Processo a Galileo Galilei: differenze tra le versioni
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{{Torna a|Galileo Galilei}}
{{Citazione|[...] questo non é paese da venire a disputare sulla luna né da volere, nel secolo che corre, sostenere né portarci dottrine nuove|Piero Guicciardini, ''Lettera a Cosimo II'', 11 dicembre [[1615]]}}▼
[[File:Galileo before the Holy Office.jpg|thumb|upright=1.6|''Galileo di fronte al Sant'Uffizio'', dipinto di [[Joseph-Nicolas Robert-Fleury]]]]▼
▲{{Citazione|[...] questo non
Il '''processo a [[Galileo Galilei]]''', sostenitore della [[teoria copernicana]] [[Sistema eliocentrico|eliocentrica]] sul moto dei corpi celesti in opposizione alla teoria [[Sistema geocentrico|geocentrica]], sostenuta dalla [[Chiesa cattolica]], iniziò a Roma il 12 aprile [[1633]] e si concluse il 22 giugno [[1633]] con la condanna<ref>Per il testo della condanna, vedi: {{cita web|url=https://it.wikisource.org/wiki/Sentenza_di_condanna_di_Galileo_Galilei|titolo=Sentenza di condanna di Galileo Galilei (Wikisource)}}</ref> per [[eresia]] e con l'[[abiura]]<ref>Per il testo dell'abiura, vedi: {{cita web|url=https://it.wikisource.org/wiki/Abiura_di_Galileo_Galilei|titolo=Abiura di Galileo Galilei (Wikisource)}}</ref> forzata delle sue concezioni astronomiche.▼
▲[[File:Galileo before the Holy Office - Joseph-Nicolas Robert-Fleury, 1847.
[[File:The trial of Galileo Galilei before the Inquisition, 1633 (17th century Italian school).jpg|thumb|upright=1.6|''Il processo a Galileo Galilei da parte dell'Inquisizione nel 1633'' (Scuola italiana del XVII secolo).]]
▲Il '''processo a
== Le conoscenze scientifiche all'epoca di Galileo ==
{{vedi anche|Teoria eliocentrica}}
La [[Sistema eliocentrico|teoria eliocentrica]] ha una lunga storia: l'eliocentrismo venne espresso per primo dall'astronomo greco [[Aristarco di Samo]] già nel [[III secolo a.C.|III secolo a. C.]]<ref>{{cita pubblicazione |nome= Lucio|cognome= Russo|wkautore=Lucio Russo|titolo= The astronomy of Hipparchus and his time: A study based on pre-ptolemaic sources|rivista= Vistas in Astronomy|editore= |città= |volume= 38|numero= |anno= 1994|mese= |pp= 207-248|id= |pmid= |url=https://archive.org/details/sim_vistas-in-astronomy_1994_38_part-ii/page/207|lingua= |accesso= |abstract= }}</ref>. Essa però non trova spazio nell'<nowiki/>''[[Almagesto]]'' dell'astronomo alessandrino [[Claudio Tolomeo]]: l{{'}}''Almagesto'' infatti procede la sua trattazione sulla base della sola [[Sistema geocentrico|teoria geocentrica]], per cui il grande successo dell'opera in realtà ha contribuito a mettere in ombra l'eliocentrismo. La teoria eliocentrica venne poi riscoperta e approfondita in seguito all'[[Età delle scoperte|età delle scoperte geografiche]], nel [[XVI secolo|Cinquecento]], in particolare dall'ecclesiastico polacco [[Niccolò Copernico]] e in seguito dall'astronomo tedesco [[Giovanni Keplero]], contemporaneo e corrispondente di Galileo. Tuttavia, la giustificazione teorica rigorosa alla base del [[modello fisico]] eliocentrico sarà elaborata solo alla fine del [[XVII secolo|Seicento]], grazie agli studi sulla gravitazione di [[Isaac Newton]]. Inoltre, la prova sperimentale dell'eliocentrismo si avrà solo nel [[1729]], seppure per via indiretta, con l'annuncio da parte della [[Royal Society]] di Londra della scoperta dell'[[aberrazione della luce]] da parte dell'astronomo inglese [[James Bradley]], che così dimostrò definitivamente l'esistenza del [[Moto di rivoluzione|moto di rivoluzione terrestre]] intorno al Sole<ref>{{cita libro|titolo=The Movements of the Earth|url=https://archive.org/details/movementsearth00lockgoog|autore=Sir Norman Lockyer|wkautore=Norman Lockyer|anno=1887|città=Londra|editore=MacMillan}}</ref>. Bisognerà ancora aspettare la fine del [[XVIII secolo|Settecento]] per le conferme sperimentali definitive anche della [[Periodo di rotazione|rotazione terrestre]], tra cui il celebre esperimento dei gravi di [[Bologna]] condotto da [[Giovanni Battista Guglielmini]], i cui risultati furono pubblicati nell'opuscolo ''De diurno Terrae Motu'' del [[1792]]. Pertanto, all'epoca di Galileo non era possibile confutare la teoria geocentrica con dimostrazioni sperimentali. Nello specifico, Galileo contestò (per la prima volta) alcuni assunti propri della [[Fisica aristotelica]], ad esempio riprendendo le considerazioni di [[Archimede]] sul [[Caduta dei gravi|moto dei gravi]] e le osservazioni lunari che condusse egli stesso.
== Gli antefatti ==
Nella Chiesa, due erano i maggiori Ordini tutelari della cultura scientifica e teologica: l'Ordine dei [[gesuiti]], che vantava nelle sue file numerosi matematici e fisici, e quello [[domenicano]], fedele all'insegnamento dottrinario di [[Tommaso d'Aquino|san Tommaso]], e pertanto sospettoso di ogni novità che a quella metafisica potesse in qualunque modo opporsi. Mentre i gesuiti, in un primo tempo, si mostrarono aperti di fronte alle nuove scoperte astronomiche, furono i domenicani i più decisi oppositori di Galileo, denunciando i pericoli che le teorie galileiane potevano apportare alla tradizionale dottrina della Chiesa. Tuttavia l'atteggiamento dei due Ordini nei confronti di Galileo si rovescerà due decenni dopo: nel [[1633]] saranno i gesuiti a denunciare il ''Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo'', coinvolgendo nelle accuse anche i domenicani che avevano autorizzato la pubblicazione dell'opera.
