche quando Gian Galeazzo ebbe raggiunta l'età sufficiente per poter regnare da solo.
==
[[File:Workshop of Benedetto Briosco, Gian Galeazzo Maria Sforza, Duke of Milan, early 1490s, NGA 128.jpg|sinistra|miniatura|Il consorte [[Gian Galeazzo Maria Sforza|Gian Galeazzo Maria]]]]
Il matrimonio tra Isabella d'Aragona e [[Gian Galeazzo Maria Sforza]] venne celebrato a Napoli nel dicembre 1488. In occasione del suo arrivo a Milano col marito, [[Bernardo Bellincioni]] scrisse i versi per una solenne festa di nozze, rappresentata al [[Castello Sforzesco]] e realizzata con un'imponente macchina scenica da [[Leonardo da Vinci]] (allora ingegnere e artista di corte per Ludovico il Moro). Per la sua magnificenza, fu subito denominata ''Festa del Paradiso'' e fu celebrata da tutti i contemporanei con stupore e ammirazione.
La coppia dette scandalo in tutta Italia per via del fatto che per ben tredici mesi Gian Galeazzo si rifiutò di consumare il matrimonio con Isabella. Molte le ipotesi fatte al riguardo: vi fu chi accusò Gian Galeazzo di [[Disfunzione erettile|impotenza]], di [[frigidità]], di vergogna, di essere stato addirittura affatturato. Così anche la voce raccolta da [[Francesco Guicciardini]] secondo cui Ludovico Sforza, innamoratosi di Isabella, avrebbe reso impotente il nipote tramite malefici, affinché non potesse consumare il matrimonio.<ref>{{Cita|Giordano|p. 79}}.</ref> Gian Galeazzo da parte sua, adirato con un prete esorcista che gli era stato mandato a sorpresa in camera, assicurò di essere perfettamente in grado di consumare il matrimonio come e quando volesse, senza bisogno di [[Esorcismo|esorcismi]].<ref>{{Cita|Pizzagalli|pp. 78-95}}.</ref>
[[File:Ritratto di Isabella d'aragona.jpg|sinistra|miniatura|Presunto ritratto di Isabella, ma la scritta che attribuisce soggetto e autore è apografa.]]
Possibilmente il suo rifiuto derivava in parte da una forma di protesta verso l'obbligatorietà di quel matrimonio, in parte dall'aspetto poco gradevole della moglie. Così conferma l'ambasciatore fiorentino Stefano da Castrocaro: "è paruto a qualchuno che in questo primo aspecto [incontro] el Duca [Gian Galeazzo] abbi facto qualche segno che la Duchessa [Isabella] non li sia molto piaciuta, et stasera da poi che fu scavalcata non l'à voluta a faticha toccare; non so s'el viene da vergogna o pure da altro. Ma parmi vedere che a questo sirà aiutato, acciocché non li abbia a volere troppo bene".<ref>Carteggio inedito d'artisti dei secoli XIV, XV, XVI, Di Johann Wilhelm Gaye · 1839, p. 411.</ref> Già dopo il primo anno di matrimonio Isabella si definiva «la peggio maritata donna del mondo».<ref name="don">{{Cita libro|autore=Don Nicola Milano|titolo=Modugno. Memorie storiche|anno=1984|editore=Edizioni Levante|città=Bari}}</ref> Solo nell'aprile 1490, quando ormai i parenti d'Aragona erano pronti a chiedere l'annullamento del matrimonio, Isabella riuscì a convincere infine il marito a consumare e nel giro di pochi giorni si trovò incinta.<ref>{{Cita|Pizzagalli|pp. 93-95}}.</ref> Ciò non migliorò comunque i sentimenti di Gian Galeazzo nei suoi confronti: anche negli anni a venire egli continuò a ignorarla e talvolta a picchiarla.<ref>{{Cita|Luzio e Renier|p. 130}}.</ref><ref name="Cartwright">{{Cita|Cartwright|p. 276}}.</ref>
=== Rivalità con la cugina ===
A Milano, Isabella trovò una situazione politica nella quale il marito era succube del potere dello zio Ludovico il Moro, che assegnò ai due sposi il castello di [[Pavia]] per tenerli lontani dal governo. Il carattere fiero di Isabella le impediva di accettare questa condizione, aggravata dal fatto che la moglie di Ludovico, [[Beatrice d'Este]], era trattata come fosse la vera Duchessa e riceveva i maggiori onori. Quando si trattava, ad esempio, di passare un ponte capace di un solo cavallo alla volta, Beatrice montava avanti a tutti, perfino allo stesso duca Gian Galeazzo.<ref>Guido Lopez, ''Festa di nozze per Ludovico il Moro, fasti nuziali e intrighi di potere alla corte degli Sforza, tra Milano, Vigevano e Ferrara'', 2008, p. 104.</ref> Una volta Isabella fu addirittura picchiata della cugina, sebbene l'ambasciatore Trotti ne avesse parlato al duca Ercole d'Este come di un gioco programmato: le due duchesse giocarono infatti alla [[lotta]] e Beatrice buttò a terra la cugina, salendole addosso.<ref>{{Cita|Cartwright|p. 281}}; {{Cita|Uzielli|pp. 27-28}}.</ref>
{{Citazione|La duchessa di Milano era andata con grande cerimonia a riceverla alle porte della città, e lì, fin dal primo passo della sua vita ducale, la cuginetta aveva compiuto un gesto che sembrava rivendicare la precedenza. Da quel giorno, cioè dal 22 gennaio 1491, vi furono in Milano due sovrane, l'una solo a titolo, già in carica, per di più maggiore di quattro anni, l'altra nuovo arrivata, ancora quasi fanciulla, avendo solo il titolo quasi esotico di Duchessa di Bari, ma donna e donna amata dal vero padrone e dal vero statista, molto ambiziosa peraltro e decisa a regnare|[[Robert de La Sizeranne]], Béatrice d'Este et sa cour, 1920, p. 93.}}[[File:Isabella von Neapel.jpg|thumb|upright|Isabella d'Aragona, [[Biblioteca Nazionale Austriaca]]]]Solo la mancanza di una discendenza legittima era ciò che ancora impediva a Ludovico di scalzare il nipote dal trono: nel dicembre 1491 egli condusse la moglie a vedere il [[Tesoro]] dello Stato, ammontante a ben un milione e mezzo di [[Ducato (moneta)|ducati]],<ref>{{Cita|Malaguzzi Valeri|p. 488}}.</ref> e le promise che, se gli avesse dato un figlio maschio, l'avrebbe resa signora e padrona di tutto; viceversa, morendo lui, le sarebbe rimasto ben poco.<ref>{{Cita|Giordano|pp. 66-67}}.</ref> Effetto fu che, già nel gennaio 1492, Beatrice predisse all'ambasciatore fiorentino che entro un anno lei e il marito sarebbero stati duchi di Milano, e l'ostilità fra lei e la cugina si fece così intensa che nel febbraio Ludovico, forte di alcune voci giunte dalla Francia, accusò re Ferrante di aver spronato Carlo VIII a muovere guerra contro di lui, onde liberare Gian Galeazzo dalla sua tirannia; inoltre rifiutava di incontrare l'oratore napoletano, se non dietro nutritissima scorta armata, sostenendo che fosse mandato dal duca di Calabria per assassinarlo.<ref name=":3222">{{Cita|Negri|pp. 20-26}}.</ref> Intanto s'accresceva l'odio fra le due cugine rivali. Fin dall'aprile del 1492 l'ambasciatore estense [[Giacomo Trotti]] scriveva: "Questa duchessa de Milano sta rabiosa et disperata de invidia che ha più che mai verso la nostra duchessa de Barri [Beatrice], la quale ogni die più è amata et acarezzata dal illustrissimo suo consorte".<ref name=":3222"/>
{{Citazione|Non ancora ventenne [...] Beatrice d'Este era già certa delle sue mete, sicura delle strade che bisognava seguire per arrivare in fondo. Donna di gran capricci, di grazie rare, di raffinatezze intellettuali, di caparbio orgoglio, odiava su tutto al mondo colei che le rubava, a suo parere, il primo posto di principessa a Milano, la generosa Isabella d'Aragona [...] E se non si può dar la colpa ad una donna dei grossi avvenimenti di poi, forse necessari in quel momento storico, è però vero che, se vi fosse stato bisogno di qualcuno che spingesse il Moro a chiamare gli stranieri in Italia per schiacciare e disperdere l'odiata dinastia aragonese, non si sarebbe potuto trovare nessuno più adatto di Beatrice. Ella era l'anima, ed un'indemoniata anima, della lotta che gli Sforza avevano impegnato contro il regno napoletano [...]|[[Maria Bellonci]], Lucrezia Borgia, Edizioni Mondadori, 2019.}}
