Storia del caffè: differenze tra le versioni
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L'inizio della '''storia del caffè''' risale molto probabilmente al [[Medioevo]], attorno al X secolo o più presumibilmente al XV secolo, ma con possibili precedenti in tutta una serie di relazioni e leggende che circondano il suo primo utilizzo.
L'albero di ''[[Coffea]]'' (la specie nativa non domesticata) è originario dell'antica provincia di [[Kefa]] (da cui trae il nome) situata nel Sudovest dell'[[Etiopia]], attorno a [[Gimma]]; la leggenda più diffusa narra che un pastore dell'[[Abissinia]] notò l'effetto tonificante di quest'arbusto sul proprio gregge di capre che stavano pascolando nei suoi pressi. La coltivazione si diffuse presto nella vicina [[penisola arabica]], dove la sua popolarità beneficiò del divieto [[islamico]] nei confronti delle [[bevanda alcolica|bevande alcoliche]]; prese il nome di "K'hawah", che significa "rinvigorente".
La prima prova dimostratasi valida dell'esistenza di una [[caffetteria]] e della relativa conoscenza della pianta risale al XV secolo, nei monasteri del [[Sufismo]] [[Storia dello Yemen|nell'attuale Yemen]].<ref name=Bennett>{{Cita libro|nome1=Bennett Alan|cognome1=Weinberg|nome2=Bonnie K.|cognome2=Bealer|titolo=The world of caffeine|anno=2001|pp=3-4|url=https://books.google.com/books?id=Qyz5CnOaH9oC&pg=PA3|isbn=978-0-415-92723-9|editore=Routledge|accesso=22 settembre 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191227013804/https://books.google.com/books?id=Qyz5CnOaH9oC&pg=PA3|urlmorto=no}}</ref> Nel XVI secolo aveva già raggiunto il resto del [[Medio Oriente]], il [[Nordafrica]], la [[Persia]], il [[Corno d'Africa]] e l'[[India meridionale]] (il [[distretto di Kodagu]]). Attraverso l'[[impero ottomano]] si diffuse poi ai [[Penisola balcanica|Balcani]] ed al resto del [[continente europeo]], al [[Sudest asiatico]] ed infine alle [[Americhe]].<ref name=Meyers>{{Cita web|cognome=Meyers |nome=Hannah |titolo="Suave Molecules of Mocha" – Coffee, Chemistry, and Civilization |data=7 marzo 2005 |url= http://www.newpartisan.com/home/suave-molecules-of-mocha-coffee-chemistry-and-civilization.html |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070221214125/http://www.newpartisan.com/home/suave-molecules-of-mocha-coffee-chemistry-and-civilization.html |accesso=3 febbraio 2007}}</ref>
La sua rarità lo rese molto costoso in Europa almeno fino al primo terzo del XVIII secolo. In seguito se ne sviluppò la coltura sia nei possedimenti [[Impero coloniale francese|francesi]] che in quelli [[Impero coloniale olandese|olandesi]] d'oltremare, a cui seguirono i grandi produttori nella [[Capitaneria generale di Cuba]], nel [[regno del Brasile]], in [[Storia del Venezuela|Venezuela]], nelle [[Indie orientali olandesi]] ed a [[Ceylon britannico]] nel corso del XIX secolo.
In [[America meridionale]] i periodi di crisi fecero aumentare la quota delle aziende agricole contadine a scapito delle aziende basate sulla [[schiavitù]] ed il [[lavoro forzato]].<ref name="Tulet">{{Cita pubblicazione|nome=Jean-Christian|cognome=Tulet|data=1º settembre 2008|titolo=Le café en Amérique latine, une durabilité à géométrie variable|rivista=Géocarrefour|volume=2008|numero=Vol. 83/3|pp=171-180|lingua=fr|accesso=20 ottobre 2019|doi=10.4000/geocarrefour.6845|url=http://journals.openedition.org/geocarrefour/6845|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190923180806/https://journals.openedition.org/geocarrefour/6845|urlmorto=no}}</ref> Il desiderio della popolazione locale di recuperare le terre che erano state rubate rese la caffeicoltura un elemento costitutivo dell'identità di questi popoli, tra cui gli [[andini]] [[venezuelani]] e della regione [[Paisa]], in [[Colombia]].<ref name="Tulet" />
Nel [[continente africano]] ha permesso ai [[Baulé]] della [[Costa d'Avorio]], ai [[Bamiléké]] del [[Camerun]], ai [[Kikuyu]] del [[Kenya]] e ai [[Chaga]] della [[Tanzania]] di svolgere un ruolo fondamentale nei loro paesi.<ref name="Tulet" /> Assieme al Venezuela, Ceylon e Cuba, [[Haiti]] e la [[Colonia della Giamaica]] sono stati tra i 20 maggiori paesi produttori di caffè durante il XIX secolo. L'esportazione perdette in parte la sua influenza nel corso del XX secolo, quando le grandi aziende cominciarono a basarsi sulle nuove infrastrutture per ottenere il controllo commerciale, fissare i prezzi, ma anche contribuendo ad un'enorme crescita del volume di caffè venduto.<ref name="topic">{{Cita libro|autore=Steven Topik|titolo=The World Coffee Market in the Eighteenth And Nineteenth Centuries, from Colonial To National Regimes|url=http://eprints.lse.ac.uk/22489/1/wp04.pdf|accesso=6 ottobre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170215024358/http://eprints.lse.ac.uk/22489/1/wp04.pdf|anno=2004|lingua=en}}. Sito del dipartimento di storia della LONDON SCHOOL OF ECONOMICS</ref>
La produzione mondiale è salita da 100.000 tonnellate nel 1825 a 8,9 milioni nel 2013, moltiplicandosi in tal modo più di 89 volte in meno di 2 secoli.<ref name="FAOSTAT">{{cita web|titolo=FAOSTAT|url=http://faostat3.fao.org/browse/Q/QC/F|sito=Food and Agriculture Organization of the United Nations|lingua=en|accesso=28 novembre 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150710011015/http://faostat3.fao.org/browse/Q/QC/F|urlmorto=no}}</ref> All'alba del XX secolo il commercio mondiale del caffè costituiva il terzo più grande per valore, dietro ai [[cereali]] ed allo [[zucchero]].<ref name="topic" /> Nel XXI secolo è il prodotto maggiormente commercializzato a livello mondiale, preceduto solamente dal [[petrolio]], con un importo di 11,23 miliardi di [[euro]];<ref name="bez">{{cita web |titolo=Le café, de la traite des Noirs au commerce équitable |autore=[[Pierre Bezbakh]], Maître de conférences à l'université Paris-Dauphine |sito=[[Le Monde]] |data=27 settembre 2013 |url=https://www.lemonde.fr/economie/article/2013/09/27/le-cafe-de-la-traite-des-noirs-au-commerce-equitable_3485763_3234.html |lingua=fr |accesso=4 maggio 2019 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190920204203/https://www.lemonde.fr/economie/article/2013/09/27/le-cafe-de-la-traite-des-noirs-au-commerce-equitable_3485763_3234.html |urlmorto=no }}</ref> per una fornitura di 400 miliardi di tazzine annue al consumo, pari a circa 12.000 al secondo. La coltivazione permette la sussistenza a 125 milioni di persone in oltre 75 [[paesi tropicali]],<ref name="bez" /> con 5 milioni di grandi produttori e 25 milioni<ref name="bez" /> di piccoli produttori indipendenti.<ref name="kal">{{cita web |titolo=Société Kalfane Fils |accesso=14 settembre 2017 |capitolo=présentation |url=http://www.sokafis-madagascar.com/cafe-presentation.html |sito=Sofakis Madagascar |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20171004033556/http://www.sokafis-madagascar.com/cafe-presentation.html# |urlmorto=sì }}</ref>
Il caffè rappresenta il 61% delle esportazioni del [[Burundi]], il 37% dell'[[Etiopia]], il 35% del [[Ruanda]], il 21% dell'[[Uganda]], il 18% del [[Nicaragua]] e il 17% dell'[[Honduras]].<ref name="Tulet" />
== Evoluzione della varietà ==
Delle 90 specie di caffè inventate, meno di 10 sono poi state effettivamente coltivate e solo 2 sono sopravvissute fino al XX secolo: la ''[[Coffea arabica]]'' e la ''[[Coffea canephora]]''. La prima è nata da un antico incidente cromosomico, che ha quadruplicato la propria sequenza di [[DNA]]; questa è l'unica varietà autogama. I suoi fiori si autofecondano, anche se nel 10-20% dei casi si verifica l'allogamia ovvero l'[[impollinazione]] grazie ad insetti. Le altre piante di ''[[Coffea]]'' non possono invece autofecondarsi, ma scambiano permanentemente i [[geni]] col [[polline]], il che le rende più resistenti ai parassiti.<ref name="pinard">{{cita libro|autore=Fabrice Pinard|titolo=Sur les chemins des caféiers|editore=Etudes rurales|url=https://etudesrurales.revues.org/8498|accesso=22 settembre 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170911204609/https://etudesrurales.revues.org/8498|urlmorto=no}}</ref>
Di fronte al brusco aumento di consumo del caffè nel corso del XVIII secolo, vennero coltivate prevalentemente le piante di ''arabica'', riducendo le varietà in circolazione e quindi la possibilità di evoluzione della pianta. Accanto a questa solamente altre due varietà vennero piantate: ''Typica'' e ''Bourbon pointu''.<ref name="pinard" />
La prima prende il via dalla singola pianta che fu portata da [[Giava]] ad [[Amsterdam]] nel 1706 e poi, nel 1714, venne donata ai vari [[orti botanici]] europei, da dove si trasferì successivamente nelle [[Americhe]]. La seconda, invece, nacque dalle piante di ''[[Mokha]]'' che nel 1715 la [[Compagnia francese delle Indie orientali]] portò dallo Yemen sull'[[isola di Riunione]], dove ha cominciato a crescere considerevolmente a partire dal 1724.<ref name="pinard" />[[File:Cafe origine0.jpg|thumb|Zona d'origine del caffè.]]
I coltivatori di queste due varietà selezionarono i mutanti spontanei, poiché gli incroci non consentivano nuovi [[genotipo|genotipi]] sufficienti data la bassa diversità genetica: di conseguenza il caffè è rimasto "puro" per oltre tre secoli.<ref name="pinard" /> Derivano dal ''Bourbon'' il ''Marogogype'', dai grani grossi avvistato in Brasile e la varietà ''Caturra'', con un'alta produttività e facilità di raccolta. Provengono invece dalla ''Typica'' la ''Kent'' dell'[[India]] e la ''Blue Mountain'' della Giamaica; quest'ultimo ha permesso i primi successi d'intensificazione della coltura, in special modo nell'[[America Latina]].<ref name="pinard" /> Tra i vari ibridi ''Typica-Bourbon'' c'è la varietà ''Mondo Nuovo'' brasiliana.<ref name="pinard" />
Contrariamente all{{'}}''Arabica'', la ''Canephora'' diede vita ad una moltitudine di sottospecie, le quali vennero selezionate e tra queste divenne predominante la varietà ''Robusta'', che aveva una maggiore resistenza alle malattie ed una produttività maggiore rispetto alle altre.<ref name="pinard" /> Quest'ultima peserà al 38,6% nella produzione mondiale di caffè al principio del XXI secolo.<ref name="JP Claude">Jean-Philippe Claude, ''Analyses et spatialisation des milieux propres aux espèces de genre Coffea en Martinique: cas du Coffea arabica var. typica'' (mémoire master de géographie, Université des Antilles), [[Centre national de la recherche scientifique]] ({{cita testo|url=https://dumas.ccsd.cnrs.fr/dumas-01265034/document|titolo=Testo online|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170907170659/https://dumas.ccsd.cnrs.fr/dumas-01265034/document }} [PDF])</ref>
L'[[ibrido|ibridazione]] tra la ''Canephora'' e una delle 2 arabiche, chiamata ''Arabusta'', risulta essere molto raro in natura a causa delle ''barriere cromosomiche''. Nel 1917 nell'[[Timor|arcipelago di Timor]] venne scoperta una popolazione di ''Arabusta'' selvatica detta ''[[Hybride de Timor]]'' resistente alla [[ruggine del caffè]], la quale aveva devastato le piantagioni asiatiche negli anni 1870.<ref name="pinard" />
Questa prima fonte genetica differente sia da ''Typica'' che da ''Bourbon'' ha permesso d'incrociare l'arabica e creare varietà come la ''Catimor'' brasiliana o la ''Ruiru'' del Kenya.<ref name="pinard" /> Più tardi gli esperti di [[botanica]] impareranno a creare artificialmente per raddoppio cromosomico della ''Canephora'' attraverso il trattamento di [[Colchicina]] nuove varietà di caffè.<ref name="pinard" />
Gli esperti di agronomia considerarono la ''[[Coffea robusta|Robusta]]'' essenziale per ringiovanire e differenziare le vecchie varietà di arabica. Tra il 1960 e il 1990, sotto gli auspici della [[FAO]], decisero di tornare alle fonti delle popolazioni selvatiche dell'Etiopia per la creazione di ulteriori varietà migliorate.<ref name="pinard" /><ref name="JP Claude" />
== Primo utilizzo e leggende ==
Gli antenati etiopi del gruppo etnico degli [[Oromo]] furono con buone probabilità i primi a riconoscere l'effetto energizzante della pianta di caffè, la quale cresceva spontanea nei loro territori.<ref name=Bennett/> Studi di [[diversità genetica]] sono stati eseguiti su molte varietà di ''Coffea arabica'', che si sono rivelate scarsamente differenziate ma con la conservazione di una certa eterozigosità residua proveniente dai materiali ancestrali. È pertanto risultata essere strettamente correlata alle specie diploidi di ''Coffea canephora'' e ''[[Coffea liberica]]''.<ref name=":0">{{Cita pubblicazione|nome1=L.|cognome1=Steiger|nome2=C.|cognome2=Nagal|cognome3=Moore|nome3=H.|cognome4=Morden|nome4=W.|cognome5=Osgood|nome5=V.|cognome6=Ming|nome6=R.|titolo=AFLP analysis of genetic diversity within and among ''Coffea arabica'' cultivars|rivista=Theoretical and Applied Genetics|volume=105|numero=2–3|anno=2002|pp=209-215|doi=10.1007/s00122-002-0939-8|pmid=12582521}}</ref>
Tuttavia non è stata rinvenuta alcuna prova diretta che possa indicare il luogo africano esatto in cui il caffè sia cresciuto per la prima volta e neppure che tra gli indigeni sia stato riconosciuto e usato come stimolante in un periodo precedente al XVII secolo.<ref name=Bennett/> Si pensa però che l'impianto del caffè domestico originale sia avvenuto ad [[Harar]], la cui popolazione nativa, considerata indigena dell'Etiopia, non era composta da musulmani ma da [[Cristianesimo in Etiopia|cristiani Etiopi]]; i primi cristiani a sapere della venuta di Cristo, secondo le [[scritture]] che parlano del paradiso terrestre situato oggi nell'attuale Etiopia. I musulmani vennero dopo, nel 571-632, insieme ad altre popolazioni provenienti da poco oltre i confini del [[Sudan]] e del [[Kenya]].<ref name="autogenerated1">{{Cita web|url=http://www.fs.fed.us/global/iitf/pdf/shrubs/Coffea%20arabica.pdf#search=%22%22Coffea%20Arabica%22%20native%22|autore= John K. Francis |titolo=Coffea arabica L. RUBIACEAE|editore= Factsheet of U.S. Department of Agriculture, Forest Service|accesso=27 luglio 2007|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070811015915/http://www.fs.fed.us/global/iitf/pdf/shrubs/Coffea%20arabica.pdf}}</ref><ref name="Coffee: A dark history">{{Cita pubblicazione |cognome=Wild |nome=Anthony |titolo=Coffee: A dark history |rivista=Basic Reference |volume=28 |pp=217-229 |editore=Fourth Estate |città=USA |anno=2003 |url=https://books.google.com/books?id=Z7-zAAAAIAAJ |accesso=27 aprile 2012 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151025110927/https://books.google.com/books?id=Z7-zAAAAIAAJ |urlmorto=no }}</ref>
[[File:John Frederick Lewis 004.jpg|thumb|''The Coffee Bearer'' al quartiere ottomano del [[Cairo]]. Dipinto di [[John Frederick Lewis]] (1857).]]
Il caffè è stato consumato principalmente nel [[mondo islamico]], là dove è nato; rimase anche direttamente correlato alle pratiche più strettamente religiose, ad esempio per riuscire a sopportare le lunghe veglie di preghiera.<ref>{{Cita pubblicazione|titolo=The worlds of tea and coffee: Patterns of consumption |url=https://archive.org/details/sim_geojournal_2002_57_4/page/283 |nome=David |cognome=Grigg |rivista=GeoJournal |volume=57 |numero=4 |anno=2002 |pp=283-294 |jstor=41147739 |doi=10.1023/b:gejo.0000007249.91153.c3}}</ref> Ci sono diversi racconti leggendari sull'origine della bevanda; uno di questi comprende la vita del [[mistico]] del [[Sufismo]] [[berberi|berbero]] [[Abu l-Hasan al-Shadhili]]; una storia etiopica narra che, osservando una vitalità insolita in alcuni volatili, provò ad assaggiare le bacche che gli uccelli stavano mangiando, sperimentandone la stessa energia.<ref>{{cita web |url=http://www.shazuli.com/discovery-of-coffee/ |titolo=Copia archiviata |accesso=30 marzo 2010 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100116003143/http://shazuli.com/discovery-of-coffee/ }}</ref>
Altri attribuiscono la scoperta del caffè ad un discepolo della [[Shadhiliyya]] chiamato [[Omar]]. Secondo l'antica cronaca (conservata nel manoscritto del [[persiani|persiano]] [['Abd ul-Qadir Marâghî]]) questi, che era conosciuto per la sua capacità di curare i malati con la sola forza della preghiera, fu esiliato da Mokha in una grotta deserta nei pressi di [[Ousab]];<ref>{{Cita web|url=http://www.historyofcoffee.net/|titolo=History of Coffee - Discovery of Coffee Plant|accesso=28 settembre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191003105030/http://www.historyofcoffee.net/|urlmorto=no}}</ref> provò a masticare le bacche raccolte da alcuni arbusti situati lì vicino, ma le trovò amare. Allora si mise a tritarle nel tentativo di migliorarne il sapore, ma così divennero dure. Poi provò a bollirle per ammorbidirle, il che produsse un liquido fragrante bruno. Dopo averlo bevuto Omar fu capace di rimanere senza cibo per dei giorni interi. Quando i racconti di questo "''farmaco miracoloso''" giunsero fino a Mokha, ad Omar venne permesso di tornare e in seguito venne fatto [[Sant'Omar|santo]].<ref>{{Cita libro|cognome=Ukers|nome=William|titolo=All About Coffee|url=https://archive.org/details/allaboutcoffee0000unse|anno=1935|editore=The Tea & Coffee Trade Journal Company|città=New York|pp={{cita testo|url=https://archive.org/details/allaboutcoffee0000unse/page/9|titolo=9}}–10}}</ref>
Un altro racconto riguarda un pastore etiopico del IX secolo, ''Kaldi''; notando gli effetti energizzanti che subiva il suo gregge dopo aver brucato le bacche di un color rosso brillante di un certo cespuglio, si mise egli stesso a masticarle; l'euforia che ne derivò lo spinse a portare le bacche ad un monaco in un vicino monastero. Questi però non approvò il loro uso e le gettò nel fuoco; subito dopo ne fuoriuscì un intenso profumo, che fece accorrere altri monaci incuriositi. Le bacche arrostite furono rapidamente tratte fuori dalle braci, polverizzate e sciolte in acqua calda: la prima tazzina di caffè al mondo era stata creata. Dal momento però che questa storia non è nota per essere apparsa per iscritto prima del 1671, 800 anni dopo rispetto al tempo in cui viene ambientata, è molto probabile che sia spuria o inventata.<ref name=Bennett />
== Diffusione nel mondo arabo medioevale ==
L'uso del caffè era molto antico in [[Abissinia]]. Shehabeddin Ben, autore di un manoscritto arabo del XV secolo citato nella dissertazione di John Ellis ''Historical account of Cojfee'' (1774), scrive
La prima menzione del caffè, notata dallo [[speziale]] Philippe Sylvestre Dufour<ref>Dufour, ''Traitez nouveaux et curieux du café, du thé et du chocolat'' (Lyon, 1684, etc).</ref>, parrebbe essere un riferimento al "bunchum" presente nelle opere del medico persiano [[Rhazes]] (X secolo); nelle edizioni successive però Dufour mette in dubbio la vera identità del "bunchum", parere condiviso anche da Edward Forbes Robinson in ''The Early History of Coffee Houses in England'' (London, 1893), citato da Ukers nel 1922.
[[File:Palestinian women grinding coffee beans.jpg|thumb|Donne [[palestinesi]] che macinano a mano i chicchi di caffè (1905).]]
Informazioni più precise sulla preparazione di una bevanda dalle bacche di caffè tostate risalgono invece a diversi secoli più tardi. Uno dei più importanti tra i primi scrittori sul caffè fu [[Abd al-Qadir al-Jaziri]], che nel 1587 compilò un'opera che traccia la storia e le controversie legali e religiose subite dal caffè, ''Umdat al safwa fi collina al-qahwa'' (عمدة الصفوة في حل القهوة)<ref name="alwaraq.net">{{Cita web|url=http://www.alwaraq.net/Core/waraq/bibliography_indetail?id=184|titolo=عمدة الصفوة في حل القهوة
Egli riferì che lo [[sceicco]] ''Jamal-al-Din al-Dhabhani'' (1470), [[
Originaria di [[Caffa (Etiopia)|Kaffa]], territorio governato dalla [[Dinastia Salomonide]] per tutto il Medioevo<ref name="
Furono i commercianti yemeniti ad iniziare a coltivarlo<ref>Ukers 1922:5</ref>. La parola "''qahwa''" - come detto - originariamente significava vino e i sufi dello Yemen usarono la bevanda come aiuto alla concentrazione e per creare una specie di intossicazione spirituale quando cantavano in [[estasi]] il nome di [[Allah]]<ref name=bbc>{{Cita web|url=
[[File:Turska kava.jpg|thumb|Set da [[caffè turco]] composto da una tazza (fildjan), un pentolino (cezve o ibriq<ref>{{Cita web|url=https://cellinicaffe.com/blogs/coffee-vibes/storia-ed-evoluzione-della-preparazione-del-caffe|titolo=Storia ed evoluzione della preparazione del Caffè|sito=Cellini Caffè|lingua=it|accesso=4 dicembre 2023}}</ref>) e una ciotola di [[zucchero]], così come viene tradizionalmente servito ancora oggi in [[Bosnia ed Erzegovina]].]]
Il "[[manoscritto]] di 'Abd Al-Qadir al-Jaziri" (XVI secolo)<ref>''Tè, caffè, cioccolata. I mondi della caffeina tra storie e culture'', di Bennet A. Weinberg e Bonnie K. Bealer;
Nel 1414 la bevanda era conosciuta alla Mecca e agli inizi del 1500 venne diffusa nel [[Sultanato mamelucco (Il Cairo)|Sultanato mamelucco]] e nel [[Nordafrica]] dal porto di Mokha<ref name="autogenerated1"/><ref name=bbc/>. Associato al Sufismo, una miriade di "''case del caffè''" nacquero al Cairo, tutt'attorno all'[[Università al-Azhar]]. Vennero poco dopo aperte anche in [[Siria]], specialmente nella città cosmopolita di [[Aleppo]]<ref name=bbc/>. La prima caffetteria sul suolo europeo, chiamata "''Kiva Han''", aprì nel 1475 ad Istanbul. Il consumo si diffuse in tutto il [[mondo arabo]] e nel 1630
Nel 1511 fu però proibito a causa del suo effetto stimolante dagli imam conservatori e ortodossi in un concilio teologico svoltosi alla Mecca<ref name="alwaraq.net"/>. Tali divieti tuttavia vennero completamente ribaltati nel 1524 grazie ad un ordine esplicito del sultano
Nel XVI secolo aveva già raggiunto il resto del [[Medio Oriente]], i [[Safavidi]] persiani e l'intero [[Impero ottomano]]. Da qui si diffuse verso la [[penisola italiana]], poi nel resto d'Europa e le piante di caffè cominciarono ad essere trasportate dagli [[olandesi]] nelle Indie orientali olandesi e nelle Americhe<ref name="Meyers"/>.
Allo stesso modo il caffè sarà bandito anche dalla [[Chiesa ortodossa etiope]] poco prima del XVIII secolo<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Merid W.|cognome=Aregay|titolo=The Early History of Ethiopia's Coffee Trade and the Rise of Shawa|rivista=The Journal of African History|volume=29|numero=1, Special Issue in Honour of Roland Oliver|anno=1988|p=20|jstor=182236}}</ref>; tuttavia nella seconda metà del XIX secolo gli atteggiamenti si ammorbidirono e il suo consumo troverà una rapida diffusione tra il 1880 e il 1886
==XVI secolo==
Il caffè è stato introdotto per la prima volta in Europa sull'[[isola di Malta]], allora dipendenza del [[Regno di Sicilia]], nel XVI secolo<ref name="web.archive.org">{{Cita web|url=https://www.um.edu.mt/library/oar/handle/123456789/94064|titolo=The infidels’ drink : coffee encounters and transformations in early modern Malta|accesso=2 giugno 2023|dataarchivio=2 giugno 2023|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230602231902/https://www.um.edu.mt/library/oar/handle/123456789/94064|urlmorto=sì}}</ref>. Vi è stato introdotto attraverso la schiavitù: gli schiavi musulmani turchi erano stati imprigionati dai [[Cavalieri di San Giovanni]] nel 1565, durante il [[Grande Assedio di Malta]], essi lo usavano per preparare la loro bevanda tradizionale. Domenico Magri menzionò nella sua opera ''Virtu del Kafé'', "Turchi, abilissimi artefici di questo intruglio". Anche il viaggiatore tedesco [[Gustav Sommerfeldt]] nel 1663 descrisse "l'abilità e l'operosità con cui i prigionieri turchi guadagnano del denaro, specialmente preparando il caffè, una polvere simile al tabacco da fiuto, con acqua e zucchero". Il caffè era una bevanda popolare nell'alta società maltese e nell'isola vennero aperte molte caffetterie.
In questo periodo le proprietà del caffè vennero notate da vari viaggiatori e studiosi europei, tra cui il botanico tedesco [[Leonhard Rauwolf]] (1582),<ref>{{cita testo|url=https://archive.org/stream/acollectioncuri00goog#page/n31/mode/1up|titolo=Dr. Leonhart Rauwolf's Itinerary into the Eastern Countries}}, pages 15-16 of year 1738 edition.</ref> che fu il primo europeo a parlarne,<ref>William Harrison Ukers, ''All About Coffee'' :2.</ref> il botanico e medico veneziano [[Prospero Alpini]] (1591), che fu il primo europeo a pubblicare una descrizione dettagliata della pianta di caffè, e il viaggiatore tedesco Gustav Sommerfeldt(1663).
Lo scambio mercantile attivo tra la [[Repubblica di Venezia]] e i musulmani del Nordafrica, dell'[[Egitto]] e dell'[[Impero ottomano]] portò all'introduzione di una grande varietà di beni, incluso il caffè, nella città di [[Venezia]], allora uno dei [[Porto di Venezia|principali porti europei]]. I mercanti veneziani introdussero - con molte insistenze - la bevanda tra l'[[aristocrazia]]. In seguito passò anche nella terraferma, innanzitutto tra studenti, docenti e visitatori dell'[[Università di Padova]]<ref>{{cita testo|url=https://books.google.it/books?id=tIxXHyVM2B4C&pg=PA19|titolo=Google Books|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135143/https://books.google.it/books?id=tIxXHyVM2B4C&pg=PA19 }}.</ref>
Nel 1645 fu inaugurato a Venezia uno dei primi [[caffè (locale)|caffè]] europei, oltre a quelli già presenti nell'Impero ottomano e a Malta (parte del Regno di Sicilia)<ref name=Meyers />.