Il
[[File:Nikolaus Kopernikus.jpg|thumb|Niccolò Copernico]]
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Matteo Caccini temeva soprattutto che il fratello avesse pregiudicato la sua possibile nomina a [[baccelliere]] dello Studio domenicano della Minerva, carica contesa da un altro domenicano fiorentino, Niccolò Ridolfi, appoggiato dall'ambasciatore di [[Francia]] e dal cardinale [[Scipione Caffarelli-Borghese|Scipione Borghese]], nipote del [[papa Paolo V]]; a favore di fra Tommaso stavano invece il [[cardinale]] [[Agostino Galamini]] e i maggiori esponenti dell'[[Ordine domenicano]].
Intanto
=== Le lettere al Castelli e a Cristina di Lorena ===
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{{Citazione|se i Mondi sono molti, allora o presentano la medesima disposizione, o diverse. Nel primo caso, la loro esistenza sarebbe inutile, bastando un solo Mondo (''mundus'', ''puro, perfetto'') a contenere la perfezione di tutti gli altri; ma ciò è assurdo, dal momento che Dio e la natura non fanno niente invano. Se hanno invece diversa disposizione, allora non sarebbero Mondi, non contenendo ogni perfezione; l'[[Universo]] viene detto Mondo proprio perché contiene ogni perfezione. Ne consegue che i Mondi non sono molti.}}
{{Citazione necessaria|
=== Il caso Foscarini ===
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Il 25 febbraio [[1616]] il cardinale Millini riferisce alla Congregazione della censura delle due proposizioni; il [[papa Paolo V]] ordina al cardinale Bellarmino di ammonire Galileo, in presenza di un Padre commissario, ad abbandonare le due proposizioni e a non insegnarle, difenderle o trattarle, pena il carcere: «non doctrinam et opinionem docere aut defendere, seu de ea tractare; si vero non acquieverit, carceretur».
Il 3 marzo, alla Congregazione del Sant'Uffizio riunita alla presenza di [[papa Paolo V]], il Bellarmino legge la relazione nella quale si dà atto che Galilei, ammonito ad abbandonare la tesi che «sol sit centrum spherarum et immobilis, terra autem mobilis», acconsentì; si stabilisce di sospendere la pubblicazione del ''De Revolutionibus'' di Copernico e dell{{'}}''In Job'' di [[Diego de Zúñiga|Didaco Stunica]], finché non saranno da quei libri censurati alcuni passi («suspendendos esse, donec corrigantur»), mentre l'opera del Foscarini è condannata («omnino prohibendum atque damnandum»).
Il 5 marzo la Congregazione dell'Indice pubblica il relativo decreto, dichiarando la teoria copernicana del tutto contraria alle Sacre Scritture («divinae Scripturae omnino adversantem») ma non fa parola dell'eresia della stessa, pur dichiarata «formaliter haereticam», il 24 febbraio, dai teologi del Sant'Uffizio.
[[File:
Galileo scrive soddisfatto al segretario di Cosimo II, Curzio Picchena, il 6 marzo, che la denuncia del Caccini
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Galilei, prima di ritornare finalmente a Firenze, otteneva, su sua richiesta, il 26 maggio 1616, una dichiarazione autografa del Bellarmino così concepita:
{{Citazione|Noi Roberto cardinale Bellarmino, havendo inteso che il sig. Galileo Galilei sia calunniato o imputato di havere abiurato in mano nostra, et anco di essere stato per ciò penitenziato di penitenzie salutari, et essendo ricercati della verità, diciamo che il suddetto sig. Galileo non ha abiurato in mano nostra né di altri qua in Roma, né meno in altro luogo che noi sappiamo, alcuna sua opinione o dottrina, né manco ha ricevuto penitenzie salutari né d'altra sorte, ma solo gli è stata denunziata la dichiarazione fatta da Nostro Signore [''Paolo V'']
=== La polemica con Francesco Ingoli e Orazio Grassi ===
Già prima del decreto della Congregazione dell'Indice, presente Galilei a Roma, era uscita la ''Disputatio de situ et quietae Terrae'' del teologo [[ravenna]]te [[Francesco Ingoli]] ([[1578]] - [[1649]]), un attacco al copernicanesimo galileiano sul [[Metodo scientifico|terreno scientifico]], nella quale si elencavano le difficoltà e i paradossi astronomici che quella teoria produceva, appoggiandosi alla teoria geocentrica di [[Tycho Brahe]].
[[File:Portrait Confused With Johannes Kepler 1610.jpg|thumb|Keplero]]
Si ritiene che la ''Disputatio'' sia stata scritta su esplicita richiesta del Sant'Uffizio e che sia stata tenuta presente nella decisione dei teologi di condannare il ''De revolutionibus'' di Copernico. Del resto, l'Ingoli - già precettore del futuro cardinale [[Ludovico Ludovisi]], nipote di papa Gregorio XV, poi al servizio dei cardinali [[Bonifacio Caetani]] e [[Orazio Lancellotti]], membro del Sant'Uffizio - aveva già scritto un ''De stella anni 1604'' e un ''De cometa anni 1607'' ed era stato un disputatore assiduo nelle riunioni in casa di [[Federico Cesi (scienziato)|Federico Cesi]], il fondatore dell'[[Accademia dei Lincei]].
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In esse, l'Ingoli si pose il problema di conciliare l'utilità (''pro utilitate Reipublicae Christianae'') del testo copernicano con il suo palese contrasto con le Scritture; per evitarne la distruzione occorre leggerlo come se sia unicamente un'ipotesi astronomica, anche se in sé non lo è (''si loca Copernici de motu Terrae non hypothetica, fiant hypothetica'').
Il 13 ottobre 1618 presentava le sue ''Replicationes'' alle contestazioni di [[
Galilei
Galilei e il
Ma il Grassi pubblicò ancora pochi mesi dopo una ''Libra astronomica ac philosophica'' - la ''libra'' è la bilancia - a cui Galileo replicherà nel [[1623]] con il suo ''Il Saggiatore'' - una bilancia più sensibile - ove il libro del Grassi viene integralmente riprodotto; è il testo con il quale Galilei si ripresenta sulla scena scientifica, dopo l'ammonizione del 1616 di non professare né divulgare la teoria copernicana.