Sempre nell'aprile 1492 Gian Galeazzo fece una pubblica scenata alla moglie, forse anche dietro incoraggiamento dello zio Ludovico, che convocò vari personaggi pubblici e ambasciatori ad assistere: di fronte a tutti Gian Galeazzo dichiarò che non voleva essere governato dalla moglie e che pretendeva che Isabella gli obbedisse e che non osasse cacciare di casa nessuno senza il suo consenso (in primo luogo il cameriere che fu oggetto della lite). Dichiarò di detestare la moglie, la quale "lo rendeva disperato con l’insolenza e la malignità ch’ella chiudeva in corpo" e che perciò andasse dove voleva, o da Ludovico o dal padre, purché si allontanasse da lui. Pur di restare col marito e di non dare così soddisfazioni al Moro e a Beatrice, Isabella promise di non intromettersi più nelle faccende private del marito, sebbene dicesse di sentirsi "morire a poco a poco, et veramente la pare uno corpo chavato de la sepoltura et è più che meza morta". Inoltre confessava di voler morire, poiché non era riuscita a ottenere gli stessi diritti della cugina Beatrice.<ref name=":3222"/>
Sul finire del 1492 scoppiò uno scandalo per cui Isabella tentò di propinare del veleno a tal Rozone, favorito e amante di Gian Galeazzo, nonché a [[Galeazzo Sanseverino]], genero amatissimo e [[capitano generale]] del Moro. Non si conosce il perché, ma fu forse per gelosia nei confronti del marito. Ludovico fece subito istituire un processo, sebbene l'ambasciatore napoletano lo pregasse di lasciar passare la cosa sotto silenzio, per riguardo al re di Napoli e al duca di Calabria. Isabella, dal canto suo, non negò mai il tentato duplice omicidio, anzi si dichiarò dispiaciuta unicamente dal fatto che il proprio intento non fosse andato a buon fine e rinfacciò a Ludovico che molte donne avevano fatto peggio di lei, alludendo alla di lui madre [[Bianca Maria Visconti]], la quale aveva fatto uccidere un'amante del marito. Secondo il Trotti, ella diceva "cose pazze e indiavolate; ma era più morta che viva per l'affanno". Infatti Gian Galeazzo, piuttosto che aiutarla, l'abbandonava adirato. Alla fine Isabella, affranta e sfinita, supplicò che si chiudesse il processo. Il Moro acconsentì, non senza aver prima letto l'esame dei rei e aver concluso che tutti, ed egli per primo, avrebbero dovuto d'ora in avanti guardarsi dai veleni della duchessa.<ref>Studi sulla crisi italiana alla fine del secolo XV, Paolo Negri, in [https://archive.org/details/archiviostoricolombars5v50/page/24/mode/2up?q Archivio storico lombardo], Società storica lombarda, 1923, pp. 35-37.</ref> Re [[Ferdinando I di Napoli|Ferrante]], informato sulla questione, rispose ch'era impossibile che Isabella avesse tentato di avvelenare Galeazzo Sanseverino, il quale era "amato da loro come figlio e sempre dimostratosi buon servitore e parente"; quanto a Rozone, giustificava il comportamento della nipote, dicendo anzi di meravigliarsi che "per disperatione" non avesse fatto peggio.<ref>{{Cita|Dina|p. 331}}.</ref>
[[Ludovico il Moro|Ludovico]] odiava, ricambiato, Isabella: la giudicava altera, maligna, invidiosa e ingrata;<ref name=":3222"/><ref name=":312">{{Cita|Giordano|pp. 80-83}}.</ref> soprattutto temeva una qualche ritorsione verso l'adorata Beatrice, dal momento che, proprio quando Isabella aveva tentato di avvelenare Galeazzo Sanseverino, Beatrice, incinta, era caduta gravemente ammalata.<ref>{{Cita|Negri|pp. 35-37}}.</ref> [[File:Master of the Pala Sforzesca (active c.1490-c.1500) (attributed to) - The Virgin and Child with Saints and Donors - NG4444 - National Gallery.jpg|thumb|[[Maestro della Pala Sforzesca]]: La Vergine e il Bambino con santi e donatori, fine XV secolo|sinistra]]Egli si lamentava infatti con l'ambasciatore [[Giacomo Trotti]] "de la soa mala natura et de la soa mala voluntate et del grandissimo odio che la portava a lui et a la duchessa de Bari, et che la non poteva vedere ni l'uno ni l'altra et che la era in superlativo invida et maligna et che a fare ogni male li pareva pocho".<ref name=":4">{{Cita|Giordano|p. 74}}.</ref> Sosteneva che fra coloro che "lo voriano vedere morto" la prima fosse Isabella, la quale credeva di poter governare quand'egli non vi fosse stato, ma che l'intento non le sarebbe riuscito, perché né Gian Galeazzo né altri glielo avrebbero permesso,<ref name=":5" /> e che anche quando lui fosse morto, il governo sarebbe passato al nipote o ad altri del suo sangue, ma che non avrebbe mai permesso che gli Aragona governassero a Milano, e che avrebbe predisposto le cose per maniera tale che, anche dopo che fosse morto, per molti anni Milano si sarebbe continuata a governare secondo il suo volere, affinché ella non avesse questa soddisfazione.<ref name=":312"/>
Isabella si comportava "tanto male" ch'egli non sapeva quale uomo al mondo avrebbe mai potuto sopportarla, "et disse che li modi suoi, per dirli in summario, sono pieni de superbia, de crudelità, de invidia et de maldicentia, per modo che non solo non sa vivere cum sé, ma né col marito, né cum li servitori proprj, tanto è strania e crudele cum tuti, et in specie pare che non la pensi ad altro che ad fargli despecto". Non solo contraeva continuamente debiti, che Ludovico doveva pagare, ma egli non poteva farle nulla che le fosse gradito tanto da guadagnarsi la sua amicizia; anzi, Isabella gli aveva pure detto che ella avrebbe trionfato quando lui fosse stato morto, e coi suoi modi aveva lasciato pensare che non desiderasse nulla più di questo. Ludovico dubitava che [[Giobbe]] avesse mai avuto la pazienza che aveva lui, "repetendo che ella è ben tractata" e che il suo pessimo comportamento fosse da attribuire o "alla mala natura sua" oppure alla convinzione che avrebbe governato lei quando Ludovico fosse morto.<ref name=":5">Dell'istoria intorno alle militari imprese e alla vita di Gian-Jacopo Trivulzio detto il Magno, tratta in gran parte da' monumenti inediti che conferiscono eziandio ad illustrar le vicende di Milano e d'Italia di que' tempi, 2, Volumi 1-2, 1815, pp. 191-193.</ref>
[[File:Portale del lavabo, Certosa di Pavia, coi ritratti delle duchesse di Milano.jpg|miniatura|Busti delle duchesse di Milano nel ''Portale della stanza del lavabo'', [[Certosa di Pavia]], fine XV secolo. L'effigie di Isabella d'Aragona è la seconda al centro sulla destra, speculare a quella della suocera [[Bona di Savoia]], mentre sul lato sinistro si trovano quelle di [[Beatrice d'Este]] e [[Bianca Maria Visconti]]]]
Queste e simili cose Ludovico diceva anche in presenza dello stesso nipote Gian Galeazzo, assicurandogli che egli governava il suo Stato al costo di grandi fatiche e privazioni e meglio di quanto meritasse, perché non ne riceveva né riconoscimento né gratitudine alcuna.<ref name=":312"/> Gian Galeazzo, del resto non stimando la moglie, non lo contraddiceva in nulla. L'ambasciatore Trotti consolava il giovane duca col dirgli che lo zio Ludovico era portato a pronunciare questi giudizi per via dell'amore che gli portava, poiché, quando anche fosse riuscita a giungere al governo, Isabella non avrebbe operato per il suo bene come invece faceva lui; Ludovico, dal canto suo, giurava "su l'anima et fede sua" di volere bene a Gian Galeazzo come se gli fosse stato figlio.<ref name=":312"/>
=== Lettera al padre e conflitto tra Ducato di Milano e Regno di Napoli ===
{{vedi anche|Discesa di Carlo VIII in Italia}}
{{Citazione|Quivi fra Isabella moglie del Duca, et Beatrice, per voler ciascuna di loro prevalere all'altra, tanto del luogo, et ornamento, quanto in altra cosa, nacque sì gran concorrenza e sdegno, che finalmente sono state cagioni della total ruina del loro Imperio|Bernardino Corio, in ''Historia di Milano''}}
