==Attività di ricerca scientifica==
Negli anni 90 gli studi di Peterson si sono concentrati, nell'ambito della [[Discipline psicologiche#Psicologiaanormale|psicologia abnormale]], sullo studio della predisposizione genetica e dell'[[Ereditarietà genetica|ereditarietà]] della dipendenza dall'[[alcolismo]],<ref>Robert O. Pihl, Jordan Peterson e Peter R. Finn,
[https://www.researchgate.net/publication/20944340_Inherited_Predisposition_to_Alcoholism_Characteristics_of_Sons_of_Male_Alcoholics Inherited Predisposition to Alcoholism: Characteristics of Sons of Male Alcoholics], ''Journal of Abnormal''</ref> evidenziando che i figli di alcolisti maschi sono particolarmente a rischio per lo sviluppo di alcolismo. Questo aumento del rischio appare frequentemente in associazione ad un'aumentata incidenza di disturbi comportamentali o iperattività, con deficit nel pensiero astratto e nelle prestazioni scolastiche, con anormalità nella risposta psicofisiologica, e con maggiore sensibilità agli effetti putativi di smorzamento dell'intossicazione alcolica.<ref>Jordan Peterson e Robert O. Pihl [https://www.researchgate.net/publication/21002590_Information_processing_neuropsychological_function_and_the_inherited_predisposition_to_alcoholism Information processing, neuropsychological function, and the inherited predisposition to alcoholism], ''Neuropsychology Review''</ref><ref>Jordan Peterson, Robert O. Pihl e Peter R. Finn, [https://www.researchgate.net/publication/21594394_Cognitive_Dysfunction_and_the_Inherited_Predisposition_to_Alcoholism Cognitive Dysfunction and the Inherited Predisposition to Alcoholism], ''Journal of studies on alcohol''</ref><ref>Jordan B. Peterson e Robert O. Pihl, [https://www.researchgate.net/publication/236273549_Genetic_and_other_risk_factors_for_alcoholism Genetic and other risk factors for alcoholism], ''NIAAA: Eighth Special Report to the US Congress on Alcohol and Health''</ref><ref>Jordan B. Peterson, Robert O. Pihl, Jean Richard Séguin e Sherry H. Stewart, [https://www.researchgate.net/publication/14825060_Heart-rate_reactivity_and_alcohol_consumption_among_sons_of_alcoholics_and_sons_of_non-alcoholics Heart-rate reactivity and alcohol consumption among sons of alcoholics and sons of non-alcoholics], ''Journal of psychiatry & neuroscience''</ref><ref>Robert O. Pihl e Jordan B. Peterson,
[https://www.researchgate.net/publication/21309516_A_biobehavioural_model_for_the_inherited_predisposition_to_alcoholism A biobehavioural model for the inherited predisposition to alcoholism], ''Alcohol and alcoholism''</ref> I figli mostrano uno schema di iperreattività autonomica a una varietà di stimoli e difficoltà nei test cognitivi, indicativi della disfunzione del lobo prefrontale che possono essere correlati alla predisposizione all'alcolismo.<ref>Robert O. Pihl, Jordan B. Peterson e Peter R. Finn,▼
[https://www.researchgate.net/publication/232523002_A_heuristic_model_for_the_inherited_predisposition_to_alcoholism A heuristic model for the inherited predisposition to alcoholism], ''Psychology of Addictive Behaviors''</ref> Altri studi di Peterson si sono concentrati sulla correlazione tra consumo di alcol e droga, aggressività e comportamenti antisociali.