== Il caffè a Napoli ==
{{vedi anche|Caffettiera napoletana}}
Il caffè a [[Napoli]], pur essendo conosciuta oggi come la città del caffè, arrivò in seguito, attraverso le navi che arrivavano nei porti della [[Sicilia]] da Malta (essendo stato introdotto lì per la prima volta in Europa)<ref name="web.archive.org" />. Altre testimonianza dell'uso del caffè a Napoli risalgono al 1614, quando il compositore, esploratore e musicologo [[Pietro Della Valle]] inviò notizie dalla Terra Santa, nelle sue lettere ad un caro amico, medico e poeta greco e a [[Mario Schipano]] e al suo raduno di intellettuali, di una bevanda (chiamata kahve)<ref>{{Cita libro|url=https://books.google.com/books?id=SKBfDwAAQBAJ&q=mario+schipano+kahve&pg=PA352|titolo=Origini|cognome=Bausilio|nome=Giovanni|data=2018|editore=Key Editore|isbn=9788827901380|lingua=it}}</ref>, aggiungendo che gli arabi musulmani preparavano l'intruglio in pentole calde. Alcuni ritengono che il caffè sia arrivato a Napoli prima, da Salerno e dalla sua [[Scuola Medica Salernitana]], dove la pianta venne utilizzata per le sue proprietà medicinali tra il XIV e il XV secolo.
Celebrato dall'arte, dalla letteratura, dalla musica e dalla vita mondana napoletana, il caffè divenne presto protagonista a Napoli, dove veniva preparato con grande cura nella "''[[cuccumella]]''", la tipica caffettiera a filtro napoletana derivata dall'invenzione del parigino Morize nel 1819.<ref name=":0" />
Gli artigiani napoletani ne vennero in contatto quando fu portato, ancora una volta attraverso le rotte commerciali marittime, al Porto di Napoli. Un indizio dell'approccio dei napoletani al caffè come bevanda sociale, è la pratica del caffè sospeso (l'atto di pagare in anticipo un caffè da consumare dal prossimo cliente) inventato nella città partenopea e definito dal filosofo e scrittore napoletano [[Luciano De Crescenzo]] un caffè "dato da un individuo all'umanità"<ref>{{Cita libro|url=https://books.google.com/books?id=XQwd5pwb_rUC&q=umanit%C3%A0|titolo=Il caffè sospeso|cognome=Crescenzo|nome=Luciano De|data=2010|editore=Edizioni Mondadori|isbn=9788852014161|lingua=it}}</ref>.
== Il caffè a Trieste fra storia, economia e cultura ==
L’evoluzione sociale e urbanistica della città a seguito della crescita nell’Ottocento delle importazioni dei preziosi chicchi.
Vienna, 1683: il Gran visir dell'Impero ottomano, Kara Mustafa, fugge con il suo esercito dalla capitale asburgica grazie all’intervento delle armate di rinforzo. I turchi, stremati dall'assedio, si abbandonano a una ritirata disorganizzata, lasciando davanti alle mura di Vienna tende, armi, viveri e bottino. E tra quel bottino anche sacchi di caffè.
Il turco kahve (tradotto come “vino” o “bevanda eccitante”) affascinò il palato austriaco al punto da cominciare ad essere importato in grandi quantità nell’impero. Gli aromatici chicchi venivano trasferiti in Europa da Alessandria d'Egitto, e il porto più adatto a conciliare, con la sua posizione, realtà orientali e occidentali era proprio quello di Trieste.
Così il porto franco divenne (e rimane ancora oggi) uno dei principali centri europei di importazione del caffè. Nell’Ottocento, a seguito della costruzione della ferrovia (1857) e di quello che oggi è chiamato Porto Vecchio, la lavorazione dei chicchi si espanse assieme allo sviluppo tecnologico della città, al punto che, alla fine del secolo, Trieste vantava la presenza di 66 ditte di importazione, quattro aziende, dieci torrefazioni e 98 botteghe del caffè.
Oggi la città sembra ancora offrire, nelle strade e nelle caffetterie del centro storico, quell'atmosfera “aromatica”, un tempo condita di intellettuali e portuali, di borghesi e prostitute, che incarnava la “scontrosa grazia” cantata da Saba. Infatti i caffè, come luogo di aggregazione politica, culturale e ideologica divennero testimoni della commistione di nazionalità e culture che andavano in cerca di uno spazio nel porto asburgico.
I tipi di caffè e i clienti che ospitavano erano i più disparati. Tra i più noti all’epoca il "Caffè Greco" che riuniva mercanti e commercianti greci, turchi o provenienti dall'area orientale del Mediterraneo e dai territori controllati dall'Impero ottomano, il "Caffè Flora" (divenuto poi "Nazionale"), situato a palazzo Pitteri, che di giorno era un ritrovo per i coristi del teatro Verdi e di notte per la clientela più proletaria di Cittàvecchia, il "Caffè Corso", a palazzo Salem, punto d'incontro di attori, filodrammatici, cantanti e vari artisti del varietà, compresi prestigiatori, illusionisti, mangiafuoco e dilettanti in erba. E ancora il "Caffè Vesuvio", all'angolo tra il Corso e via Imbriani, frequentato da un gruppo di sordomuti che giocavano a domino tanto quanto evitavano di spendere, costringendo il proprietario a trasformare il locale in una tavola calda, e il "Caffè alla Miniera" di via del Pesce, luogo di ritrovo di loschi personaggi ben conosciuti nelle carceri vicine, tenuto d'occhio dalle autorità.
Tuttavia Trieste è molto più celebre per quei caffè che, ispirandosi al modello viennese, rappresentavano luoghi privilegiati per gli strati sociali più elevati: fra questi il "Caffè Garibaldi", il "Caffè degli Specchi", il "Caffè Stella Polare", il "Caffè San Marco", tutti centri attorno ai quali orbitavano grandi letterati, irredentisti e intellettuali dell'epoca, quali [[Italo Svevo]], [[Umberto Saba]], James Joyce, [[Franz Kafka]], [[Giani Stuparich]], [[Scipio Slataper]], Marco Lovrinovich e molti altri.
Questi luoghi di aggregazione divennero gli spazi in cui i triestini erano capaci di ritrovare una piccola frazione di sé, di sentirsi parte di una comunità culturale o ideologica, oppure di scoprire semplicemente il valore della convivenza. Saba dedica una delle sue poesie più vibranti al "Caffè Tergeste" (oggi "Tergesteo"), che apostrofa come “caffè di ladri, di baldracche covo”, eppure in quell'angolo della sua popolosa città, in un caffè capace di conciliare “l'italo e lo slavo”, il poeta ci dice “io soffersi ai tuoi tavoli il martirio,/lo soffersi a formarmi un cuore nuovo”.
Il caffè rimase una bevanda popolare nell'alta società maltese, con molti negozi aperti espressamente per favorirne il consumo<ref>{{Cita web|titolo= MALTESE HISTORY THROUGH A SWEET TOOTH|url= http://tenzo.fr/articles/maltese-history-through-a-sweet-tooth/|sito= tenzo.fr|accesso=23 agosto 2016|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20160531102730/http://tenzo.fr/articles/maltese-history-through-a-sweet-tooth/|urlmorto= no}}</ref>.
[[File:The Vertue of the COFFEE Drink.jpg|thumb|left|Pubblicità del 1652 per una delle prime [[caffetteria|caffetterie]] del [[Regno Unito]], la "St. Michael's Alley" di [[Londra]].]]
== XVII secolo ==
=== La nuova moda invade l'Europa ===
Secondo la descrizione fatta da Rauwolf il caffè sarebbe divenuto un bene disponibile in [[Inghilterra]] già entro la fine del XVI secolo, in gran parte attraverso gli sforzi congiunti della [[Compagnia britannica delle Indie orientali]] e della [[Compagnia olandese delle Indie orientali]].
Con sicurezza entrò nel [[continente europeo]] attorno al 1600, grazie ai mercanti veneziani. Si consigliò a [[papa Clemente VIII]] ([[1592]]-[[1605]]) di farlo proibire, in quanto avrebbe rappresentato una minaccia satanica proveniente dagli "infedeli"<ref>Tè, caffè, cioccolata. I mondi della caffeina tra storie e culture, di Bennet A. Weinberg e Bonnie K. Bealer. Donzelli editore, pag. 81;{{cita testo|url=https://books.google.it/books?id=tIxXHyVM2B4C&pg=PR3|titolo=Google Books|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135125/https://books.google.it/books?id=tIxXHyVM2B4C&pg=PR3 }}</ref>; dopo averlo assaggiato però il [[Santo Padre]] benedisse la nuova bevanda, affermando che lasciarne il consumo solo agli infedeli avrebbe invero costituito un autentico [[peccato mortale]]<ref>Gérard Debry, ''Le café et la santé'', John Libbey Eurotext, 1993, p. 14.</ref>.
Nel [[1614]] il commerciante di [[Anversa]] [[Pieter van den Broecke]] scoprì lo strano tipo di "acqua nera e calda" al porto di Mokha, nella costa Sudest dell'attuale Yemen, mentre si trovava in navigazione per conto della "Compagnia olandese"<ref name="bez" />; due anni dopo riuscì ad ottenere alcuni cespugli e li portò ad [[Amsterdam]] ove li piantò nell'orto di casa: cominciarono a crescere rigogliosi. Questo evento apparentemente minore ricevette una ben poca pubblicità all'epoca, ma ebbe un impatto decisivo sulla storia occidentale del caffè.
Nel [[1615]] le imbarcazioni della [[Repubblica di Venezia]] portarono in patria una borsa di chicchi di caffè provenienti da [[Istanbul]] e già nel 1660 circa ne giunsero dai territori turchi 20.000 quintali a [[Marsiglia]]<ref name="bez" />; considerati estremamente costosi ricevettero il loro primo nome dal porto di Mokha affacciato sul [[Mar Rosso]], da cui vennero esportati via [[Suez]] e [[Alessandria d'Egitto]]: dalle navi attraccate a [[Venezia]], [[Genova]] e Marsiglia cominciarono ad essere distribuiti. Il loro ampio utilizzo penetrò nei territori dell'[[Europa occidentale]] a partire dal [[1665]].
Venezia divenne così la capitale mondiale del caffè, nel 1683 viene inaugurata in [[Piazza San Marco]] il caffè "All'Arabo" da qua in breve la città poteva contare un totale di 200 caffè di cui una trentina si affacciavano nella Piazza. Nel 1720 apre il Caffè Florian, ancora oggi il caffè esistente più antico al mondo<ref>{{Cita news|autore=Alessandro Marzo Magno|titolo=Florian, un Caffè lungo 300 anni: nel 1720 ci andavano i Dogi. E lì nacquero i giornali|pubblicazione=Il Gazzettino|data=26 febbraio 2020}}</ref>.
Anche a [[Livorno]] attraverso i suoi commerci con l'oriente si diffonde ben presto in città e progressivamente nelle altre città toscane. Diffuso in città sicuramente dal [[1632]] è favorito dall'apertura delle sue apposite "botteghe del caffè": la prima è ufficialmente aperta in Piazza Grande nel 1703. A questa ne seguono rapidamente altre. Nel 1781 vi sono sette botteghe aperte in città che diventeranno 14 nel 1814 e 24 nel 1844. La fantasia locale ed i contatti con il mondo marittimo anglosassone, porteranno nel corso del XIX secolo alla produzione del noto [[ponce alla livornese]] ancora oggi molto diffuso e gustato in vari modi.
[[File:Commerce VOC.svg|thumb|Rotte commerciali della [[Compagnia olandese delle indie orientali]] nelle [[Indie orientali olandesi]].]]
Intanto i chicchi che van de Broecke aveva acquistato a Mokha più quarant'anni prima si adattarono alle condizioni climatiche locali nelle [[serra|serre]] dell'[[orto botanico di Amsterdam]] e produssero numerosi cespugli di ''Coffea arabica'' sani. Nel 1658 gli olandesi li impiegarono per iniziare la coltivazione del caffè a [[Ceylon]] e più tardi nell'[[India meridionale]]. Abbandonarono poi queste colture per concentrarsi sulle loro piantagioni di [[Giava]] in modo da evitare di far scendere il prezzo per sovrapproduzione.
Nel giro di pochi anni le sedi dell'[[impero coloniale olandese]] (oltre a Giava nelle Indie orientali olandesi anche la [[Guyana olandese]]) divennero i principali fornitori di caffè dell'intero continente europeo.
Il primo caffè inglese venne inaugurato ad [[Oxford]] nel 1651<ref>{{Cita libro|cognome1=Gately|nome1=Iain|titolo=Drink: A Cultural History of Alcohol|anno=2009|url=https://archive.org/details/drinkculturalhis00gate|data=2009|editore=Gotham Books|città=New York|isbn=978-1-59240-464-3|p={{cita testo|url=https://archive.org/details/drinkculturalhis00gate/page/n557|titolo=139}}}}</ref>. Entro il [[1675]] vi furono già più di 3.000 caffetterie in tutta l'Inghilterra, nonostante l'alto grado di disordine nella loro progressione durante il decennio 1660<ref>{{Cita web |url=http://www.nestleprofessional.com/uk/en/SiteArticles/Pages/History_of_Coffee.aspx |titolo=History of Coffee |sito=Nestlé Professional |accesso=31 dicembre 2009 |urlarchivio=https://www.webcitation.org/69awOsTkz?url=http://www.nestleprofessional.com/uk/en/SiteArticles/Pages/History_of_Coffee.aspx |dataarchivio=1º agosto 2012 |urlmorto=sì }}</ref>. A seguire aprirono caffè in più o meno in tutta Europa: a partire dalla Francia, dall'Olanda, per proseguire verso Germania, Austria e Polonia.<ref>{{cita web|url=http://www.procope.com/|titolo=Cafè Procope Parigi|editore=procope.com|lingua=fr|accesso=10 dicembre 2010|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180309041331/http://www.procope.com/|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://historia.org.pl/2011/06/22/o-tym-jak-polak-otworzyl-pierwsza-kawiarnie-w-wiedniu-i-wymyslil-kawe-z-mlekiem/|titolo=O tym jak Polak otworzył pierwszą kawiarnię w Wiedniu i wymyślił kawę z mlekiem|sito=HISTORIA.org.pl – historia, kultura, muzea, matura, rekonstrukcje i recenzje historyczne|accesso=30 novembre 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151208182223/http://historia.org.pl/2011/06/22/o-tym-jak-polak-otworzyl-pierwsza-kawiarnie-w-wiedniu-i-wymyslil-kawe-z-mlekiem/|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://muzhp.pl/pl/e/1668/otwarcie-kawiarni-duvala-w-warszawie|titolo=Otwarcie kawiarni Duvala w Warszawie – Muzeum Historii Polski|sito=muzhp.pl|accesso=30 novembre 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151208171050/http://muzhp.pl/pl/e/1668/otwarcie-kawiarni-duvala-w-warszawie|urlmorto=no}}</ref>
[[File:Voltaire_and_Diderot_at_the_Café_Procope.jpeg|alt=|sinistra|miniatura|Il ''[[Café Procope]]'' come lo si può immaginare nel XVIII secolo in un disegno di [[Jean Huber]] riferito a [[Ferney-Voltaire]]: in secondo piano, da sinistra a destra ci sono [[Nicolas de Condorcet]], [[Jean-François de La Harpe]], [[Voltaire]] e [[Denis Diderot]].]]
Molti in questo periodo credettero che il caffè potesse avere anche delle proprietà medicamentose.<ref>{{cita web|url=https://www.saylor.org/site/wp-content/uploads/2011/02/First-english-coffee-houses.pdf|titolo=PDF|accesso=26 settembre 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140804064852/http://www.saylor.org/site/wp-content/uploads/2011/02/First-english-coffee-houses.pdf|urlmorto=no}}</ref> Tuttavia la nuova merce si rivelò per alcuni essere invece oggetto di controversie.<ref>{{cita web |url=http://staff-www.uni-marburg.de/~gloning/wom-pet.htm |titolo=Copia archiviata |accesso=18 giugno 2006 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20060810201646/http://staff-www.uni-marburg.de/~gloning/wom-pet.htm }}</ref>
Nel [[1669]] [[Suleiman Aga]], [[ambasciatore]] del [[Sultano]] [[Mehmed IV]], giunse nella capitale francese con il suo entourage portando con sé una grande quantità di caffè; lo offrì con certezza per la prima volta al "Re Sole"<ref name="bez" />. Egli fornì ai suoi ospiti francesi e europei un caffè da bere e regalò alcuni chicchi alla corte reale. Tra il 1669 e il 1670 Suleiman riuscì a stabilire tra i parigini l'abitudine di bere il caffè.
Il caffè raggiunse la [[Confederazione polacco-lituana]] nel corso del XVII secolo, principalmente attraverso i mercanti che commerciavano con gli ottomani<ref>{{Cita web|titolo= Kawa w Polsce – historia i styl picia – Koneserzy.pl|url= http://www.koneserzy.pl/smaki-konesera/316-kawa-w-polsce-%25E2%2580%2593-historia-i-styl-picia.html|accesso=30 novembre 2015|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20151208070304/http://www.koneserzy.pl/smaki-konesera/316-kawa-w-polsce-%25E2%2580%2593-historia-i-styl-picia.html#|urlmorto= sì}}</ref>. Continuò a rimanere una merce di lusso nella [[Repubblica Popolare di Polonia]] per tutta la durata del regime [[comunista]]. Il consumo ha iniziato a crescere e stabilizzarsi solo a partire dalla trasformazione della [[Polonia]] in una [[democrazia]] aperta al [[capitalismo]] nel 1989, anche se esso ha una diffusione "[[pro capite]]" relativamente più bassa rispetto alla maggior parte degli altri paesi dell'[[Unione europea]]<ref>{{Cita web|url= http://www.studium.agrobiznesu.up.lublin.pl/images/kawa.pdf|titolo= SPRZEDAŻ KAWY W POLSCE|data= |accesso= |urlarchivio= https://web.archive.org/web/20160304041908/http://www.studium.agrobiznesu.up.lublin.pl/images/kawa.pdf|urlmorto= sì}}</ref>.
[[File:Mocha1692.jpg|thumb|Incisione olandese che ritrae lo scalo commerciale marittimo di [[Mokha]] nel 1692.]]
=== Produzione avviata dagli olandesi ===
Come detto nel 1614 una delegazione di commercianti e specialisti d'[[orticoltura]] olandesi visitò Aden per poter studiare come gli [[arabi]] riuscissero a creare il caffè; due anni dopo la "Compagnia" cominciò qui a rifornirsi di chicchi. Il caffè rimase un bene di lusso, anche se la sua coltivazione venne estesa nell'[[India olandese]] (a [[Ceylon]]) nel 1658 e nelle Indie orientali olandesi nel 1696<ref name="ONLB_VpKx24C">{{Cita web|lingua=fr|url=http://books.google.fr/books?id=ONLB_VpKx24C&pg=PA5 |titolo=Le café et la santé par Gérard Debry |sito=books.google.fr |accesso=26 aprile 2010. |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135155/https://books.google.fr/books?id=ONLB_VpKx24C&pg=PA5&hl=fr |urlmorto=no }}</ref>.
[[Nicolaes Witsen]] (1641-1717)<ref name="books.google.fr">{{Cita web|lingua=fr|url=http://books.google.fr/books?id=WqQUAAAAYAAJ1 |titolo=Monographie du café: ou, Manuel de l'amateur de café : ouvrage contenant la... Par G.-E. Coubard d'Aulnay |sito=books.google.fr |accesso=26 aprile 2010.}}</ref>, presidente della "Compagnia" nonché fondatore dell'[[Orto botanico di Amsterdam]] nel 1638<ref>{{Cita web|lingua=fr|url=http://books.google.fr/books?pg=PA170 |titolo=Annales du Muséum d'histoire naturelle, volume 9, par Muséum national d'histoire naturelle (France) |sito=Google |accesso=28 aprile 2010 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135151/https://books.google.fr/?pg=PA170&hl=fr |urlmorto=no }}</ref>, fece acclimatare il caffè etiopico a Batavia (l'odierna [[Giacarta]])<ref>{{Cita web|lingua=fr|url=http://books.google.fr/books?id=U9N4klnqs7sC&pg=PA244 |titolo=L'Amérique Septentrionale et Méridionale: ou Description de cette grande...Par Étienne Ledoux (pub.) |sito=books.google.fr |accesso=26 aprile 2010. |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135144/https://books.google.fr/books?id=U9N4klnqs7sC&pg=PA244&hl=fr |urlmorto=no }}</ref>, dopodiché esportò il metodo anche nella [[Guyana olandese]].
Nel 1696 i primi semi vennero fatti piantare nell'isola di [[Giava]] su un terreno di proprietà del governatore generale [[Willem van Outhoorn]]<ref name="batav2"/>: venne rapidamente devastato da un'inondazione<ref name="batav2"/>. L'esperimento fu ripetuto nel 1706, dopo che la "Compagnia olandese" ricevette gli altopiani di Priangan (nell'attuale provincia di [[Banteng]]) a [[Giava Occidentale]] dal regno musulmano di Mataran come forma di rimborso per i servizi resi durante la [[prima guerra di successione giavanese]].
Come precauzione una delle piante che si erano precedentemente salvate venne inviata nella madrepatria; il primo esemplare di ''Coffea'' entrò così a far parte ufficialmente del [[orto botanico]] di [[Amsterdam]]: essa divenne il capostipite di tutte le varietà di ''Coffea arabica'' coltivate in seguito, da quelle dell'ex [[Brasile olandese]] e dell'intera [[Colonia del Brasile]] e dei [[Caraibi olandesi]] poi<ref name="batav2"/>.
Intanto nel 1692 [[Luigi XIV di Francia]] aveva concesso un [[monopolio]] al mercante della nascente [[borghesia]] parigina François Damame; ma per il commercio d'importazione dall'Oriente Marsiglia mantenne saldamente i maggiori utili finanziari, prima che nel XVIII secolo non si scontrasse con la formidabile concorrenza attuata da una compagna commerciale di [[Saint-Malo]] la quale andava direttamente alla ricerca della ''Coffea arabica'' nel [[Mar Rosso]] doppiando il [[Capo di Buona Speranza]]<ref>{{Cita web|lingua=fr|url=http://books.google.fr/books?id=XBsbAAAAYAAJ&pg=PA13 |titolo=Essai sur l'histoire du café par Henri Welter |sito=books.google.fr |accesso=26 aprile 2010. |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135140/https://books.google.fr/books?id=XBsbAAAAYAAJ&pg=PA13&hl=fr |urlmorto=no }}</ref>.
== XVIII secolo ==
{{vedi anche|Storia del caffè nel XVIII secolo}}
Di fronte ad un brusco aumento della domanda fin dall'inizio del XVIII secolo, la coltura di ''Coffea arabica'' si ampliò rapidamente, seppur su una base [[genetica]] assai limitata.<ref name="pinard2">{{cita libro|autore=Fabrice Pinard|titolo=Sur les chemins des caféiers|url=https://etudesrurales.revues.org/8498|editore=Etudes rurales|accesso=22 settembre 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170911204609/https://etudesrurales.revues.org/8498|urlmorto=no}}</ref> L'alta domanda causò una penuria di prodotto per i primi trent'anni del secolo.
Entro il 1730 vi erano già tre denominazioni di caffè in competizione: [[Java (caffè)|''Java'']], ''Mokha'' (comprendente il caffè delle attuali [[Antille olandesi]]) e ''Bourbon pointu'' (francese, a partire dal 1715 a [[La Réunion]] e successivamente di [[Saint-Domingue]])<ref name="daviron20132">{{cita|Daviron e Ponte|2013}}.</ref>. Con lo scoppio della [[rivoluzione francese]] oltre l'80% della produzione mondiale giungeva dalla Guyana olandese, dalla Colonia del Brasile e da Saint Domingue; quest'ultimo sarà principalmente riesportato, sia nel [[continente europeo]] ma anche nel Vicino Oriente, a tutto discapito del ''Java''.[[File:Nicolaas Witsen 1674-1717 by Petrus Schenk 1701.jpg|thumb|[[Nicolaes Witsen]] trapiantò per la prima volta il caffè a Batavia (l'odierna [[Giacarta]]) e nella [[Guyana olandese]].]]Il [[Regno di Francia]] si procurò alcune piante con la forza già nel 1708. Lo Yemen proibì totalmente qualsiasi esportazione delle piante o delle "bacche verdi", mentre il mercato di Amsterdam favorì un monopolio di cui approfittò ampiamente. I pochi arbusti trasferiti con velocità prima nell'[[Europa occidentale]] e poi nelle Indie orientali olandesi e nelle [[Indie occidentali]] erano del tutto prive di qualsiasi certezza sulla qualità.
Le piantagioni di ''Coffea'' vennero rafforzate artificialmente grazie all'utilizzo intensivo della manodopera gratuita proveniente dalla [[tratta atlantica degli schiavi africani]]; le [[navi negriere]] salparono dai principali porti francesi, mentre le colonie oltremare dell'[[impero britannico]] risultarono svantaggiate dalle forti tassazioni imposte sui prodotti coloniali.
La comparazione dei prezzi del caffè di Amsterdam proveniente da Giava e [[Sumatra]] mostra un notevole divario tra il 1660 e il 1770; per il ''Java'' 3 [[guilder]] per [[libbra]], molto di più rispetto alle aree produttive da cui proveniva il che viene spiegato dagli storici quale effetto dei larghi margini di profitto derivanti dalla monopolizzazione messa in atto dalla "Compagnia olandese".<ref name="Panajachel">{{cita libro|autore2=Afonso S. Bevilaqua|titolo=Brazil as an export economy, 1880-1930|url=http://www.economia.puc-rio.br/mpabreu/pdf/td363.pdf|formato=pdf|accesso=22 settembre 2017|collana=workshop on the Latin American Export Economies for the project on the Economic History of Latin America in the 20th Century (da Panajachel al Guatemala)|anno=1996|lingua=en|autore1=Marcelo de P. Abreu|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170914125904/http://www.economia.puc-rio.br/mpabreu/pdf/td363.pdf|urlmorto=sì}}</ref> Confrontando le differenti origini del mercato di Amsterdam si può constatare che nel 1721 importava ancora il 90% di ''Mokha'', mentre già nel 1736 la proporzione si era rovesciata a favore del ''Java''<ref name="topic2">{{Cita libro|autore=Steven Topik|titolo=The World Coffee Market in the Eighteenth And Nineteenth Centuries, from Colonial To National Regimes|url=http://eprints.lse.ac.uk/22489/1/wp04.pdf|accesso=6 ottobre 2019|anno=2004|lingua=en|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170215024358/http://eprints.lse.ac.uk/22489/1/wp04.pdf}}. Sito del dipartimento di storia della LONDON SCHOOL OF ECONOMICS</ref>, la cui produzione era appena decollata. Questo cominciò a diventare più economico di quello yemenita importato già negli anni 1720 e il divario non fece che allargarsi: passò dai 14,5 [[Fiorino olandese|fiorini olandesi]] per libbra ai 10,75 nel 1774. Il caffè giavanese venne quindi battuto da quello della Guyana olandese, che venne a costare solo 6 fiorini.
[[File:Leipzig_coffeebaum_815.jpg|sinistra|miniatura|Rappresentazione scultorea posta all'ingresso della "Zum Arabischen Coffe Baum" di [[Lipsia]], caffetteria fondata nel 1686; un uomo abbigliato con un costume turco riceve una tazza di caffè dalle mani di un ragazzo.]]