La situazione si aggravò nel 1493, quando Beatrice partorì il primo figlio maschio, [[Massimiliano Sforza|Ercole Massimiliano]], e persuase il marito a nominarlo [[conte di Pavia]], titolo spettante esclusivamente all'erede al ducato. Isabella, capendo le intenzioni dei coniugi, scrisse al padre [[Alfonso II di Napoli|Alfonso]] un'accorata richiesta di aiuto,<ref name="lettera">Il testo della lettera, nella traduzione italiana dall'originale latino, è riportato in {{Cita|Dina|p.}}.</ref> ma la ferma reazione di Alfonso, prontissimo a correre in soccorso della figlia, fu frenata dalla prudenza del nonno [[Ferdinando I di Napoli|Ferrante]], il quale ripudiò la guerra dichiarando ufficialmente: "se la mogliera del Duca de Milano me è nepota, ne è anco nepota la mogliera del Duca de Bari".<ref>''La chimera di Carlo VIII'', 1492-1495, Silvio Biancardi, 2009, p. 287.</ref> Egli, del resto, era stato affettivamente molto legato a Beatrice, che fino al 1485 aveva cresciuto come una figlia; dichiarava di amare entrambe le nipoti alla stessa maniera e le invitava alla prudenza, cosicché la situazione rimase stabile sino a che il re fu in vita.<ref>{{Cita|Dina|p. 328}}.</ref>
Una porzione della lettera che Isabella, in latino e per mezzo di segretario, scrisse al padre è conservata nella Storia di Milano di [[Bernardino Corio]]:<ref>'The Gentlest Art' in Renaissance Italy, An Anthology of Italian Letters 1459-1600, Cambridge University Press, 2013, pp. 32-33; La chimera di Carlo VIII, 1492-1495, Silvio Biancardi, 2009, p. 201. Borgia ossia Alessandro 6. papa e suoi contemporanei, Volumi 1-2, 1873, pp. 159-160; Leonardo da Vinci e la sua scuola, illustrazioni storiche e note pubblicate per cura di Felice Turotti colla traduzione dell'opera suddetta di F. Rio, Alexis François Rio, 1857, pp. 357-358; Lettere di donne italiane del secolo decimosesto, 1832, Alvisopoli, pp. 9-10.</ref>
{{Citazione|Io sono certa che voi, il quale foste sempre ricordevole della chiarezza di casa Aragona e della dignità reale, non avreste giammai maritata me [...] a Giovan Galeazzo, se voi aveste pensato ch'egli il quale (quando fosse in età per dover succedere nello Stato [...] passata la sua fanciullezza e avuto figliuoli) fosse stato per dover servire all'ambiziosissimo e crudelissimo suo zio; perciocché Lodovico non più zio, ma crudele e spietato nemico, pure ora apertamente quello che molti anni inanzi, tirato dalla lunga usanza di governare, desiderosissimamente aspirò sempre, solo possiede lo Stato di Milano, e insieme con la moglie governa ogni cosa a suo modo. A lui obbediscono i guardiani delle rocche, i capitani degli eserciti, i magistrati e tutte le città delle provincie [...] e finalmente ha suprema autorità della morte e della vita, dell'entrate e delle rendite tutte, e noi, miseri, assediati da lui, abbandonati da tutti, non avendo altro che l'ornamento di un titolo vano, oscuramente viviamo una vita lagrimosa e dolente, e in dubbio ancora della vita la quale, perduto lo Stato e gli onori, sola ci rimane; e se tosto voi non ci soccorrete, dopo molti travagli, ogni dì ci aspettiamo di peggio. Per amore di Dio liberate la figliuola e 'l genero vostro da questi affanni, e se le ragioni divine e umane vi muovono punto, se finalmente in costesto animo vostro reale si truova alcun pensiero di giustizia, di pietà e di onore, rimetteteci nella libertà e nello Stato nostro. [...]|Lettera di Isabella d'Aragona ad Alfonso suo padre, s.d.<ref>'The Gentlest Art' in Renaissance Italy, An Anthology of Italian Letters 1459-1600, Cambridge University Press, 2013, pp. 32-33.</ref>}}[[File:L'incontro di Carlo VIII e Gian Galeazzo Sforza a Pavia nel 1494, Pelagio Pelagi.jpeg|thumb|L'incontro di Carlo VIII e [[Gian Galeazzo Maria Sforza|Gian Galeazzo Sforza]] a Pavia nel 1494, [[Pelagio Palagi]]. Davanti al letto del marito morente, la duchessa Isabe[[:File:L'incontro di Carlo VIII e Gian Galeazzo Sforza a Pavia nel 1494, Pelagio Pelagi.jpeg|L'incontro di Carlo VIII e Gian Galeazzo Sforza a Pavia nel 1494, Pelagio Pelagi.jpeg]]<nowiki/>lla supplica in ginocchio il sovrano [[Carlo VIII di Francia|Carlo VIII]] di non voler proseguire la guerra contro [[Alfonso II di Napoli|Alfonso]] suo padre e gli affida il figlioletto [[Francesco Maria Sforza|Francesco]]. Accanto al re, con viso losco, sta il duca Ludovico, presunto responsabile dell'avvelenamento.|sinistra]]
In previsione della guerra, Ludovico si alleò con l'imperatore [[Massimiliano I d'Asburgo]] e col re di Francia [[Carlo VIII di Francia|Carlo VIII]], che incitò a scendere in Italia alla conquista del regno di Napoli, il quale Carlo riteneva suo possesso legittimo in quanto sottratto dagli Aragona agli Angiò,<ref name="Corio, p. 10572">{{Cita|Corio|p. 1057}}.</ref> mentre inviava la moglie Beatrice quale sua ambasciatrice a [[Venezia]], onde comunicare alla [[Repubblica di Venezia|Signoria]], per tramite di lei, le sue pratiche segrete con l'imperatore Massimiliano per l'ottenimento dell'investitura al ducato di Milano, nonché la notizia segretissima appena comunicatagli che Carlo VIII, firmata la pace con l'imperatore, era risoluto a compiere la sua impresa contro il regno di Napoli. Nonostante la Signoria non avesse alcuna intenzione di concedergli il proprio appoggio e si fosse limitata a vaghe rassicurazioni,<ref name=":42">{{Cita libro|autore=Samuele Romanin|titolo=Strenna Italiana|url=https://books.google.it/books?id=K9VUAAAAcAAJ&pg=PA131&dq|pp=137-139|volume=19}}</ref> Ludovico, fierissimo dei successi della moglie, mentre si trovava in territorio ferrarese disse di voler far bestemmiare Isabella col mostrarle le lettere in cui erano descritti, poi terrorizzò un servitore napoletano, Franceschino, invitandolo, quando fosse tornato nel regno, a comunicare agli Aragona che "questo stato non ha ad essere di niuno se non de mey fioli, quali sopradicte parole disse tanto forte et cusì in collera ch'el dicto Franceschino tremava quasi".<ref name=":312"/>
Il 2 dicembre 1493 Ludovico scoprì dalla confessione di messer [[Boccolino di Guzzone|Boccalino Guzzoni da Osmo]] - condottiero napoletano al suo servizio, ma assai vicino al duca di Calabria - che proprio quando, nel maggio-giugno, egli e la moglie erano assenti dal ducato, Isabella aveva congiurato con detto Boccalino per togliergli lo Stato e il castello "per forma ch'el restasse una bestia", e che era intenzionata a fare contro lui e contro Beatrice e i suoi figli ogni sorta di male.<ref name=":4" /> Boccalino, che già godeva di pessima fama ed era reputato un criminale, fu imprigionato e torturato per sette mesi, infine impiccato come traditore nel giugno dell'anno successivo, "justamente, como havia meritato la sua scelerata vita".<ref>Vita e fatti di Boccolino Guzzoni da Osimo capitano di ventura del secolo XV: narrati con documenti inediti ed editi rarissimi, Giosuè Cecconi, Rossi, 1889, pp. 156-160.</ref> Ludovico raccomandò per l'ennesima volta all'ambasciatore Trotti di guardarsi dai veleni di Isabella, la quale era in quel periodo più ostile che mai, tanto che persino l'ambasciatore napoletano andò a farle un rimprovero.<ref>Guido Lopez, ''Moro! Moro! Storie del Ducato Sforzesco'', Camunia, 1992, pp. 205-207.</ref>
[[File:Giovanni Bilivert.- Isabelle d'Aragon implorant Charles VIII, Naples, 1494.png|miniatura|Giovanni Bilivert (''attribuito a''), Firenze, 1576 - 1644.- Isabella d'Aragona implora Carlo VIII a nome di suo padre]]
[[File:Carlo VIII visita il morente Gian Galeazzo Sforza, Cherubino Cornienti 01.webp|sinistra|miniatura|Carlo VIII visita il morente Gian Galeazzo Sforza, [[Cherubino Cornienti]], 1857. La moglie Isabella d'Aragona, inginocchiata ai piedi del re, offre il fanciullo Francesco. Sulla sinistra lo zio Ludovico Sforza, presunto avvelenatore, assiste in silenzio. Musei civici di Pavia.]]