<ref>Robert O. Pihl, Jordan B. Peterson e Mark A. Lau, [https://www.researchgate.net/publication/14788263_A_biosocial_model_of_the_alcohol-aggression_relationship A biosocial model of the alcohol-aggression relationship], ''Journal of studies on alcohol. Supplement''</ref><ref>Robert O. Pihl e Jordan B. Peterson, [https://www.researchgate.net/publication/236273524_Alcohol_drug_use_and_aggressive_behavior Alcohol, drug use and aggressive behavior], ''Crime and Mental Disorder''</ref><ref>Robert O. Pihl e Jordan B. Peterson, [https://www.researchgate.net/publication/236273594_Alcohol_and_aggression_Three_potential_mechanisms_of_the_drug_effect Alcohol and aggression: Three potential mechanisms of the drug effect], ''Alcohol and Interpersonal Violence: Fostering Multidisciplinary Perspectives''</ref><ref>Peter R. Giancola, Jordan B. Peterson e Robert O. Pihl, [https://www.researchgate.net/publication/14884346_Risk_for_alcoholism_antisocial_behavior_and_response_perseveration Risk for alcoholism, antisocial behavior, and response perseveration], ''Journal of Clinical Psychology''</ref>
Peterson inoltre si è occupato di [[psicologia politica]]: le sue ricerche, assieme a numerose altre in tale ambito, confermano l'esistenza di una correlazione tra posizione politica di una persona e i tratti prevalenti del suo [[Temperamento (psicologia)|temperamento]] e della sua [[personalità]]. Utilizzando il modello dei [[Big Five]], i conservatori sembrano possedere valori generalmente più alti in Coscienziosità (e nei suoi due sottoparametri, ordine e operosità) e più bassi in Apertura mentale, mentre per i ''liberal'' vale l'opposto. Coscienziosità e apertura mentale sono covarianti lungo l'asse politico. Poiché è noto che i tratti della personalità e del temperamento sono in parte determinati biologicamente, pare dunque sempre più evidente che anche la posizione politica possa essere, almeno parzialmente, influenzata da fattori genetici.
<ref>Jordan Peterson e Robert O. Pihl [https://www.researchgate.net/publication/21002590_Information_processing_neuropsychological_function_and_the_inherited_predisposition_to_alcoholism Information processing, neuropsychological function, and the inherited predisposition to alcoholism], ''Neuropsychology Review''</ref>
Peterson ha tentato di spiegare perché siano proprio questi due tratti, coscienziosità e apertura mentale – che in generale sono due parametri abbastanza indipendenti (non correlati statisticamente) tra di loro – ad essere strettamente collegati alla posizione politica: secondo Peterson la spiegazione è legata essenzialmente a concetto di «confine». Alle persone "aperte" (con alto valore di apertura mentale), infatti, piace vivere nei pressi o al di là di un confine, in tutti i sensi (concreti o figurati), sono pronte ad aprire i propri confini, a sfondare qualunque schema, qualunque barriera, a pensare fuori dagli schemi, a trovare analogie tra le cose, comportandosi spesso anche in modo disordinato e confusionario. Al contrario le persone coscienziose, soprattutto quelle con un alto livello di ordine, tendo a schematizzare, a pensare all'interno degli schemi, a distinguere le cose, a dividere, separare, confinare e strutturare su vari livelli il mondo che li circonda. Questa tendenza delle persone coscienziose a schematizzare/separare è correlata alla sensazione di disgusto, spesso associata a persone eccessivamente ordinate, interpretabile come la sensazione associata ad una repulsione nei confronti di una «violazione di confine», ovvero repulsione nel vedere toccarsi oggetti (in tutti i sensi, oggetti concreti o figurati, idee, comportamenti e categorie di persone) che, rispetto un certo schema concettuale, non è ammesso che possano toccarsi. Secondo Peterson in definitiva le persone con maggiore apertura mentale (dunque, statisticamente, più ''liberal'') tendono a vedere i vantaggi e le opportunità che si presentano nell'apertura di un «confine», mentre le persone con alti valori di coscienziosità (statisticamente, più conservatrici) tendono a vedere i difetti e i pericoli di eventuali aperture e «violazioni di confine».