La Réunion mise per la prima volta in discussione il monopolio olandese nel 1735; sarà però spodestata verso il 1750<ref name="topic2" /> dalla Guyana olandese passata in gran parte dallo zucchero al caffè;<ref name="monoreu">« LA TRAITE DES ESCLAVES VERS LES MASCAREIGNES AU XVIIIe SIECLE. Tome « 1, par JM Fillot, de la Section Histoire du Centre de TANANARIVE de l'OFFICE de la RECHERCHE SCIENTIFIQUE et TECHNIQUE OUTRE-MER [http://horizon.documentation.ird.fr/exl-doc/pleins_textes/divers12-12/04520.pdf] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170926144359/http://horizon.documentation.ird.fr/exl-doc/pleins_textes/divers12-12/04520.pdf|data=26 settembre 2017}}</ref> quest'ultima esportò in quantità maggiore e più velocemente nei confronti di Giava, godendo di una prima ondata di crescita alla fine degli anni 1760.
Saint Domingue colmò il distacco al termine della [[Guerra dei sette anni]], dopo che i piantatori francesi vendettero in massa le piantagioni di zucchero per acquistare terreni in quota da adibire alla caffeicoltura;<ref name="Panajachel" /> approfittarono immediatamente della prima ondata di crescite alla fine degli anni 1760 con l'intento di battere la Guyana olandese. Questo causò una prima crisi finanziaria nel 1771 e una seconda alla fine dello stesso decennio.
Nel 1769 la colonia francese produsse già 5 volte di più della Guyana olandese, quando quest'ultima raccolse 7.615 tonnellate annue assieme a Giava e Réunion durante il loro picco produttivo nel periodo 1772-75.<ref name="topic2" /> La [[guerra d'indipendenza americana]] innescò poi un rapido declino della disponibilità di prodotti coloniali<ref name="bu">''Le trafic colonial de Bordeaux, de la guerre d'Amérique à la Révolution'', di Paul Butel in ''Annales du Midi: revue archéologique, historique et philologique de la France méridionale'', 1967 [Le trafic colonial de Bordeaux, de la guerre d'Amérique à la Révolution - Persée]</ref> e una relativa rincorsa nei prezzi d'esportazione, facendo crescere il prezzo del caffè rapidamente.
Nel 1789 più dell'80% arrivava da [[Hispaniola]]. Entro il 1790 l'intensa caffeicoltura a Saint Domingue produsse la [[deforestazione]] dell'intera isola e l'amplificazione naturale dell'attività irrigua, in un contesto in cui si alzò esponenzialmente anche l'[[infiorescenza]] e la fruttificazione;<ref>{{Cita web|titolo=''Sur les chemins des caféiers''|autore= Fabrice Pinard|pubblicazione=Études rurales|anno= 2007 |url=https://etudesrurales.revues.org/8498|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170911204609/https://etudesrurales.revues.org/8498}}</ref> tutti i maggiori mercati globali vennero inondati dal "caffè di Santo Domingo": New York, Londra, Amsterdam, Trieste, Amburgo, Il Cairo, Bordeaux e Le Havre. Con lo scoppio della [[rivoluzione francese]] oltre l'80% della produzione mondiale giunse dalla Guyana olandese, dalla Colonia del Brasile e da Saint Domingue; quest'ultimo sarà principalmente riesportato, sia nel [[continente europeo]] ma anche nel Vicino Oriente, a tutto discapito del ''Java''.<ref name="topic2" /> A Marsiglia il 90% degli arrivi prendevano la via di [[Istanbul]].<ref name="napoleon">{{cita web|url=http://books.google.fr/books?id=vF4k-6TH-FsC&pg=PA91|titolo=From Louis XIV to Napoleon: the fate of a great power, par Jeremy Black|sito=books.google.fr|accesso=26 aprile 2010.|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135147/https://books.google.fr/books?id=vF4k-6TH-FsC&pg=PA91&hl=fr|urlmorto=no}}</ref>
== XIX secolo ==
{{vedi anche|Storia del caffè nel XIX secolo}}
Il XIX secolo ha veduto l'[[abolizione della tratta degli schiavi]] sia nell'[[impero coloniale francese]] che nell'[[impero britannico]], ma lo [[schiavismo]] persistette nella [[Capitaneria generale di Cuba]] spagnola, nel [[Regno del Brasile]] prima e nell'[[Impero del Brasile]] poi. Questi furono i due maggiori produttori emergenti i quali, l'uno dopo l'altro, fecero deprimere il prezzo del caffè in precedenza beneficiato dalle guerre e rivoluzioni scatenatesi tra il 1800 e il 1830. [[Londra]] assunse la funzione di centro delle aste del caffè, laddove nel corso del XVIII secolo [[Bordeaux]] e [[Le Havre]] si erano messe in competizione con [[Amsterdam]].<ref name="daviron20132"/>
Nel gennaio del 1813 il prezzo al [[quintale]] scese a 40 [[scellini]], quando veniva precedentemente venduto fino a 500 scellini al mercato di [[Amburgo]] durante la corsa al rialzo a causa della sua carenza<ref>{{Cita web |url=https://books.google.fr/books?id=-Gx4BwAAQBAJ&pg=PT279 |titolo="Coffee: The Epic of a Commodity", par H.E. Jacob |accesso=24 settembre 2017 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200613202037/https://books.google.fr/books?id=-Gx4BwAAQBAJ&pg=PT279 |urlmorto=no }}</ref>. Nel 1820 [[Giava]] fornì solo il 6% del consumo europeo e nel 1840 lo [[Yemen]] tra il 2% e il 3% di quello mondiale.<ref name="topic3">{{Cita libro|autore=Steven Topik|titolo=The World Coffee Market in the Eighteenth And Nineteenth Centuries, from Colonial To National Regimes|url=http://eprints.lse.ac.uk/22489/1/wp04.pdf|accesso=6 ottobre 2019|anno=2004|lingua=en|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170215024358/http://eprints.lse.ac.uk/22489/1/wp04.pdf}}. Sito del dipartimento di storia della LONDON SCHOOL OF ECONOMICS</ref>
La produzione brasiliana fu superiore a quella cubana e delle [[Indie occidentali britanniche]] a partire dalla fine degli anni 1820<ref name="bergad">{{Cita web|titolo="The Comparative Histories of Slavery in Brazil, Cuba, and the United States"|autore= LAIRD W. BERGAD, Stuart Schwartz|editore= Yale University |url=http://www.cambridge.org/catalogue/catalogue.asp?isbn=9780521694100&ss=fro|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170821124903/http://www.cambridge.org/catalogue/catalogue.asp?isbn=9780521694100&ss=fro}}</ref>. Nelle colonie inglesi e francesi la schiavitù fu proibita rispettivamente nel 1833 e 1848; il [[Venezuela]] assieme a Cuba e Brasile lo abolirono rispettivamente nel 1856, 1886 e 1888, beneficiando fino ad allora di una forma di "social dumping" (concorrenza data dal [[costo del lavoro]] più economico), il che suscitò l'indignazione del movimento per l'[[abolizionismo nel Regno Unito]] il quale fu in grado di mobilitarsi con 1,5 milioni di firme raccolte in una [[petizione]] presentata nel 1831.
[[File:Panama_RR_map.jpg|alt=|thumb|upright=1.3|Carta della prima ferrovia panamense, la [[Panama Railway]], che permise dalla seconda metà del XIX secolo ai carichi di caffè di evitare il passaggio da [[Capo Horn]] (tratto da ''Histoire illustrée du chemin de fer du Panama'', 1861).]]
Entro il 1820 l'[[opinione pubblica]] britannica riuscì ad ottenere un maggior controllo sul trattato che vietava il commercio di schiavi attraverso il "Diritto di visita delle navi straniere" da parte della [[Royal Navy]]. La marina francese dal [[Rhode Island]] importò schiavi a Cuba da adibire alle piantagioni di caffè di proprietà degli esuli francesi. L'isola servì anche come mercato portuale per l'acquisto di schiavi da deportare negli [[Stati Uniti meridionali]] attraverso l'isola di Amelia nelle [[Sea Islands]], grazie anche alla collaborazione degli ex coloni di Saint-Domingue<ref name="amel">"The Slave Trade: The Story of the Atlantic Slave Trade: 1440-1870", par Hugh Thomas, page 614 [https://books.google.fr/books?id=lzuEzmO81GwC&pg=RA1-PA614] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20200614032740/https://books.google.fr/books?id=lzuEzmO81GwC&pg=RA1-PA614|data=14 giugno 2020}}</ref>.
Nel 1823 l'[[Anti-Slavery Society]] promosse la rivendicazione del cosiddetto "[[abolizionismo]] graduale", che permise di assoldare alla causa quella parte delle élite economiche più riluttanti le quali beneficiarono del ''[[Reform Act 1832]]'' vincendo le elezioni. Lo ''Slavery Abolition Act 1833'' superò lo scoglio del [[Parlamento del Regno Unito]] l'8 di agosto<ref name="PETE282">{{cita|Olivier Pétré-Grenouilleau|2004|id=PETE|p=282}}.</ref>. Le piantagioni di caffè della [[Colonia della Giamaica]] ne anticiparono la decisione riducendo progressivamente la schiavitù verso la fine degli anni 1820.
Già nel 1850 le piantagioni brasiliane produssero la metà dei raccolti di caffè del pianeta, distanziando gradualmente altre regioni con l'eccezione del [[continente asiatico]]. Nel 1855 tuttavia la [[Panama Railway]] evitò di dover doppiare [[Capo Horn]] per giungere nell'[[America centrale]], le cui piantagioni solitamente si aprirono con una maggior facilità verso la sponda dell'[[Oceano Pacifico]] su terreni vulcanici, producendo la crescita di una delicata ''Coffea arabica'' priva d'impurità: il prodotto derivatone divenne ben presto molto ricercato<ref name="topic3" />.
Prima le aziende europee d'immigrazione e poi i commercianti tedeschi investirono nel [[Guatemala]], ove il caffè venne coltivato dagli amerindi [[nativi americani]], prima di passare in [[Messico]], nella [[Repubblica della Nuova Granada]] ed infine nel [[Burundi]]. La produzione complessiva afroasiatica scese a solo il 5% del totale alla vigilia della [[prima guerra mondiale]]<ref name="topic3" />. Nel [[continente asiatico]] le piante risultarono decimate nel 1869 dalla comparsa della "ruggine del caffè", una malattia causata da [[Fungi|funghi]] come l{{'}}''Hemileia vastatrix'', arrivando a sradicare la gran parte del caffè di [[Ceylon britannico]]<ref name="med">«Le café en Méditerranée: Histoire, anthropologie, économie. XVIII-XX siècle» Institut de recherches et d'études sur le monde arabe et musulman, 21 mai 2013 [https://books.google.fr/books?id=1PoXCwAAQBAJ&pg=PT121] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20200613224158/https://books.google.fr/books?id=1PoXCwAAQBAJ&pg=PT121|data=13 giugno 2020}}</ref> e di Giava.<ref name="batav2"/>
[[File:Amsterdam_-_Singel_-_Multatuli.jpg|sinistra|miniatura|Statua in onore di [[Multatuli]] ad [[Amsterdam]].]]
Ma il caffè indonesiano continuò a crescere nonostante la pubblicazione nel 1860 del romanzo parzialmente autobiografico ''[[Max Havelaar]] ovvero Le aste del caffè della Società di Commercio olandese''<ref>Titolo modernizzato. L'ultima edizione rivista dall'autore stesso, la quinta (1881), portava il titolo di ''Max Havelaar, of De koffiveilingen der Nederlandsche Handelmaatschappy''. L'edizione originaria (1860) portava il titolo ''Max Havelaar, of De koffij-veilingen der Nederlandsche Handel-Maatschappij''</ref> di [[Multatuli]]; esso ebbe un'eco clamorosa nei [[Paesi Bassi]]. Il dimezzamento della produzione nel 1870 fu comunque effetto della malattia fungina; ciò condusse ad un inarrestabile declino entro la fine del secolo.
La coltivazione venne seriamente presa in considerazione da molti paesi dell'[[America Latina]] entro la metà del XIX secolo e, in quasi tutti i casi, coinvolsero lo spostamento e lo sfruttamento su vasta scala delle popolazioni indigene amerinde. Le difficili condizioni di lavoro e di vita condussero a numerose rivolte, [[colpi di stato]] e sanguinose ritorsioni contro i contadini<ref name="Pendergrast334">Pendergrast, pp. 33–34</ref>.
L'eccezione notevole a questa regola fu la [[Costa Rica]], dove la scarsa disponibilità di [[forza lavoro]] tra i nativi impedì la formazione di aziende agricole su larga scala. Le piccole fattorie e le condizioni maggiormente egualitarie migliorarono via via la situazione durante tutto il XIX e il XX secolo<ref name="Pendergrast356">Pendergrast, pp. 35–36</ref>.
L'impero brasiliano divenne il maggiore produttore di caffè nel mondo a partire dal 1852 e ha mantenuto tale status da allora in poi. Ha sempre più dominato il mercato globale, esportando da solo più caffè di tutti gli altri paesi messi assieme tra il 1850 e il 1950.<ref name="unctad2">{{Cita web|url=http://www.unctad.info/en/Infocomm/Beverages/Coffee-French-version-only/Market/|titolo=UNCTAD – Coffee Production History|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150918055120/http://www.unctad.info/en/Infocomm/Beverages/Coffee-French-version-only/Market/|urlmorto=sì}}</ref>[[File:Lavazza 0002782 m.jpg|thumb|Trasporto del caffè nell'[[Indocina francese]] all'inizio del XX secolo (cartolina pubblicitaria dell'[[Luigi Lavazza (azienda)|azienda Lavazza]].]]
== XX secolo ==
L'inizio del XX secolo vide il mercato della caffeicoltura schiacciato dal gigante brasiliano, che controllò dal 73<ref name="Daviron et Ponte p 90" /> all'80% dell'intera produzione mondiale tra il 1900 e il 1909<ref name="Tulet" />; apprese inoltre in questo periodo anche l'abilità di pilotare i prezzi utilizzando appositi
"piani di conservazione" rispettivamente nel 1906, 1917 e 1921. Tutto ciò fu accresciuto dalla massiccia distruzione della [[foresta amazzonica]].
Nel 1914 metà della fornitura mondiale passò ancora attraverso Amburgo e Le Havre le quali mantennero forti legami col Brasile, ma gli statunitensi scoprirono le nuove degustazioni provenienti dall'America Centrale. Nel giugno del 1915 un giornalista di ritorno dal Guatemala si preoccupò del fatto che "l'[[impero tedesco]] ha sempre importato almeno i 2/3 del caffè del centroamerica"; questo prima del ruolo che verrà ad assumere la [[California]]<ref>"Uncommon Grounds: The History of Coffee and How It Transformed Our World", par Mark Pendergrast, aux Éditions Basic Books, 2010, [https://books.google.fr/books?id=Wd8WBQAAQBAJ
Ma la situazione corrente si venne a modificare in special modo solo dopo il "[[Martedì nero]]" di [[Wall Street]] nel 1929, che indusse il valore delle "bacche verdi" a precipitare.[[File:COLLECTIE TROPENMUSEUM Java koffiestruiken onder dadap met peperranken op een onderneming TMnr 10024162.jpg|thumb|Piantagione di caffè a [[Giava]] (1907-31).|alt=|sinistra]]
Come diretta conseguenza tra il 1927 e il 1960 la produzione brasiliana e la sua rispettiva [[quota di mercato]] si ridusse globalmente, mentre si conobbe l'emersione dei nuovi e vecchi maggiori produttori africani, centroamericani e messicani. [[Perù]] e [[Venezuela]], ancora tra le prime 5 posizioni nel 1927, scompariranno quasi completamente nel corso del resto del secolo.
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|-
|Offerta mondiale (in tonnellate)
|1,02 milioni<ref name="Daviron et Ponte p 90">Benoit Daviron e Stefano Ponte, ''The Coffee Paradox: Global Markets, Commodity Trade and the Elusive Promise of Development'', Zed Books Ltd, 2013 (
|1,8 milioni<ref name="djen">{{cita pubblicazione |titolo=La jeunesse de la caféiculture latino-américaine |autore=[[Christian Tulet]] |pubblicazione=[[Cahiers d'Outre-Mer]] |anno=2000}}</ref>
|2,1 milioni
|2,1 milioni<ref>Bulletin agricole du Congo belge et du Ruanda-Urundi de 1940-1941</ref>
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|2,6 milioni<ref name="Lachiver" />
|3,8 milioni<ref name="pouch">"Les mutations des marchés mondiaux du café et du cacao" par Anna Lipchitz
et Thierry Pouch, dans la revue ''[[Géoéconomie]]'' en 2008 [https://www.cairn.info/revue-geoeconomie-2008-1-page-101.htm] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170907124427/https://www.cairn.info/revue-geoeconomie-2008-1-page-101.htm|data=7 settembre 2017}}</ref>
|5,4 milioni<ref>"Les Poids du Monde: Évolution des Hégémonies Planétaires", par Rodolphe De Koninck et Jean-François Rousseau, éditions PUQ 2006 [https://books.google.fr/books?id=VfKl1TYn5goC
|6 milioni<ref name="pouch" />
|8,5 milioni<ref name="pouch" />
|}
[[Brasile]] e [[Colombia]] continuarono a dominare il mercato mondiale fino al 1929, secondo le [[Statistica|statistiche]] del 1927 le quali mostrano anche la progressiva marginalizzazione della caffeicoltura nell'[[impero coloniale francese]]; là ov'era stata introdotta nei secoli precedenti. Le raccolte della [[Nuova Caledonia]] (810 tonnellate), di [[Guadalupa]] (593 tonnellate), dell'[[Indocina francese]] (398 tonnellate), dell'[[Africa Occidentale Francese]] (nell'odierna [[Costa d'Avorio]], 187 tonnellate) risultarono essere assai modeste<ref>"La culture du café dans le monde et particulièrement dans les colonies françaises", par A. Demangeon, dans les ''[[Annales de géographie]]'' de 1930</ref>.
Nel periodo 1925-1929 l'America Latina, esclusi il Brasile e la Colombia, rimasero la seconda area di produzione mondiale con 260.000<ref name="djen" /> tonnellate di caffè annuale, il 90% in più rispetto alla singola Colombia e 4 volte superiore al totale asiatico. Ma il Venezuela e l'America Centrale subiranno più di altri la crisi che seguì innescando al contempo forti contrazioni e gravi disordini sociali.
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In Madagascar il sostegno dato ai contadini creò un vasto malcontento tra i coloni e i commercianti europei, ma la produzione si moltiplicò di 6 volte, il che ispirerà l'amministrazione coloniale francese in Costa d'Avorio, dove la raccolta sarà aumentato di 20 volte tra il 1945 e il 1962 attraverso una massiccia deforestazione all'interno di un contesto di prezzi mondiali più alti.
Negli anni cinquanta la prima ondata di disboscamento permise alle colonie africane, ma anche al Centroamerica, di aumentare notevolmente la loro produzione di caffè, mentre la coltivazione globale non aumentò per 5 anni<ref name="Lachiver">{{Cita web|titolo="Production et consommation du café dans le monde"
[[File:Semi Automatic Espresso Machine.jpg|thumb|[[Macchina da caffè espresso]] semi-automatica.]]
[[File:Kahvipensas.Coffea Arabica.800px.jpg|thumb|''Coffea arabica'' in vaso in [[Finlandia]].]]
I due maggiori produttori, Brasile e Colombia, videro i raccolti stagnare o diminuire leggermente nel corso degli anni cinquanta e la loro quota di fornitura globale si ridurrà nuovamente negli anni sessanta, quando invece la produzione mondiale aumentò del 46%; il ritmo ineguale continuò, tanto più che l'effetto del "grande freddo" brasiliano nel 1975 fece ancora sentire i suoi effetti fino al 1980<ref name="OIC bilan 2013">"L’Organisation Internationale du Café 1963-2013 cinquante ans au service de la communauté mondiale du café" (bilancio effettuato nel 2013) ({{cita testo|url=http://www.ico.org/documents/cy2012-13/history-ico-50-years-f.pdf|titolo=Testo online|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170907170345/http://www.ico.org/documents/cy2012-13/history-ico-50-years-f.pdf}})</ref>. Ciò modificherà l'intera struttura delle piantagioni del paese.
Il relativo successo delle politiche adottate nel mercato azionario brasiliano portò alla creazione nel 1962 di un accordo internazionale che permise a produttori e consumatori di pianificare una soluzione commerciale stabile a lungo termine; essa venne però rimessa in discussione nel 1989 dimezzando la produzione nazionale e triplicando i prezzi mondiali.
La seconda metà del secolo ha visto l'ampliamento del campo di offerta a causa della comparsa di diversi altri importanti produttori, in particolar modo la crescita della [[Colombia]], l'entrata nel mercato della Costa d'Avorio, dell'Etiopia e, più di recente, anche del [[Vietnam]]; quest'ultimo ha superato la stessa Colombia diventando così il 2° produttore mondiale nel 1999 e raggiungendo una quota di mercato pari al 15% entro il 2011<ref name="
Negli ultimi trent'anni del secolo la produzione mondiale è più che raddoppiata. L'ultimo decennio ha visto la rinascita di grandi operatori commerciali in un mercato liberalizzato e diversificato che la permesso la risalita delle quote di Vietnam e [[Indonesia]] coltivate a ''Coffea canephora''.
===Repubblica del caffè a El Salvador===
[[File:Coffee Processing in Ahuachapan, El Salvador.jpg|thumb|left|Processo di [[lavorazione del caffè]] a [[Ahuachapán]].]]
Nel 1895 il generale Tomás Regalado, futuro presidente di [[El Salvador]], comincia assieme alla famiglia ad
Nel corso di tutti gli anni 1920 e 1930 le esportazioni di caffè
[[File:Lavoura de café.jpg|thumb|Coltivazione di caffè a [[San Paolo (stato)|San Paolo]] verso il 1900.]]
=== Piani di conservazione brasiliani del 1906, 1917 e 1921 ===
In Brasile la sovrapproduzione divenne già evidente nel 1896, quando il paese oltrepassò la soglia dei 22 milioni di sacchi<ref name="ciz">''Les Représentations du Brésil lors des Expositions universelles'', di David Cizeron; {{cita testo|url=http://books.google.fr/books?id=36PuJl0cRfIC&pg=PA65|titolo=pag. 64|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135139/https://books.google.fr/books?id=36PuJl0cRfIC&pg=PA65&hl=fr }}</ref>. Nel 1903 [[San Paolo (stato)|San Paolo]] fissò imposte proibitive per le nuove aziende<ref name="Enders">''Histoire du Brésil contemporain: s mini-XIXe-s mini-XXe siècles'' di Armelle Enders - 1997 {{cita testo|url=http://books.google.fr/books?id=r1nhY5Cw368C&pg=PA78|titolo=pag. 78|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135145/https://books.google.fr/books?id=r1nhY5Cw368C&pg=PA78&hl=fr }}</ref>. Nel febbraio del 1906, mentre i prezzi continuavano a diminuire, stava cominciando a crearsi una nuova crisi di sovrapproduttività; vennero quindi rafforzati e sostenuti vigorosi interventi sia statali che da parte dei professionisti con l'intento di combatterla.
L'"Accordo di [[Taubaté]]", previde un importante incremento dello stoccaggio, la sua promozione transnazionale e la lotta contro i "surrogati". Realizzato sotto l'egida del San Paolo esso fu finanziato da una tassa di 3 [[franchi]] a sacco e da un prestito di 15 milioni di [[sterline]] da parte di banche francesi e tedesche, a causa della riluttanda dei [[Rothschild di Francia]], i principali creditori del Brasile fin di tempi dell'indipendenza.
I mercanti tedeschi [[Theodor Wille]] e [[Hermann Sielcken]] lo sostennero in cambio di un diritto d'ispezione per verificare lo stato delle scorte. Sielcken comprò intere pagine pubblicitarie nei giornali brasiliani e statunitensi per promuovere questo "piano generale di valorizzazione" del caffè brasiliano<ref name="carcel">"Hermann Sielcken, main basse sur le café brésilien
Nei successivi 4 anni saranno ritirati dal mercato 8 milioni di sacchi, di cui 5 sotto il diretto controllo di Sielcken ancora nel 1911<ref name="carcel" />, quando la corsa dei prezzi ripartì<ref name="carcel" />. Nel 1912, nell'ambito di un procedimento giudiziario per il monopolio, il paese minacciò un'azione di boicottaggio contro gli Stati Uniti d'America<ref name="carcel" />; Sielcken s'impegnò a vendere sul mercato alcune delle sue scorte, distribuendo l'operazione in un lasso di tempo di diversi anni<ref name="carcel" />.
Vennero lanciati altri 2 "piani di conservazione" nel 1917 e 1921, finanziati questa volta dalla [[funzione monetaria]]. In tutti e 3 i casi i prezzi riuscirono a recuperare, tra la "grande sorpresa degli economisti" come osservò [[Georges Clemenceau]] durante la sua visita di Stato<ref name="Enders"/>. L'espansione del caffè brasiliano culminò in 26 milioni di sacchi nel 1937, corrispondenti ai 2/3 dell'intera fornitura mondiale. Tornò poi a 14 milioni nel 1951, quando emersero nuovi Stati produttori e mentre il consumo mondiale era entrato in fase recessiva<ref>''Le Café au Burundi au s-XXe'', di Alexandre Hatungimanah, aux éditions Karthala;
=== Evoluzione delle colture nel Chiapas ===
Nel 1910 i coltivatori messicani si concentrarono nella provincia di [[Simojovel de Allende]] nel Centronord del Chiapas, dopo l'impianto alla fine del secolo precedente in quel di Soconusco sulla costa Pacifica al confine col Guatemala. Vennero accordate concessioni di terre anche a [[Huitiupán]], [[Tila]], [[Yajalón]] e [[Tumbalá]].<ref name="aida">"Histories and Stories from Chiapas: Border Identities in Southern Mexico", par Rosalva Aída Hernández Castillo« - 2010; [https://books.google.fr/books?id=AWvKAgAAQBAJ&pg=PA35] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20201124135155/https://books.google.fr/books?id=AWvKAgAAQBAJ&pg=PA35|data=24 novembre 2020}}</ref> Nel 1911 furono preesnti complessivamente 167 piantagioni solo sui settori di Simojovel e Huitiupán<ref name="aida" />.
Questo risultato si realizzò in soli due decenni grazie alla legge del 15 dicembre del 1893 fatta promulgare da Porfirio Díaz<ref name="aida" />; essa spinse i popoli indios a colonizzare le terre vicine alle piantagioni del Chiapas, ottenendo il diritto di acquisire la [[cittadinanza]] messicana in cambio di alcuni appezzamenti da dedicare alla caffeicoltura come "temporanea sostituzione" del [[mais]] alla fine della sua stagione (con l'intento di arricchirne nuovamente il suolo)<ref name="aida" />; molto spesso affittati dagli stessi proprietari<ref name="aida" />.
La "Compagnia delle terre e delle piantagioni del Chiapas", con 3 milioni di ettari, richiese quasi 18.000 lavoratori stagionali al momento del rapido impianto degli alberi, il doppio rispetto al resto dell'anno. Gli amerindi di [[Lingua tzotzil]] e i [[Ch'ol]] di Tulijá entrarono in affari con i piantatori;<ref name="aida" /> questo permetterà di aumentare di 7 volte il numero delle colture presenti nel Chiapas in 30 anni<ref name="aida" />.
Quest'espansione s'accompagnò alla quella - che continuava - delle grandi piantagioni tedesche e inglesi del Sud, in aumento nei prossimi 2 decenni. Secondo quanto riferisce il [[consolato (diplomazia)|consolato]] tedesco in Messico per il periodo 1927-28, citando il geografo Leo Waibel, la caffeicoltura di Soconusco produsse 22.000 tonnellate annuali, 2 volte in più di quanto raccolto alla fine del XIX secolo<ref name="aida" />.