Quando, il 25 gennaio 1494, morì re Ferrante, [[Alfonso II di Napoli|Alfonso II]], salito al trono, dichiarò subito guerra al Moro. Da ciò derivò la reazione di Ludovico che, per rispondere alle minacce di Alfonso che aveva occupato la città di Bari, lasciò mano libera al monarca francese di scendere in Italia.<ref name="Corio, p. 10572">{{Cita|Corio|p. 1057}}.</ref> Carlo VIII, dopo aver incontrato Ludovico e Beatrice ad Asti, venne a [[Pavia]], dove volle visitare [[Gian Galeazzo Sforza]] moribondo in letto. La moglie Isabella dapprima rifiutò con assoluto rigore d'incontrare il re, minacciando il [[suicidio]] con un coltello di fronte agli allibiti Ludovico Sforza e Galeazzo Sanseverino, nel caso in cui l'avessero voluta costringere, dicendo: "prima mi amazerò mi medesima, che mai vadi a la sua presentia de chi va a la ruina dil Re mio padre!";<ref>{{Cita|Sanudo|p. 672}}.</ref> in un secondo momento si recò di sua spontanea volontà nella camera del marito, si gettò in ginocchio ai piedi di re Carlo e, mostrandogli il figliolo [[Francesco Maria Sforza|Francesco]], lo scongiurò di proteggere la sua famiglia dalle mire di Ludovico Sforza e di rinunciare alla conquista del regno di suo padre, il tutto alla presenza dello stesso Ludovico. Il re si commosse per quella scena, e promise di proteggerne il figlio, ma rispose che non avrebbe potuto interrompere una guerra ormai incominciata.{{Citazione|Era Beatrice totalmente simile a Lodovico nell'ambitione. Sì come è più degna d'ammiratione nella donna, che nell'huomo, la virtù; così anche è più da temersi in lei l'ambitione. È probabile che Beatrice stimolasse Lodovico a quella risolutione crudele d'avvelenare Giovan Galeazzo, per essere totalmente Signori. non poteva costei soffrire Isabella nel nome di Duchessa. Il Regno non vuol compagnia; il titolo è una specie di dominio. Sono tanto gelose le cose di Stato, che se ne disputano anche i titoli. Molti che hanno lasciato i Regni, non han voluto lasciare i titoli di Re [...]|L' ambitioso politico infelice, Giacomo Monti, 1653.<ref>[https://www.google.it/books/edition/L_ambitioso_politico_infelice/1Wo5AAAAcAAJ?hl=it&gbpv=0 L' ambitioso politico infelice], Giacomo Monti, 1653, pp. 75-76.</ref>}}
=== La vedovanza ===
[[File:Ritratto di Isabella d'Aragona a lutto.jpg|sinistra|miniatura|Anonimo lombardo - sec. XV/ XVI - Ritratto di Isabella d'Aragona da vedova. Secondo la scritta, probabilmente apografa, nell'angolo a sinistra: a 27 anni nel 1497]]
Un mese dopo questo incontro, il 22 ottobre, morì Gian Galeazzo nel castello di Pavia all'età di 25 anni; si disse avvelenato dallo zio, il quale quel giorno stesso venne eletto duca di Milano. Isabella, che era incinta da circa quattro mesi, si chiuse in un lutto profondo, e per volontà della cugina e dello zio venne trasferita con i figli nel castello di Milano. Qui partorì, il 1º marzo, una figlia postuma, che morì non avendo ancora compiuto due anni.<ref>{{Cita web|url=https://www.carlaglori.com/cartiglio/decifrazioni-e-soluzioni-2010-2013/|titolo=Decifrazioni e soluzioni 2013|accesso=4 maggio 2022|dataarchivio=27 gennaio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220127111625/https://www.carlaglori.com/cartiglio/decifrazioni-e-soluzioni-2010-2013/|urlmorto=sì}}</ref>
{{Citazione|A Pavia, co' poveri figliuoletti vestiti di bruno, come prigioniera si rinchiuse in una camera et gran tempo stette giacendo sopra la dura terra che non vide aria. Dovrebbe pensare ogniuno l'acerbo caso della sconsolata duchessa, et se più duro havesse il cuore che diamante piangerebbe a considerare qual doglia doveva essere quella della sconsolata e infelice moglie, in un punto vedere la morte del giovanetto et bellissimo consorte, la perdita di tutto il suo Imperio, e i figliuoletti a canto orbati di ogni bene; il padre e 'l fratello con la casa sua cacciati dal Reame di Napoli, et Ludovico Sforza con Beatrice sua moglie haverle occupato la signoria.|[[Bernardino Corio]], Historia di Milano.}}
Poco dopo, il 2 gennaio 1497, morì anche sua cugina Beatrice. Ludovico, in preda alla disperazione, non sopportò più di avere Isabella in castello, poiché, abitando ella nelle camere sopra le sue, ogni suo minimo passo gli raddoppiava il dolore,<ref>Luzio Alessandro. Isabella d'Este e la corte sforzesca, Archivio Storico Lombardo : Giornale della società storica lombarda (1901 mar, Serie 3, Volume 15, Fascicolo 29), p. 149.</ref> e nell'aprile la fece trasferire nella Corte Vecchia, ossia in palazzo dell'Arengo vicino al Duomo, con le due figlie, togliendole però la custodia del piccolo Francesco, erede legittimo del ducato, con molto dolore di Isabella, la quale ottenne però il consenso di vedere il figlio una volta a settimana.<ref>{{Cita|Sanudo, Diarii|p. 575}}.</ref> Ma, nel 1498, Francesco venne di nuovo allontanato dalla madre da Ludovico, quando questi seppe che, durante una passeggiata a cavallo per Milano, Francesco era stato acclamato come duca.[[File:Isabella d'Aragona.jpg|miniatura|Calcografia in Iconografia italiana degli uomini e delle donne celebri: dall'epoca del risorgimento delle scienze e delle arti fino ai nostri giorni, Milano, Antonio Locatelli, 1837.]]Ludovico aveva disposto che al primogenito [[Massimiliano Sforza]] andasse il [[Ducato di Milano]], mentre al secondogenito Francesco intestò i territori nell'Italia Meridionale (Ducato di Bari, Modugno e Palo del Colle, e le città calabre di Rossano, Borello e [[Longobucco]]) conservando per sé l'usufrutto. Alla notizia dell'imminente calata in Italia dell'esercito di [[Luigi XII di Francia]], Ludovico il Moro, prima di fuggire dall'imperatore [[Massimiliano I d'Asburgo|Massimiliano d'Austria]], volle impedire che in sua assenza venisse eletto duca il figlio di Isabella d'Aragona, Francesco, cercando di portarlo con sé in Germania. Data l'opposizione di Isabella e della popolazione milanese, adottò un altro stratagemma: concesse ad Isabella i feudi in Puglia e in Calabria, a patto che vi si recasse di persona (successivamente, avrebbe potuto far dichiarare non valida tale concessione perché il Moro era usufruttuario di quei territori, mentre il duca risultava essere suo figlio).