<ref>Jordan Peterson, Robert O. Pihl e Peter R. Finn, [https://www.researchgate.net/publication/21594394_Cognitive_Dysfunction_and_the_Inherited_Predisposition_to_Alcoholism Cognitive Dysfunction and the Inherited Predisposition to Alcoholism], ''Journal of studies on alcohol''</ref>
==Maps of Meaning==
{{citazione|Sono passati quasi dodici anni da quando ho afferrato per la prima volta l'essenza del paradosso che sta alla base della motivazione umana verso il male: le persone hanno bisogno dell'identificazione di gruppo, perché quell'identificazione le protegge, letteralmente, dalle terribili forze dell'ignoto. È per questo motivo che ogni individuo che non è decadente si sforzerà di proteggere il proprio territorio, reale e psicologico. Ma la tendenza a proteggere significa odiare l'altro, e dunque l'inevitabilità della guerra – e adesso siamo troppo tecnologicamente potenti per impegnarci in guerra. Consentire la vittoria agli altri, tuttavia – o anche l'esistenza continuata, nei suoi termini – significa soggiogamento, dissoluzione delle strutture protettive e esposizione a ciò che è più temuto. Per me, questo significava «dannato se lo fai, dannato se non lo fai»: i sistemi di credenze regolano l'affetto, ma il conflitto tra i sistemi di credenze è inevitabile.
La formulazione e la comprensione di questo terribile paradosso mi hanno devastato. Ero sempre stato convinto che una sufficiente comprensione di un problema, qualsiasi problema, portasse alla sua risoluzione. Qui ero, tuttavia, in possesso di una comprensione che sembrava non solo sufficiente ma completa, catturato comunque tra il diavolo e il mare blu profondo. Non riuscivo a vedere come potesse esserci un'alternativa al fatto di avere un sistema di credenze o al non averlo – e potevo vedere lo svantaggio di entrambe le posizioni. Questo ha davvero scosso la mia fede.|Jordan Peterson, ''Maps of Meaning''.<ref>Jordan Peterson, ''Maps of Meaning: The Architecture of Belief'', 460.</ref>|It has been almost twelve years since I first grasped the essence of the paradox that lies at the bottom of human motivation for evil: People need their group identification, because that identification protects them, literally, from the terrible forces of the unknown. It is for this reason that every individual who is not decadent will strive to protect his territory, actual and psychological. But the tendency to protect means hatred of the other, and the inevitability of war — and we are now too technologically powerful to engage in war. To allow victory to the other, however — or even continued existence, on his terms—means subjugation, dissolution of protective structures, and exposure to that which is most feared. For me, this meant ‘damned if you do, damned if you don’t’: belief systems regulate affect, but conflict between belief systems is inevitable.
<ref>Jordan B. Peterson e Robert O. Pihl, [https://www.researchgate.net/publication/236273549_Genetic_and_other_risk_factors_for_alcoholism Genetic and other risk factors for alcoholism], ''NIAAA: Eighth Special Report to the US Congress on Alcohol and Health''</ref>
<ref>Jordan B. Peterson, Robert O. Pihl, Jean Richard Séguin e Sherry H. Stewart, [https://www.researchgate.net/publication/14825060_Heart-rate_reactivity_and_alcohol_consumption_among_sons_of_alcoholics_and_sons_of_non-alcoholics Heart-rate reactivity and alcohol consumption among sons of alcoholics and sons of non-alcoholics], ''Journal of psychiatry & neuroscience''</ref>
Formulation and understanding of this terrible paradox devastated me. I had always been convinced that sufficient understanding of a problem—any problem—would lead to its resolution. Here I was, however, possessed of understanding that seemed not only sufficient but complete, caught nonetheless between the devil and the deep blue sea. I could not see how there could be any alternative to either having a belief system or to not having a belief system — and could see little but the disadvantage of both positions. This truly shook my faith.|en}}
{{citazione|Nella misura in cui l'Academia ricorda le sue antiche origini, deve sapere che è stata fondato dall'avversario più determinato e più influente della polis.|[[Hannah Arendt]], ''Verità e politica''.<ref>Hannah Arendt, ''Truth and Politics''.</ref>|To the extent that the Academe remembers its ancient origins, it must know that it was founded by the polis’s most determined and most influential opponent.|en}}"
<ref>Robert O. Pihl e Jordan B. Peterson,
Hannah Arendt, "Verità e politica" [2]
▲ [https://www.researchgate.net/publication/21309516_A_biobehavioural_model_for_the_inherited_predisposition_to_alcoholism A biobehavioural model for the inherited predisposition to alcoholism], ''Alcohol and alcoholism''</ref>
I figli mostrano uno schema di iperreattività autonomica a una varietà di stimoli e difficoltà nei test cognitivi, indicativi della disfunzione del lobo prefrontale. Questo modello di risposta non è caratteristico dei controlli né delle figlie di alcolisti maschi multigenerazionali.