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{{Citazione|nelle contemplazioni de' moti celesti si debba aderire ad alcuno, io non veggo per qual ragione [''Orazio Grassi''] s'elegga Ticone, anteponendolo a Tolomeo e a Nicolò Copernico, de' quali due abbiamo i sistemi del mondo interi e con sommo artificio costrutti e condotti al fine; cosa ch'io non veggo che Ticone abbia fatta}}
Urbano VIII si mostrò favorevolmente impressionato da ''Il Saggiatore'', tanto da ricevere più volte Galilei nel [[1624]], incoraggiandolo a un'opera che mettesse a confronto le diverse teorie astronomiche - compresa quella copernicana - purché la presentasse solo come modello matematico, e non una reale rappresentazione naturale, e non si occupasse del
Si sente anche autorizzato a rispondere finalmente alla ''Disputatio'' dell'Ingoli, non già per «sostener per vera quella posizione che già è stata dichiarata per sospetta e ripugnante a quella dottrina la quale di maestà e d'autorità è superiore alle naturali e astronomiche discipline», ma per dimostrare che le argomentazioni del suo contraddittore «sono insussistenti, onde il decreto del Sant'Uffizio andrà accettato solo per disciplina religiosa e non per altro motivo». E aggiungeva che
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{{Citazione|a confusione degli eretici, tra i quali sento quelli di maggior grido esser tutti dell'opinione di Copernico, ho pensiero di trattar quest'argomento assai diffusamente, e mostrar loro che noi Cattolici, non per difetto di discorso naturale, o per non aver vedute quante ragioni, esperienze, osservazioni e dimostrazioni si abbiano vedute loro, restiamo nell'antica certezza insegnataci da’ sacri autori, ma per la reverenza che portiamo alle scritture de i nostri Padri e per il zelo della religione e della nostra fede}}
=== Il ''
{{vedi anche|Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo}}
Scritto dal 1624 al [[1630]], l'autorizzazione alla pubblicazione del ''Dialogo'' fu concessa dall'inquisitore di Firenze Clemente Egidi il 24 maggio [[1631]] su licenza del Maestro del Sacro Palazzo a Roma, Niccolò Riccardi, dopo la revisione del manoscritto operata dal consultore dell'Inquisizione, il domenicano Giacinto Stefani, con la nota condizione di presentare la teoria copernicana solo ''ex suppositione'', venendo finalmente pubblicato il 21 febbraio [[1632]].
Numerose sono le dimostrazioni dell'insufficienza della vecchia fisica; per gli aristotelici e anticopernicani, per esempio, se la Terra si muove, una pietra che cada dall'albero di una nave in movimento, deve cadere più indietro rispetto al piede dell'albero perché durante la caduta la nave si è spostata.
[[File:Aristotle by Raphael.jpg|thumb|left|[[Aristotele]] nell'affresco di [[Raffaello]] delle Stanze vaticane]]
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Galilei ribadisce che la [[matematica]], verità assoluta e dunque necessaria, è il mezzo con il quale Dio, che è assoluta razionalità, ha creato l'universo. La razionalità della natura è dunque comprensibile grazie all'utilizzo del mezzo matematico: è impossibile che Dio abbia operato fuori della ragione. Naturalmente, esistono diversi sistemi razionali possibili ma, essendo tutti razionali, tutti egualmente decifrabili: Dio «poteva far volare gli uccelli con le ossa d'oro massiccio, con le vene piene d'argento vivo, con la cerne grave più del piombo e con ale piccolissime e gravi e così avrebbe mostrato la sua potenza» ma noi «non consideriamo quello che poteva fare ma quello che ha fatto».
Il cardinale [[Agostino Oreggi]], nel suo ''De Deo uno'', nel [[1629]], riferì che Urbano VIII, rispondendo a Galilei, che in uno dei loro numerosi incontri gli aveva presentato la sua teoria delle maree come prova del movimento della Terra, espresse l'opinione che
È il concetto che alla fine del libro Galilei mette in bocca proprio all'aristotelico Simplicio, strapazzato in tutto il ''Dialogo'' dagli altri due protagonisti, Sagredo e Salviati:
{{Citazione|quanto poi a i discorsi avuti, ed in particolare in quest'ultimo intorno alla ragione del flusso e reflusso del mare, io veramente non ne resto interamente capace; ma per quella qual si sia assai tenue idea che me ne son formata, confesso, il vostro pensiero parermi bene più ingegnoso di quanti altri io me n' abbia sentiti, ma non però lo stimo verace e concludente: anzi,
E il Salviati:
{{Citazione|Mirabile e veramente angelica dottrina: alla quale molto concordemente risponde quell'altra, pur divina, la quale, mentre ci concede il disputare intorno alla costituzione del mondo, ci soggiugne (forse acciò che l'esercizio delle menti umane non si tronchi o anneghittisca) che non siamo per ritrovare l'opera fabbricata dalle Sue mani. Vaglia dunque
La "persona dottissima e reverendissima" della prima citazione è un chiaro riferimento a Urbano VIII, il quale viene fatto oggetto di una pesante ironia all'inizio della seconda, in quanto la sua opinione sulla questione delle maree, dopo essere stata confutata e persino sbeffeggiata, viene definita una "mirabile e veramente angelica dottrina".
Se a ciò si aggiunge il maldestro tentativo di Galileo, alla fine del ''Dialogo'', di attenuare l'impatto dell'opera sulle autorità preposte al vaglio della pubblicazione, affermando che agli uomini si "concede di disputare intorno alla costituzione del mondo", a patto di non "ritrovare l'opera fabbricata" da Dio, si può capire il successivo estremo disappunto del Papa Urbano.<ref>{{cita pubblicazione|autore=Enrico Bellone|titolo=Galileo|pubblicazione=I grandi della scienza|numero=1|volume=anno I|curatore=Le Scienze|città=Milano|anno=1998|p=87}}</ref>
== Successo del ''Dialogo'' ==
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Il vescovo di [[Pistoia]] Alessandro Caccia gli scrive il 26 maggio che «non mi potetti contenere di non iscorrere avidamente a una a una tutte le postille, con qualche parte del testo; dove appariscono speculate nuove e gentili osservazioni, da lei ridotte a tanta facilità [... ] Me ne rallegro infinitamente».