Isabella, mentre mostrava di voler accettare le condizioni, temporeggiava in attesa di Luigi XII, nella speranza che questi facesse eleggere duca suo figlio. Dopo la partenza di Ludovico, ella accusò l'astrologo e archiatra [[Ambrogio da Rosate]] di aver avvelenato tramite uno sciroppo, con l'aiuto di uno speziale, suo marito Gian Galeazzo dietro ordine del Moro, dichiarando che l'astrologo aveva confessato l'omicidio e che ella era intenzionata a istituire un processo, ma che aspettava la venuta del re di Francia per notificargli il tutto. In queste dichiarazioni influì però di certo il risentimento personale di Isabella e il suo desiderio di vendetta: tra gli informatori compare lo stesso Rozzone, amante di Gian Galeazzo, che ella stessa aveva tentato di avvelenare.<ref name=":3">{{Cita web|url=https://lauramalinverni.net/pdf/ludovico_il_moro_e_l_astrologia.pdf|titolo=Ludovico il Moro e l'astrologia|accesso=17 ottobre 2022|dataarchivio=17 ottobre 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20221017123355/https://lauramalinverni.net/pdf/ludovico_il_moro_e_l_astrologia.pdf|urlmorto=sì}}</ref>[[File:Portrait of lady - Ambrogio de Predis.jpg|thumb|left|upright|Opera di [[Giovanni Ambrogio de Predis]], 1495-1499 ca., Londra, [[National Gallery (Londra)|National Gallery]]]]Quando Luigi XII arrivò a Pavia, Isabella gli andò incontro proponendogli ingenuamente suo figlio Francesco come duca di Milano. Luigi XII, dicendo di volerlo dare in sposa alla propria figlia, lo mandò in Francia, dove lo fece rinchiudere in un'abbazia.<ref name=":3"/> La perdita del figlio e la notizia dell'imminente ritorno del Moro col proprio esercito, convinsero Isabella a tornare, dopo 11 anni di assenza, a Napoli. Durante il viaggio, a Ischia, le morì nel 1501 l'altra figlia [[Ippolita Sforza|Ippolita]].<ref name=":2">{{Cita web|url=https://lauramalinverni.net/pdf/seconda_vita_isabella_aragona.pdf|titolo=La seconda vita di isabella d’Aragona, duchessa di Bari|accesso=17 ottobre 2022|dataarchivio=17 ottobre 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20221017115027/https://lauramalinverni.net/pdf/seconda_vita_isabella_aragona.pdf|urlmorto=sì}}</ref> Da Napoli cercò di contattare l'imperatore [[Massimiliano I d'Asburgo|Massimiliano d'Austria]] per cercare di far tornare il proprio figlio, ma senza successo. Dalla sua fuga da Milano, iniziò a firmare le sue lettere definendosi "unica nella disgrazia" con riferimento alla perdita del Ducato, alla morte dei suoi figli, di suo marito e di molte persone a lei care. Smise di firmarsi in quel modo solo dopo il matrimonio di [[Bona Sforza]], unica figlia superstite.
Ad Isabella non rimase altro che occuparsi del suo Ducato di Bari, che l'allora re di Napoli [[Federico I di Napoli|Federico]] le concesse ufficialmente con un documento datato 10 aprile 1500, ma in realtà compilato il 25 luglio 1501, quando il monarca era già stato spodestato da Luigi XII. Questi aveva proseguito nella sua conquista fin nel sud, favorito anche dall'alleanza con [[Ferdinando il Cattolico]] intervenuto contro gli Aragonesi italiani, suoi parenti.
=== Il governo del ducato di Bari (1501-1524) ===
La posizione di Isabella d'Aragona quale duchessa di [[Bari]], [[Modugno (Italia)|Modugno]] e [[Palo del Colle]] era del tutto precaria: la donazione del Moro era illegale in quanto il duca di Bari risultava essere il figlio di Ludovico, Francesco Sforza; la conferma della donazione era stata fatta dal re Federico quando era già stato spodestato apponendo una data precedente; inoltre, i nuovi padroni del Sud Italia erano nemici della sua famiglia. Questa situazione causerà problemi alla figlia Bona in quanto le venne contestata la legittimità del possesso del Ducato (ma, per concessione di [[Carlo V d'Asburgo|Carlo V]], riuscì a mantenerne il possesso sino alla morte).[[File:Bari BW 2016-10-19 12-32-30.jpg|thumb|Il [[Castello normanno-svevo (Bari)|castello di Bari]], residenza di Isabella]]Ad Isabella non rimase altro che vincere il suo carattere fiero e orgoglioso e fare atto di sottomissione agli spagnoli che le concessero il permesso di prendere possesso del Ducato e degli altri territori in Calabria: Isabella arrivò a Bari nel settembre 1501, con sua figlia Bona e si stabilì nel [[Castello Normanno-Svevo di Bari]] che fece modificare per adeguarlo a contrastare le armi da fuoco, con le più [[Fortificazione alla moderna|moderne tecniche di difesa]]. Il Ducato e i territori di Calabria le vennero confermati da [[Ferdinando il Cattolico]] quando si schierò dalla parte degli spagnoli, durante il conflitto che li vide opporsi ai francesi per il possesso dell'Italia Meridionale.
{{Citazione|Ereditò il Ducato Barese e di esso con armoniosa cura e solerte intelligenza guidò le sorti, lasciandovi uno dei più grati ricordi. Vi fece infatti prosperare i commerci, le industrie, le arti: insomma il suo Ducato è legato a quel breve periodo di rinascita, che vide Bari nell'età moderna.|Vito Masellis, in ''Storia di Bari'', Edizione Italiana, Bari, Edizione Italiana, 1965}}
Isabella d'Aragona introdusse, nell'amministrazione del suo piccolo ducato, lo spirito di rinnovamento e la capacità di investire in opere pubbliche, caratteristiche del Ducato di Milano. Col suo governo, autoritario ma illuminato, incrementò la prosperità del suo Ducato. Cercò di incrementare il commercio allargando i privilegi concessi ai Milanesi, ma anche ai commercianti provenienti da altre città.
[[File:San Domenico bare.jpg|thumb|[[Chiesa di San Domenico Maggiore (Napoli)|Chiesa di San Domenico Maggiore di Napoli]]: sepoltura di Isabella]]
Attuò diverse iniziative a favore del suo popolo: sorvegliò i pubblici ufficiali in modo che non commettessero soprusi sulla popolazione; difese il privilegio di accedere alle saline del Regno di Napoli; difese i cittadini del Ducato nei contenziosi con le città vicine; esentò i contadini dal pagamento dei dazi sulla macinazione delle olive. Favorì la pubblica istruzione ottenendo che ogni convento affidasse a due frati il compito di insegnare alla popolazione; concesse agevolazioni agli insegnanti come l'aumento di stipendio, l'esenzione dalle franchigie e l'alloggio gratuito.
Amò circondarsi di artisti e letterati; chiamò a corte lo scrittore modugnese [[Amedeo Cornale]]. In questo periodo venne stampato il primo libro a Bari. Tra le opere pubbliche create a Bari da Isabella d'Aragona si ricordano il rifacimento del molo, la ristrutturazione del [[Castello Normanno-Svevo di Bari|castello]] (le successive modifiche hanno sostituito gli elementi introdotti dalla duchessa) e il progetto di circondare la città con un canale per migliorarne la difesa<ref>{{Cita web|url=https://www.bari-e.it/briciole-di-baresita/lisola-della-duchessa-isabella/|titolo=Nicola Antonio Imperiale; Quando la duchessa Isabella d’Aragona cercò di trasformare Bari in un’isola…; Bari e...}}</ref>.
Viene rimproverata ad Isabella la sua politica fiscale oppressiva, promossa dal suo ministro [[Giosuè De Ruggiero]] (il quale, dopo la morte della duchessa, venne cacciato) che, con i suoi guadagni, riuscì a comprarsi nel 1511 il feudo di [[Binetto]]. L'asprezza fiscale venne incrementata in occasione del matrimonio della figlia [[Bona Sforza]] con il re [[Sigismondo I di Polonia]].
=== Matrimonio di Bona Sforza e ultimi anni di Isabella ===
[[File:Bona Sforza in 1517.jpg|thumb|upright|[[Bona Sforza]], figlia di Isabella]]
Con la perdita dei figli (le era rimasta solo [[Bona Sforza|Bona]]), Isabella d'Aragona vedeva affievolirsi le speranze di riacquisire il [[Ducato di Milano]]. Isabella tentò di concedere la figlia in sposa a [[Massimiliano Sforza]], primogenito di Ludovico il Moro che nel 1513 era diventato duca di Milano approfittando della situazione di caos durante il conflitto tra francesi e spagnoli che si combatté soprattutto in Nord Italia. Nel 1515, però, il nuovo re di Francia [[Francesco I di Francia|Francesco I]] ritornò in possesso del Ducato.