<ref>Robert O. Pihl, Jordan B. Peterson e Peter R. Finn,
[https://www.researchgate.net/publication/232523002_A_heuristic_model_for_the_inherited_predisposition_to_alcoholism A heuristic model for the inherited predisposition to alcoholism], ''Psychology of Addictive Behaviors''</ref>
Altri studi di Peterson si sono concentrati sulla correlazione tra consumo di alcol e droga, aggressività e comportamenti antisociali.
<ref>Robert O. Pihl, Jordan B. Peterson e Mark A. Lau, [https://www.researchgate.net/publication/14788263_A_biosocial_model_of_the_alcohol-aggression_relationship A biosocial model of the alcohol-aggression relationship], ''Journal of studies on alcohol. Supplement''</ref>
<ref>Robert O. Pihl e Jordan B. Peterson, [https://www.researchgate.net/publication/236273524_Alcohol_drug_use_and_aggressive_behavior Alcohol, drug use and aggressive behavior], ''Crime and Mental Disorder''</ref>
<ref>Robert O. Pihl e Jordan B. Peterson, [https://www.researchgate.net/publication/236273594_Alcohol_and_aggression_Three_potential_mechanisms_of_the_drug_effect Alcohol and aggression: Three potential mechanisms of the drug effect], ''Alcohol and Interpersonal Violence: Fostering Multidisciplinary Perspectives''</ref>
<ref>Peter R. Giancola, Jordan B. Peterson e Robert O. Pihl, [https://www.researchgate.net/publication/14884346_Risk_for_alcoholism_antisocial_behavior_and_response_perseveration Risk for alcoholism, antisocial behavior, and response perseveration], ''Journal of Clinical Psychology''</ref>
==Maps of Meaning==
Una linea centrale di argomento che può essere estratta dal libro, seguendo le linee seguenti:
#I miti sono culturalmente universali.
#I miti rappresentano, [[evoluzione|evolutivamente]], l'origine psicologica della moralità.
#I miti rappresentano la base filosofica per la moralità.
#Una moralità basata sugli archetipi mitici permette di attuare dei giudizi politici sugli [[stati totalitari]].
Peterson segue infatti la [[Archetipo|concezione archetipica]] di [[Carl Jung]] supponendo che i miti abbiano dei substrati archetipici universali praticamente in tutte le culture. Per dimostrarlo Peterson fa esempi a partire dalla tradizione mitica mesopotamica, quella giudaico-cristiana, con numerosi riferimenti anche al [[buddismo]] e alle altre religioni orientali.
Il substrato archetipico universale del mito, secondo Peterson, tende a descrivere il mondo come ''forum'' per l'azione di tre elementi costitutivi, che tendono a manifestarsi nei miti delle varie culture umane in tipici schemi di rappresentazione metaforica. Il primo di questi tre elementi è il «territorio inesplorato – la Grande Madre, la natura, il creativo e il distruttivo, la fonte e il luogo di riposo finale di tutte le cose determinate». Il secondo è il «territorio esplorato – il Grande Padre, la cultura, la saggezza protettrice e tirannica, ancestrale e cumulativa». Il terzo è il «processo che media tra territorio inesplorato ed esplorato: il Figlio Divino, l'individuo archetipo, la Parola esplorativa creativa e l'avversario vendicativo».
Secondo Peterson questi miti archetipici sono serviti a cementificare, in termini biologico-evolutivi, quella che è l'innata tendenza morale dell'uomo, dando alla morale una potente base astratta di significato. Secondo Peterson infatti gli antichi miti contengono in essi, evolutivamente parlando, la base psicologica e filosofica della morale umana.