[[Tommaso Campanella]] gli scrive da Roma il 5 agosto che il personaggio Simplicio «par il trastullo di questa commedia filosofica, ch'insieme mostra la sciocchezza della sua setta, il parlare, l'instabilità e l'ostinazione [...] vedo quanto è più forzoso [''convincente''] il suo argomentare di quel di Copernico». Ma comprende già i problemi che Galileo sta per avere, dove scrive che «Si dolerà grandemente Apelle ['' l'astronomo gesuita [[
== Il processo ==
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Le reazioni in Roma, all'uscita del libro, non si fanno attendere: già il [[Maestro del Sacro Palazzo]] Nicola Riccardi, aveva scritto il 25 luglio all'inquisitore di Firenze, Clemente Egidi, che il papa vorrebbe impedire la diffusione del libro, che deve essere corretto; gli scrive ancora, il 7 agosto, di contarne le copie già uscite per ritirarle, ma si premura che l'Egidi consoli «l'autore, che stia di buon animo». Le voci di una prossima proibizione si diffondono e allarmano l'ambasciatore fiorentino
{{Citazione|tiene che s'incorra in molti pericoli della fede, non si trattando qui di materie matematiche, ma della Scrittura Sacra, della religione e della fede; perché non è stato osservato il modo e l'ordine dato nello stampare il libro, e la sua opinione [''le tesi copernicane di Galileo''] non solo viene accennata in esso, ma in molti luoghi apertamente dichiarata in maniera incomportabile, meravigliandosi tutti che costà sia stato lasciato stampare}}
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=== Presunte pressioni politiche ===
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La responsabilità della concessione dell{{'}}''imprimatur'' e di una mancata vigilanza sul testo del libro era evidentemente dei censori ecclesiastici, ma sembra che Urbano VIII, oltre a risentimenti personali, fosse premuto dai gesuiti e da problemi di Stato; eletto dai cardinali filofrancesi, la sua politica estera era
▲[[File:Tizian 083b.jpg|thumb|''[[Ritratto di Paolo III]]'', [[Tiziano]] (1543)]]
▲La responsabilità della concessione dell'''imprimatur'' e di una mancata vigilanza sul testo del libro era evidentemente dei censori ecclesiastici, ma sembra che Urbano VIII, oltre a risentimenti personali, fosse premuto dai gesuiti e da problemi di Stato; eletto dai cardinali filofrancesi, la sua politica estera era filo-francese, anti-imperiale e anti-spagnola; la [[Spagna]], attraverso l'ambasciatore cardinale [[Gaspar de Borja y Velasco|Gaspare Borgia]], aveva apertamente denunciato, in occasione del concistoro tenuto nel marzo del 1632, che egli fosse lassista nei confronti delle correnti eretiche.
Urbano VIII ritenne di dover rispondere a queste accuse e di cercare un maggiore equilibrio politico. Il 5 settembre si mostrò durissimo nei confronti dell'ambasciatore fiorentino Niccolini:
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{{Citazione|che questa questione, se la terra si muova o no, è ben stata penetrata da’ sacri scrittori, ma non determinata e insegnata, non importando nulla alla salute delle anime; anzi, essendo doppo S. Agostino passati secoli, e venuto al mondo l’alto ingegno di N. Copernico, il quale con studii e fatiche erculee scrisse il volume delle Revoluzioni degli orbi celesti e della costituzione del mondo e, stimolato dal gran Card. Nicolò Scombergio e altri vescovi catolici, pii e litteratissimi, mandò in luce il suo libro, dedicandolo a un Sommo Pontefice eruditissimo, che fu [[Paolo III]]; e sopra a queste soposizioni, con l’aiuto delle sue tavole, la S. Madre Chiesa terminò la riforma dell’anno, in modo che l’opera di N. Copernico è stata, si può dire, aprovata dall’autorità di S. Chiesa; mosso io da tutte queste cose, confesso di non aver scrupolo nessuno a tenere, persuaso dalle ragioni efficacissime e da tante e tante riprove d’esperienze e osservazioni, che la terra si mova di quei movimenti che gli sono assegnati dal Copernico [...] io non vedevo ragione nessuna per la quale si dovessero proibire i Dialogi di V. S. Il detto Padre mi rispose, che quanto a lui era del medesimo parere che questa questione non si dovesse terminare [''definire''] con l’autorità delle Sacre Lettere; e mi disse per sino che ne voleva fare una scrittura, e che me l’avrebbe mostrata. Io non desidero altro in questo negozio, solo che si studii e intenda il libro di V. S., perché son sicuro che così non si precipiterà in sentenza irragionevole}}
Diversi furono i suoi tentativi di evitare di presentarsi a Roma: il 1º gennaio [[1633]] il cardinale [[Antonio Barberini (cardinale 1627)|Antonio Barberini]] scriveva all'inquisitore fiorentino Clemente Egidi che il Sant'Uffizio non voleva «tolerare queste fintioni, né dissimular la sua venuta qui», minacciando di «pigliarlo et condurlo alle carceri di questo supremo Tribunale, legato anche con ferri».<ref>Edizione nazionale, XX, p. 576.</ref> Privo della protezione del Granduca di Toscana, che non intese mettersi in urto con la Chiesa, il 20 gennaio [[1633]] parte per Roma in lettiga e vi arriva il 13 febbraio [[1633]].
=== Il primo interrogatorio ===
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«In palatio solitae habitationis dicti Ill.mi D. Card.lis Bellarminii et in mansionibus Dominationis Suae Ill.mae, idem Ill.mus D. Card.lis, vocato supradicto Galileo, ipsoque coram D. sua Ill.ma existente, in praesentia admodum R. P. Fratris Michaelis Angeli Seghitii de Lauda, ordinis Praedicatorum, Commissarii generalis S.ti Officii, praedictum Galileum monuit de errore supradictae opinionis et ut illam deserat; et successive ac incontinenti, in mei etc. et testium etc., praesente etiam adhuc eodem Ill.mo D.Card.li supradictus P. Commissarius praedicto Galileo adhuc ibidem praesenti et constituto praecepit et ordinavit S.mi D. N. Papae et totius Congregationis S.ti Officii, ut supradictam opinionem, quod sol sit centrum mundi et immobilis et terra moveatur, omnino relinquat, nec eam de caetero, quovis modo, teneat, doceat aut defendat» (abbandoni del tutto, né del resto in qualunque modo la sostenga, l'insegni o la difenda), «verbo aut scriptis; alias, cantra ipsum procedetur in S.to Officio. Cui praecepto idem Galileus acquievit et parere promisit».