L'estensione verso il Nord del Chiapas si compiù poco prima dell'esplosione della [[rivoluzione messicana]]; tutta una serie di sollevazioni armate, colpi di stato e conflitti tra differenti fazioni verificatesi tra il 1910 e il 1920. Nel 1911 la "Bigada de la casa", un'armata amerindia organizzata dai piantatori di [[San Juan Chamula]] e fondata da quelli di [[San Cristóbal de Las Casas]]<ref name="neil">«
Il 19 ottobre del 1914 il generale Castro fece promulgare una legge la quale stabilì un [[salario minimo]] garantito e il termine del sistema della [[servitù debitoria]] acquisita ereditariamente<ref name="neil" />. Le truppe di [[Venustiano Carranza]], [[Capi di Stato del Messico|presidente messicano]] dal 1915 al 1920, si presentarono nel Chiapas come forze d'occupazione; in antitesi ad esse i piantatori mobilitarono una controrivoluzione<ref name="neil" />.
In una posizione di forza economica nazionale riusciranno a sfuggire alle riforme rivoluzionarie, tra cui quella che prevedeva lo status di piccola piantagione la quale poteva essere ottenuto fino ad 8.000 ettari. Le gravi e sempre più profonde disuguaglianze sociali pertanto persistettero; una relazione del 9 marzo del 1934 presentata dal ministero federale per gli affari amerindi descrisse le condizioni di lavoro degli indigeni presenti nelle piantagioni come "assai prossime alla schiavitù"<ref name="neil" />.
=== Avventura in Nuova Caledonia ===
Nel 1894 il [[governatore]] della Nuova Caledonia Paul Feillet avviò un piano ambizioso: 47.000 ettari e 90.000 tonnellate di caffè per approfittare dei problemi climatici affrontati dal Brasile e dalla Colombia. Incoraggiò l'arrivo di lavoratori stranieri con intere famiglie sotto contratto, chiedendo a
Nel 1896, a causa della "ruggine del caffè" e della scomparsa del "Bourbon pontu" di Riunione, la ''Coffea arabica'' lasciò il posto alla ''Coffea canephora'' proveniente dalle Indie orientali olandesi accompagnata dagli agricoltori giavanesi, tra l'euforia dei coloni e dell'intera amministrazione. La politica del "grand cantonnement" (1897-1903) spodestò delle loro terre i [[Kanak]] della costa Est, zona maggiormente adatta per la caffeicoltura in piena espansione.
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Nel 1911 Paul Jobin scoprì che un ottimo caffè proveniente dalla Nuova Caledonia veniva venduto a Parigi dal commerciante caraibico Armogun, fondò quindi la società "Havraise Calédonienne" per svilupparne l'importazione. Dal 1920 al 1945 l'amministrazione dell'impero coloniale francese mirò a riequilibrare il settore sviluppando la coltura in ambiente melanesiano.
La politica seguente consistette nel promuovere la coltivazione tra gli stessi Kanak, concorrenti degli europei, i quali assicurarono la raccolta di 224 tonnellate nel 1932 e di 541 nel 1939. All'inizio della [[seconda guerra mondiale]] si toccò la produzione totale massima con 2.350 tonnellate, di cui 2.000 esportate; ma gli anni del conflitto causarono un irreversibile declino
[[File:Dendroctonus ponderosae.jpg|thumb|Il ''[[Dendroctonus ponderosae]]'', un parassita che distrusse le piantagioni della [[Nuova Caledonia]].]]
La presenza americana significò terra e occupazione; il sistema dell'[[indigénat]] venne abolito. Nel 1948 un [[coleottero]] parassita, lo "scarabeo del pino" (''Dendroctonus ponderosae'') devastò le piante e richiese severi trattamenti chimici. Il boom del nichel e del salariato provocò l'esodo rurale degli ex piantatori; le coltivazioni subirono il totale abbandono.
La produzione occidentale crollò, laddove invece quella melanesiana crebbe su piccoli appezzamenti con piantagioni di 2.000 ettari che esportarono sufficientemente bene. Verso il 1965 i pochi produttori Kanak che erano rimasti si ritirarono. Come epilogo tra il 1978 e il 1988 il "Caisse Café" promosse un'"Opération Café" nel tentativo di riequilibrare il paese, vittima della crisi del nickel. Il piano di [[Paul Dijoud]] prevedeva di piantare 2.000 nuovi ettari, 1/3 dei quali in [[agricoltura intensiva]] sulla costa orientale, sotto il sole e senza ombra. Il fallimento del "caffè di sole" è stato confermato dagli eventi della produzione 1987-
=== Grande ritorno del caffè africano ===
[[File:Boeganda.png|thumb|left|Localizzazione del regno di Buganda.]]
==== Scoperta della varietà "excelsa" in Africa centrale e suo selezionamento ====
La coltura della ''Coffea canephora'' nel [[continente africano]] cominciò seriamente all'alba del XX secolo, anche se era già stata realizzata prima della [[spartizione dell'Africa]] nei territori del regno di [[Buganda]]<ref name="cirad1">''Évolution de la culture de Coffea canephora en Afrique et problématique de développement'', di Jagoret e Descroix, ricercatori al {{cita testo|url=http://www.cirad.fr/|titolo=Cirad|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110129205707/http://www.cirad.fr/ }} (Centre de coopération internationale en recherche agronomique pour le développement), maggio 2002</ref>.
La coltivazione della varietà "excelsa", scoperta nel 1902 nell'attuale Repubblica Centrafricana, si diffuse rapidamente nel [[Camerun tedesco]] ed in misura minore in quello francese, nel [[Neukamerun]] e nell'[[Africa Occidentale Francese]] (le odierne nazioni della Costa d'Avorio e della [[Guinea]])<ref name="cirad1" />.
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La "robusta" africana venne trapiantata a Ceylon britannico, importata dal Congo belga, per poter affrontare il problema costituito dalla "ruggine del caffè" (Hemileia vastatrix) la quale aveva distrutto il 90% delle piante dell'isola<ref name="med" />. La nuova "robusta" interessò molto rapidamente l'industria ed arriverà a pesare sul 38,6% dell'intera produzione mondiale a fine secolo<ref name="JP Claude" />; il contenuto di [[caffeina]], che dipende più dal [[genotipo]] che dai fattori ambientali, è di circa il 2,5% nella robusta rispetto all'1,5% della ''Coffea arabica''.
[[File:Còngo Bèlga.png|thumb|Mappa del [[Congo belga]].]]
Quest'ultima ha però rivelato una maggiore
I primi tentativi di coltivare differenti tipi di arabica vennero eseguiti con le specie spontanee dell'[[Africa occidentale]] e dell'[[Africa centrale]]<ref name="cirad1" />. La ''Coffea liberica'' oiginaria della [[Liberia]] venne introdotta e diffusa a partire dal 1881 negli attuali Costa d'Avorio e Camerun oltre che nel Congo belga<ref name="cirad1" />.
La caffeicoltura africana si amplierà su larga scala durante il [[periodo interbellico]]
Una "Régie des Plantations de la Colonie" venne creato per regio decreto il 3 dicembre del 1926<ref name="Leplae 1936">Edmond Leplae, ''Les plantations de café au Congo belge: Leur histoire (1881-1935)-Leur importance actuelle'', Institut royal colonial belge, 1936; ({{cita testo|url=http://www.kaowarsom.be/documents/MEMOIRES_VERHANDELINGEN/Sciences_naturelles_medicales/Nat.Sc.(IRCB)_T.III,5_LEPLAE,%20E._Les%20plantations%20de%20caf%C3%A9%20au%20Congo%20belge.%20%E2%80%93%20Leur%20histoire%20(1881-1935)%20%E2%80%93%20Leur%20importance%20actuelle_1936.PDF|titolo=Testo online|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170909095105/http://www.kaowarsom.be/documents/MEMOIRES_VERHANDELINGEN/Sciences_naturelles_medicales/Nat.Sc.(IRCB)_T.III,5_LEPLAE,%20E._Les%20plantations%20de%20caf%C3%A9%20au%20Congo%20belge.%20%E2%80%93%20Leur%20histoire%20(1881-1935)%20%E2%80%93%20Leur%20importance%20actuelle_1936.PDF }}), [PDF])</ref> per consolidare le piantagioni sperimentali pubbliche, che diedero un utile di 1,2 milioni di [[franco belga|franchi belgi]] a Gazi, Lula, Barumbu e Yangambi<ref name="Leplae 1936" />; sede quest'ultima della "Stazione di selezione" dal 1926 per il
Il procedimento di selezione venne accelerato quando la malattia fungina della [[tracheomicosi]] distrusse le piante di excelsa nel Centrafrica durante gli anni 1930<ref name="cirad1" /> e successivamente anche in Africa occidentale nel decennio seguente<ref name="cirad1" />. L'obiettivo, la valorizzazione agricola delle colonie, rese e considerò sempre di più questo caffè un prodotto strategico; la sua coltura venne fortemente raccomandata dalle autorità amministrative. Essa beneficiò di misure speciali, come l'esenzione dai dazi doganali e dalle quote (contingentamenti)<ref name="cirad1" />.
Il progetto di estendere le piantagioni condusse al trasferimento forzoso di contadini provenienti dalle popolazioni della [[savana]] o dagli insediamenti del [[Sahel]], al fine di soddisfare le crescenti esigenze di manodopera<ref name="cirad1" />.
==== Ulteriore rinvenimento a Timor ====
[[Timor Est]] pacificata dai [[portoghesi]] lanciò, sotto gli auspici del governatore [[Filomeno da Câmara de Melo Cabral]], la caffeicoltura nei primi anni del XX secolo<ref name="sevin">"Le café au Timor-Oriental", par Olivier Sevin, dans les "Cahiers d'Outre-mer" de 2006
La scoperta fece anche accrescere l'interesse per il lavoro già in fase d'attuazione nel Congo belga volto al rinnovamento della coltivazione; esso fu realizzato interamente in esclusiva dall'"Institut national pour l'étude agronomique du Congo belge" fondato nel 1911 a Lula<ref name="Leplae 1936" />. Possedette 113 ettari di caffè più altro terreno su scala ridotta a Lemba, nel distretto di Kinshasa a 450 m d'altitudine<ref name="Leplae 1936" />. La rivista tecnico-scientifica ''Bulletin agricole du Congo belge'' - attiva fin dal 1910 - venne fatto distribuire nelle missioni e stazioni di ricerca private<ref name="Leplae 1936" />, come quella del britannico William Lever screata nel 1911.
==== Congo belga locomotiva della ricerca agronomica ====
Le specie coltivate dal 1911 al 1913 a Lula compresero la ''canephora'' e l{{'}}''excelsa'' e rappresentarono 1.500 giovani piante studiate sulle 50.000 totali<ref name="Leplae 1936" />. La ''ruggine'' riapparve nel 1913 sulla ''Coffea'' di 1 anno e mezzo e colpì in particolar modo le "Liberica", "Dewevrei" e "Abeocuta", ma anche vari altri tipi di "canephora"<ref name="Leplae 1936" /> ritenuti fino a quel momento promettenti: "Kwiluensis", "Sankaruensis", "Bobusta" (di Giava, "Uganda" e "Kouillou". Le "Coffea aruivimiensis" e "Excelsa" rimasero invece colpite solamente in una maniera minimale<ref name="Leplae 1936" />.
Il Congo belga beneficiò ampiamente nel corso degli anni 1920 della dell'"Institut", che reintrodusse nel 1916 la [[cultivar]] della ''[[Canephora]]'' selezionata nelle Indie orientali olandesi<ref name="cirad1" />. Una stazione per la ricerca agricola venne fondata nel 1925 nella [[provincia del Kivu Sud]] a 30 km da [[Bukavu]]; essa studiò la crescita di diversi prodotti tropicali, tra cui la "robusta"<ref name="cirad1" />. Già nel 1930 il lavoro di allevamento e selezione venne effettuato utilizzando varietà derivanti dal caffè Java e dalla Coffea coltivata naturalmente nelle foreste congolesi<ref name="cirad1" />.
Tali studi accelerarono la diffusione della
L'operazione permise di aumentare la produttività da 250 kg ad una tonnellata per ettaro in poco più di 25 anni, accelerando esponenzialmente la diffusione della coltivazione della "coltura robusta"<ref name="cirad1" />. Il miglioramento si concentrò sulla produttività, attraverso due canali: propagazione vegetativa dei migliori "cloni d'élite", con rendimenti di 1,5-2,5 tonnellate/ha di caffè verde; la produzione di semi di ibridi, con rese equivalenti innestate recentemente, con incroci mirati controllati e affidabili<ref name="pinard"/>.
Lo studioso di agronomia Edmond Leplae, ''il padre dell'agricoltura coloniale belga'', direttore generale del ministero dell'agricoltura dell'[[impero coloniale belga]] nonche responsabile dell{{'}}''Université coloniale de Belgique'' promosse l'introduzione del lavoro forzato sin dal 1917; un atto molto controverso ispirato da ciò che aveva osservato nelle Indie orientali olandesi, ma anche nell'Africa Orientale Britannica e nell'[[impero portoghese]] (l'odierno [[Mozambico]]). Il sistema Lepleae consistette nell'imporre sia colture alimentari (come la [[manioca]] e il riso) per il mercato interno sia colture industriali (come cotone, caffè e [[tè]]) destinate all'esportazione.
Nel 1927 l'[[Organizzazione internazionale del lavoro]] recentemente creata mise all'[[ordine del giorno]] della sua XII sessione prevista per il 1929 proprio il tema del "lavoro obbligatorio"<ref>"Missions catholiques et protestantes face au colonialisme et aux aspirations du peuple autochtone à l'autonomie et à l'indépendance politique au Congo Belge", di Bita Lihun Nzundu Augustin, Editions Gregorian Biblical BookShop, 2012</ref>. Una commissione d'inchiesta per l'accertamento dei fatti venne reclamata nel 1930 da alcuni esponenti politici belgi; la polemica che ne seguì trovò larga eco nel quotidiano ''[[La Libre Belgique]]''<ref name="ryck">"Pierre Ryckmans 1891-1959: Coloniser dans l'honneur", par Jacques Vanderlinden, Editions De Boeck Supérieur, 1994 page 308</ref>.
Il sostegno finanziario e istituzionale venne rivolto principalmente alla ricerca agronomica<ref name="cirad1" /> e nel 1954 furono creati fondi di stabilizzazione per prodotto e territorio<ref name="cirad1" />, con l'intento di limitare gli effetti della variabilità dei prezzi internazionali<ref name="cirad1" />; mentre l'abolizione della corvé obbligatoria liberò la forza lavoro la quale inizierà negli anni 1950 una propria produzione indipendente (il "Front pionnier") sia nella Costa d'Avorio che nella zona del caffè in Angola; essi divennero in breve tempo i principali centri di coltivazione dell'Africa occidentale e centrale<ref name="cirad1" />, partecipando così all'aumento della disponibilità mondiale<ref name="cirad1" />.
Tra il 1945 e il 1962 la produzione avoriana, ancora sotto il controllo francese, aumentò di ben 20 volte. Nel corso degli anni 1970 l'Angola prima portoghese e poi indipendente risultò uno dei maggiori produttori africani. La [[guerra d'indipendenza dell'Angola]] e la seguente [[guerra civile]] devastò le piantagioni spingendo molti agronomi ad emigrare in Brasile.
==== La ferrovia giunge ai piedi del Kilimangiaro ====
Nell'[[Africa orientale tedesca]] si scoprì rapidamente che i terreni vulcanici del Kilimangiaro e del [[Monte Meru (Tanzania)|Monte Meru]] erano più adatti al caffè rispetto ai terreni acidi dei [[Monti Usambara]]<ref name="bar">«
La tratta dell'Usambara, progettata nel 1891 per collegare il porto di [[Tanga (Tanzania)|Tanga]] a Sud dei monti, raggiunse [[Moshi]] situata sul versante Sudovest del Kilimangiaro nel 1911. Sarà estesa fino ad Arusha nel 1930. Tale interruzione temporale fu una delle cause che portarono ad una crescita precoce della produzione tra i Chaga, prima che tra i ruandesi e ad Arusha<ref name="bar" />.
Ai piedi del Kilimangiaro la [[banana]] e il caffè ebbero ciascuno i propri territori; la regione creerà la prima [[cooperativa]] nel 1925<ref name="tulet">{{cita|Tulet}}.</ref>. I Chaga vennero descritti dalla letteratura coloniale come "persone sedentarie e malleabili che hanno adattato le loro colture, edifici, abbigliamento e religione per merito dell'influenza svolta dai missionari cristiani stabilitisi in mezzo a loro da trent'anni"<ref name
La regione fu ad alta densità umana, il che richiese una produzione permanente di alimenti, assistita dal [[concime]] di [[fattoria]] e adattata ai suoli inclinati<ref name="cabot" />. La coltivazione tradizionale della banana aiutò a stabilizzarla e diede il materiale di copertura per le capanne<ref name="cabot" />.
[[File:Jules Leclercq- Aux sources du Nil-1913-carte du Chemin de fer de l'Ouganda.jpg|thumb|center|upright=3.2|Carta della tratta ferroviaria ugandese nel 1913.]]
==== Ferrovia e 15.000 coloni in Kenya ====
Creata inizialmente nel 1888 per servire [[Mombasa]] e diretta da William Mackinnon, la "società dell'Africa Orientale Britannica" - nazionalizzata a fine secolo dall'[[impero britannico]] - incoraggiò la difficile e pericolosa costruzione della ferrovia ugandese, che doveva collegare il porto di Mombasa con quello di [[Kisumu]] sulle rive del [[Lago Vittoria]].
[[File:Bahnhof Changameve.jpg|thumb|L'apparizione delle rotaie alla periferia di [[Mombasa]] (1899 circa).]]
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Il caffè si situò principalmente ai piedi dell'Elgon, sul versante orientale del Monte Kenya e attorno a [[Nairobi]], futura capitale. La durata delle concessioni a loro riconosciute venne prorogata nel 1915, così com'era avvenuto nel 1897 e nel 1902. Nel 1920 ottennero il diritto di far eleggere propri rappresentanti al "Consiglio legislativo"; masse di indigeni furono confinati nelle riserve, alcune delle quali diverranno in seguito [[parchi nazionali del Kenya]] (tra cui il [[parco nazionale di Nairobi]], [[Masai Mara]], la [[riserva nazionale Samburu]], il [[Lago Nakuru]], il [[parco nazionale del lago Manyara]], l'[[area di conservazione di Ngorongoro]], il [[parco nazionale del Serengeti]] e il [[parco nazionale dello Tsavo]]).
[[File:Unknown liner and small vessels, Le Havre? 1920s (detail) (5434489826).jpg|thumb|Traffico marittimo a [[Le Havre]] negli anni 1920.]]
==== Il declino del porto di Le Havre spinge a tornare in Madagascar ====
I [[broker]] del mercato dei Futures internazioni a Le Havre svolsero un ruolo globale prima del 1914<ref name="cci" />, quando i flussi brasiliani verso l'estero raggiunsero i 2/3 nelle importazioni della [[Terza Repubblica Francese]]<ref name="cci" />. Ma a seguito dello scoppio della prima guerra mondiale i finanzieri di New York soppiantarono i broker francesi nei maggiori titoli di credito rivolti agli esportatori brasiliani<ref name="cci" />; le riesportazioni di Le Havre scesero al di sotto delle 10.000 tonnellate annue, 1/4 della quantità del 1913<ref name="cci" />.
Il porto venne allora spinto a sviluppare l'importazione di caffè coltivato sulla piana dell'Imerina, nel Centro-nord del Madagascar, ove stava lottando per poter decollare. Le Havre e la sua piazza di negoziazione rimase ostacolata dall'elevata tassazione; tra il 1900 e il 1910 il dazio fiscale sull'importazione di caffè fu pari al 128,5%<ref name="bb">''La croissance en économie ouverte (XVIIIe-XXIe siècles): hommages à Jean-Charles Asselain'', di Bertrand Blancheton, Hubert Bonin Peter Lang, 2009; {{cita testo|url=https://books.google.fr/books?id=hzynZiI7WdUC&pg=PA215|titolo=pagg.209-10|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135148/https://books.google.fr/books?id=hzynZiI7WdUC&pg=PA215 }}</ref>, anche se era già stato ridotto a 0 dal 1892 per il caffè coloniale con l'intenzione dichiarata di promuoverne l'espansione interna<ref name="Gervase Clarence-Smith">{{cita libro|lingua= en |autore= William Gervase Clarence-Smith |titolo= The Global Coffee Economy in Africa, Asia, and Latin America, 1500–1989 |editore= Cambridge University Press |anno= 2003 |url= https://books.google.it/books?id=xMkTK9Vi62wC |urlarchivio= https://web.archive.org/web/20201124135145/https://books.google.it/books?id=xMkTK9Vi62wC |urlmorto= no}}</ref>; la raccolta dell'isola rinacque aumentando a 3.359 tonnellate nel 1925 contro le 1.435 nel 1919<ref name="Gervase Clarence-Smith" />.
Tutto ciò dopo che la produzione era andata completamente perduta per colpa dei funghi parassiti nel 1881<ref name="
Ma il declino venne aggravato dalla scomparsa del proprio mercato internazionale dei "Futures" nella "Borsa commerciale" alla prima metà del XX secolo, alla fine del XIX secolo il maggiore d'Europa ed il solo in grado di competere con quello newyorkese<ref>{{cita
La "Société commerciale interocéanique" venderà il proprio reparto dedicato al caffè nel 1985 alla famiglia Raoul-Duval di Le Havre<ref name="Malon, page 233" />. Nel 1992 gli azionisti dell'impresa di Louis Delamare (creata nel 1897) rivenderanno le proprie azioni ai dipendenti i quali metteranno in piedi l'[[holding]] "Delcafé", reindirizzando l'attività ad altri mercati a termine<ref name="aubin">"Le tribunal du Havre juge une escroquerie sur les marchés à terme" par DOMINIQUE AUBIN - LES ECHOS du 02/04/1996 [Le tribunal du Havre juge une escroquerie sur les marchés à terme DOMINIQUE AUBIN - LES ECHOS | LE 02/04/1996]</ref>. Alla fine degli anni 1990 il fallimento di Unidad, un importante [[trader]] guidato dalla famiglia Vigan, sarà causato dal calo dei prezzi del caffè in [[Costa d'Avorio]]<ref name="siret" />.
[[File:Lakevictoriafr.png|thumb|Il [[Lago Vittoria]], frontiera dei tre paesi caffeicoli dell'[[Africa orientale]] ([[Uganda]], [[Kenya]] e [[Tanzania]]).]]
==== Caffeicoltura massiccia in Africa Orientale ====
I coltivatori del [[gruppo etnico]] degli Haya nella regione di [[Bukoba]], a Nordovest del [[Territorio del Tanganica]] e sulla riva Sud-occidentale del [[Lago Vittoria]] furono evangelizzati dai [[Missionari d'Africa]] alla fine del XIX secolo. Dopodiché, non avendo l'occasione di trovarsi ad affrontare l'ostilità dei piantatori europei, localmente assenti, vennero ingaggiati e incoraggiati dall'amministrazione coloniale<ref name="bar" />. Già nel 1919 fu intrapresa una massiccia campagna d'impianto, che richiese a ciascun produttore Haya di piantare almeno 100 alberi di ''Coffea''<ref name="bar" />.
Questa politica risultò ben accolta in quanto la specie di ''Coffea canephora'' utilizzata era più antica della versione ''Coffea arabica'', introdotta già dalla fine del XIX secolo dai [[missionari]] e dai coloni<ref name="bar" />; essa era stata coltivata dagli Haya nell'area prospiciente il Lago Vittoria, venendo presto ad assumere un ruolo rituale primordiale: rafforzava difatti il potere del re e donava la forza ai coltivatori i quali rimanevano strettamente associati alla prosperità degli alberi<ref name="bar" />.
L'arrivo della ferrovia ugandese completò la circumnavigazione del Vittoria, facilitò lo smercio e l'arrivo di lavoratori stagionali i quali giunsero rapidamente dal [[Ruanda-Urundi]], fermandosi proprio sulla strada ove avveniva la raccolta<ref name="tulet" />.
L'importanza dei trasporti si riflette in maniera significativa dal fatto che gli Haya esprimono ancor oggi con il numero di "macchine e camion" il volume delle proprie colture<ref name="bar" />; esse continueranno a crescere nel tempo. Nel 1950 vi saranno 8.000 piantagioni Haya nella [[Regione del Kagera]], ognuna delle quali produrrà mezza tonnellata annua e 1/4 dell'intera raccolta della futura [[Tanzania]]<ref name="tulet" />. Il 10% dei più fortunati di questo gruppo possiede a tutt'oggi 1/4 delle terre coltivate a caffè<ref name="tulet" />.
I 5 principali gruppi etnici coinvolti nella caffeicoltura nell'ex [[Africa Orientale Britannica]] sono i Chaga della [[Regione del Kilimangiaro]], i Rwas del Monte Meru, la popolazione di [[Meru (Kenya)|Meru]], gli Haya del Lago Vittoria e i [[Kikuyu]] della [[Provincia di Nairobi]]<ref name="bar" />.
[[File:Coffee berries on a branch.JPG|thumb|Bacche di caffè su un ramo in [[Uganda]].]]
==== Decollo di Uganda, Tanzania e Kenya ====
La ''Coffea arabica'' posseduta dal Buganda venne introdotta direttamente dall'impero d'Etiopia<ref>{{cita web|titolo=Uganda Invest|url=http://www.ugandainvest.go.ug/index.php/2013-10-24-13-08-51/coffee|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141229153048/http://www.ugandainvest.go.ug/index.php/2013-10-24-13-08-51/coffee
L'[[impero britannico]] incamerò l'amministrazione coloniale dell'Africa orientale tedesca alla fine della prima guerra mondiale; in [[Kenya (colonia britannica)|Kenya]] si appoggiò principalmente agli agricoltori di origini europee, mentre il protettorato ugandese fece la scelta inversa; infine il Territorio del Tanganica attuò una via di mezzo tra le due<ref name="compa">"Caféicultures d'Afrique orientale: territoires, enjeux, politiques" Couverture KARTHALA Editions, 1998, sous la direction de François Bart, Bernard Calas et Bernard Charlery de la Masselière.</ref>.
Il decollo delle esportazioni ugandesi di caffè nel 1922 beneficiarono dell'esperienza data dalla rapida espansione della coltivazione del cotone tra il 1905 e il 1915; esse coprirono i costi operativi della linea ferroviaria che collegava il paese con l'Oceano Indiano e con le sponde del Lago Vittoria. Già nel 1915 l'industria cotoniera raggiunse un fatturato di 369.000 [[sterline]]
Il caffè ebbe un cammino più lento in quanto i contadini vi s'interessarono solo dopo il 1910, quando il suo valore incrementò. A partire dal 1912 nella [[Regione Orientale (Uganda)|Regione Orientale]] di Bugisu ai piedi del [[Monte Elgon]] le autorità cominciarono a distribuire terreni e semi ai nativi; si creò così la prima caffeicoltura<ref>''Caféicultures d'Afrique orientale: territoires, enjeux, politiques''; {{cita testo|url=https://books.google.it/books?id=8Z08QEOun1oC&pg=PA42|titolo=Testo online|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135148/https://books.google.it/books?id=8Z08QEOun1oC&pg=PA42 }}</ref>. La raccolta fornì 1.269 tonnellate nel 1920, passando a 7.832 nel 1928.
Nel 1922 vi fu la svolta, quando i prezzi del [[caucciù]] crollarono e gli ugandesi non poterono più coltivare l'[[albero della gomma]] contemporaneamente al caffè. Nel corso degli anni venti i vivai si moltiplicarono, i semi furono ampiamente distribuiti e i coltivatori formati da istruttori e messi sotto l'autorità dei capi locali. Il caffè si coltivò principalmente nel [[Distretto di Masaka]] e sulle pendici occidentali dell'Elgon.