A quel punto, dopo diversi contatti, ci si orientò verso l'attempato [[re di Polonia]], [[Sigismondo I di Polonia|Sigismondo Iagellone]]. Bona portò in dote il Ducato di Bari (che avrebbe ricevuto alla morte di Isabella) e {{formatnum:500000}} ducati. Per la dote e per le spese del matrimonio vennero imposte nuove tasse nel ducato.
Il matrimonio venne celebrato a Napoli, il 6 dicembre 1517, con grande sfarzo e lusso e le celebrazioni durarono dieci giorni, anche per evidenziare la grandezza della discendenza reale di Bona. Il 3 febbraio 1518 la giovane donna partì verso la Polonia<ref>Russo, p. 41.</ref>.
In diverse occasioni Isabella si propose di raggiungere la figlia in Polonia, ma dovette sempre rinunciare. Nell'ottobre del 1519, in occasione della nascita del primogenito di Bona, si mise in viaggio ma, in Polonia scoppiò una guerra e dovette cambiare destinazione e si diresse a [[Roma]] dove fu accolta da [[Papa Leone X]].
Ammalatasi di [[idropisia]], nel 1523 si trasferì nel Ducato di Bari per assicurare una successione alla figlia; in seguito ritornò definitivamente nella corte di [[Castel Capuano]], a Napoli, dove morì l'11 febbraio 1524. Dopo funerali fastosi, venne sepolta nella sagrestia nuova della [[Basilica di San Domenico Maggiore (Napoli)|basilica di san Domenico Maggiore]] in [[Napoli]], accanto ai suoi avi aragonesi<ref name="Treccani">{{Treccani|isabella-d-aragona-duchessa-di-milano_(Dizionario-Biografico)|Isabella d'Aragona, duchessa di Milano|autore=Francesca M. Vaglienti|volume=62|anno=2004|accesso=9 aprile 2010}}</ref>.
== Aspetto e personalità ==
Molti storici, specie ottocenteschi, parlarono di una fantomatica bellezza di Isabella, agevolati in ciò dalla scarsità di suoi ritratti certi e dalla indubbia beltà di quelli che, pur essendole tradizionalmente attribuiti, chiaramente non la raffigurano. Tra questi vi fu chi arrivò addirittura ad attribuire all'invidia per la sua bellezza l'accesa ostilità di [[Beatrice d'Este]] nei confronti della cugina: "non poteva Beatrice soffrire che si lodasse in sua presenza la bellezza d'Isabella, immaginando rimproverarsele in tal modo la sua bruttezza".<ref>[https://www.google.it/books/edition/Vite_e_ritratti_degli_uomini_memorandi_p/lNzj0_fIIp8C?hl=it&gbpv=0 Vite e ritratti degli uomini memorandi per delitti ed errori di tutti i tempi e di tutte le nazioni opera di molti letterati italiani ampliata e corredata di note storiche e geografiche da Luigi Jaccarino], Volume 1, 1840, p. 83.</ref> In verità, se Beatrice fu sempre descritta dai contemporanei come graziosa,<ref>La chimera di Carlo VIII, 1492-1495, Silvio Biancardi · 2009, p. 54.</ref> seppure non di eccezionale bellezza, le fonti coeve concordano nel definire Isabella di aspetto sgradevole.<ref name=":6">{{Cita libro|autore=Guido Lopez|titolo=Moro! Moro! Storie del Ducato Sforzesco|anno=1992|editore=Camunia|p=109}}</ref> [[File:Giancristoforo romano, medaglia di isabella d'aragona, moglie di giangaleazzo sforza.JPG|thumb|left|[[Giovanni Cristoforo Romano|Gian Cristoforo Romano]], medaglia di Isabella d'Aragona del 1500 circa]]L'ambasciatore [[Giacomo Trotti]], sempre schietto nei suoi giudizi, nel descrivere Isabella in occasione delle sue nozze, rigira il concetto con un cortese [[eufemismo]], scrivendo al duca [[Ercole I d'Este|Ercole d'Este]] che "la prefata Duchessa novella di volto è negretta e non molto bella", ma subito precisa che, al di là dell'aspetto fisico, è bella interiormente: "l'ha una zentile et bella persona".<ref name=":6" /> Viceversa "el Duca [Gian Galeazzo] è bellissimo et bonissimo".<ref>{{Cita|Dina|p. 292}}.</ref> Ambrogio da Corte, uno dei cortigiani incaricati di condurla da Napoli a Milano, la descrive addirittura "brutta, negra, guercia, troppo imbellettata, e che le puzza il fiato":<ref name=":6" /> probabilmente esagera, ma Isabella aveva in effetti una carnagione scura, un naso grosso e leggermente adunco,<ref>La stirpe de'Medici di Cafaggiolo, saggio di ricerche sulla trasmissione ereditaria dei caratteri biologici, Volume 3, Di Gaetano Pieraccini · 1947, p. 71.</ref> le guance gonfie tipiche degli Aragonesi, ed è anche possibile che avesse ereditato un certo grado di [[strabismo]] dal padre,<ref>Isabella d'Aragona-Sforza, duchessa di Milano, Jerta Cappelletti Butti, Edizioni Virgilio, 1984, p. 36.</ref> dal momento che [[Alfonso II di Napoli|Alfonso II]] era chiamato ''il Guercio''.<ref>[https://www.google.it/books/edition/Istoria_dell_antica_repubblica_d_Amalfi/T-0EdcpMPfkC?hl=it&gbpv=1&dq=Istoria+dell%27antica+repubblica+d%27Amalfi+e+di+tutte+le+cofe+appartenenti+alla+medefima,+accadute+nella+citt%C3%A1+di+Napoli,+e+fuo+regno.+Con+lo+registro+di+tutti+gli+archivj+dell%27istessa+%C2%B7+Volume&pg=PA219&printsec=frontcover Istoria dell'antica repubblica d'Amalfi e di tutte le cofe appartenenti alla medefima, accadute nella città di Napoli, e fuo regno. Con lo registro di tutti gli archivj dell'istessa], Volume 1, p. 247.</ref>
Lo zio [[Ludovico il Moro|Ludovico]], come già detto, la reputava di pessima natura: superba, invidiosa, maligna e ingrata, capace di ogni sorta di male e di crudeltà verso coloro che aveva in odio.<ref name=":312"/><ref name=":5" /> Senza dubbio Isabella ereditò dai parenti aragonesi l'indomita fierezza e la combattività, e non temette di ricorrere a mezzi sleali - quali il [[veleno]] - per raggiungere i propri scopi,<ref name=":3222" /> ma i suoi biografi sono concordi nell'attribuirle una certa volontà di giustizia e una certa capacità di buon governo durante gli anni della maturità a Bari,<ref name=":0" /> seppure non disgiunte da qualche sopruso nei confronti dei cittadini: alcuni di questi la accusarono di “terribilitate et potentia” perché solita usare “violentie et fraude”.<ref name=":2" />[[File:Kunsthistorisches Museum 09 04 2013 Female bust Francesco Laurana 3.jpg|thumb|Come le altre donne della famiglia, anche Isabella portava il [[coazzone]], ossia la lunga treccia spagnola ricadente dietro le spalle, perciò non è credibile la tradizionale identificazione col busto femminile di [[Francesco Laurana]], il quale presenta del resto un naso piccolo e dritto, molto diverso da quello presente nei ritratti certi di Isabella.]]