«Actum Romae ubi supra, praesentibus ibidem R.do Badino Nores de Nicosia in regno Cypri, et Augustino Mongardo de loco Abbatiae Rosae, dioc. Politianensis, familiaribus dicti Ill.mi D. Cardinalis, testibus».<ref>"Ammonizione del card. Roberto Bellarmino a Galileo", in Sergio M. Pagano (a cura di), ''I documenti del processo di Galileo Galilei'', Città del Vaticano, Archivio Vaticano, 1984, pp. 101-102</ref>
[[File:Frontpage of Dialogo di Galileo Galilei Linceo.png|thumb|left|Il Dialogo sopra i due Massimi Sistemi]]
Risponde Galileo di non ricordare che nella dichiarazione del Bellarmino vi fossero le parole ''quovis modo'' (in qualsiasi modo) e ''nec docere'' (non insegnare). Galileo, rispondendo di non ricordare, commise anche l'errore di menzionare la parola ''precetto'', sostenendo di «non aver in modo alcuno contravenuto a quel precetto». L'inquisitore, verbalizzando, diede per avvenuta l'intimazione del presunto precetto. Dopo aver risposto sulle vicende dell{{'}}''imprimatur'' al suo ''Dialogo'', sostiene di non avervi «né tenuta né diffesa l'opinione della mobilità della Terra e della stabilità del Sole; anzi nel detto libro io mostro il contrario di detta opinione del Copernico, e che le ragioni di esso Copernico sono invalide e non concludenti». Con questa disperata difesa si chiude il primo interrogatorio.
I documenti ufficiali venivano sempre scritti sulla prima pagina, ossia sul ''recto'' di ogni foglio, lasciando in bianco il verso dello stesso foglio per evitare probabilmente che l'inchiostro, che eventualmente trapassasse la pagina, danneggiasse uno scritto importante nella pagina successiva; tutte le pagine sono numerate e in ordine cronologico e nel verso di un foglio figurano a volte note o copie di ordinanze, ma mai un documento ufficiale, che inizia sempre e solo nel recto di ogni foglio, proseguendo nel recto del foglio successivo, con una sola eccezione: il «precetto» a Galileo, che non risulta peraltro né timbrato, né firmato da Galileo, né dal notificante né da alcun testimone.
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Questo precetto fondamentale - ingiunzione al rispetto di un ordine la cui violazione avrebbe comportato una pena immediata - nel registro del dossier Galileo è annotato su uno spazio trovato casualmente disponibile, ossia nel ''verso'' di due fogli relativi ad altri due documenti: in questo modo ha tutta l'apparenza di una trascrizione di un documento di cui, se mai esistette, non c'è più traccia, seppure non si tratti di un falso.
Non ve n'è traccia, né nel verbale successivo della Congregazione del Sant'Uffizio, del 3 marzo 1616, che cita solo un{{'}}''ammonizione'' fatta a Galileo dal Bellarmino nella sua casa - ossia un avvertimento che non ha nulla a che fare con un precetto - alla quale Galileo aveva subito acconsentito, né nella nota lettera del Bellarmino a Galileo del 26 maggio successivo. Nessun protagonista di quell'anno è ancora in vita a rendere testimonianza di quei fatti e gli attuali inquisitori considerano quell'ammonizione un'autentica ingiunzione; quel testo scritto, che essi leggono a Galileo, a lui risulta non corrispondere esattamente all'ammonizione verbale che il Bellarmino gli fece nell'ormai lontano 26 febbraio 1616.
=== Altri interrogatori ===
Riga 258 ⟶ 271:
Il 21 giugno si tiene l'ultimo interrogatorio: Galileo dichiara preliminarmente di non aver nulla da dire; richiesto se sostenesse o avesse sostenuto la dottrina eliocentrica, risponde che:
{{Citazione|avanti la determinazione della Congregazione dell'Indice e prima che mi fusse fatto quel precetto [''così ora chiama l'ammonizione del Bellarmino del 26 febbraio 1616''] io stavo indifferente e avevo le due opinioni, cioè di [[Claudio Tolomeo|Tolomeo]] e di Copernico, per disputabili, perché o l'una o l'altra poteva esser vera in natura; ma dopo la determinazione
Nel ''Dialogo'':
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Naturalmente Galileo mente e del resto l'inquisitore non gli crede e vuole un'esplicita confessione che Galileo sia copernicano, e «nisi se resolvat fateri veritatem, devenietur contra ipsum ad remedia iuris et facti opportuna»; Galileo nega ancora di essere copernicano e «del resto son qua nelle loro mani, faccino quello gli piace». L'inquisitore lo minaccia di tortura: «quod dicat veritatem, alias deveniutur ad torturam»; risponde Galileo: «Io son qua per far l'obedienza; e non ho tenuta questa opinione dopo la determinazione fatta, come ho detto».