Il significato infatti, secondo Peterson, ha delle evidenti implicazioni per l'output comportamentale; logicamente, quindi, il mito – che è la forma archetipica della costruzione del significato – non può che presentare «informazioni rilevanti per il più fondamentale dei problemi morali».13
«I miti – arguisce Peterson – sono centrati e correttamente interessati alla natura del successo [evolutivo] dell'esistenza umana. Un'attenta analisi comparativa di questo grande corpo della filosofia religiosa potrebbe consentirci di determinare provvisoriamente la natura essenziale della motivazione e della moralità umane». Secondo Petrson infatti: «una precisa specificazione degli aspetti comuni mitologici sottostanti potrebbe permettere di comprendere il primo stadio di sviluppo nell'evoluzione cosciente di un sistema veramente universale di moralità».12
Di conseguenza la mitologia religiosa diventa, secondo Peterson, il primo step per approcciare una forma di pensiero e di azione morale: «Il mito ritrae ciò che è noto e svolge una funzione che, se limitata a ciò, potrebbe essere considerata di importanza capitale. Ma il mito presenta anche informazioni molto più profonde - quasi indicibilmente così, una volta che verranno (direi) correttamente comprese. Tutti produciamo modelli di ciò che è e di ciò che dovrebbe essere, e di come trasformare l'uno nell'altro. Modifichiamo il nostro comportamento quando le conseguenze di tale comportamento non sono quelle che vorremmo. Ma a volte la mera alterazione del comportamento è insufficiente: dobbiamo cambiare non solo ciò che facciamo, ma ciò che pensiamo sia importante. Ciò significa una riconsiderazione della natura del significato motivazionale del presente e la riconsiderazione della natura ideale del futuro».14
Dunque i miti permettono di individuare, evolutivamente parlando, in forma archetipica, i [[pattern]] di comportamento che, se seguiti, possono consentire all'essere umano di "vivere" in modo compatibile con successo evolutivo della propria specie. Secondo Peterson infatti: «la verità mitica è l'informazione, derivata dall'esperienza passata, derivata dall'osservazione passata del comportamento, ed è rilevante dal punto di vista della motivazione fondamentale e dell'effetto».390
Peterson inoltre motiva la propria indagine sulle «mappe del significato» anche come un tentativo per comprendere che deviare da queste evolute architetture religiose del significato, possa portare a conseguenze pericolose per gli uomini e potenzialmente nefaste e sanguinarie. Confondere il background mitico, o addirittura negarne la valenza etica (in termini evolutivi) può portare infatti secondo Peterson a conseguenze tragiche, e può spiegare anche le orribili atrocità dei regimi totalitari nel [[XX secolo]]. Con la sua riflessione, Peterson cerca di individuare sia le [[Motivazione (psicologia)|motivazioni]] psicologiche che hanno indotto [[Hitler]], [[Stalin]], [[Mao]] e altri tiranni ad uccidere decine di milioni di persone, sia un possibile metodo per prevenire eventuali future atrocità. A queste domande pressanti Peterson ritiene di poter rispondere usando la prospettiva basata sulla concretizzazione mitica della moralità.
P. 316: Secondo Peterson infatti è il "diavolo" lo spirito archetipico «alla base dello sviluppo del totalitarismo», «lo spirito che è caratterizzato da una rigida credenza ideologica (con il "predominio della mente razionale"), dal fare affidamento sulla menzogna come modello di adattamento (con il rifiuto di ammettere l'esistenza dell'errore o di apprezzare la necessità della devianza) e dall'inevitabile sviluppo dell'odio verso sé e verso il mondo».
P. 321: Secondo Peterson infatti «la presunzione della conoscenza assoluta», che è il "peccato cardinale" dello spirito razionale è, di conseguenza, ''prima facie'' «equivalente al rifiuto dell'eroe» – al rifiuto cioè dell'archetipo di [[Cristo]], della Parola di Dio, dell'intuizione del "processo divino" come mediatore tra ordine e caos. L'arroganza della posizione totalitaria viene quindi inestirabilmente opposta «all'umiltà dell'esplorazione creativa».