Tra il 1922 e il 1930 la superficie coltivata dagli africani ugandesi moltiplicò di 20 volte. La corvé venne trasformata in tassa nel 1926 e poi rimossa nel 1930 per permettere alla popolazione di lavorare autonomamente il caffè. Le autorità britanniche rimasero in competizione anche con i principali commercianti nella gestione della coltura e nel suo finanziamento, oltre che per costruire infrastrutture sul posto. La società "Gibson & Co." si evidenziò nel campo. Le esportazioni del caffè ugandese in tonnellate furono le seguenti<ref name
{|
|Anno
|1927
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|}
[[File:Coffee zones of tanzania.png|thumb|left|Caffeicoltura in [[Tanzania]] per varietà.]]
La coltivazione tra i Chaga della Regione del Kilimangiaro progredì fortemente dopo il 1925, mentre poco dopo si accelerò sui bordi del vulcano minore e nelle vicinanze del Monte Meru, 50 km ad Ovest. L'altro grande polo della caffeicoltura fu Bukoba, nel Nordovest della futura Tanzania e sulla sponda Sud-occidentale del Lago Vittoria, evangelizzata anche dai Missionari d'Africa (i "Padri Bianchi") alla fine del XIX secolo.
La produzione totale nelle 2 zone principali di coltura tanzanese decollò effettivamente nel 1925, seppur rimanendo inferiore di 1/5 rispetto a quella keniota la quale accelerò in quello stesso anno con un ritmo piuttosto rapido; qui i coltivatori già da tempo erano abituati ad utilizzare la tratta ferroviaria per rifornire rapidamente il mercato mondiale in tempi di aumento dei prezzi.
[[File:Kaffeepflückerin Kenya.jpg|thumb|Caffè in Kenya nel 1936.]]
==== Creazione del "Kouilou Niaouli" e avvio del "
Gli anni 1920 videro forti investimenti da parte delle amministrazioni coloniali e sforzi volti all'agronomia del caffè. Nel [[Dahomey
La stazione di Niaouli fondata nel 1904 in uno spazio aperto tra la foresta venne presto trasformato in scuola agraria e istituto per compiere test agricoli. Nel 1923 si introdusse e raffinò il "Kouilou Niaouli", un caffè originario del Gabon. Sarà poi trapiantato in Nuova Caledonia e implementato con successo nel corso degli anni 1920 in Madagascar e nel territorio dell'attuale Costa d'Avorio. Esso prende il suo nome dal [[dipartimento di Kouilou]], ove il fiume principale "Kouilou-Niari" svolge un ruolo drenante nella regione costiera della [[Repubblica del Congo]]; è il 2º fiume del paese dopo il Congo.
Vennero istituite due stazioni di ricerca agricola dall'amministrazione francese a [[Bossembélé]] nel 1926 e a Boukoko nel 1939 (attuale Repubblica Centrafricana); esse seguiranno da vicino il successo della varietà denominata "Nana". Si dedicheranno allo studio della ''Coffea'', sviluppando varietà maggiormente resistenti rispetto all'"Excelsa" ancora negli anni 1950, per estendere infine le proprie attività all'agronomia equatoriale in generale.
In Centrafrica il caffè crebbe selvatico in gran parte del paese, nella specie "Excelsa" e in una varietà del tutto simile alla ''Coffea canephora'' battezzata "Nana"<ref name="aug">{{cita libro|autore=Auguste. Chevalier|titolo=Les Caféiers de l'Oubangui-Chari et du Congo français et l'amélioration de leur culture
Il "Nana" sarà in seguito coltivato anche a [[Carnot (Repubblica Centrafricana)|Carnot]]<ref name="aug"/> lungo il corso del "Nana Bakassa" e del "Nana Barya", fiumi del Nordovest ai confini con il [[Ciad]]<ref name="aug"/>. La SOCANA (Societe des Plantations du Café Nana de Carnot, ex-plantation Collongy), con un capitale di 15 milioni di [[franco CFA|franchi CFA]] venne creata proprio a Carnot, posta a 550 m d'altitudine; essa operò anche con l{{'}}''[[Agave sisalana]]''.
[[File:Use of a coffee press.ogv|thumb|Uso della [[caffettiera a stantuffo]], che si ritiene essere stata inventata dal [[designer]] italiano Attilio Calimani nel 1929<ref>{{Cita libro |titolo = Coffee knowledge |nome
=== Dal 1929 al 1945 ===
La politica brasiliana di esaurimento delle scorte venne lanciata nel giugno del 1931 e raggiunse il suo picco nel 1933-34, permettendo in tal modo di attenuare il calo generalizzato dei prezzi mondiali<ref name="cci">{{cita libro|autore= Jean Fremigacci|titolo=Les difficultés d'une politique coloniale : le café de Madagascar à la conquête du marché français (1930-1938)|editore =Revue française d'histoire d'outre-mer |anno=1986}}</ref>; mentre gli incentivi concessi dall'amministrazione coloniale francese al caffè del Madagascar svolse un ulteriore ruolo di tamponamento, in un momento in cui gli impianti stavano raggiungendo la loro massima estensione tra il 1924 e il 1929<ref name="cci" />.
==== Il Venezuela perde i maggiori produttori ====
All'inizio del XX secolo il Venezuela era ancora tra i massimi produttori di caffè e cacao. Le [[drupe]] selezionate, di un verdazzurro molto chiaro e generalmente di buona qualità<ref name="welter">''Essai sur l'histoire du café'', di Henri Welter, presso Éditions C. Reinwald, 1868; {{cita testo|url=https://books.google.fr/books?pg=PA89&id=RnE7AAAAcAAJ|titolo=Testo online|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135139/https://books.google.fr/books?pg=PA89&id=RnE7AAAAcAAJ }}</ref>, presero i loro nomi dalle principali città marittime: [[Puerto Cabello]], [[La Guaira]] (o [[Caracas]]) e [[Maracaibo]]<ref name="welter" />.
Sotto l'amministrazione del generale [[Antonio Guzmán Blanco]] dal 1871 e poi verso la fine degli anni 1880 la caffeicoltura crebbe rapidamente, beneficiando di un ulteriore sostegno sotto forma di prestiti provenienti dai paesi stranieri come la Gran Bretagna, l'Impero tedesco ed il Regno d'Italia<ref>{{cita|Denova|2005|p.70}}.</ref>, il che consenti anche l'ampliamento della rete ferroviaria che ne approfittava il caffè colombiano attraversando il [[dipartimento di Santander]] via Cúcuta, per giungere con il caffè del Tachira al poi al Golfo del Venezuela e dal porto di Maracaibo qui prendere la via dell'Oceano Atlantico.
Un blocco navale, durato dal dicembre 1902 al febbraio 1903, fu imposto dalla Gran Bretagna, l'Impero tedesco e il Regno d'Italia nei confronti del Venezuela a seguito del rifiuto da parte del presidente venezuelano [[Cipriano Castro]] di pagare il debito estero e i danni subiti a cittadini europei durante la recente guerra civile venezuelana.
In seguito il paese scoprì enormi riserve di [[petrolio]]. Durante la dittatura del generale [[Juan Vicente Gómez]] tra il 1920 e il 1930 il settore petrolifero crebbe dal 2,5% del [[prodotto interno lordo]] a quasi il 40%, l'agricoltura inversamente passò dal 39 ad appena il 12,2%<ref name="vn">{{Cita web|titolo="Venezuela, les raisons du chaos"|autore= Renaud Lambert|pubblicazione=Le Monde diplomatique|data= dicembre 2016|url=https://www.monde-diplomatique.fr/2016/12/LAMBERT/56923|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190504172319/https://www.monde-diplomatique.fr/2016/12/LAMBERT/56923}}</ref>. La [[Grande depressione]] degli anni 1930 causò lo sprofondamento del valore del caffè; questo spinse la maggior parte dei paesi della regione a svalutare la propria [[valuta]] per poter mantenere la competitività nelle esportazioni<ref name="vn" />.
Il Venezuela al contrario cedette alle pressioni della [[lobby]] commerciale e organizzò l'importazione di tutto quello che il paese consumava; tra il 1929 e il 1938 venne aumentato il valore del [[bolívar (valuta)|bolívar]] del 64%, serrando in tal modo le porte del commercio internazionale al settore agricolo<ref name="vn" />. Si passò da un'economia basata al 96% sul cacao e il caffè a un'economia prettamente petrolifera.
Dopo la [[seconda guerra mondiale]] il raccolto diminuì costantemente e con estrema rapidità; altri paesi emersero tra i 20 maggiori produttori mondiali. Negli anni 1990 era meno della metà di tutti gli Stati andini.
{| class= wikitable
|Anno
|1874
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|1924
|1934
|-
|Caffè prodotto dal Venezuela (ton)<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Alain|cognome=Musset|data=1992|titolo=Frédéric Mauro, Histoire du café|rivista=Annales|volume=47|numero=3|pp=734-735|accesso=6 novembre 2019|url=https://www.persee.fr/doc/ahess_0395-2649_1992_num_47_3_279069_t1_0734_0000_001|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191106223017/https://www.persee.fr/doc/ahess_0395-2649_1992_num_47_3_279069_t1_0734_0000_001|urlmorto=no}}</ref>
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|}
==== Profonda crisi economico-sociale nell'America centrale ====
Il [[Martedì nero]] di [[Wall Street]] il 29 ottobre
Questo fatto ebbe profonde e durature conseguenze e ripercussioni negative nei paesi dell'America Latina, che ne rimase travolta. Tra il 1928 e il 1932 (o 1934 a seconda dei casi) il [[PIL]] "pro capite" diminuì di oltre il 20% in Costa Rica, El Salvador e Guatemala; i primi due rappresentavano i maggiori produttori di caffè dell'intera America Centrale rispettivamente con 33 e 22.000 tonnellate. Decrebbe anche del 30% in Honduras e di oltre il 40% in Nicaragua<ref name="demyk" />, senza alcuna possibilità di essere arrestato e con diverse vittime.
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Nel settore caffeicolo si verificarono drastici tagli salariali e licenziamenti dei lavoratori agricoli; seguirono i fallimenti delle fattorie che non riuscirono più a rimborsare i loro debiti.
[[File:Mapa levantamiento campesino 1932.svg|thumb|Zona della sollevazione popolare del 1932 a [[El Salvador]] al confine col [[Guatemala]]; viene conosciuta col nome di "[[La Matanza]]".]]
Nel Salvador alla crisi si aggiunsero anche i mancati tentativi di imporre una svolta in direzione del [[riformismo]], disinnescati sul nascere dall'[[oligarchia]] al potere nel periodo 1927-31<ref name="demyk" />. Il presidente Pío Romero Bosque fu costretto a concedere libere elezioni delle quali approfittò subito il suo favorito Arturo Araujo, un leader agricolo e
L'oligarchia salvadoregna installò allora ai vertici di comando il generale [[Maximiliano Hernández Martínez]], che mantenne la guida del paese per 13 anni. Considerando le elezioni del gennaio 1932 come inficiate da gravi [[brogli elettorali]] il movimento [[comunista]] abbandonò le sedi parlamentari legittime con l'intenzione di pianificare una rivolta. Nella notte tra il 22 e il 23 gennaio un'insurrezione di amerindi assaltò gli uffici doganali di [[Sonsonate]]; lo scontro provocò 40 morti, con i doganieri che vennero sottoposti a [[linciaggio]], prima mutilati e poi assassinati<ref name="paige" />.
Gli insorti posero quindi d'assedio alcuni villaggi indigeni del [[dipartimento di Sonsonate]], [[Izalco]], [[Juayúa]] e [[Nahuizalco]] ove i [[Cacicco|Cacicchi]] si trovarono ad essere alleati a fianco dei comunisti<ref name="paige">"Coffee and Power: Revolution and the Rise of Democracy in Central America", par Jeffery M. Paige,
Nel frattempo l'eruzione dell'Izalco in Guatemala causò il risveglio a catena di altri 2 vulcani normalmente dormienti, il [[Volcán de Fuego]] e il [[Santa María (vulcano)|Santa María]]<ref name
Il 22 gennaio alla nave britannica ''Skeena'' fu ordinato di salpare in direzione del porto salvadoregno di [[Acajutla]] "per proteggere i residenti di Sua Maestà"; si preparò a far scendere a terra una compagnia militare<ref name="litt" />.
La [[La Matanza|repressione]] fu senza precedenti: da 10 a 25.000 persone massacrate secondo alcune fonti<ref name="demyk" />. Alcune comunità indigene vennero quasi del tutto decimate<ref name="paige" />; le testimonianze oculari riferirono che tutti coloro che avevano un abbigliamento o un aspetto marcato riconducibile ad un'origine amerinda furono considerati come colpevoli di sovversione. Questo aiutò in seguito a rimuovere tutte le caratteristiche esterne della cultura dei gruppi indigeni (lingua, abbigliamento ecc.) dal paese.
In luglio il quotidiano ''El Cafe de El Salvador"'' dell'"Associazione dei caffeicoltori" guidata da Augustin Alvara e Henrique Fernandez<ref name="paige" />, due tra i principali produttori nazionali, fece pubblicare un articolo il quale aggredì le "masse primitive" e il suo "[[ceto sociale]] infinitamente basso e ritardato" del tutto privo di una qualsiasi forma di civiltà<ref name="paige" />.
Nella Costa Rica la rivolta non ebbe grandi emuli<ref name="demyk" />. L'"Associazione nazionale dei coltivatori di caffè" fondata nel 1932 riuscì ad incanalare le richieste dei piccoli piantatori<ref name="demyk" /> e nel corso degli anni 1930 si attuarono riforme di grande rilevanza; la [[previdenza sociale]], i [[diritti civili]], nuove disposizioni del [[codice del lavoro]] vennero tutte condotte dalle alleanze politiche tra l'élite riformista della [[Chiesa (
In Guatemala il [[Martedì nero]] del 1929 si trasmise anche a causa del crollo del valore mondiale dei beni di esportazione, mettendo in chiara evidenza i rischi che comportavano l'estrema specializzazione dei prodotti mantenuta dalle maggiori tenute agricole, tutte di proprietà tedesca: "Nottebohm Hnos", "Koch & Hagmann", "Schlubach & Thiemer", "Bulh" e "Lüttmann"<ref name="izas">"Guatemala
[[File:Entregadelcafe1890.jpg|thumb|Consegna del caffè in una [[masseria]] tedesca del [[Guatemala]] (1920 circa).]]
La raccolta del caffè guatemalteco passò da 11.500 a 23.000 tonnellate annuali tra il 1910 e il 1930<ref name="htt">"Paysanneries du café des hautes terres tropicales: Afrique et Amérique latine", par Jean-Christian Tulet, KARTHALA Editions, 1994;
Nel 1934 il [[dittatore]] guatemalteco [[Jorge Ubico]] fece approvare una legge la quale, almeno teoricamente, proibiva il lavoro forzato<ref name="htt" />; ma un'altra disposizione inerente al [[vagabondaggio]] condusse invece nei fatti ad un suo rafforzamento<ref name="htt" />. Tutti i contadini e i lavoratori stagionali che non coltivarono una quantità minima di terra vennero definiti dei "vagabondi"<ref name="diaz" />. La legislazione richiese inoltre a tutti coloro che risultarono essere del tutto sprovvisti di terra (oltre a quelli che avevano debiti da estinguere) di lavorare almeno per 150 giorni all'anno, o per i piantatori<ref name="diaz" /> oppure per lo Stato, ad esempio nella costruzione di edifici pubblici<ref name="diaz" />.
==== Il caffè colombiano supera le guerre civili e sfrutta il treno di montagna ====
Dal mantenimento del valore finanziario del caffè brasiliano trasse giovamento anche il rivale colombiano, che rappresentò il 50% delle esportazioni nazionali a partire dal 1875.
Il testo ''El Orinoco ilustrado y defendido'' del missionario spagnolo della [[Compagnia di Gesù]] [[José Gumilla]] narra di come i primi chicchi furoro seminati nella missione di Santa Teresa nel 1730 e successivamente a [[Popayán]] 6 anni dopo. Il caffè venne in seguito esteso ai versanti colombiani della [[Cordigliera delle Ande]], tra i 2 e i 3.000 m d'altitudine nel [[Dipartimento di Antioquia]], nel [[dipartimento di Caldas]], nel [[dipartimento di Risaralda]], nel [[dipartimento di Quindío]], nel [[dipartimento di Tolima]] ed infine nel [[dipartimento di Valle del Cauca]].
Il trasporto a rotaia del caffè lungo la linea dell'Antioquia, un progetto coltivato fin dal 1876 ma che si trascinerà a lungo, permise un'espansione del 25% annuo tra il 1888 e il 1899<ref name="Greevey">''Quelques remarques sur la croissance en Colombie au début du s-XXe'', di Paul McGreevey, nei
''Cahiers du monde hispanique et luso-brésilien'' del 1976;
I proprietari, che associarono spesso la caffeicoltura con prodotti complementari in un'economia relativamente autosufficiente, furono dipendenti dalle imprese importatrici europee e statunitensi le quali facilitarono il credito al fine di superare certe condizioni del mercato interno<ref>(fr) Jean-Pierre Minaudier, ''Histoire de la Colombie de la conquête à nos jours'', Paris, L'Harmattan, coll. «Horizons Amériques latines», 1997, p. 201 (ISBN 2-7384-4334-6,
Gli aiuti vennero implementati dai governi insediatisi sotto la presidenza di [[
Con lo scoccare del nuovo secolo le tratte ferroviarie cominciarono a trasportare la maggior parte del caffè a partire dal quinquennio 1904-09<ref name="Greevey" />, subito dopo la fine della guerra civile. Il "Ferrocarril del Pacífico" e la ferrovia di Antioquia furono portate a termine in questo periodo<ref name="Greevey" />; il tragitto del caffè poté quindi passare da 783 a 122 km di percorso<ref name="Greevey" />.
L'Ovest del paese offrì di meno le conseguenze del conflitto, in particolare la regione antioquiena la quale offrì buone condizioni climatiche; essa possedeva già una classe imprenditoriale dinamica che aveva prosperato grazie all'estrazione mineraria<ref name="Minaudier171-173">Minaudier, 1997, pp. 171-173</ref> e disposta a correre rischi. La caffeicoltura si stabilìzzò soprattutto in questa zona e contribuì a creare la fortuna di molti.
La ferrovia condusse fino alle rive dell'Oceano Pacifico ove il caffè veniva imbarcato al porto di [[Buenaventura (Colombia)|Buenaventura]]; il [[canale di Panama]], aperto nel 1914, ampliò ulteriormente il mercato Atlantico<ref name="Greevey" />. In precedenza i porti colombiani affacciati sul Pacifico non furono mai d'importanza vitale in quanto il caffè attraversava la costa Nord via [[Cúcuta]], per giungere al poi al [[Golfo del Venezuela]] e da qui prendere la via dell'Oceano Atlantico<ref name="Greevey" />.
Il paese beneficiò anche dei piani brasiliani di valorizzazione, un sistema di sostegno dei prezzi sviluppato per superare agevolmente le fluttuazioni temporanee; il primo fu quello diretto dal governo nel 1907<ref name="Greevey" />. Ciò incoraggiò anche i piantatori a creare incentivi volti all'aumento della produzione<ref name="Greevey" />. La crescita delle esportazioni di caffè permise un aumento del tasso totale pari all'11,4% annuo durante il decennio 1910-19<ref name="Greevey" />.
[[File:Hermanos Rodríguez - Las Chapoleras 1910.jpg|thumb|Raccoglitrici di caffè colombiano nel 1910.]]
La Colombia accrebbe la sua quota mondiale dal 3% nel 1905<ref name="Greevey" /> al 3,35% nel 1910<ref name="Greevey" /> al 7,61% nel 1920<ref name="Greevey" /> fino al 14,57% nel 1933<ref name="Greevey" />.
Il caffè colombiano rappresentò il 9,5% della superficie coltivata nel 1915 per passare al 21,9% nel 1937, impiegando un milione di agricoltori distribuiti in 150.000 aziende agricole, una buona metà delle quali concentrate nell'Antioquia. La Colombia innalzò le proprie tariffe doganali del 70% nel 1907 e passò da 1.480 km di ferrovie nel 1922 a 3.362 nel 1934; nel 1920 il paese pesò per l'11,3% dell'offerta mondiale, 2° solo al Brasile<ref>''Histoire de la Colombie de la conquête à nos jours'', di Jean-Pierre Minaudier, éditions L'Harmattan, coll. «Horizons Amériques latines», 1997; {{cita testo|url=http://books.google.fr/books?id=1yXMYjVmdmgC&pg=PA202|titolo=pag. 122|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135146/https://books.google.fr/books?id=1yXMYjVmdmgC&pg=PA202&hl=fr }}</ref>.
Alla fine del XX secolo la coltura colombiana è il risultato dei "simbiotici sforzi privati di pianificazione da parte di potenti imprenditori capitalisti e della spontanea migrazione contadina in cerca di terra e di lavoro, con alle spalle una politica di relativa passività statale"<ref name="Tulet" />. Gli alberi vengono coltivati da piccoli gruppi agricoli indipendenti, o viceversa da grandi proprietà denominate "''hacienda''"; malpagati i loro dipendenti non si prendono cura delle piante, rendendo così la loro qualità mediocre.
[[File:Carte du Triangle du café.svg|thumb|center|
==== Scorte brasiliane bruciate e ricorso al caffè liofilizzato ====
Nonostante i "piani di conservazione" del 1906, 1917 e 1921 il paese ricominciò a produrre massicciamente nella seconda metà degli anni 1920. Il crollo del 1929 e il profondo rallentamento economico globale produsse una seconda contrazione nel 1930 sul mercato internazionale del caffè, i cui effetti vennero aggravati dall'invasione dello "scarabeo dei grani del caffè" (''Hypothenemus hampei''), un minuscolo [[coleottero]] parassita d'un colore bruno scuro denominato anche "Stephanoderes"<ref name="aug" />; esso rallentò significativamente la produzione a partire dal 1928<ref name="aug" />.
Per mantenere i prezzi di vendita e prevenire la caduta verticale del mercato il [[Brasile]] si trovò obbligato non solo a distruggere le piantagioni, ma anche a gettare in mare o bruciare grandi quantità di caffè di qualità minima<ref name="aug" />. Nel periodo compreso tra l'aprile del 1931 e il maggio del 1944 si vide la distruzione di 78.214.253 sacchi, quasi 5 milioni di tonnellate, sufficienti a rifornire l'intero continente europeo<ref name="aug" />. Le raccolte vennero invece volutamente ridotte dagli altri paesi dell'America Latina.
Nel corso degli anni 1930 l'"Ufficio del caffè brasiliano" chiese anche alla [[Nestlé]] diretta dalla famiglia di Auguste Roussy di creare i "cubetti di caffè", che con semplice aggiunta di acqua calda avrebbero dovuto permettere la realizzazione del [[caffè istantaneo]] (solubile); un modo per poter smaltire le scorte di caffè grezzo. L'invenzione del caffè solubile da parte del neozelandese David Strang o dell'[[asioamericano]] Satori Kato nel 1901<ref name="bez" /> non aveva fino ad allora ottenuto un grande riscontro nel pubblico<ref>
[[File:Instant coffee.jpg|thumb|[[Caffè solubile]] istantaneo]]
In [[Svizzera]] venne istituita un'équipe a cui parteciparono il professor Paul Dutoit e il chimico tedesco Max Morgenthaler. I primi test effettuati risultarono inconcludenti e la direzione generale chiese di interromperli; ma Morgenthaler proseguì privatamente la ricerca nella propria abitazione. Alla fine trovò la formula; il grano tostato e macinato venne passato in grosse [[caffettiera|caffettiere]] per essere disidratato, con l'aggiunta di [[glucidi]] insapori per facilitarne l'essiccazione. [[Nescafé]], che perfezionò il procedimento, fu fondata nel 1938.
I processi di [[liofilizzazione]] saranno ulteriormente sviluppati durante la seconda guerra mondiale; contribuirono indirettamente alla popolarità del caffè istantaneo. Originariamente pensati per la preparazione della [[penicillina]], del [[plasma (biologia)|plasma]] sanguigno e della [[streptomicina]] per le [[United States Army]], questi procedimenti vennero riciclati anche per il caffè.
[[File:Der-Kilimandscharo.jpg|thumb|Illustrazione che rappresenta una scena di [[colonialismo]] tedesco alle "falde del [[Kilimangiaro]]" (1911).]]
==== Contrasti tra coloni e amministrazione in Ruanda-Urundi ====
Creata negli anni 1880 l'Africa orientale tedesca (comprendente gli attuali Burundi, Ruanda e Tanzania continentale introdusse la coltura della ''Coffea arabica'' negli anni 1900; essa però si sviluppò compiutamente solo a partire dai primi anni 1930 sotto la colonizzazione belga del Ruanda-Urundi. Questo territorio di media altitudine venne assegnato al Congo belga a seguito del [[
L'espansione della caffeicoltura, per la quale tutte le autorità coloniali europee d'Africa si mobilitarono durante gli anni 1930 attraverso esperti di agronomia e il monitoraggio del "caffè indigeno"<ref name
Come accadde anche nel Madagascar, l'ampliamento della pianta tra il 1930 e il 1938 provocò un clima di forti contraddizioni tra coloni e amministrazione<ref name="hatu" />, estendendosi anche alla vicina regione non caffeicola congolese; la posta in gioco fu la concorrenza nella crescita economica tra bianchi e neri e la questione della remunerazione del lavoro dei produttori africani<ref name="hatu" />.
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Il "circolo dei giovani astridiani" acquisì in tal modo i principi del liberalismo e dell'[[uguaglianza sociale]], mettendosi al servizio del movimento per l'emancipazione politica sia in Ruanda che nel Burundi i quali diventarono presto focolai del moderno [[nazionalismo]] africano<ref name="hatu" />.
[[File:Mount Kilimanjaro Ethnic Groups map-fr.svg|thumb|Ripartizione di popoli e tribù attorno al [[Kilimangiaro]].]]
==== Rivalità tra Tanganica, Lago Vittoria e Kilimangiaro ====
Le amministrazioni coloniali britanniche tennero conto delle differenze d'insediamento nella loro politica del caffè
Quando la coltivazione dei Chaga cominciò a
Nel 1929, colpita dalla differenza di trattamento nelle 3 colonie, il governatorato britannico che sovraintendeva alle richieste dei coloni, esaminò il problema e nel 1934 accettò la situazione esistente ed anzi decise di lanciare nelle regioni
Il risultato fu che nel 1935 le zone caffeicole britanniche orientali produssero 20.777 tonnellate su una superficie totale di 42.317 ettari.
[[File:StoryoftheCongoFreeState 398.jpg|thumb|Depositi di caffè all'aperto a [[Mbandaka]] all'inizio de XX secolo.]]
==== Colture interdette ai nativi nel Congo belga ====
Il martedì nero del 1929 si verificò proprio nel bel mezzo del boom agricolo che spinse la moltiplicazione delle piantagioni congolesi, in particolar modo quelle di caffè nel periodo 1928-29 da parte delle maggiori società coloniali, come ben dimostra l'attività di gruppi e società. Il gruppo Crégéco per la "banca di [[Bruxelles]] fu interessato a 3 filiali che piantarono caffè su grandi aree; la società Sécia s'impegnò a piantare alberi inserendoli ad intercalare in centinaia di acri impiantati con l'albero della gomma; la società Socouélé acquisì diverse centinaia i ettari per coltivare caffè ed infine il Comanco si appropriò di 300 ettari destinandoli alla caffeicoltura<ref name="Leplae 1936" />.