«Et cum nihil aliud posset haberi in executionem decreti, habita eius subscriptione, remissus fuit ad locum suum».<ref>«Non risulta provato che il rigore contro l'illustre vecchio» si sia spinto fino alla tortura: cfr. L. Geymonat, ''Galileo Galilea'', 1983, p. 189. In un saggio del 1865, [http://books.google.it/books?id=IAUzAAAAIAAJ&dq=%22Storia+ed+esame+della+enciclica+e+del+Sillabo+dell%278+Dicembre+1864%22&printsec=frontcover&source=bl&ots=mjQVhZ3NBY&sig=UTvH2H9I7wWvdk1QZZ9PSSSMQv4&hl=it&sa=X&oi=book_result&resnum=1&ct=result#PPA79,M1 ''Storia ed esame della enciclica e del Sillabo dell'8 dicembre 1864'', Ed. Torino Stamperia dell'Unione Tip. Editrice, 1865, pag. 79], fortemente polemico contro la gerarchia ecclesiastica, l'abate Antonio Isaia sostenne che la frase «giudicassimo essere necessario venire contro di te al rigoroso esame» debba essere interpretata nel senso che Galileo fu effettivamente torturato, non solo minacciato di tortura; questa tesi è stata ripresa da [[Italo Mereu]], "[[Storia dell'intolleranza in Europa]]", 1979 (ed. riv. Bompiani, 2000) ISBN 88-452-4696-5. Secondo [[Orio Giacchi]], professore di [[diritto ecclesiastico]] nell'[[Università Cattolica di Milano]], invece il Tribunale, non procedendo alla tortura di Galileo, incorse in una «irregolarità»: cfr. O. Giacchi, ''Considerazioni giuridiche sui due processi contro Galileo'', Milano 1942. Al contrario, secondo lo storico [[Giorgio De Santillana|De Santillana]] la minaccia di tortura rappresentava una mera formalità, in quanto le regole della stessa Inquisizione ne impedivano l'applicazione ad un uomo vecchio e ammalato come Galileo: cfr. ''Processo a Galileo'', 1960, pag. 548 e secondo lo storico Maurice Finocchiaro dalla tortura erano protetti i chierici (Galileo aveva ricevuto la tonsura clericale nel 1631) e le accuse portate allo scienziato toscano non sarebbero state gravi abbastanza da giustificarne l'effettivo utilizzo: cfr. ''Galileo Goes to Jail, and Other Myths about Science and Religion'', Cambridge, MA: Harvard University Press, 2009, pag. 77.<br />
Secondo Finocchiaro, l'interpretazione odierna degli storici competenti sarebbe che il verbale del costituto del 22 giugno attesti la sola minaccia della tortura, e la convinzione dell'avvenuta tortura risalirebbe ad un'epoca in cui erano noti meno documenti sugli eventi: cfr. ''Galileo Goes to Jail'', pag. 78.</ref>
=== La condanna ===
Il giorno dopo, nella Sala capitolare del convento domenicano adiacente alla chiesa di [[Basilica di Santa Maria sopra Minerva|Santa Maria sopra Minerva]], viene letta in italiano, a un Galileo inginocchiato, la sentenza sottoscritta da sette inquisitori su dieci:
{{Citazione|Essendo che tu, Galileo fig.lo del q.m. Vinc.o Galilei, Fiorentino, dell'età tua d'anni 70, fosti denunziato del 1615 in questo S.o Off.o, che tenevi come vera la falsa dottrina, da alcuni insegnata, ch'il Sole sia centro del mondo e imobile, e che la Terra si muova anco di moto diurno; ch'avevi discepoli, a' quali insegnavi la medesima dottrina; che circa l'istessa tenevi corrispondenza con alcuni mattematici di Germania; che tu avevi dato alle stampe alcune lettere intitolate ''Delle macchie solari'', nelle quali spiegavi l'istessa dottrina come vera; che all'obbiezioni che alle volte ti venivano fatte, tolte dalla Sacra Scrittura, rispondevi glosando detta Scrittura conforme al tuo senso; e successivamente fu presentata copia d'una scrittura, sotto forma di lettera, quale si diceva esser stata scritta da te ad un tale già tuo discepolo, e in essa, seguendo la posizione del Copernico, si contengono varie proposizioni contro il vero senso e autorità della sacra Scrittura [...]
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E essendo ultimamente comparso qua un libro, stampato in Fiorenza l'anno prossimo passato, la cui inscrizione mostrava che tu ne fosse l'autore, dicendo il titolo ''Dialogo di Galileo Galilei delli due Massimi Sistemi del mondo, Tolemaico e Copernicano''; ed informata appresso la Sacra Congre.ne che con l'impressione di detto libro ogni giorno più prendeva piede e si disseminava la falsa opinione del moto della terra e stabilità del Sole; fu il detto libro diligentemente considerato, e in esso trovata espressamente la transgressione del predetto precetto che ti fu fatto, avendo tu nel medesimo libro difesa la detta opinione già dannata e in faccia tua per tale dichiarata, avvenga che tu in detto libro con varii ragiri ti studii di persuadere che tu lasci come indecisa e espressamente probabile, il che pur è errore gravissimo, non potendo in niun modo esser probabile un'opinione dichiarata e difinita per contraria alla Scrittura divina [...]
E essendoti stato assegnato termine conveniente a far le tue difese, producesti una fede scritta di mano dell'emin.mo S.r Card.le Bellarmino, da te procurata, come dicesti, per difenderti dalle calunnie de' tuoi nemici, da' quali ti veniva opposto che avessi abiurato e fossi stato penitenziato, ma che ti era solo stata denunziata la dichiarazione fatta da N. S. e
Invocato dunque il S.mo nome di N. S.re Gesù Cristo e della sua gloriosissima Madre sempre Vergine Maria; per questa nostra diffinitiva sentenza, qual sedendo pro tribunali, di consiglio e parere de' RR Maestri di Sacra Teologia e Dottori dell'una e dell'altra legge, nostri consultori, proferimo in questi scritti nella causa e nelle cause vertenti avanti di noi tra il M.co Carlo Sinceri, dell'una e dell'altra legge Dottore, Procuratore fiscale di questo S.o Off.o, per una parte, a te Galileo Galilei antedetto, reo qua presente, inquisito, processato e confesso come sopra, dall'altra;
Diciamo, pronunziamo, sentenziamo e dichiaramo che tu, Galileo
E acciocché questo tuo grave e pernicioso errore e transgressione non resti del tutto impunito, e sii più cauto nell'avvenire e essempio all'altri che si astenghino da simili delitti. Ordiniamo che per publico editto sia proibito il libro de' Dialoghi di Galileo Galilei.