P. 353: «I [[genocidio ruandese|massacri ruandesi]], i campi di sterminio in [[Cambogia]], le decine di milioni di morti (secondo la stima di Solzhenitsyn) come conseguenza della repressione interna nell'[[Unione Sovietica]], le legioni non dette massacrate durante la Rivoluzione culturale cinese [il Grande Balzo in avanti (!), un altro scherzo nero, accompagnato a volte, in particolare, divorando la vittima], l'umiliazione pianificata e lo stupro di centinaia di donne musulmane in Jugoslavia, l'olocausto dei nazisti, la carneficina perpetrata dai giapponesi nella Cina continentale - tali eventi non sono attribuibili alla parentela umana con l'animale, l'animale innocente, né dal desiderio di proteggere il territorio, interpersonale e intrapsichico, ma da una malattia spirituale profondamente radicata. "
Peterson ritiene che la soluzione agli orrori totalitari e alla "malattia spirituale" radicata nel totalitarismo sia – in puro rispetto del significato evolutivo della tradizione mitica umana – l'individuo eroico che media tra ordine e caos:
P. 313: "L'eroe rifiuta l'identificazione con il gruppo come ideale di vita, preferendo seguire i dettami della sua coscienza e del suo cuore. La sua identificazione con il [[significato (psicologia)|significato]] - e il suo rifiuto di sacrificare il significato per la sicurezza - rende accettabile l'esistenza, nonostante la dimensione tragica della vita».
P. 483: "Una società fondata sulla credenza nella divinità suprema dell'individuo permette all'interesse personale di prosperare e di servire come il potere che si oppone alla tirannia della cultura e al terrore della natura."
Peterson evidenza, in definitiva, due conseguenze centrali. La prima è che il totalitarismo è – in fondo – un «problema spirituale» intendendo, in altre parole, il risultato dell'aver trascurato la tradizione morale evolutivamente radicata nella mitologia umana. Il secondo è che il modo migliore per risolvere questo problema è a sua volta in qualche modo "spirituale", ovvero basato sulla «divinità dell'individuo» – che è poi anche il cardine del [[liberalismo classico]] occidentale, che per Peterson è una positiva secolarizzazione [[laicismo|laica]] (o [[ateismo|atea]]) chi si fonda, più o meno inconsciamente, sul significato etico evoluto degli antichi sistemi di credenze umani. Peterson asserisce infatti che: «la morale e il comportamento occidentali, ad esempio, sono predicati sull'assunto che ogni individuo è sacro»,(p. 264) e che «tutte le etiche occidentali, incluse quelle formalizzate esplicitamente nei sistemi di legge occidentali, sono predicate su una visione del mondo mitologica, che attribuisce specificamente lo status divino all'individuo».(480)
Per Peterson dunque, la soluzione al totalitarismo risiede in una combinazione tra un [[individualismo]] pragmatico e la consapevolezza del valore etico-morale, in termini evolutivi, della tradizione delle religioni e degli antichi sistemi di credenza.
Peterson adotta quindi una [[pragmatismo|visione pragmatica]] secondo cui, almeno parzialmente, la verità è ciò che funziona, in modo tale che se il mito funziona nel fornire alle persone un senso del significato, allora in un certo senso si può dire che è vero. Per Peterson infatti: «Le interpretazioni mitologiche della storia, come quelle della Bibbia, sono altrettanto "vere" rispetto alle consuete interpretazioni empiriche occidentali, letteralmente vere, anche se modo in cui sono vere è diverso. Gli storici occidentali descrivono (o ritengono di descrivere) "cosa" è accaduto. Le tradizioni della mitologia e della religione descrivono al contrario il significato di ciò che è accaduto».Pp. 472-3 Secondo Peterson dunque, interpretare in senso psicologico i testi antichi, permette di individuare l'evoluzione del significato nella ambito dell'[[evoluzione umana|antropogenesi]] e, in quest'ottica, porta necessariamente a considerare l'etica universale degli archetipi antichi come un [[adattamento evolutivo]] frutto della [[selezione naturale]].
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