Come già detto il Congo belga beneficiò dell'opera dell'"Institut national pour l'étude agronomique du Congo belge" il quale ripristinò nel 1916 le cultivar di ''Coffea canephora'' selezionate nelle Indie orientali olandesi<ref name="cirad1" />. La stazione di ricerca agricola fondata nel 1925 nella regione di [[Kivu]] studiò la crescita di diversi prodotti tropicali, tra cui il caffè "robusta"<ref name="cirad1" />. Già nel 1930 il lavoro di "allevamento" venne effettuato utilizzando le varietà selezionate del Java e di quelle cresciute spontaneamente nella [[foresta tropicale]] congolese<ref name="cirad1" />. Questo lavoro accelerò la diffusione della "robusta" e idusse la sua sensibilità al "[[coleottero]] della corteccia" grazie ad una fruttificazione maggiormente raggruppata<ref name="cirad1" />.
[[File:Problems on the border (6940585060).jpg|thumb|left|Piantagione congolese.]]
A partire dal 1927 vi fu lo scoppio dello "scandalo del lavoro forzato" (istituzionalizzato el 1917)<ref>"Missions catholiques et protestantes face au colonialisme et aux aspirations du peuple autochtone à l'autonomie et à l'indépendance politique au Congo Belge", par Bita Lihun Nzundu Augustin, Editions Gregorian Biblical BookShop,
Dopo un primo decollo nel 1928 la produzione aumentò di 20 volte in 6 anni, raggiungendo le 12.000 tonnellate nel 1934<ref name="ryck" />. A questo punto si scatenò la [[discriminazione]] anti-indigena; il ministro delle colonie Paul Charles volle tentare di arrestare questa progressione<ref name="ryck" />, mentre l'amministratore societario Robert Godding (senatore di Anversa e futuro ministro) reclamò che le piantagioni congolesi non si ponessero in aperta concorrenza con i coltivatori europei favoriti dalle autorità<ref name="ryck" />.
Il decreto del 20 maggio del 1933 accordò una vasta concessione all'[[olio di palma]], sotto forma di monopolio del gigante alimentare [[multinazionale]] [[Unilever]]; si utilizzò ancora una volta il lavoro forzato.
[[File:StoryoftheCongoFreeState 258.jpg|thumb|Piantagione a Yalicombe nella [[Provincia Orientale (Congo)|Provincia Orientale]] prima del 1905.]]
Pierre Ryckmans, ex commissario reale del [[Ruanda-Urundi]], divenne governatore generale del Congo belga il 14 settembre del 1934<ref>{{cita libro|lingua=fr|autore1=Jacques Vanderlinden|titolo=Pierre Ryckmans. 1891-1959. Coloniser avant l'honneur.|p. 253|città=Bruxelles|editore=De Boeck-Université|anno=1994|isbn=2-8041-1881-9}}</ref> e subito dopo fu decisa l'annessione del Ruanda-Urundi al territorio congolese. Rycmans era stato dal 1930 nel [[consiglio d'amministrazione]] della "Società coloniale d'Anversa" (la "Bamboli") in qualità di [[giureconsulto]]; essa piantò 200.000 alberi<ref name="ryck" /> lamentandosi però del fatto che vi fossero un milione di coltivatori congolesi nelle zone di Faradje e Mahagi (nell'odierna [[Provincia Orientale (Congo)|Provincia Orientale]]<ref name="ryck" />.
Ryckmans tentò di rassicurare a sua ex compagnia; l'amministrazione cedette alle pressioni della "Association des Planteurs de Café du Congo belge" presentando al Consiglio un progetto di decreto coloniale sulle [[licenze]] d'importazione, che prevedeva anche una limitazione delle superfici investite a caffè<ref name="ryck" />.
Del tutto improvvisamente la raccolta congolese cominciò a stagnare nel corso degli anni 1930, mentre quella del cotone lievitò da 220 a 370.000 ettari<ref name="ryck" />. Nonostante la loro volontà di partecipare all'espansione del caffè le etnie congolesi ancora nel 1939 ebbero appena 3.500 ettari di caffeicoltura sui 56.000 appartenenti ai coloni<ref name="ryck" />; tra il 1937 e il 1939 vi fu un incremento del 30%<ref name="gaet">"La colonisation belge sous l'oeil inquisiteur des événements du Rwanda, du Burundi et du Congo/Zaïre" par Gaétan Feltz Revue française d'histoire d'outre-mer, 1998</ref> nel raccolto. Ma la necessità di frenare la coltivazione per impedire un calo dei prezzi mondiali rimase all'[[ordine del giorno]] delle aziende come fronte delicato, soprattutto dal comparto del commercio coloniale belga<ref>
Dopo il 1940 vennero creati dei "Comitati di difesa" a [[Kisangani]]<ref name="gaet" /> nella [[provincia di Tshopo]], il luogo più lontano che si potesse raggiungere in barca risalendo il [[Congo (fiume)|Congo]] da Kinshasa e [[Bukavu]]<ref name="gaet" /> sulla riva Sudovest del [[Lago Kivu]]; i piantatori di caffè e del ''[[Cocos nucifera]]'' si dichiararono vittime della situazione accusando di passività il governo e la sua complicità con le grandi aziende<ref name="gaet" />.
[[File:Moka pot.jpg|thumb|Una [[Moka]] classica ideata dall'italiano [[Alfonso Bialetti]] nel 1933<ref name="delpiccolo" />.]]
==== Madagascar, primo sito del nuovo impero del caffè francese ====
Fino al 1930 i contributi coloniali contarono ben poco nelle importazioni francesi di caffè; nel 1913 le 115.200 tonnellate comprate dal Brasile ne fornirono più della metà, mentre l'impero coloniale francese solamente 945 (l'1%) ed oltretutto di una qualità molto carente, di cui 65 provenienti dal Madagascar. Nel 1922 il governatore generale dell'isola Hubert Auguste Garbit sostenne la standardizzazione nel campo del [[marketing]].
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La politica brasiliana dei prezzi elevati si unì alla sottostima del valore del franco francese nel 1926-28<ref name="cci" /> per poter permettere il flusso del caffè coloniale, anche quello di qualità modesta, a "prezzi molto remunerativi"<ref name="cci" />. Nel 1930 il Brasile esportò nella [[Terza Repubblica francese]] 116.000 tonnellate sulle 179.000 totali, mentre il Madagascar ne raccolse 6.671 e tutte le altre colonie francesi messe insieme toccarono le 1.720 tonnellate (quasi 4 volte in meno); in totale le esportazioni coloniali rappresentarono il 4,6% dell'importazione francese di caffè<ref name="cci" />. Il [[Camerun]] anglo-francese, che volle intraprendere la coltura, si rivolse al Madagascar consultandone le autorità<ref name="cci" />.
Nel corso degli anni 1920 e 1930 i coloni francesi tentarono di proibire le piantagioni di caffè indigene sulla costa orientale<ref name
Ma l'amministrazione prese le parti dei popoli indigeni riconoscendo molto semplicemente le loro colture essere maggiormente efficaci<ref name="est" />. Le strade per il trasporto
Dopo il primo sforzo d'impianto del 1924-29 il
Cayla richiese alla madrepatria di poter disporre di misure eccezionali, ma il ministero per il commercio con l'estero - il quale volle mantenere buone relazioni commerciali sia con il Brasile che con Haiti - rifiutò l'incorporazione delle imposte di consumo e d'importazione nei diritti di dogana, così come reclamato da Cayla. In cambio le colonie ottennero il sistema dei "premi sul caffè" istituito dalla legge del 31 marzo del 1931 e dai decreti a seguire del 31 maggio, sulla base della redistribuzione degli esportatori coloniali; produsse una tassa speciale di 0,1 franchi al kg su tutto il caffè che entrò nel territorio francese<ref name="cci" />.
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Cayla si profuse a fondo nel 1931 coi tentativi di porgere aiuto ai piantatori, persino andando a prelevare dalle casse di riserva della colonia al fine di trovare i fondi necessari<ref name="cci" />. Il sostegno dato al caffè nel 1931-32 per mantenerlo ad un livello di prezzi elevati diede un impulso decisivo alla produzione contadina. Da un anno all'altro le piantagioni indigene aumentarono da 32 a 49.000 ettari, mentre i coloni ristagnarono a circa 20.000 ettari per tutto il decennio<ref name="cci" />.
Il rapporto tra il profitto per il caffè venduto e la spesa per il [[Oryza sativa|riso]] acquistato, ritenuto d'interesse per le comunità quando il primo superava di
Come conseguenza durante gli anni 1930 il Madagascar divenne il principale esportatore di caffè dell'[[Africa francofona]] giungendo all'83% del totale, superando tutti gli altri paesi africani<ref name="est" />; questa situazione si presentò per 2 volte, dalla fine degli anni 1840 al principio degli anni 1860<ref name="est" /> e nel triennio 1931-33.
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Il mercato finanziario dello scalo portuale di Le Havre mantenne tuttavia 2 pratiche assi sfavorevoli per i caffè caloniali, ammessi solo nell'aprile del 1937 sul mercato dei futures<ref name="cci" />, in sostanza per la mancanza di quantità sufficienti corrispondenti ai tipi classificati e riconosciuti. Inoltre la classifica dei caffè, secondo la tecnica lanciata a [[New York]] nel 1880, privilegiò le varietà di ''Coffea arabica'' tra cui il "Santos brasiliano" il quale venne considerato dagli esperti di torrefazione come la base di tutti i "mélanges"<ref name="cci" />.
L'ingegnere d'ispezione delle stazioni di prova e dei laboratori scrisse nel "Bollettino economico del Madagascar" che l'isola, con il suo "Koilou", produceva solamente caffè secondario di gusto neutro che poteva tutt'al più essere utilizzato in miscele e nel limite del 15-20%; argomentazioni queste riprese anche da Édgar Raoul-Duval e Léon Regray, dirigenti leader del "Sindacato commerciale del caffè" di Le Havre. Essi inoltre non mancarono di denunciare gli incentivi perversi e il tasso di protezione dell'80% per il "liberico" ivoriano, mentre era solo del 57% per l'"arabico" malgascio. Nel 1937 crearono il primo mercato dei "futures" per la ''Coffea canephora''<ref>"Le Havre colonial de 1880 à 1960" di Claude Malon;
Al fine di evidenziare la sua "grande riuscita" l'amministrazione coloniale diede il via ad un piano di sviluppo su larga scala per la ''Coffea arabica''<ref name="cci" />, che era stata introdotta da Riunione ma quasi completamente distrutta dai parassiti e pertanto abbandonata; l'obiettivo fu la scomparsa dei commercianti asiatici, tentativi che saranno interrotti a causa della guerra ma il cui risultato sarà sfavorevole<ref name="cci" />.
[[File:29 Mars 1947 Monument.jpg|thumb|left|Targa sul [[memoriale (monumento)|memoriale]] che ricorda la [[rivolta del Madagascar]] a [[Moramanga]].]]
La [[rivolta del Madagascar]] nel 1947-48, accompagnata da massacri di coloni francesi e malgasci non indipendentisti, fu seguita da una feroce repressione condotta dall'esercito francese la quale fece migliaia di morti e vide una drastica riduzione della produzione nel corso degli anni 1950<ref name="est" />. Alcuni commercianti francesi come la "Société commerciale interocéanique" si specializzò nel caffè malgascio nel 1950<ref>{{cita libro |titolo=Le Havre colonial de 1880 à 1960 |autore=Claude Malon |p= 233 }}</ref>, anticipando la ripresa della coltivazione; questa raggiungerà il suo picco nel 1979 con 69.470 tonnellate<ref>(en) William Gervase Clarence-Smith, ''The Global Coffee Economy in Africa, Asia, and Latin America, 1500–1989'', Cambridge University Press, 2003 ({{cita testo|url=https://books.google.it/books?id=xMkTK9Vi62wC|titolo=Presentazione online|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135147/https://books.google.it/books?id=xMkTK9Vi62wC }})</ref>.
Le piantagioni si trovarono per lo più nel distretto di [[Manakara]], mentre a caffeicoltura promossa da Georges Ancel (un altro agente commerciale di Le Havre) sarà impiantata nella [[provincia di Toamasina]]<ref name="Malon, page 232">"Le Havre colonial de 1880 à 1960", par Claude Malon, page 232</ref>.
==== Legge francese del 1932 in Camerun ====
[[File:Ubangirivermap.png|thumb|Il corso dell'[[Ubangi]] che attraversa [[Bangui]], capitale dell'odierna [[Repubblica Centrafricana]].]]
==== La tracheomicosi distrugge le piantagioni centrafricane ====
La caffeicoltura si praticò nell'[[Ubangi-Sciari]] allora facente parte dell'[[Africa Equatoriale Francese]] a partire dagli anni 1920<ref name="suche" />, seppur il suo ruolo rimase modesto rispetto al cotone; si estese perlopiù a Sud, nella zona boschiva pre-forestale a clima in prevalenza umido<ref name="suche"/>.
Dal 1934 al 1939 la [[tracheomicosi]] giunse a distruggere interamente le piante di "excelsa", scomparendo così quasi totalmente dalle piccole piantagioni africane<ref name="suche"/>. L'esperto di agronomia Figuières, direttore della "Station expérimentale du café" e del "Centre d'apprentissage de Bossembilé" lungo l'[[Ubangi]], isolò per primo la malattia<ref name="aug"/> dai tessuti coltivati e infettati a [[Bangui]]: il terreno era divenuto molto povero e acido in quanto lo strato di [[humus]] era stato rimosso dal sistema fungino<ref name="aug"/>. Nel 1940 scrisse una relazione dettagliata all'ufficio coloniale.
In seguito il [[parassita]] venne rinvenuto anche da René Léopold Steyaert<ref name="aug"/>, direttore della divisione di patologia vegetale presso l'"Institut national pour l'étude agronomique du Congo belge"<ref>
Alla stazione di Boukoko J. Guillemat studiò la malattia e nel 1946 ne trovò le cause; cattive condizioni di crescita, troppo concentrata sulla produttività di [[piantagione]] "en plein vent", oltre al taglio che limitava le dimensioni dell'albero a 2,5 m rimasto del tutto privo di ombra. Infine il danno si accrebbe anche per colpa del mancato intercalare della coltura con le [[leguminose]]; tale fatto affaticò il ruolo troppo rapidamente<ref name="aug"/>.
=== Dal 1945 al 1960 ===
I combattimenti della seconda guerra mondiale alleviarono la pressione nella maggior parte degli insediamenti europei, che avevano fino a quel momento operato su regole molto rigide, mentre la supervisione delle piantagioni venne a volte ammorbidita.
Una delle conseguenze primarie del conflitto fu l'[[Espropriazione per pubblica utilità|espropriazione]] del [[latifondismo]] tedesco nel [[Guatemala]]<ref name="sang">"Orphelins de sang", par Patrick Bard, Editions Le Seuil</ref> in quanto il paese si schierò tra gli [[Alleati della seconda guerra mondiale]]<ref name="sang" />; alle elezioni legislative del novembre 1933 nella [[Germania nazista]] la comunità tedesca guatemalteca votò nel 98% dei casi a favore del [[Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori]] di [[Adolf Hitler]]<ref name="sang" />.
[[File:French Union.svg|thumb|left|L'[[Unione francese]] creata nel 1947.]]
==== Piantagioni abbandonate o disorganizzate dal conflitto ====
Nel corso degli anni 1940-45 la separazione dell'impero coloniale francese dalla madrepatria provocò rivolte<ref name="aug" />, a cui seguirono una grave carenza di manodopera<ref name="aug" /> e scarsità di trasporti<ref name="aug" />, il che contribuì notevolmente a ostacolare la crescita delle piantagioni nei paesi d'oltremare dell'[[Unione francese]]; ci si rese presto conto ch'esse erano state del tutto improvvisate, basandosi preminentemente sulle sovvenzioni statali della produzione elargite a coloni e nativi completamente ignoranti sulla migliore tecnica da adottare nella coltivazione de caffè<ref name="aug" />.
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Il Regno Unito ricevette 52.800 tonnellate, più del doppio rispetto alle 22.561<ref name="aug" /> del decennio precedente; anche la Svizzera quasi raddoppiò le importazioni, da 19.224 a 34.740<ref name="aug" />.
[[File:Las Merceditas 18.jpg|thumb|Piantagione a [[San Rafael Pié de la Cuesta]]. [[Masseria]] (Finca) "Las Merceditas".]]
==== Riforme agrarie in Guatemala ====
Tra il 1944 e il 1954 la produzione guatemalteca cambiò il suo volto, dopo una serie di riforme agrarie e una nuova ondata di espropriazione delle piantagioni tedesche<ref name="htt" />. Il [[dittatore]] [[Jorge Ubico]] venne rovesciato ad un gruppo di dirigenti della [[sinistra politica]] (la "Rivoluzione del '44"); tra questi il neoeletto [[presidenti del Guatemala|presidente del Guatemala]] [[Juan José Arévalo]] e il suo futuro successore [[Jacobo Arbenz Guzmán]] incaricato del ministero della Difesa Nazionale. Il loro obiettivo principale fu quello di tentare di riformare un paese in cui il 2% della popolazione deteneva il 72% del terreno arabile, principalmente coltivato a caffè<ref name="diaz" />; ma di esso solamente il 12% effettivamente utilizzato.
Tutta una serie di importanti cambiamenti strutturali furono realizzati sotto la supervisione di Arévalo. Nel marzo del 1951 Guzmán riuscì a succedergli alla carica presidenziale a seguito della prima elezione a [[suffragio universale]] della [[storia del Guatemala]]; fu anche la prima transizione pacifica. Esponente del [[riformismo]] e del [[populismo]], informato da molte letture e discussioni con diversi esperti - tra cui il cognato specialista in agronomia - oltre che dalla propria esperienza personale nella sua azienda agricola, riuscì ad ottenere il 60% dei voti<ref name="diaz" />.
Egli si appoggiò principalmente ad un gruppo composto dai 3 leader [[comunisti]] del [[Partito Guatemalteco del Lavoro]], Fortuny, Silva Jonama, e il capo del [[sindacato]] Víctor Manuel Gutiérrez per stendere una prima bozza di progetto<ref name="diaz" /> la quale sarà completata da un secondo gruppo di lavoro costituito da Fortuny, Pellecer e Gutiérrez con la collaborazione di Leonardo Castillo Flores, segretario generale non-comunista<ref name="diaz" /> della "Confederación Nacional Campesina de Guatemala<ref>
L'obiettivo fu quello di dare 90.000 ettari di appezzamenti di terreno incolto ai più poveri, sottoporre ad esproprio l'impresa "United Fruit Company"
Il 17 giugno il "Congresso guatemalteco" votò la legge di riforma agraria (il ''Decreto 900'') sul modello dell
La raccolta del 1953-54 risultò essere la 2° più alta dell'intera storia del paese<ref name="diaz" />, ma negli Stati Uniti d'America si accrebbero le preoccupazioni temendo che la redisribuzione delle terre generasse un calo della produzione di caffè e un ritorno al [[mais]]<ref name="diaz" />.
Le manifestazioni di violenza scatenatesi tra piccoli arcoltori e grandi piantatori, assediati da una parte e difesi dai militari dall'altra, cominciarono a diventare molto frequenti. La conclusione della cosiddetta "primavera guatemalteca" - con un risultato parzialmente fallimentare - causò una [[guerra civile]] e subito dopo il [[colpo di Stato in Guatemala del 1954]] condotto con l'aiuto della [[CIA]].
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[[File:Mount Kilimanjaro and Mount Meru map-fr.svg|thumb|[[Carta topografica]] del Monte M a Sudovest del Kilimangiaro.]]
==== Il caso "Meru Land" del 1950 in Tanzania ====
All'inizio degli anni 1950 la storia della caffeicoltura tanzanese venne segnata dall'espropriazione altamente conflittuale dei Rwas, che vivevano ad Est del Monte Meru proprio sulle pendici della montagna; fu una battaglia di territorio che li rese famosi sotto il nome di "Meru Land Case"<ref name="bar" />. I britannici amministrarono il territorio del Tanganica sotto il preciso mandato dell'[[Organizzazione delle Nazioni Unite]]<ref name="bar" />.
Al fine di meglio armonizzare la distribuzione della terra tra coloni e contadini africani intorno al Kilimangiaro e al Meru fu nominato un esperto, il giudice Mark Wilson; la sua relazione presentata nel 1947 sostenne l'espropriazione dei territori pastorali alle tribù di origini ruandesi con l'intento preciso di farvi installare al loro posto i coloni inglesi<ref name="bar" />.
I Rwas vi si opposero fermamente dndo vita ad un movimento guidato inizialmente da intellettuali fedeli del [[luteranesimo]]<ref name="bar" />. Uno di loro, Kirilo Japhet, venne inviato come emissario a New York nel 1952<ref name="bar" /> per difendere la causa del proprio popolo davanti al "Consiglio dell'amministrazione fiduciaria delle Nazioni Unite". Japhet era allora il leader del movimento "Meru Citizens Union Freemen", ma anche capo di un nuovo partito politico denominato "Tanganykan African Association"<ref>{{cita libro | autore= Assa Okoth| titolo= A History of Africa: African nationalism and the de-colonisation process | editore= East African Publishers | anno= 2006| p
Egli fu molto attivo a partire dal 1949 presso i piantatori di caffè residenti all'altra estremità del paese, dove contribuirono alla creazione di [[cooperative]]<ref>{{cita libro | autore= Assa Okoth| titolo= A History of Africa: African nationalism and the de-colonisation process | editore= East African Publishers | anno= 2006|p= 54}}</ref>. Durante il suo soggiorno statunitense Japhet instauro contatti con i suoi correligionari luterani<ref name="bar" />. Attraverso queste amicizie due anni più tardi un altro giovane luterano - americano stavolta - di nome Anton Nelson e autodefinitosi "volontario del progresso" fu inviato dai Rwas perché venisse ad aiutarli a sviluppare la loro cooperativa e la relativa produzione di caffè<ref name="bar" />.
[[File:Karte Zentral-Kenia 1952.jpg|thumb|Riserve Africane e "Highlands Bianche" in [[Kenya (colonia britannica)]] nel 1952.]]
==== Rivolta Kikuyu in Kenya nel 1952 ====
Nell'Africa Orientale Britannica, divenuta a partire dal 1920 "[[protettorato]] del Kenya", l'insediamento dei coloni fu portato avanti in maniera decisa. L'area della contea di [[Nairobi]], dominata dagli agricoltori Kikuyu, fornì da sola l'83% della produzione di caffè keniota africano già nel 1927, mentre i coloni incassarono l'80% delle entrate provenienti dall'allevamento. L'[[invasione di terreni o edifici]] (squatter) nella zona degli altopiani venne messa in atto sulle proprietà lasciate inattive dai bianchi fino al 1937.
Gli amministratori britannici misero gravemente in pericolo l'equilibrio socio-politico interno rompendo i rapporti di solidarietà, l'alternanza generazionale e il rispetto per le istituzioni come i consigli locali. Imposero come capo indigeno di [[Kiambu]] un cacciatore nonché ricco proprietario terriero, con un importante [[attivismo]] svolto all'interno della comunità Kikuyu. Nel 1944 i coloni bianchi crearono l'"Electors Union", un [[partito]] schierato vicino alla politica di giustificazione dell'[[apartheid]].
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Il mantenimento dei migliori lotti da parte dei coloni bianchi, comprese le aree sottoutilizzate degli altopiani, fu una delle cause principali del violento conflitto anti-coloniale scoppiato agli inizi degli anni 1950. La "rivolta [[Mau-Mau]]" esplose come movimento insurrezionale di gruppi ribelli; agì essenzialmente in nome e per conto dei Kikuyu. Nell'ottobre del 1952, a seguito di una campagna di [[sabotaggio]] e assassinio attribuita a questi "terroristi", il potere coloniale inglese proclamò lo [[stato di emergenza]] e si mise ad organizzare operazioni militari repressive di vasta portata.
Fino al 1956, secondo la storica Caroline Elkinsplus, circa 100.000 ribelli e civili rimasero uccisi nei combattimenti o nei massacri che caratterizzarono la repressione; più di 300.000 Kikuyu vennero detenuti in [[campo di concentramento]]<ref>Les vétérans Mau Mau continuent de réclamer des compensations pour les atrocités subies - BBC NEWS - 11/05/2009; (
Il [[Foreign Office]] alfine si rese conto della necessità di realizzare un cambiamento e far evolvere lo status della colonia. La "[[Costituzione]] Lyttelton" del 1954 ri-utorizzò l'esistenza di partiti politici africani, impegnandosi nel dialogo con i leader nativi e formando un "Consiglio dei ministri" composto da 3 europei, 2 [[indiano (popolo)|indiani]] (che erano presenti in gran numero grazie alla forte [[immigrazione]]) e 1 africano. Un po' alla volta vennero previste anche delle elezioni, seppur con un collegio elettorale ridotto, a causa del [[gruppo di pressione]] messo in atto da leader del [[sindacalismo]] come Tom Mboya.
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Nel 1956 8 africani occupavano i seggi del "Consiglio legislativo" contro 14 europei<ref>C. Horrut, ''Les décolonisations est-africaines'', Pedone, Paris, 1971, p. 79-84</ref>; venne rapidamente intrapresa un'operazione di [[boicottaggio]] dell'istituzione e ciò portò alla redazione di una nuova carta costituzionale. Nel 1960 vennero costituiti 2 partiti nazionali, l'[[Unione Nazionale Africana del Kenya]] sotto la guida di [[Jomo Kenyatta]] e il "Kenya African Democratic Union" in parte contrapposto al primo. La politica agraria e la redistribuzione dei terreni rappresentarono i temi principali della campagna elettorale che portò all'indipendenza approvata dalla "Conferenza di Lancaster House" nel 1962.
==== Forte espansione della caffeicoltura africana ====
Dal 1947 al 1956 il prezzo del caffè passò da 25 centesimi a 70, quasi triplicando in 10 anni; ciò favori la crescita dell'offerta in molti paesi<ref name="regu">{{Cita web|titolo="LA REGULATION DU MARCHE INTERNATIONAL DU CAFE: UNE PERSPECTIVE HISTORIQUE"|url=http://sites-final.uclouvain.be/econ/Ouvrages/RENARD/12.CHAPIT2.HAVELAAR/12.CHAPIT2.HAVELAAR.html|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170729221244/http://sites-final.uclouvain.be/econ/Ouvrages/RENARD/12.CHAPIT2.HAVELAAR/12.CHAPIT2.HAVELAAR.html}}</ref>, ma in una maniera assi differente tra un continente e l'altro. Il Brasile esportò nel 1962 più del 40% del caffè mondiale, contro il 50-60% prima del 1939; entro il 1914 la sua quota aveva invece raggiunto l'80% del caffè consumato<ref name="Lachiver" />.
Al contrario i paesi africani della [[Zona franco]] esportarono subito dopo il 1945 circa il 10% della produzione globale, quando la loro quota era stata solo del 2% prima del 1939<ref name="Lachiver" />. In quell'anno il volume di produzione africana rappresentava 1,6 milioni di sacchi; nel 1956 fu pari a 8,2 milioni su un totale di 42,2 milioni distribuiti principalmente tra Camerun anglo-francese, Costa d'Avorio, Guinea e Madagascar francesi, impero d'Etiopia, [[Costa d'Oro (colonia britannica)|Costa d'Oro]], Liberia, le colonie spagnole africane e il Congo Belga<ref>" La Conférence internationale du Café de Rio de Janeiro", di Philémon Beb a Don, dans l''[[Annuaire français de droit international]]'' de 1958;
L'espansione africana dopo il 1945 riguardava
* Africa Occidentale Francese e Africa Equatoriale Francese (30% della raccolta complessiva): che coltivava quasi esclusivamente ''Coffea canephora'' la quale non amava le altitudini e preferiva i climi caldi e umidi di tipo equatoriale e veniva associata al cacao e alla banana. La sua produzione si sviluppava su 2 bacini principali di caffeicoltura: quella concentrata attorno alla Costa d'Avorio (Guinea, Liberia, Sierra Leone, Togo più la Costa d'Oro inglese) e con l'aggiunta di Camerun e Nigeria.