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{{Citazione|Io Galileo, figlio di Vincenzo Galileo di Fiorenza, dell'età mia d'anni 70, constituto personalmente in giudizio, e inginocchiato avanti di voi Eminentissimi e Reverendissimi Cardinali, in tutta la Republica Cristiana contro l'eretica pravità generali Inquisitori; avendo davanti gl'occhi miei li sacrosanti Vangeli, quali tocco con le proprie mani, giuro che sempre ho creduto, credo adesso, e con l'aiuto di Dio crederò per l'avvenire, tutto quello che tiene, predica e insegna la Santa Cattolica e Apostolica Chiesa. Ma perché da questo Santo Officio, per aver io, dopo d'essermi stato con precetto dall'istesso giuridicamente intimato che omninamente dovessi lasciar la falsa opinione che il Sole sia centro del mondo e che non si muova, e che la Terra non sia centro del mondo e che si muova, e che non potessi tenere, difendere né insegnare in qualsivoglia modo, né in voce né in scritto, la detta falsa dottrina, e dopo d'essermi notificato che detta dottrina è contraria alla Sacra Scrittura, scritto e dato alle stampe un libro nel quale tratto l'istessa dottrina già dannata e apporto ragioni con molta efficacia a favor di essa, senza apportar alcuna soluzione, sono stato giudicato veementemente sospetto d'eresia, cioè d'aver tenuto e creduto che il Sole sia centro del mondo e imobile e che la Terra non sia centro e che si muova;
pertanto, volendo io levar dalla mente delle Eminenze Vostre e d'ogni fedel Cristiano questa veemente sospizione, giustamente di me conceputa, con cuor sincero e fede non finta '''abiuro, maledico e detesto li
Giuro anco e prometto d'adempire e osservare intieramente tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno da questo Santo Officio imposte; e contravenendo ad alcuna delle mie dette promesse e giuramenti, il che Dio non voglia, mi sottometto a tutte le pene e castighi che sono da' sacri canoni e altre costituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Così Dio m'aiuti e questi suoi santi Vangeli, che tocco con le proprie mani.
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In realtà non esistono testimonianze dirette che Galileo abbia mai pronunciato questa frase. Il primo a riportare per esteso l'episodio fu lo scrittore [[Giuseppe Baretti]], che aveva ricostruito la vicenda per il pubblico inglese in un'antologia pubblicata nel 1757<ref>Giuseppe Baretti, ''The Italian Library. Containing An Account of the Lives and Works of the Most Valuable Authors of Italy.'' (Londra, 1757); A. Rupert Hall, "Galileo nel XVIII secolo," ''Rivista di filosofia,'' 15 (Torino, 1979), pp. 375–78.</ref>. Pochi anni dopo l'aneddoto fu riferito anche da [[Augustin Simon Irailh]] come esempio emblematico di disputa fra un'istituzione e un individuo<ref>Augustin Simon Irailh, ''Querelles littéraires, ou Mémoires pour servir à l'histoire des révolutions de la République des Lettres, depuis Homère jusqu'à nos jours'', 1761.</ref>
In seguito, la frase fu ripetutamente menzionata nelle ricostruzioni narrative e teatrali della vicenda di Galileo: in particolare, è la battuta finale ''("Et pourtant elle tourne!")'' pronunciata dallo scienziato pisano nel dramma ''Galilée'' (1867) di [[François Ponsard]]<ref>[https://archive.org/stream/bub_gb_SbMFCVZ2Uq4C/bub_gb_SbMFCVZ2Uq4C_djvu.txt ''Galilée, drame en trois actes en vers par François Ponsard,'' testo integrale online]</ref>. Nel XX secolo la frase appare ormai indissolubilmente legata alla figura dello scienziato; [[Bertolt Brecht]] la cita nella sua celebre opera teatrale ''[[Vita di Galileo]]'', ma anziché farla pronunciare a Galileo, la fa comparire, nella scena IX, in una sorta di filastrocca canticchiata dal giovane discepolo Andrea Sarti
Nel 1911, nel corso del restauro di un quadro di scuola spagnola (attribuito a [[Bartolomé Esteban Murillo|Murillo]] e verosimilmente dipinto prima del 1650) che ritrae Galileo imprigionato dopo l'abiura, le parole ''"E pur si muove"'' furono trovate in una parte del dipinto che era rimasta nascosta a seguito di un precedente intervento di ridimensionamento del quadro: nell'intenzione del pittore, lo sguardo di Galileo era diretto proprio verso quelle parole, incise sul muro della prigione<ref>Fahie, J.J. (1929), ''Memorials of Galileo (1564–1642)'', Leamington and London: the Courier Press, pp. 72–4
== Gli ultimi anni ==
Il 1º luglio [[1633]] gli è concesso di trasferirsi a [[Siena]] nell'abitazione dell'amico arcivescovo [[
[[File:GallileoTomb.jpg|thumb|Tomba di Galileo in Santa Croce]]
Il 2 gennaio [[1638]] scrive all'amico [[Elia Diodati]] a [[Parigi]] di essere diventato cieco da un mese: «mentre che vo considerando che quel cielo, quel mondo e quello universo che io con mie maravigliose osservazioni e chiare dimostrazioni avevo ampliato per cento e mille volte più del comunemente veduto da' sapienti di tutti i secoli passati, ora per me s'è sì diminuito e ristretto, ch'
Nel [[1638]] quando era già completamente cieco, pubblicò (a [[Leida]], nei Paesi Bassi) il suo lavoro più importante: ''[[s:Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze|Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze]]''. In essa tratta le leggi del [[moto (fisica)|moto]] e la struttura della materia.