== Gli amori ==
Benché già al tempo delle nozze, nel 1492, si fosse parlato di un certo intendimento tra Isabella e un bel giovane milanese, non si hanno notizie di suoi amanti se non durante la sua vedovanza. La vicenda appare del resto poco chiara: un cortigiano, Moroleto (o Morello) Ponzone, raccontò alla [[Eleonora d'Aragona (1450-1493)|duchessa di Ferrara]] che, ritrovandosi una sera i duchi di Bari e quelli di Milano con la [[Isabella d'Este|marchesa di Mantova]] e altri amici a giocare a carte, Isabella si ritrovò seduta di fronte a "uno belo corsiero", per modo tale che "senpre el guardava" e "non haveva mente al zuogo se no a quello corsiero", cosicché Moroleto, mosso a compassione, prese "pocho di presumptione" e "cum honestade e bone parole" lo portò via, tenendolo impegnato in chiacchiere finché il gioco non terminò e tutti se ne andarono a dormire.<ref name=":1">[[Francesco Malaguzzi Valeri]], ''La corte di Lodovico il Moro: la vita privata e l'arte a Milano nella seconda metà del Quattrocento'', vol. 1, Milano, Hoepli, 1913, p. 577.</ref>
Achille Dina, biografo di Isabella, sulla base delle metafore presenti, interpretò la lettera in questione come se Moroleto stesse parlando di un cavallo (corsiero è infatti il termine comunemente usato per cavalli da battaglia) e commentò: "doveva trattarsi d'un destriero di gran pregio di [[Beatrice d'Este|Beatrice]]", di conseguenza interpretò lo sguardo insistente di Isabella come invidia, come un "cruccio nel vedersi superata da Beatrice anche nelle cavalcature".<ref>{{Cita|Dina|p. 330}}.</ref> Tuttavia il termine è usato talvolta metaforicamente per indicare non la bestia, ma chi la cavalca; inoltre Achille Dina omette stranamente proprio la parte conclusiva della lettera, ossia quella da cui si comprende trattarsi di un uomo, e non di un animale, poiché altrimenti non si riuscirebbe a capire per quale ragione Moroleto avesse dovuto trascorrere il resto della serata a conversare con un cavallo.<ref name=":1" />
Ritiratasi a vivere nel regno di Napoli, Isabella ebbe per amante il condottiero [[Prospero Colonna (condottiero)|Prospero Colonna]], al quale "si diede in preda, godendosi e sollazzandosi amorosamente quasi ogni notte". Quindi, "avendo Isabella rotto il freno alle lascivie e, di pudica ch’era prima, divenuta impudicissima", prese per amante anche il giovane Giosuè de Ruggiero, uomo della bassa nobiltà nato nel casale di Marigliano, che era stato [[Pederastia|amasio]] dello stesso Prospero Colonna. Quest'ultimo, venuto a conoscenza della tresca e geloso dell'amante, fece ferire gravemente Giosuè in un'imboscata da alcuni propri soldati.<ref name=":0">{{Cita web|url=https://rekopisy-romanskie.filg.uj.edu.pl/sites/default/files/ital145.pdf|titolo=Brani di "La verità svelata a' principi, o vero Successi diversi tragici et amorosi occorsi in Napoli dall'anno 1442 sin all'anno 1688" dedicati a Isabella d'Aragona, a Bona Sforza e Costanza di Capua. Dal ms. ital. fol. 145}}</ref>
Per questo evento Isabella privò dei propri favori Prospero Colonna e continuò ad intrattenersi con Giosuè. Quest'ultimo, nominato tesoriere e guardarobiere della duchessa, faceva da padrone in casa sua: trasferitosi a vivere con lei insieme ai due figli maschi, governava più che obbediva, disponeva delle ricchezze e dello Stato senza consultare la sua stessa signora.<ref>Archivio storico per le province napoletane, Ed. Detken & Rocholl e F. Giannini, 1889, pp. 697-698.</ref>
Quindi, ritiratasi a Bari, ed essendo rimasto Giosuè a Napoli come suo aiutante, Isabella, benché avesse passato i quarant'anni, prese per amante il trentenne Alessandro Pignatelli, signore di Toritto, che con la moglie Laura della Marra aveva già molti figli. Fra questi era primogenito Ettore Pignatelli, che vari anni dopo divenne amante di [[Bona Sforza|Bona]], figlia della stessa Isabella.<ref name=":0" />
Pare in effetti da alcuni studi sulla sua mummia che Isabella avesse contratto la [[sifilide]].<ref>{{Cita web|url=https://laveja.blogspot.com/2011/08/sifilide-e-denti-al-mercurio-la.html|titolo=Sifilide e denti al mercurio: le patologie di Isabella d'Aragona}}</ref>
== Proposte di ritratti ==
[[File:Comparazione del Ritratto di dama dell'Ambrosiana con due ritratti certi di Isabella d'Aragona.jpg|miniatura|Comparazione del [[Ritratto di dama (De Predis)|Ritratto di dama dell'Ambrosiana]] con due ritratti certi di Isabella d'Aragona]]Alcuni ricercatori pensano che l'opera ''[[Gioconda|Monna Lisa]]'' possa essere la Duchessa di Milano Isabella d'Aragona, in opposizione dell'attribuzione a [[Lisa Gherardini]]. Leonardo da Vinci nelle sue bozze rappresenta la Monna Lisa con una palma, simbolo del martirio, collegando la sua identità alle donne della famiglia Sforza<ref>{{Cita web|url=https://www.fanpage.it/svelato-il-mistero-della-gioconda-la-monna-lisa-era-napoletana-il-paesaggio-alle-sue-spalle-lombardo/|titolo=Svelato il mistero della Gioconda: "La Monna Lisa era napoletana, il paesaggio alle sue spalle lombardo"|sito=[[Fanpage.it]]|data=1º agosto 2018|accesso=29 gennaio 2021}}</ref>.
Sulla base di uno studio sui gioielli e sulla pietra rossa nuziale del tutto simili che compaiono sul ''[[Ritratto di dama (De Predis)|Ritratto di dama]]'' di Ambrogio de Predis (Pinacoteca Ambrosiana) e in due ritratti nuziali delle nobildonne Sforza ''Ritratto di Beatrice d'Este'', 1491 ca., Ambrogio de Predis, Christ Church Picture Gallery, Oxford e "''Ritratto di Bianca Maria Sforza''", 1493 ca., Ambrogio De Predis, National Gallery of Art, Washington), e alla luce dell'analisi della foggia spagnola dell'abito e della ciocca di capelli passata sotto il mento (analoga a quella della "''Dama con l'ermellino''" di Leonardo datata intorno al 1490), la ricercatrice Carla Glori ha identificato Isabella d'Aragona nella modella dell'Ambrosiana, nel suo ritratto nuziale intorno all'anno 1490.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Carla Glori|titolo=Proposta di identificazione della dama con la reticella di perle - Pinacoteca Ambrosiana, Milano|sito=[[Academia.edu]]|url=https://www.academia.edu/35452089/PROPOSTA_DI_IDENTIFICAZIONE_DELLA_DAMA_CON_LA_RETICELLA_DI_PERLE_DI_AMBROGIO_DE_PREDIS_PINACOTECA_AMBROSIANA_MILANO|città=Savona|anno=2012|pp=58-67|accesso=29 gennaio 2021}}</ref> La tesi non considera però il fatto che nulla potrebbe essere più lontano dai reali lineamenti di Isabella che la dama dell'Ambrosiana: Gulio Carotti anzi ammonisce che "non si può neppur pronunciare il nome di Isabella d'Aragona" dal momento che le fattezze del dipinto - se confrontate a quelle della medaglia raffigurante con certezza Isabella - sono di tutt'altra persona.<ref>[https://books.google.it/books?redir_esc=y&hl=it&id=oCARAAAAYAAJ&q=beatrice#v=snippet&q=beatrice%20audace&f=false Bibliografia], Archivio Storico Lombardo : Giornale della società storica lombarda (1890 set, Serie 2, Volume 7, Fascicolo 3), p. 780.</ref>
== Nella cultura di massa ==
=== Letteratura ===
Alcune opere letterarie di stampo [[Romanzo cortese|cortese]]-[[Letteratura cavalleresca|cavalleresco]] furono ispirate a Isabella, tra cui:
* ''Question de amor,'' romanzo di un anonimo autore spagnolo.
* ''Dechado de amor'', composto da un non meglio identificato Vasquez per [[Pedro Luis de Borja Llançol de Romaní]], cardinale di [[Valencia]].<ref name="Treccani"/>
Appare anche in:
*''La morte di Ludovico Sforza detto il Moro'', tragedia di [[Pietro Ferrari (drammaturgo)|Pietro Ferrari]] (1791).
*''Lodovico Sforza detto il Moro'', tragedia di [[Giovanni Battista Niccolini]] (1833).
*''La duchessa di Milano'', romanzo di [[Michael Ennis]] (1992), dove è l'amante di [[Galeazzo Sanseverino]], dal quale ha il primogenito Francesco.
* ''La città scarlatta'', romanzo di [[Hella Haasse]] (1952), raffigurata durante il suo periodo come duchessa di Bari.
*''Ludovico il Moro - Signore di Milano'', fumetto del 2010.