* Africa Orientale Britannica: che produceva soprattutto ''Coffea arabica'' ad eccezione di Buganda e Madagascar.
* Africa Centrale: in declino. La produzione dell'Angola scese nettamente a partire dal 1975, mentre quella della Repubblica Democratica del Congo dal 1982 entrambe a causa della forte instabilità politica prodottasi.
===== In Costa d'Avorio regioni pioniere e raccolto moltiplicato per 20 =====
Tra il 1945 e il 1962 la caffeicoltura dell'Africa Occidentale Francese (nell'odierna Costa d'Avorio) moltiplicò di 20 volte<ref name="Lachiver" />, mentre quella dell'Africa Equatoriale Francese (nell'attuale Camerun) di 15<ref name="Lachiver" />. Quest'enorme incremento fu dovuto principalmente alla politica coloniale di sostegno e finì con l'assorbire la maggior parte della produzione; mentre stava emergendo l'adesione di questi paesi alla richiesta d'indipendenza. Ciò rischiò di avere un impatto significativo sulle opportunità che si poterono trovare negli anni a venire<ref name="Lachiver" />.
Il Madagascar ne rimase meno influenzato ed ebbe progressi relativamente minori, solo il 60% in più<ref name="Lachiver" />.
Nel dipartimento di [[Adzopé]] a Sudest, la regione più ricca e prospera del paese<ref name="Ibo">''Genèse de l'économie de plantation ivoirienne. Le cas de Yao Appéla'', di Jonas Ibo, presso i ''Cahiers d'études africaines'', del 1995 Numero 138 pp. 541-562; [http://www.persee.fr/doc/cea_0008-0055_1995_num_35_138_1459] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20180603104708/https://www.persee.fr/doc/cea_0008-0055_1995_num_35_138_1459|data=3 giugno 2018}}</ref> facente parte dell'economia di piantagione, la grande coltura caffeicola cominciò veramente a partire nel 1954; i documenti dimostrano che in quell'anno il caffè coprì il 32% delle aree coltivate, contro il 66" del cacao<ref name="Ibo" />. Le ulteriori indagini effettuate nel 1963 hanno rivelato che il 33% delle piantagioni di cacao aveva più di 10 anni, contro il 5% di quelle di caffè<ref name="Ibo" />; parimenti il 32% del cacao aveva meno di 10 anni, contro il 66% delle aree coltivate a caffè<ref name="Ibo" />.
La caffeicoltura quindi beneficiò molto più delle politiche coloniali rispetto al cacao il quale si riprenderà solo molto più tardi. Il prezzo di vendita approfittò dell'assistenza privilegiata data dale autorità, in quanto il continente africano pesava meno sul mercato mondiale rispetto al cacao e quindi rischiava anche meno di alimentare una sovrapproduzione. Incoraggiare il caffè contribuì inoltre a diversificare i rischi agricoli. Quando scoppiò la [[Guerra d'Algeria]], che tenne impegnato in un'altra zona l'impero coloniale francese, il prezzo d'acquisto al kg s'impennò in una maniera enorme: 200 [[Franco CFA]]<ref name="Ibo" />
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Ciò innescò il "boom del caffè"<ref name="Ibo" /> il quale consistette nella deforestazione massiva per lasciare più spazio possibile alle piantagioni, secondo la particolare strategia di partire da una pista liberata e subito occupata da gruppi familiari allargati<ref name="Ibo" />; il piantatore apriva un sentiero il quale veniva ad isolare quella zona di foresta che s'intendeva valorizzare. Seguì la parcellizzazione dei terreni disboscati situati in ogni angolo nelle vicinanze della costa. Questa marcia pionieristica è stata favorita dagli operatori forestali che avevano aperto numerosi tracciati in aree rimaste spesso fino ad allora al di fuori dei centri agricoli tradizionali.
Furono terre entrate sotto la
Nel 1956 vennero creati l'11,5% dei terreni coltivati a caffè presenti nel 1963, ovvero più di 7.000 ettari<ref name="Ibo" />. L'estensione della deforestazione creò rapidamente una paura di sovrapproduzione; nel 1961 saranno intraprese misure con lo scopo di fermare la creazione di ulteriori piantagioni<ref name="Ibo" />. La compensazione nella provincia di Adzopé allora copriva solamente l'1% dei terreni coltivati, all'incirca 620 ettari<ref name="Ibo" />.
Già con l'indipendenza ottenuta nel 1960 il primo [[presidente della Costa d'Avorio]] [[Félix Houphouët-Boigny]] ha privilegiato il [[settore primario]], ha nel contempo voluto anche difendere i prezzi di vendita proprio com'era già avvenuto mezzo secolo prima in Brasile, ma ancora più energicamente; si è creato così il "Fondo di stabilizzazione e supporto alla produzione
Tra il 1960 e il 1970 la produzione ivoriana di cacao triplicò, raggiungendo 312.000 tonnellate; il caffè quasi raddoppiò passando da 185.500 a 275.000 tonnellate, progressi rinforzati ancora da prima dell'indipendenza.
[[File:Togoland.svg|thumb|Il [[Togoland francese]] (in violetto), a destra del [[Togoland britannico]] (in verde chiaro).]]
===== Ruolo dell'istruzione nella caffeicoltura togolese =====
La regione Nordovest del Togo possiede 30.000 ettari di ''Coffea canephora'' ("robusta" e "niaouli"), mentre la maggior parte delle colture rimanenti sono confinate al Centro-ovest del paese; altri 20.000 ettari distribuiti in un [[triangolo rettangolo]] con i lati che misurano decine di km attraversato dalla via di comunicazione che congiunge [[Kpalimé]] a [[Atakpamé]]<ref>Histoire du café, par Frederic MAURO - 2014</ref>.
Gli alti tassi di scolarizzazione in alcune aree, l'85% solo a Kpalimé (capitale del cacao oltre che del caffè togolese), riflette una forte disparità rispetto al 10-30% delle aree rurali<ref name="benoit">{{Cita web|titolo=“Le café au togo: Chronique d'une émergence de la modernité rurale(1920-1960)|autore= Benoît Antheaume |pubblicazione=Études rurales|anno= 2007 |url=https://etudesrurales.revues.org/8547|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20171007021728/https://etudesrurales.revues.org/8547}}</ref>; questo fatto facilita in molti casi l'apprendimento delle tecniche di coltivazione. Un altro forte sostegno alla "linea caffè-cacao" fu la costruzione delle rete ferroviaria nel 1907, portata avanti durante il periodo coloniale tedesco e conclusasi in 119 km tra [[Lomé]] e Kpalimé<ref>{{Cita web|titolo=«Les réseaux ferroviaires dans les pays en développement: une structuration encore souvent déficiente»|autore= Jean-Jacques Bavoux|anno= 2000|url=http://www.persee.fr/doc/flux_1154-2721_2000_num_16_41_1323|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180601195654/https://www.persee.fr/doc/flux_1154-2721_2000_num_16_41_1323}}</ref>.
Gli anni 1930 e l'immediato dopoguerra ha assistito all'emersione di un piccolo capitalismo nero il quale valorizzò la rendita fondiaria caffeicola dei piantatori, grazie all'aiuto della manodopera sia nativa che proveniente dalla confinante Costa d'Oro<ref name="benoit"/>.
Il significativo incremento dei prezzi nel 1947 e gli sforzi compiuti dall'amministrazione del [[Togoland francese]] determinarono un notevole aumento della produzione fino a raggiungere le 2.368 tonnellate, una quantità triplicatasi entro il 1956. Ma a causa di malattie vegetali e dei ripetuti attacchi insettivori, la quota nazionale si mantenne molto modesta se paragonata alla produzione di cacao o se raffrontata a quella del Camerun francese.
La caffeicoltura, passata a 1.700 tonnellate nel 1948, risalì a 2.843 nel 1953 e a 6.406 3 anni dopo per poi stabilizzarsi a circa 10.000 tonnellate annue nel 1975<ref name="benoit"/>; in seguito è ristagnata attestandosi a questo livello. Le piantagioni si trovano su altopiani pedemontani composti di terreno fertile e dove le precipitazioni consistono in poco più di 1.000 mm annui nel migliore dei casi, ad un'altitudine media di 7–800 m, più che sufficiente per consentire anche l'avviarsi della coltura di ''Coffea arabica''<ref name="benoit"/> (un ibrido tra "arabica" e "kouilou" battezzato col nome di "varietà niaouli"<ref name="benoit"/>).
===== L'Angola portoghese è al 4º posto nel mondo =====
Per tutti gli anni 1950 la manodopera si suddivise tra i vari fronti caffeicoli pionieristici<ref name="cirad1" />; l'aumento generalizzato dei prezzi mondiali favorì l'emersione di piccole e medie piantagioni nei distretti della [[provincia di Cuanza Nord]] e della [[provincia dello Zaire]], laddove le più grandi aziende si trovarono invece soprattutto nella [[provincia di Cuanza Sud]]<ref name="cirad1" />.
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Nel 1958 risultarono esservi 435 piantagioni, quai completamente messe in piedi dai nuovi arrivati<ref name="cirad1"/>. Dal 1937 al 1961 si registrò una raccolta accresciutasi da 16.000 a 120.000 tonnellate; la produttività rimase comunque molto più bassa rispetto agli altri paesi caffeicoli<ref name="cirad1"/>, con rese non superiori a 400 kg per ettaro<ref name="cirad1"/>. Gli equipaggiamenti e le tecniche agricole si avvalsero principalmente della manodopera a buon mercato<ref name="cirad1"/>.
Nel 1959, in pieno "boom del caffè", i piantatori coloniali cominciarono ad essere serviti dalla tratta ferroviaria che da [[Luanda]] conduceva verso l'interno del paese; produssero 65.772<ref name="tmo">{{Cita web|titolo=''Problèmes économiques dans les provinces portugaises d'Afrique continentale (Angola, Guinée, Mozambique)''
Durante la grande rivolta scoppiata nella primavera del 1961 i Kongo, con l'ausilio dei guerriglieri del [[Fronte Nazionale di Liberazione dell'Angola]], massacrarono non solo i bianchi portoghesi e i [[meticcio|meticci]]<ref name="emac">{{Cita web|titolo=''Lutte d’émancipation anticoloniale ou mouvement de libération nationale? Processus historique et discours idéologique. Le cas des colonies portugaises, et du Mozambique en particulier''
[[File:Slice of Tiramisu with rosette topping (446918604).jpg|thumb|Una fetta di [[Tiramisù]], dolce italiano al caffè risalente agli anni 1960<ref name="Artusi">{{cita libro|titolo=La Scienza in cucina e l'arte di mangiar bene|autore=Pellegrino Artusi|linkautore=Pellegrino Artusi|editore=Giunti editore|isbn=88-09-00386-1|p=571|capitolo=Torte e dolci al cucchiaio|anno=1960-1991}}</ref><ref>{{cita libro|autore=Fernando Raris|autore2=Tina Raris|titolo=La Marca gastronomica: amore e nostalgia per la cucina e i vini di nostra tradizione|città=Treviso|editore=Canova Editore|p=31|anno=1998|isbn=88-87061-55-6}}</ref><ref name="TCI">{{cita libro|editore=[[Touring Club Italiano]]|titolo=Italia dei dolci|anno=2004|p=57|isbn=88-365-2931-3}}</ref>.]]
Al momento dell'indipendenza dall'[[impero portoghese]] nel 1974 l'Angola risultava essere il 4 produttore mondiale di caffè; ma da quel momento in poi il suo raccolto è affondato<ref>{{Cita web|titolo=''Histoire mondiale du communisme: Les bourreaux''|autore= [[Thierry Wolton]]|editore= Grasset|anno= 2015 |url=https://books.google.fr/books?id=DIaDCgAAQBAJ|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135142/https://books.google.fr/books?id=DIaDCgAAQBAJ}}</ref>. La [[guerra civile in Angola]] ha devastato le piantagioni e la maggior parte degli esperti di agronomia sono dovuti emigrare in Brasile; le aree di coltivazione non tardarono molto a diventare cespugli selvatici.
=== Anni 1960-1980 ===
Alcuni segni di pilotaggio del mercato mondiale da parte degli Stati appaiono negli anni immediatamente precedenti al primo "Accordo internazionale su caffè" tra i paesi produttori e i principali consumatori. Un convegno internazionale si tenne a Rio de Janeiro dal 20 al 27 gennaio del 1958 su diretta richiesta dei paesi dell'America Centrale e della Colombia, membri della "Féderacion cafetera de America".
Il Brasile attribuì la massima importanza a questa riunione al vertice, mentre l'impero d'Etiopia e la Liberia non furono presenti. La Spagna assieme ai paesi o territori ancora sotto la dominazione dell'[[impero britannico]] vi parteciparono invece solo con un ruolo di semplici osservatori<ref>"La Conférence internationale du Café de Rio de Janeiro", par Philémon Beb a Don, dans l''[[Annuaire français de droit international]]'' de 1958 [http://www.persee.fr/doc/afdi_0066-3085_1958_num_4_1_1393] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20180602193430/https://www.persee.fr/doc/afdi_0066-3085_1958_num_4_1_1393|data=2 giugno 2018}}</ref>.
Il primo accordo internazionale venne firmato nel 1962, due anni dopo l'indipendenza della Costa d'Avorio; rimase in vigore per un periodo di 5 anni. Diversi altri accordi seguirono nel 1968, nel 1976, nel 1983, nel 1994 e nel 2001 con l'intenzione di contingentare le quote d'esportazione, col prezzo riveduto annualmente e variabile per ogni tipo di caffè oltre ad un fondo di diversificazione a cui l'accordo affidò il delicato compito del finanziamento per la riconversione delle colture in caso di sovrapproduzione molto elevata.
L'accordo risultò essere il risultato di un consenso tra gli attori coinvolti nella produzione, nell'esportazione e nella [[lavorazione del caffè]]; poterono così essere riforniti i consumatori di sufficienti e regolari
[[File:International coffee organisation.svg|thumb|center|upright=3.2|Membri dell'[[International Coffee Organization]] istituito a Londra nel 1963; in verde gli esportatori, in marrone scuro gli importatori.]]
[[File:LocationRwanda-Urundi.PNG|thumb|Il vecchio territorio coloniale belga di Ruanda-Urundi.]]
==== Indipendenza di Ruanda e Burundi ====
[[Ruanda]] e [[Burundi]] hanno visto crescere costantemente i loro raccolti nel corso degli anni 1950 per poi declinare all'inizio del decennio successivo, prima di recuperare. Il Burundi ha prodotto 7.842 tonnellate di caffè commercializzato nel 1948, poi quasi 4 volte di più nel 1959 toccando le 27.279 tonnellate, ma è sceso a 8.060 tonnellate nel 1963, subito dopo l'indipendenza<ref name="rwandatm">"Le financement du développement au Burundi: la filière café", par Charles Kazungu et Joseph Akilimali, dans la revue ''Tiers-Monde'' de 1986</ref>.
Nonostante la piccola dimensione del territorio nel 1977 è iniziato un programma di recupero, aumentando il numero di alberi di ''Coffea'' da 60 milioni nel 1976 a 102 milioni nel 1982<ref name="rwandatm" />.
Nel vicino Ruanda l'indipendenza è stata ottenuta contemporaneamente, ma qui i contadini abbandonarono la caffeicoltura - assimilata al vecchio sistema del colonialismo - nell'euforia della vittoria contro l'impero coloniale belga<ref name="uwi">"Rôle politique de la caféiculture au rwanda', par Laurien Uwizeyimana, dans la revue ''[[
La produzione è stata moltiplicata di 4 o 5 volte in 20 anni, da 9.979 tonnellate nel 1965 a oltre 40.000 nel 1987<ref name="uwi" />; si è riusciti ad ottenere questo risultato senza intensificare i metodi di produzione, ma piuttosto grazie all'aumento esponenziale del numero dei coltivatori diretti, che sono passati da 284.896 nel 1964 a 713.537 nel 1989<ref name="uwi" />.
Ciò ha permesso ai ricavi da caffè di costituire oltre il 60% degli introiti in valuta estera pregiata<ref name="uwi" />.
[[File:Mungo valley, Cameroon.svg|thumb|Vallata del fiume Moungo. La costa e i monti formano la frontiera anglofona-francofona del paese.]]
==== Regioni del caffè in Camerun ====
La coltivazione di ''Coffea arabica'' ha registrato una forte crescita, un più 10% annuo, negli anni 1960 grazie alla creazione dell'"Unione delle cooperative occidentali di Arabica"; si tratta della maggiore impresa agricola camerunense la quale riunisce 50.000 piantatori situati negli altopini occidentali e del Nord-ovest ad oltre 1.000 m di altitudine. Ha preso il posto delle più grandi cooperative di [[Dschang]] e [[Foumban]] fondate nel 1932-33; riunisce sotto la sua direzione le 7 associazioni di "arabica" esistenti, 2 a Dschang e una ciascuno negli altri dipartimenti occidentali (Foumban, [[Bafoussam]], [[Mbouda]], [[Bangangté]] e [[Bafang]]).
Con l'indipendenza l'"Unione" ha ottenuto il monopolio dell'"arabica" per il Camerun orientale congiuntamente alla COOPAGRO, che comprende i grandi piantatori europei (soprattutto a [[Foumbot]] e [[Babadjou]]), oltre al finanziamento da parte statale del 50% di un impianto di smistamento elettronico a completamento dei 6 impianti di lavorazione del caffè già esistenti. Al porto di [[Douala]] transita la compagnia commerciale Frank Cavannagh di Le Havre, suo agente generale. Il mercato internazionale è stato rafforzato dall'accordo del 1958 tra i paesi acquirenti e produttori basato su quote d'esportazione molto rigorose.
Tale regimentazione ha consentito l'estensione su circa 100.000 ettari distribuiti tra quasi 200.000 aziende<ref name="ocde">Rapport de synthèse sur l'évolution de la caféiculture au Cameroun, pour l'[[OCDE]], par Félix Bokagné Minader, de l'école Nationale Superieure Agronomique de Dschang-Cameroun.</ref> suddivise tra l'altopiano occidentale e Nord-occidentale, secondo il [[censimento]] agricolo del 1984. Ma circa l'80% degli alberi ha più di 25 anni, un invecchiamento generale la cui causa è stata il blocco delle piantagioni nel corso degli anni 1970<ref name="ocde"/>. Salita a 32.000 tonnellate annue è diminuita rapidamente dal 1973 di circa il 5% all'anno portando le tonnellate a solo 10.000, 3 volte in meno<ref name="ocde"/>.
Dal 1970 al 1990 la raccolta camerunense passò da 50.000 a 90.000 tonnellate, quasi un raddoppio; ciò fece seguito a precedenti periodi crescita. Il Camerun rimane tuttavia uno dei paesi a più alto costo in quanto i siti di produzione si trovano lontano dalla costa e la situazione assai carente delle strade rurali si aggiunge alle spese di raccolta. Nonostante tutto ciò nel corso degli anni 1980 il caffè camerunense è stato meno tassato di quello in Costa d'Avorio, il che lo ha reso maggiormente competitivo.
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La caffeicoltura è più estesa ad Est<ref name="ocde"/>, regione che gode di una maggiore disponibilità di terreni, ma ha una manodopera minore; le piantagioni non superano i 200-250 ettari di ampiezza<ref name="ocde"/>.
==== Piccola OPEC del caffè negli anni 1970 ====
[[File:Evolution conso cafe US.png|thumb|center| ==== Conseguenze del "grande gelo" del 1975 in Brasile ====
Molti dei produttori africani approfittarono largamente dell'impennata dei prezzi mondiali verificatasi nel biennio 1976-77, provocata dalla grande ondata di
gelate con [[brina]] e [[neve]] in abbondanza che investì e decimò le piantagioni di [[Paraná (stato)|Paraná]] (nella [[regione Sud del Brasile]]) nel luglio del
1975<ref>{{Cita web|url=http://blogcarioca.com.br/2009/05/07/neve-na-serra-de-itatiaia-no-rio-de-janeiro/|titolo=Neve na Serra de Itatiaia, no Rio de Janeiro|data=10 novembre 2012|accesso=2 marzo 2017|sito=Blog Carioca|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121110092317/http://blogcarioca.com.br/2009/05/07/neve-na-serra-de-itatiaia-no-rio-de-janeiro/
L'estensione dei danni causati dal freddo nel Paraná imposero prezzi assai elevati in ragione dell'enorme calo delle scorte, operatosi per far fronte all'emergenza; ma i maggiori effetti si fecero sentire solamente negli anni a venire. Nel 1976 venne registrata una produzione brasiliana che ammontò a circa 558.000 tonnellate, contro 1.380.000 dell'anno prima; una raccolta più che dimezzata. Il prezzo mondiale raggiunse così un valore record nel 1977 di 3,30 dollari per libbra, un picco quasi raggiunto nuovamente solo nel 1997 con 3,03 dollari.
[[File:Café conilon Timbuí.JPG|thumb|left|Piantagione a [[Fundão (Brasile)]].]]
[[File:Tés de cafés após a passagem da maquina de colheita.jpg|thumb|Moderna [[monocultura]] caffeicola a [[Altinópolis]].]]
Prima del generale congelamento nel 1975 gli agricoltori del Paraná erano distribuiti tra la caffeicoltura e la produzione della [[soia]]<ref name
Nella seconda età degli anni 1970 il paesaggio del Paraná Nord-occidentale mutò radicalmente volto. Il caffè lasciò lo spazio ad altre colture
La canna da zucchero iniziò parallelamente ad occupare il Nord-ovest del territorio, espandendosi in aree con terreni più sabbiosi ove soia e grano non riuscivano a crescere bene; la sua [[monocoltura]] divenne sempre più strategicamente importante, con un incremento dei terreni stimolato politicamente<ref name="Meurer" />.
==== Anarchia in Angola ====
Nel 1975 il [[Primi ministri del Sudafrica|primo ministro sudafricano]] [[Balthazar Johannes Vorster]] esitò nel far intervenire le forze armate del Sudafrica per installare un governo filo-occidentale in Angola, mentre il ministro della difesa [[Pieter Willem Botha]] e il capo dell'esercito generale Magnus Malan che temettero la presa del potere in [[Africa meridionale]] da parte dei sovietici richiesero a gran voce l'invasione.
Nell'agosto del 1975, con il pieno sostegno del [[presidente degli Stati Uniti d'America]] [[Gerald Ford]], le truppe sudafricane attaccarono l'Angola meridionale, giungendo velocemente fino alla periferia della capitale [[Luanda]]. In dicembre il [[Congresso degli Stati Uniti d'America]] ritirò il suo aiuto finanziario all'[[Unione Nazionale per l'Indipendenza Totale dell'Angola]] di [[Jonas Malheiro Savimbi]]; in seguito i sudafricani, apparsi come i soli responsabili, furono costretti a ritirarsi.
La guerra civile in Angola proseguì e devasto le piantagioni di caffè; entro il 1976-77 la produzione s'interruppe definitivamente<ref>"Histoire mondiale du communisme: Les bourreaux", par [[Thierry Wolton]] Grasset, 2015 [https://books.google.fr/books?id=DIaDCgAAQBAJ
==== Anni 1980 e conclusione dell'accordo internazionale ====
Dall'ottobre del 1980 all'ottobre del 1989 la maggior parte della discussione nell'ambito dell'accordo internazionale sul caffè ha ruotato attorno alla "quota extra" dell'esportazione, cioè a quei paesi che non sono firmatari dell'accordo, il Nordafrica, il [[Medio Oriente]], i paesi dell'[[Europa orientale]] e del [[sudest asiatico]], ma anche il [[Giappone]], dove il consumo di caffè ha fatto un notevole passo avanti.
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|-
|[[Brasile]]
|
|33,9
|
|27,2
|
|22,8
|-
|[[Colombia]]
|
|9,9
|
|15,5
|
|12,6
|-
|[[Messico]]
|
|4,6
|
|4,6
|
|5,7
|-
|[[Uganda]]
|
|4,2
|
|2,8
|
|3,5
|-
|[[Costa d'Avorio]]
|
|4,1
|
|1,6
|
|2,5
|-
|[[Guatemala]]
|
|3,3
|
|3,8
|
|3,7
|-
|[[Etiopia]]
|
|3,2
|
|2,8
|
|3,6
|-
|[[Indonesia]]
|
|3,1
|
|6
|
|7,9
|-
|[[India]]
|
|1,8
|
|2
|
|3,6
|-
|[[Costa Rica]]
|
|1,8
|
|2,6
|
|2,6
|-
|[[Madagascar]]
|
|1,7
|
|1,6
|
|1,2
|-
|[[Perù]]
|
|1,5
|
|1,6
|
|1,6
|-
|[[Vietnam]]
|
| -
|
| -
|
|3,1
|-
|[[Honduras]]
|
|0,9
|
|1,4
|
|2,2
|-
|[[Cina]]
|
| -
|
| -
|
| -
|-
|[[Laos]]
|
| -
|
| -
|
| -
|-
|[[Nicaragua]]
|
|0,9
|
|1
|
|0,7
|-
|[[Filippine]]
|
|1,1
|
|2,2
|
|2,2
|-
|[[Venezuela]]
|
|1
|
|1,2
|
|1,2
|-
|-
|[[Tanzania]]
|
|1,2
|
|1,1
|
|0,6
|}
Dopo il 1989 l'accordo è diventato solo simbolico: la sua durata reale è stata poco più di 1/4 di secolo<ref name="regu" />. Negli anni che sono seguiti molte iniziative lo hanno sostituito, allo scopo di bilanciare l'offerta e la domanda mondiali attraverso piani di restrizione all'esportazione<ref name="pouch" />, come quelli avviati dapprima nel 1994 e successivamente nel luglio del 2000 dall'"Associazione dei Paesi produttori di caffè" (APPC), istituita nel 1993 ed entrata nel pieno delle proprie funzioni nel febbraio del 2002.
==== Aumento della coltura di ''Coffea canephora'' ====
[[File:Carte Coffea robusta arabic.svg|thumb|center| ====
{{...|storia}}
==== Declino irreversibile di Haiti ====
Nei primi anni 1980 Haiti ha lottato per soddisfare la sua quota di 22.000 tonnellate di caffè nell'ambito dell'"Accordo internazionale sul caffè" del 1962<ref name="regu"/>. La popolazione impegnata nel [[settore primario]] è scesa del 66% nel decennio 1980-1989<ref>{{cita web|titolo=Haiti Agriculture|url=http://countrystudies.us/haiti/48.htm|editore=U.S. Library of Congress|accesso=24 settembre 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520121015/http://countrystudies.us/haiti/48.htm|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita web|titolo=Cash Crops|url=http://countrystudies.us/haiti/51.htm|editore=U.S. Library of Congress|accesso=24 settembre 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20101121213059/http://countrystudies.us/haiti/51.htm|urlmorto=no}}</ref>.
Il [[terremoto di Haiti del 2010]] lascerà alla fine l'intero paese in uno stato di completa desolazione.
=== Crisi in Africa e crescita in Asia negli anni 1990 ===
Gli anni 1990 sono caratterizzati da una crisi della produzione africana, soprattutto nella prima parte del decennio, ma più che compensata dalla forte crescita asiatica, particolarmente rilevante dopo le riforme agricole strutturali messe in atto in [[Vietnam]]. Il risultato è un continuo calo dei prezzi medi, innanzitutto della ''Coffea canephora'', ma anche della ''Coffea arabica'' a New York.
==== Rapido declino nell'Africa francofona e lusofona ====
[[File:Brazilian coffee growing regions (arabica and robusta).png|thumb|Produzione brasiliana contemporanea. ''Coffea arabica'' in giallo: Bahia, Minas Gerais, San Paolo, Paraná e Santa Catarina. ''Coffea canephora'' in rosso: Espírito Santo, Rio de Janeiro e Rondônia.]]