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== La Chiesa riconosce l'ingiusta condanna ==
La prima vera riabilitazione dello scienziato da parte della Chiesa cattolica si può datare al [[1822]] da parte del papa riformatore [[Papa Pio VII|Pio VII]], 180 anni dopo la sua morte, con la concessione dell'imprimatur all'opera "''Elementi di ottica e astronomia''" del canonico Settele, che dava come teoria consolidata e del tutto compatibile con la fede cristiana il sistema copernicano. A suggello di tale accettazione, nell'edizione aggiornata dell'Indice del 1846, tutte le opere sul sistema copernicano furono cassate. Tuttavia, [[papa Giovanni Paolo II]] auspicò che l'esame del caso Galilei venisse approfondito da «teologi, scienziati e storici, animati da uno spirito di sincera collaborazione, [...] nel leale riconoscimento dei torti, da qualunque parte provengano» per rimuovere «le diffidenze che quel caso tuttora frappone, nella mente di molti, alla fruttuosa concordia tra scienza e fede, tra Chiesa e mondo»<ref>Giovanni Paolo II, [http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/1979/november/documents/hf_jp-ii_spe_19791110_einstein_it.html Discorso del 10 novembre 1979] per la commemorazione della nascita di Einstein</ref>. Il 3 luglio 1981 fu istituita un'apposita «commissione di studio»<ref name=GP2>Giovanni Paolo II, [http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/1992/october/documents/hf_jp-ii_spe_19921031_accademia-scienze_it.html Discorso ai partecipanti alla sessione plenaria della Pontificia Accademia delle scienze.] - dal sito internet della [[Santa Sede]], 31 ottobre [[1992]].</ref>
Dopo oltre 11 anni dall'inizio dei lavori e 359 anni dopo la condanna di Galileo, nella relazione finale della commissione di studio datata 31 ottobre [[1992]], il cardinale [[Paul
=== La posizione di Joseph Ratzinger ===
{{vedi anche|Controversia sull'invito di papa Benedetto XVI alla Sapienza}}
In particolare la posizione al riguardo del cardinale [[Joseph Ratzinger]], diventato poi papa con il nome di Benedetto XVI, è
Nel 2008, infatti, sorse in Italia un acceso dibattito su un [[Controversia sull'invito di Papa Benedetto XVI alla Sapienza|mancato discorso]]<ref>[http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2008/january/documents/hf_ben-xvi_spe_20080117_la-sapienza_it.html Testo dell'allocuzione che Benedetto XVI avrebbe pronunciato nel corso della visita all'Università degli Studi "La Sapienza" di Roma, prevista per il 17 gennaio, poi annullata in data 15 gennaio 2008] - Sito ufficiale della [[Santa Sede]].</ref> del [[papa Benedetto XVI]] alla cerimonia inaugurale dell'Università [[La Sapienza]], che a propria volta mise in rilievo un intervento su Galileo tenuto il 15 febbraio [[1990]], dall'allora cardinale Ratzinger.<ref>{{cita news | autore= | url=
Tali parole sollevarono forti polemiche nel mondo scientifico, in particolar modo per la citazione di [[Paul Feyerabend]].
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* [[Paul Feyerabend|P. K. Feyerabend]], ''Contro il metodo'', Milano, Feltrinelli, 1979
* [[Pietro Redondi|P. Redondi]], ''Galileo eretico'', Torino, Einaudi, 1983
* Sergio Pagano, ''I documenti del processo di Galileo Galilei'', Città del Vaticano, Archivio Vaticano, 1984.
* AA. VV., ''Galileo Galilei: 350 anni di storia (1633 - 1983). Studi e ricerche'', a cura di mons. P. Poupard, Roma, Piemme, 1984
* M. D'Addio, ''Considerazioni sui processi a Galileo'', Roma, Herder, 1985
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* A. Fantoli, ''Galileo: per il copernicanesimo e per la Chiesa'', Città del Vaticano, Specola Vaticana-Libreria Editrice, 1993
* M. Bucciantini, ''Contro Galileo. Alle origini dell'Affaire'', Firenze, Olschki, 1995
* ''La sentenza del processo contro Galileo Galilei (1633) trascritta da Francesco Becattini'', in: {{cita libro | titolo = La libertà al tempo dell'Inquisizione. Antologia di documenti dal 1252 al 1948 | curatore = Davide Canfora | anno = 1999 | editore = [[Nicola Teti Editore|Teti Editore]] | città = Milano | isbn = 978-88-7039-771-0}}
* J. Reston, ''Galileo'', Casale Monferrato, Piemme, 2001
* Mariano Artigas, Melchor Sánchez de Toca, ''Galileo e il Vaticano'', Venezia, Marcianum Press, 2009, pp. 311, ISBN 978-88-89736-73-9
* Vittorio Frajese, ''A proposito di falsi. Ritornando sul processo a Galileo'', in "Dimensioni e problemi della ricerca storica" 1/2010, doi: 10.7376/70333
* Sergio Pagano, ''I documenti del processo di Galileo Galilei (1611-1741)'', nuova edizione accresciuta, rivista e annotata, Città del Vaticano, Archivio segreto Vaticano, 2009.
== Voci correlate ==
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== Altri progetti ==
{{Interprogetto|s=Abiura_di_Galileo_Galilei|s_oggetto=il testo|s_preposizione=dell'|s_etichetta=abiura di Galileo Galilei|q_preposizione=sul}}
== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|http://www.fisicamente.net/FISICA/index-1042.htm|Vita e pensiero di Galileo}}
* {{cita web | 1 = http://www.torricellimi.it/progetti/galileo/Relazione%20Galileo/Vita%20di%20Galileo%20Galilei/Source/LetteraABenedettoCastelli.htm | 2 = Lettera di Galileo a Benedetto Castelli (1613) | accesso = 27 maggio 2006 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20060513104548/http://www.torricellimi.it/progetti/galileo/Relazione%20Galileo/Vita%20di%20Galileo%20Galilei/Source/LetteraABenedettoCastelli.htm | dataarchivio = 13 maggio 2006 | urlmorto = sì }}
* {{cita web|http://www.astrofilitrentini.it/mat/testi/galileo/14.html|Lettera di Galileo a Cristina di Lorena (1615)}}
* {{cita web |1=http://www.liceonievo.it/ddttc/galileo/5/BELLFIL.htm |2=Lettera di Bellarmino a Foscarini |accesso=26 maggio 2006 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100504182241/http://www.liceonievo.it/ddttc/galileo/5/BELLFIL.htm |dataarchivio=4 maggio 2010 |urlmorto=sì }}
* [https://web.archive.org/web/20060226022933/http://asv.vatican.va/it/stud/download/CAV_21.htm I documenti del processo di Galileo Galilei], a cura di Sergio Pagano, con la collaborazione di Antonio G. Luciani, 1984, pp. XXVIII, 280, tav. 6, ISBN 88-85042-11-2; scaricabili presso il sito dell'Archivio Segreto vaticano, [http://asv.vatican.va/ asv.vatican.va]
* {{cita web|http://www.fisicamente.net/SCI_FED/index-780.htm|Su Ratzinger e Feyerabend}}
* {{cita news | autore= [[José Gabriel Funes]] | url=
* {{cita web | 1 = http://www.storialibera.it/epoca_moderna/galileo_galilei | 2 = Altri documenti su Galileo Galilei | accesso = 16 luglio 2010 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20101024172717/http://www.storialibera.it/epoca_moderna/galileo_galilei/ | dataarchivio = 24 ottobre 2010 | urlmorto = sì }}
{{Galileo Galilei}}
{{Portale|cattolicesimo|storia}}
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