=== Televisione ===
* Nella miniserie [[RAI]] del 1971 ''[[La vita di Leonardo da Vinci]]'' è impersonata dall'attrice [[Marta Fischer]].
=== Teatro ===
* Appare nel dramma lirico di Marcelliano Marcello del 1859 ''Isabella d'Aragona'', con musica composta da [[Carlo Pedrotti]].
== Discendenza ==
Dal matrimonio con [[Gian Galeazzo Maria Sforza]] nacquero quattro figli:
* [[Francesco Maria Sforza|Francesco]] detto "Il Duchetto" (1491-1512), conte di [[Pavia]]. Diverrà abate di [[Abbazia di Marmoutier|Marmoutier]] a [[Tours]] tra il 1505 e il 1512, dove morì accidentalmente per una caduta da cavallo;
* [[Ippolita Sforza|Ippolita]] (1493-1501), morì a Ischia durante il viaggio verso Bari;<ref name=":2"/>
* [[Bona Sforza|Bona]] (1494-1557), sposò il 15 giugno 1518 [[Sigismondo I di Polonia]], diventando [[Consorti dei sovrani di Polonia|regina consorte di Polonia]] e [[Consorti dei sovrani lituani|granduchessa consorte di Lituania]]. Successe a Isabella come [[Ducato di Bari#Duchi di Bari|duchessa di Bari]].
* Bianca (Milano, 1º marzo 1495 – Milano, 27 gennaio 1497).
== Ascendenza ==
{{Aragona di Napoli (1441-1503)}}
<div align = "center">
{{Ascendenza
|1 = Isabella d'Aragona
|2 = [[Alfonso II di Napoli|Alfonso II d'Aragona]]
|3 = [[Ippolita Maria Sforza]]
|4 = [[Ferdinando I di Napoli|Ferrante d'Aragona]]
|5 = [[Isabella di Chiaromonte]]
|6 = [[Francesco Sforza]]
|7 = [[Bianca Maria Visconti]]
|8 = [[Alfonso V d'Aragona]]
|9 = [[Gueraldona Carlino]]
|10 = [[Tristano di Chiaromonte]]
|11 = [[Caterina di Taranto|Caterina Orsini del Balzo]]
|12 = [[Giacomo Attendolo|Muzio Attendolo Sforza]]
|13 = [[Lucia Terzani]]
|14 = [[Filippo Maria Visconti]]
|15 = [[Agnese del Maino]]
|16 = [[Ferdinando I di Aragona]]
|17 = [[Eleonora d'Alburquerque]]
|18 = Enrico Carlino
|19 = Isabella Carlino
|20 = [[Deodato II di Clermont-Lodève]]
|21 = [[Isabella di Roquefeuil]]
|22 = [[Raimondo Orsini del Balzo]]
|23 = [[Maria d'Enghien]]
|24 = [[Giovanni Attendolo]]
|25 = Elisa Petraccini
|26 = ?
|27 = ?
|28 = [[Gian Galeazzo Visconti]]
|29 = [[Caterina Visconti]]
|30 = Ambrogio del Maino
|31 = ?...Negri
}}
</div>
== Note ==
<references/>
== Bibliografia ==
* {{Cita libro|autore=Julia Mary Cartwright|traduttore=A. G. C.|titolo=Beatrice d'Este, Duchessa di Milano|anno=1945|editore=Edizioni Cenobio|città=Milano|cid=Cartwright}}
* {{Cita libro|autore=Bernardino Corio|wkautore=Bernardino Corio|titolo=L'Historia di Milano|url=https://archive.org/details/bub_gb_-6Zb4crjXGcC/page/n997/mode/2up?q=Ercole|anno=1565|editore=Giorgio de' Cavalli|cid=Corio}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Achille Dina|titolo=Isabella d'Aragona duchessa di Milano e di Bari|url=http://emeroteca.braidense.it/eva/sfoglia_articolo.php?IDTestata=26&CodScheda=113&CodVolume=1186&CodFascicolo=2819&CodArticolo=93238|rivista=[[Società Storica Lombarda#Archivio Storico Lombardo|Archivio Storico Lombardo]]|volume=serie 5ª, vol. XLVIII|numero=3-4|anno=1921|pp=269-457|cid=Dina}}
* {{Cita libro|autore=Luisa Giordano|titolo=Beatrice d'Este (1475-1497)|anno=2008|editore=ETS|volume=2|cid=Giordano|ISBN=9788846720573}}
* {{Cita libro|autore=Alessandro Luzio|wkautore=Alessandro Luzio|autore2=Rodolfo Renier|wkautore2=Rodolfo Renier|titolo=Delle relazioni d'Isabella d'Este Gonzaga con Lodovico e Beatrice Sforza|url=https://archive.org/details/LuzioRenierDelleRelazioniDiIsabel|anno=1890|editore=Tipografia Bortolotti di Giuseppe Prato|città=Milano|cid=Luzio e Renier}}
* {{Cita libro|autore=Don Nicola Milano|titolo=Modugno. Memorie storiche|editore=Edizioni Levante|città=Bari|anno=1984|sbn=CFI0088928}}
* {{Cita libro|autore=Paolo Negri|titolo=Studi sulla crisi italiana alla fine del secolo XV (in Archivio storico lombardo)|url=https://archive.org/details/archiviostoricolombars5v50/page/24/mode/2up?q|anno=1923|editore=Società storica lombarda|cid=Negri}}
* {{Cita libro|autore=Daniela Pizzagalli|wkautore=Daniela Pizzagalli|titolo=La dama con l'ermellino, vita e passioni di Cecilia Gallerani nella Milano di Ludovico il Moro|anno=1999|editore=Rizzoli|cid=Pizzagalli|ISBN=9788817860734}}
* {{Cita libro|autore=Renato Russo|titolo=Isabella d'Aragona duchessa di Bari|editore=Rotas|città=Barletta|anno=2005|ISBN=88-87927-53-7|SBN=BA10035659}}
* {{Cita libro|autore=Marin Sanudo|titolo=I diarii di Marino Sanuto: (MCCCCXCVI-MDXXXIII) dall'autografo Marciano ital. cl. VII codd. CDXIX-CDLXXVII|url=https://www.google.it/books/edition/I_diarii_di_Marino_Sanuto/DWxKAAAAYAAJ?hl=it&gbpv=0|anno=1879|editore=F. Visentini|volume=1|cid=Sanudo, Diarii}}
* {{Cita libro|autore=Marino Sanuto|wkautore=Marin Sanudo il Giovane|titolo=La spedizione di Carlo VIII in Italia|url=https://archive.org/details/laspedizionedic00sanugoog/page/n5/mode/2up|curatore=Rinaldo Fulin|città=Venezia|editore=Tipografia del Commercio di Marco Visentini|anno=1883|cid=Sanudo}}
* {{Cita libro|autore=Gustavo Uzielli|wkautore=Gustavo Uzielli|titolo=Leonardo da Vinci e tre gentildonne milanesi del secolo XV|anno=1890|editore=Tipografia sociale|cid=Uzielli}}
* {{DBI|nomeurl=isabella-d-aragona-duchessa-di-milano|nome=ISABELLA d'Aragona, duchessa di Milano|autore=Francesca M. Vaglienti|volume=62|anno=2004|accesso=13 agosto 2017}}
== Voci correlate ==
* [[Bona Sforza]]
* [[Busto di Isabella d'Aragona]]
== Altri progetti ==
{{interprogetto}}
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{Treccani|isabella-d-aragona-duchessa-di-milano|Isabèlla d'Aragona duchessa di Milano|accesso=29 gennaio 2021}}
{{Box successione
|tipologia = regnante
|carica = [[Consorti dei sovrani di Milano|Duchessa consorte di Milano]]
|periodo = [[1488]] – [[1494]]
|precedente = [[Bona di Savoia]]
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|immagine = Coat of Arms of Ferdinand I of Naples.svg
}}
{{Box successione
|tipologia = regnante
|carica = [[Ducato di Bari#Duchi di Bari|Duchessa di Bari]]
|periodo = [[1501]] – [[1524]]
|precedente = [[Federico I di Napoli]]
|successivo = [[Bona Sforza]]
|immagine = Coat of Arms of Ferdinand I of Naples.svg
}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|biografie|rinascimento|storia}}
[[Categoria:Trastámara (Napoli)]]
[[Categoria:Coniugi degli Sforza]]
[[Categoria:Duchesse di Milano]]
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