==== Nel 1994 cocktail indigesto di gelo brasiliano e piano di conservazione ====
[[File:Cafeine consommation.png|thumb|center|upright=3.2|Quantità di caffeina giornaliera assorbita "pro capite" per nazione: caffè (in marrone), tè (in verde) e somma dei due (in bianco) nel 1995 (secondo i dati [[FAO]]).]]
[[File:Looking across coffee fields in Vietnam.jpg|thumb|Piantagione a [[Da Lat]].]]
==== Espansione in Vietnam e Indonesia ====
[[File:Coffee Plantation1.jpg|thumb|left|Piantagioni in [[Karnataka]].]]
==== Irrompe l'India ====
Il caffè indiano, coltivato principalmente nell'[[India meridionale]] nella condizione ambientale procurata dal [[monsone]], viene anche designato come "caffè monsonico indiano"<ref name=Indian>{{cita web|url=http://www.coffeeresearch.org/coffee/india.htm|titolo=Indian Coffee|accesso=6 ottobre 2010|curatore=Coffee Research Organization|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20101228183932/http://www.coffeeresearch.org/coffee/india.htm
[[File:CoffeaRobustaFlowers.jpg|thumb|[[Infiorescenza]] di [[Coffea canephora]] a [[Chikmagalur]].]]
La ''Coffea arabica'' venne coltivata sulle pendici del "Baba Buban Giri" nell'odierno [[distretto di Chickmagalur]] in [[Karnataka]] già a partire dal 1670<ref name=
La caffeicoltua si è diffusa anche in nuove aree dell'[[Andhra Pradesh]] e dell'[[Orissa]], sulla costa orientale del paese, oltre che in [[Assam]], [[Manipur]], [[Meghalaya]], [[Mizoram]], [[Tripura]], [[Nagaland]] e [[Arunachal Pradesh]] nell'[[India nordorientale]], popolarmente conosciuti come le "Sette sorelle"; qui però senza insediarsi stabilmente<ref>{{cita
Già nel 1907 venne creato l'"India Coffee Board" per rimediare ai problemi dei parassiti apparsi alla fine del XIX secolo, attraverso misure di educazione agricola rivolte ai contadini. Nel corso degli anni 1920 la varietà "Kent", adattata al clima locale molto umido, crebbe grazie alla sua resistenza nei confronti della "ruggine del caffè", ma al contempo ebbe una [[mutazione]] spontanea. L'India è la nazione del mondo ove questa malattia ha il maggior numero di ceppi biologici diversi. L'S795, un'altra varietà resistente, è stata sviluppata nel 1945, con un sapore che l'avvicina alla "Mokha" originaria. Queste ultime cultivar vengono riservate per 1/3 alle piantagioni situate a più alta quota.
Nel 1991 l'introduzione di misure di
Lo schema è stato ultimato nel settembre del 1996 quando tali libertà sono state previste in tutto il settore, indipendentemente dalla quantità<ref name="illy" />. Ad accompagnare questa politica la produzione è aumentata tra il 1984 e il 1994 da 105 a 208.000 tonnellate<ref name="illy" />, venendo in tal modo ad
I piccoli agricoltori che lavorano con meno di 10 ettari coltivano il 75% dei 347.000 ettari dedicati in India al caffè, mentre il raccolto nazionale si suddivide tra il 30% di "arabica" e il 70% di ''Coffea canephora''. Per adattarle al monsone i contadini hanno utilizzato i derivati dell'"[[ibrido]] di Timor" denominato "Arabusta", un misto naturale di "arabica" e "robusta" somigliante all'arabica<ref name="comfr">{{Cita web|titolo="Les aspects botaniques du café"
du café
La produzione è predominante nelle zone di media collina degli Stati meridionali, con il Karnataka che ne raccoglie il 53%, il Kerala il 28% e il Tamil Nadu l'11% del totale; il restante 8% è distribuito ad Est. Il caffè indiano sembra essere il migliore del mondo tra quello coltivato all'ombra piuttosto che al contatto diretto con la luce solare<ref name=value>{{Cita web|url=http://ip.cals.cornell.edu/courses/iard602/2006spring/documents/sample_papers/value_coffee.ppt#1|titolo=Value Addition to Coffee in India|accesso=5 ottobre 2010|editore=Cornell Education:Intag 602|nome=Salomey
A partire dal 2009 esso costituiva il 4,5% della produzione mondiale. Quasi l'80% di questa viene esportata<ref name="Illy & Viani">{{Cita libro|cognome1=Illy|nome1=Andrea
[[File:CoffeeWorldYield.png|thumb|center|upright=3.2|Volume mondiale di caffè prodotto ed esportato dal 1975 al 2004 (in mille migliaia di tonnellale).]]
=== Rilancio in Nuova Caledonia ===
[[File:Prix cafe 2003 2006.png|thumb|upright=2.3|Cambiamenti nel prezzo del caffè sui mercati internazionali tra il 2003 e il 2006.]]
[[File:Medición8.jpg|thumb|Monitoraggio del carbonio in una piantagione di caffè peruviana.]]
[[File:Coffee Harvest Laos.jpg|thumb|Raccolta di caffè in [[Laos]] nel 2012.]]
== Produzione nel XXI secolo ==
All'inizio del XXI secolo 3 dei 6 maggiori produttori del mondo - il Vietnam, l'Indonesia e l'India - erano asiatici, una crescita eclatante dopo le epidemie parassitarie che avevano relegato l'Asia a solo il 5% della produzione esattamente un secolo prima, come mostrato dalle statistiche di produzione per il periodo 2002-2004<ref>"Les Poids du Monde: Évolution des Hégémonies Planétaires", par Rodolphe De Koninck et Jean-François Rousseau, éditions PUQ, 2006 [https://books.google.fr/books?id=VfKl1TYn5goC] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20201124135201/https://books.google.fr/books?id=VfKl1TYn5goC|data=24 novembre 2020}}</ref>:
{| class="wikitable"
|[[Brasile]]
Riga 2 750 ⟶ 1 084:
Nel 2005 hanno dominato il mercato della [[torrefazione]] a livello mondiale 4 gruppi. Il maggiore di essi è [[Nestlé]], che controlla più della metà del giro d'affari del [[caffè solubile]] istantaneo; [[Kraft Foods]], di proprietà di [[Philip Morris International]], rappresenta il 14% delle vendite di globali attraverso marchi come [[Maxwell House]], [[Kenco]], [[Hag (caffè)|Hag]] e [[Jacobs (caffè)|Jacobs]]<ref name="Arias et al p16" />.
[[Sara Lee Corporation]], proprietaria delle marche [[Douwe Egberts]] e Superior degli Stati Uniti d'America, rappresenta l'11% del totale delle vendite al consumo, mentre [[Procter & Gamble]] occupa l'8% del mercato offrendo i suoi prodotti principalmente nell'[[America del Nord]]<ref name="Arias et al p16">Diego Arias, Emily Brearley e Gilles Damais, ''Restauration de la compétitivité du secteur du café en Haïti'', Banque interaméricaine de développement, 2006; (
[[Carte Noire]], anch'essa parte del gruppo Kraft, opera in [[Francia]] assieme a [[Malongo]]. La [[Senseo]] olandese è incorporata a "Dowve Egberts"; [[Nespresso]] è svizzera; il [[Kahlúa]] è messicano con sedi in territorio francese; [[Julius Meinl (azienda)|Julius Meinl]] è austriaca.
[[Kimbo Caffè]] è italiano e smercia il prodotto brasiliano, [[Illycaffè]] è stata fondata nel 1939 a [[Thalwil]]; anche [[Caffè Vergnano]], Vescovi Caffè, [[Splendid (caffè)|Splendid]], [[Quarta Caffè]], [[Segafredo Zanetti]], [[Goppion Caffè]], [[Caffè Molinari]], [[Emporio Artari]], [[Hausbrandt]], [[Zicaffè]], [[Saicaf]], [[Passalacqua (azienda)|Passalacqua]], [[Ninfole Caffè]] e l'[[Luigi Lavazza (azienda)|azienda Lavazza]] sono tutte imprese storiche italiane.
=== Il Perù gioca la carta del caffè "bio" e vince ===
{{...}}
=== L'Etiopia con 5.000 varietà differenti ritorna 5º nel mondo ===
[[File:Ethiopan Coffee Ceremony 006 (6061106189).jpg|thumb|La "[[Cerimonia del caffè]]" in [[Etiopia]], un rito socio-culturale acquisito e rafforzatosi nel tempo. La ''Coffea'', originaria di Kaffa, dopo un viaggio transcontinentale durato più di 3 secoli è ritornata in terra etiope nel corso del XX secolo.]]
L'Etiopia ha vissuto una crescita spettacolare della caffeicoltura, che l'ha portata nel 2005 a raggiungere il 5º posto tra i maggiori produttori mondiali<ref name="Tulet" />, anche se la sua quota di esportazioni rimane relativamente bassa a causa del consumo locale il quale assorbe quasi il 50% della coltura<ref name="Tulet" />.
L'equivalente di 3,6 milioni di sacchi è stato consumato a livello nazionale, pari al 71,6% dell'intero consumo di caffè nel continente africano<ref name="cnn">"Ethiopia - a land where coffee meets tradition", par Milena Veselinovic, SUR CNN, le 20 OCTOBRE 20, 2015 [
[[File:Ethiopia coffee tasters (5762556065).jpg|thumb|left|Le degustatrici etiopi affinano le loro abilità durante un seminario di addestramento avanzato.]]
Esistono 5.000 diverse varietà di caffè etiope<ref name="cnn" /> e l'80% di queste viene coltivata da piccole aziende<ref name="cnn" /> senza alcuna vocazione commerciale nelle regioni forestali interne<ref name="degraded">"Degraded Forests in Eastern Africa: Management and Restoration", par Frans Bongers et Timm Tennigkeit, Editions Earthscan, - 2010 [https://books.google.fr/books?id=_0xkqxIUdRMC] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20201124135205/https://books.google.fr/books?id=_0xkqxIUdRMC|data=24 novembre 2020}}</ref>. Qui la resa media per ettaro è di 225 kilogrammi, la metà dei 450 ottenuti nel sistema agricolo semi-boscoso<ref name="degraded" />.
Il governo sta cercando di promuovere il prodotto per far progredire l'[[export]] dalle 190.837 tonnellate nel 2013-2014 fino a 200.000<ref name="cnn" />.
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La capitale ospita anche una società calcistica, l'[[Ethiopian Coffee Football Club]].
=== Coltivazione forestale a El Salvador ===
[[File:Café importé par pays en 2005(USDA).PNG|thumb|center|
[[File:Coffee consumption map-en.svg|thumb|center|
=== Evoluzione dei principali produttori mondiali nel decennio 2010 ===
[[File:Maejantai Chiang Rai province 04.JPG|thumb|Piantagione di caffè nella [[provincia di Chiang Rai]] in [[Thailandia]] (2011).]]
L'evoluzione dei principali produttori globali di caffè negli anni 2010 rimane dominata dal gigante brasiliano e più in generale dai paesi dell'America Latina; assieme alla Colombia, al Messico, al Perù e a quattro paesi dell'America centrale sono tutti inseriti nei primi 15 più grandi raccolti mondiali, quasi uno su due<ref>Secondo "Arcadia", presentazione africana del "{{cita testo|url=http://www.ocppc.ma/sites/default/files/Book-Cyclope-Afriquev1_1.pdf|titolo=Rapporto Cyclope|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170926041100/http://www.ocppc.ma/sites/default/files/Book-Cyclope-Afriquev1_1.pdf }}"</ref>.
{| class="wikitable"
|Produzione in milioni di sacchi da 60 kg<ref>Secondo "Arcadia", presentazione africana del "Rapporto Cyclope"</ref>
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|-
|}
[[File:Bean belt (top 20 coffee producers 2011).svg|thumb|center|
Per la stagione 2016-17 l'[[Initial coin offering]] (ICO) ha aumentato la sua previsione di produzione a 153,9 milioni di sacchi, dai 151,6 milioni precedenti, in crescita dell'1,5% e con un record indonesiano e peruviano di 11,5 milioni di sacchi. La produzione di ''Coffea arabica'' è stimata dall'ICO a 97,3 milioni di sacchi, in aumento del 10,2%; mentre la ''Coffea robusta'' viene attestata a 56,6 milioni, in calo del 10,6%.
== Riepilogo ==
=== Giappone ===
Il caffè fu introdotto in Giappone dagli olandesi già nel XVII secolo, ma rimase una "curiosità" fino al ritiro delle restrizioni commerciali avvenuto nel 1858. La prima caffetteria in stile europeo si aprì a [[Tokyo]] nel 1888, ma venne chiusa quattro anni dopo<ref>{{Cita web|url=
[[File:DOUTOR-Coffee Keihan Furukawabashi.jpg|thumb|Un "Doutor Coffee Shop" alla [[stazione di Furukawabashi]].]]
All'inizio degli anni 1930 vi erano oltre 30.000 caffetterie sparse in tutto il paese; la disponibilità durante il periodo interbellico e subito dopo il 1945 scese quasi a zero, per poi aumentare rapidamente quando le barriere all'importazione sono state rimosse.
L'introduzione del [[caffè solubile]] istantaneo e liofilizzato, del caffè in lattina e le aziende di [[franchising]] come [[Starbucks]] e "Doutor Coffee" alla fine del XX secolo ha continuato questa tendenza, fino a fare del paese uno dei principali consumatori di caffè al mondo pro capite.
=== Corea del Sud ===
I primi appassionati coreani del caffè furono gli imperatori del XIX secolo [[Sunjong di Corea]] e [[Gojong di Corea]], che preferivano consumarlo al termine dei lauti banchetti in stile occidentale<ref>{{Cita web|url=http://www.rjkoehler.com/2010/09/21/the-korean-coffee-myth/|titolo=The Korean Coffee Myth|sito=The Marmot's Hole|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130116072134/http://www.rjkoehler.com/2010/09/21/the-korean-coffee-myth/}}</ref>.
Negli anni 1980 il [[caffè espresso]] e il caffè in lattina erano diventati piuttosto popolari, con una tradizione minore riguardanti le caffetterie di proprietà indipendente nelle città più grandi; verso la fine del XX secolo la crescita del franchising come "Caffè Bene" e Starbucks ha generato una domanda maggiore per il caffè in stile europeo<ref>{{Cita news |nome=Hyo-sik |cognome= Lee |titolo= Why do coffee shops keep popping up? |data=11 aprile 2012 |url= http://www.koreatimes.co.kr/www/news/biz/2012/04/123_108771.html |pubblicazione= Korea Times |accesso=6 maggio 2012 |urlarchivio= https://web.archive.org/web/20180908164841/http://www.koreatimes.co.kr/www/news/biz/2012/04/123_108771.html |urlmorto= no }}</ref>.
[[File:Granos de cafe en planta.jpg|thumb|Grani di ''Coffea'' a [[Quimbaya]] in Colombia.]]
[[File:Internet-Cafe at Coffee Fellows Schützenstr. München.JPG|thumb|Un [[Internet point]] o "Internet cafè" a [[Monaco di Baviera]].]]
== Cronologie tematiche: quadro politico, commerciale e logistico della caffeicoltura ==
[[File:Curiosity tea coffee chocolate title page.jpg|thumb|''Traitez Nouveaux & Curieux du Café, du Thé et du Chocolate'' di Philippe Sylvestre Dufour (1622–87).]]
[[File:Houghton EB65.A100.B675b v.2 - coffee.jpg|thumb|''The virtues of coffee, chocolette, and thee or tea, experimentally known in this our climate'', [[Londra]] 1690.]]
=== Popoli del caffè ===
Molte popolazioni si sono appropriate della coltura del caffè, a volte dopo il periodo del [[colonialismo]] segnato da violenze e espropri delle terre indigene. La prima caffeicoltura libera dalla schiavitù, dal lavoro forzato o dalle pressioni coloniali emerse ad Haiti e nel Venezuela nei primi decenni dopo l'acquisizione dell'indipendenza, quando la diminuzione dei prezzi mondiali facilitò le intromissioni commerciali.
* I Tamil vennero fatti mobilitare in massa nel corso dell'espansione caffeicola degli anni 1840 a Ceylon britannico.
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* I Bamiléké introdussero massivamente il caffè in Camerun.
* I Kikuyu del Monte Elgon innescarono una sommossa nel 1952 contro la penuria di terreni coltivabili in Kenya.
* Gli Haya
* Uguale compito si assunsero i Chaga della regione del Kilimangiaro, creatori nel 1925 delle prime cooperative ad essere presenti nel territorio del Tanganica<ref name="Tulet" />.
* I Rwas ruandesi e gli Arusha della regione di Arusha coltivarono alle pendici del Monte Meru, ognuno sul proprio versante, riuscendo a portare avanti le loro rivendicazioni fino all'Organizzazione delle Nazioni Unite nel 1952.
=== Prezzi globali, cartelli e organizzazioni di mercato ===
* 1700-75: Giava, La Réunion e Guyana olandese iniziano la produzione, i prezzi cominciano a scendere, esaurimento nello Yemen.
* 1736: Giava ha triplicato il suo raccolto in 12 anni.
* 1735-44, il caffè "Bourbon" francese passa da 0,1 a 2,5 milioni di libbre prodotte annualmente.
* 1739-90: ha termine il monopolio di Amsterdam, il consumo europeo si moltiplica di 10 volte<ref name="lipdem">"Demythologising the History of Coffee in Lipa, Batangas in the 19th Century" par Bel S. Castro, Université d'Adélaïde, 2013 [https://www.academia.edu/12326071/Demythologising_the_History_of_Coffee_in_Lipa_Batangas_in_the_19th_Century] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20181223024444/http://www.academia.edu/12326071/Demythologising_the_History_of_Coffee_in_Lipa_Batangas_in_the_19th_Century|data=23 dicembre 2018}}</ref>.
* 1770 e 1779: aumento dei prezzi; la "rivoluzione del caffè a Saint-Domingue" (aumentato da 7 a 77 milioni di libbre prodotte, pari a 37.000 tonnellate)<ref>{{cita
* 1800-21: la rivoluzione haitiana crea una carenza globale, ponendo la Colonia della Giamaica in un effettivo regime di monopolio e rilanciando le Indie orientali olandesi; il passaggio dal cacao al caffè in Venezuela viene ostacolato a causa della Guerra d'indipendenza del Venezuela.
* 1821-47: Caraibi, Brasile, Venezuela e continente asiatico risentono dell'eccesso di offerta la quale provoca un decremento dei prezzi, che alla fine toccano i minimi storici negli anni 1840; al mercato di [[Filadelfia]] il caffè haitiano passa dai 26 centesimi del 1821 ai 6 centesimi del 1844.
* 1826: il Regno del Brasile esporta 21.000 tonnellate, quasi il triplo in 6 anni<ref name="daget">"La répression de la traite des Noirs au s XIXe: l'action des croisières françaises sur les côtes occidentales de l'Afrique, 1817-1850" di Serge Daget
KARTHALA Éditions, 1997,
* 1835: fine del monopolio del caffè nelle Filippine spagnole<ref name="lipdem"/>.
* 1858: i prezzi sono rimbalzati del 50% in 15 anni<ref name="quintal">{{Cita libro|nome=Jean-Marie Dulix|cognome=Théodat|titolo=Haïti république dominicaine: une île pour deux, 1804-1916|url=https://books.google.fr/books?id=4ziBaabZX7YC&pg=PA173|accesso=5 ottobre 2019|data=1º gennaio 2003|editore=KARTHALA Editions|lingua=fr|isbn=978-2-84586-379-8|p=174|cid=Théodat|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135205/https://books.google.fr/books?id=4ziBaabZX7YC&pg=PA173|urlmorto=no}}</ref>.
* 1861: i prezzi recuperano il 18% del proprio valore in tre anni<ref name="quintal" />.
* 1876: i prezzi sono raddoppiati (da 12 a 23 centesimi per libbra) in sei anni, poi sono scesi a 11 centesimi nel 1883 dopo la crisi di sovrapproduzione del 1882<ref name="z8GpZWsAjXsC">{{cita libro|lingua = es|nome1 = Regina|cognome1 = Wagner|titolo = Historia del café de Guatemala|editore = Villegas Asociados|anno = 2001|isbn=978-958-96982-8-0|url = http://books.google.com.gt/books?id=z8GpZWsAjXsC|accesso = 24 giugno 2015|urlarchivio = https://web.archive.org/web/20201124135203/https://books.google.com.gt/books?id=z8GpZWsAjXsC&hl=es-419|urlmorto = no}}</ref>.
* 1882-1883: tre mercati a termine (Futures) vengono create nel continente europeo ed entrano nella programmazione concorrente a seguito del crollo del caffè prodotto nel 1880 dalla speculazione<ref>"Espaces
* 1896: sovrapproduzione di caffè dal Brasile, giunto a 22 milioni di sacchi<ref name="ciz"/>.
* 1906, 1917 e 1921: "piani di conservazione" brasiliani, i mercati si riprendono tra la massima sorpresa degli economisti.
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* 2001 Il Vietnam e l'Indonesia hanno contribuito ad abbassare il valore del caffè fino a toccare il livello più basso in 150 anni.
[[File:Berlin carwash 17.07.2013 17-55-44.JPG|thumb|Distributore automatico di caffè a [[Berlino]] nel 2013.]]
==== Principali infrastrutture relative alla coltivazione del caffè ====
* [[HAPAG]] (compagnia di spedizioni fondata nel 1847).
* Linea ferroviaria di Mauá nell'impero del Brasile (aperta dal 1854).
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* Tratto ferroviario del Nicaragua che collega [[Granada (Nicaragua)|Granada]] a [[Corinto (Nicaragua)|Corinto]] (la costruzione inizia nel 1880).
* Ferrovia del dipartimento di Antioquia in Colombia (la costruzione inizia nel 1876 ma diviene pienamente operativa solo nel 1926).
==== I grandi commercianti ====
* [[Benjamin Green Arnold]] (New York, 1868-1883).
* [[Théodore Wille]] (Amburgo e Santos)<ref name="bb"/>.
* "Neumann Kaffee Gruppe" (Amburgo e Santos)<ref>
* [[Caspar Voght]] e Georg Heinrich Sieveking (Amburgo).
* Famiglia Delius (Brema).
* Famiglia di Rodolfo Dieseldorff (San José nella Costa Rica)<ref>
* George Stiepel ([[Valparaíso]] in Cile).
* "Hockmeyer & Rittscher" (Amburgo e Guatemala a partire dal 1858)<ref>{{Cita libro|nome=Regina|cognome=Wagner|nome2=Cristóbal von|cognome2=Rothkirch|nome3=Eric|cognome3=Stull|titolo=The History of Coffee in Guatemala|url=https://books.google.fr/books?id=trfs8E0EdbUC&pg=PA129%20pag%20187|accesso=13 giugno 2020|data=2001|editore=Villegas Asociados|lingua=en|isbn=978-958-8156-01-9|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200613201013/https://books.google.fr/books?id=trfs8E0EdbUC&pg=PA129%20pag%20187|urlmorto=no}}</ref>.
* "Rieper Augener" (Brema e Guatemala)<ref name="z8GpZWsAjXsC" />.
* "Ospina, Vasquez e Jaramillo" (Colombia e Guatemala)<ref name="W, R & S">"The History of Coffee in Guatemala" par Regina Wagner, Cristóbal von Rothkirch, et Eric Stull</ref>.
* "Prado Chaves" (Santos).<ref name="arm">"Histoire du Brésil contemporain: XIXe-XXe siècles", par Armelle Enders, page 43 [https://books.google.fr/books?id=r1nhY5Cw368C&pg=PA43] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20201124135147/https://books.google.fr/books?id=r1nhY5Cw368C&pg=PA43|data=24 novembre 2020}}</ref>
* "Gruppo Lacerda" (Santos)<ref>"Business Interest Groups in Nineteenth-Century Brazil", parr Eugene Ridings, {{cita testo|url=https://books.google.fr/books?id=aDJhIsl8MK0C&pg=PA125|titolo=pag. 125|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124135211/https://books.google.fr/books?id=aDJhIsl8MK0C&pg=PA125 }}</ref>.
* Famiglia di Philippe Jobin (Le Havre)<ref>''Les Cafés produits dans le monde'', Philippe Jobin - édition française, SAAA, Le Havre 1982</ref><ref>''Le Café'', Philippe Jobin & Bernard Van Leckwyck - Éditions Nathan, 1986</ref><ref>''L’Heure du café'', Philippe Jobin - Paris, édit. Gentleman, 1987, 107 pages</ref><ref>''Les Cafés produits dans le monde'', Philippe Jobin - édition trilingue révisée, SAAA, Le Havre 1990</ref>.
* Famiglia di Louise Delamare (Le Havre)<ref name="aubin" /><ref>
* Famiglia Rufenacht-"Société commerciale interocéanique" (Le Havre)<ref name="Malon, page 233">{{cita libro |titolo=Le Havre colonial de 1880 à 1960 |autore=Claude Malon |p=233}}.</ref><ref name
* Jacques Siegfried (Le Havre)<ref>"La Compagnie Cotonnière, un négociant singulier" par Gérald Estur,
* Charles Latham (Le Havre)<ref name="Malon, page 233" /><ref>"L'échelle du monde. Essai sur l'industrialisation de l'Occident", par Patrick Verley - 2016</ref>.
* Georges Ancel (Le Havre)<ref name="Malon, page 232" />.
* Louis Drouin (Nantes)<ref name="pineau">"Un modèle d'expansion économique à Nantes de 1763 à 1792
* Hermann Sielcken (New York e [[Baden-Baden]])<ref name="carcel"/>.
== Note ==
{{note strette}}
== Bibliografia ==
* {{Cita web|url=http://harowo.com/2006/06/19/1377/ |titolo=The Blessed Bean – history of coffee |accesso=19 giugno 2006 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20061108172030/http://harowo.com/2006/06/19/1377/
* 1949 Encyclopædia Britannica. Otis, McAllister & Co. 1954
* Allen, Stewart Lee (1999). ''The Devil's Cup: Coffee, the Driving Force in History''. Soho Press.
Riga 3 030 ⟶ 1 366:
* Darby, M. (1983) ''The Islamic Perspective, An aspect of British Architecture and Design in the 19th century''. Leighton House Gallery, London.
* Davids, Kenneth (1991). ''Coffee''.
* Ellis, Aytoun (1956). ''The Penny Universities
* Galland, Antoine (1699) ''De l'origine et du progrez du café'', Éd. originale J. Cavelier Paris, 1992- La Bibliothèque, coll. L'Écrivain Voyageur
* Illy, Francesco & Riccardo (1989). ''From Coffee to Espresso''
* Ibn al-Imād al-Hanbali (d.1089 AH/1679 AD). Shadharāt al-dhahab fi akhbār man dhahab, al-Juz' 8. Cairo, 1931.
* {{Cita pubblicazione|cognome=Malecka |nome=Anna |anno=2015 |titolo=How Turks and Persians Drank Coffee: A Little-known Document of Social History by Father J. T. Krusiński |rivista=Turkish Historical Review |volume=6 |numero=2 |pp=
* {{Cita libro|cognome=Pendergrast |nome=Mark |wkautore= Mark Pendergrast |titolo=Uncommon Grounds: The History of Coffee and How It Transformed Our World |editore=Texere |città=London |anno=2001|annooriginale=1999 |
* {{Cita libro|cognome1=Weinberg |nome1=Bennett Alan |cognome2=Bealer |nome2=Bonnie K. |titolo= The world of caffeine|anno= 2001|pp=
* Liss, David. ''[[The Coffee Trader]]'' (2003). A well-researched historical novel about (among other things) the beginnings of the coffee business in [[Dutch Golden Age|17th century Amsterdam]]. Includes extensive bibliography.
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