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{{Bio
|Nome = Mimnermo
|Cognome =
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Il nome di Mimnermo ha il significato etimologico di "colui che resiste su l'[[Ermo (fiume)|Ermo]]", un fiume dell'[[Eolide]] e fu probabilmente attribuito a un avo del poeta a ricordo della sua valorosa partecipazione<ref>Fr. 14 West.</ref> a una vittoria riportata dai [[Greci]] di [[Smirne]] contro i [[Lidi]] del re [[Gige (Lidia)|Gige]] in questa località<ref>M. Casertano-G. Nuzzo, ''Storia e testi della letteratura greca. Vol. 1'', Palermo, Palumbo, 2003, p. 331.</ref>.
 
Della sua vita sono ad oggi giunte pochissime notizie, per lo più abbastanza vagheː nacque, secondo [[Strabone]], a [[Colofone]]<ref>[[Strabone]], XIV, 643: "Native Colophonians, among those of whom we have record, were: Mimnermus, who was both a flute-player and elegiac poet "Nativi di Colofone, tra quelli di cui abbiamo testimonianza, furono: Mimnermo, che fu sia un flautista che un poeta elegiaco.</ref>, o a [[Smirne]]<ref>[[Pausania il Periegeta|Pausania]], IX, 29, 4.</ref> ,secondo la testimonianza di [[Pausania il Periegeta|Pausania il Periegeta ,]] e visse probabilmente tra la seconda metà del [[VII secolo a.C.|VII]] e l'inizio del [[VI secolo a.C.]]<ref>M. Casertano-G. Nuzzo, ''Storia e testi della letteratura greca. Vol. 1'', Palermo, Palumbo, 2003, p. 326.</ref>
 
Il lessico ''[[Suda (enciclopedia)|Suda]]'' pone il periodo della sua maturità tra il [[632 a.C.|632]] e il [[629 a.C.]]<ref>''Suda'', μ 1077: Μίμνερμος, Λιγυρτυάδου, Κολοφώνιος ἢ Σμυρναῖος ἢ Ἀστυπαλαιεύς, ἐλεγειοποιός. γέγονε δ' ἐπὶ τῆς λζ' ὀλυμπιάδος, ὡς προτερεύειν τῶν ζ' σοφῶν: τινὲς δὲ αὐτοῖς καὶ συγχρονεῖν λέγουσιν. ἐκαλεῖτο δὲ καὶ Λιγυαστάδης διὰ τὸ ἐμμελὲς καὶ λιγύ. ἔγραψε βιβλία ταῦτα πολλά. Mimnermo, figlio di Ligistiade,di Colofone o Smirne o Astipalea, (fu) un poeta elegiaco. Fiorì
nell'anno della 37° Olimpiade(632/29 a.C.), dunque precedettei sette saggi: alcuni dicono invece che fosse un loro contemporaneo. Era chiamato Ligiastade per l'armoniosa limpidezza. Scrisse molti libri.</ref>; tale informazione potrebbesembra essere confermata dalla notizia riportata da [[Plutarco]]<ref>''[[Moralia]]'', 931e.</ref>, secondo cui Mimnermo sarebbe stato testimone di un'[[eclissi di sole|eclissi di sole,]] che potrebbe essere identificata con quella riferita anche da [[Archiloco]], nele risalente al [[647 a.C.]]. Risulta, tuttavia, possibile che l'eclissi citata da Plutarco sia invece da identificare con quella verificatasi nel [[585 a.C.]]: in tal caso la data di nascita e il periodo di attività di Mimnermo sarebbero da posticipareː ad avvalorare talequesta ipotesitesi contribuisce lo scambio di elegie che Mimnermo ebbe con [[Solone]], nato nel [[640 a.C.]] e solo di pochi anni più giovane dello stesso Mimnermo.<ref> I lirici greci, tradotti da Giuseppe Fraccaroli,Fratelli Bocca Editori 1910</ref>, nonchè il fr. 14 W., in cui Mimnermo racconta la partecipazione di un suo avo alla guerra condotta da Smirne contro il [[re di Lidia]], Gige, morto intorno alla metà del [[VII secolo a.C.]]. [[Solone]] lo chiama Ligiastiade<ref>Solone citato da Diogene Laerzio 1.60</ref>, patronimico che significa "figlio di Ligiaste" e se Suda lo dice figlio di Ligistiade c'è forse soltanto una storpiatura del nome.<ref>I lirici greci, tradotti da Giuseppe Fraccaroli,Fratelli BoccaEditori 1910</ref>. Fu un flautista, come la donna di cui fu innamorato (o almeno così tramanda la tradizione), ma anche, dice [[Ipponatte]], un suonatore del ficastro all'accompagnamento del capro espiatorio.
 
== Opere ==
{{vedi anche|Smirneide}}
La produzione di Mimnermo comprendeva [[elegia|elegie]], divise dai [[filologia|filologi]] alessandrini in due libri, il primo dei quali era intitolato ''[[Smirneide]],'' un poemetto o una raccolta elegiaca che raccontava la guerra dei Greci di Smirne contro i Lidi governati dal re Gige, mentre il secondo ''Nannò'', dedicato alla donna amata dal poeta, una flautista - quindi una donna trasgressiva, rispetto allo standard greco; tale nome non si ritrova tuttavia nei frammenti superstiti, ma è dato da Ateneo <ref> Deipnosofisti, XIII, 597 παρέλιπον δὲ καὶ τὴν Μιμνέρμου αὐλητρίδα Ναννὼ καὶ τὴν Ἑρμησιάνακτος τοῦ Κολοφωνίου Λεόντιον· ἀπὸ γὰρ ταύτης ἐρωμένης αὐτῷ γενομένης ἔγραψεν ἐλεγειακὰ τρία βιβλία, ὧν ἐν τῷ τρίτῳ κατάλογον ποιεῖται ἐρωτικῶν, οὑτωσί πως λέγων (anth. Bergk p. 134)·</ref>. Di tutta la sua produzione poetica, comunque, è giunta fino a noi una ventina di frammenti per un totale di circa 80 versi.Tuttavia il prologo degli Aitia di [[Callimaco]] rende problematica tale bipartizione:
{{Citazione|τοῖν δὲ] δυοῖν Μίμνερμος ὅτι γλυκύς, αἱ γ' ἁπαλαὶ [. . . . . .<br>] ἡ μεγάλη δ' οὐκ ἐδίδαξε γυνή.|Callimaco, ''Aitia'', fr. 1, vv. 11-12<ref>[e] de[i] due, che Mimnermo sia dolce, le sottili[poesiole], ma non la grande donna lo insegna. trad. D'Alessio.</ref>}} "La grande donna" di cui parla Callimaco è sicuramente la Smirneide, che, essendo un poema, dunque un'opera molto corposa, e probabilmente di argomento epico, non doveva rispondere agli ideali callimachei di brevità e leggerezza, da ciò dunque il giudizio negativo del poeta alessandrino; invece resta dubbio se le "sottili poesiole" siasiano un riferimento a una terza opera o alla Nannò. La prima tesi sembra però invalidata dal primo verso citato, in cui il poeta fa esplicito riferimento a due opere (in greco δυοίν). Allora l'espressione sarebbe da intendere come un riferimento all'altra opera nota di Mimnermo, la Nannò; tuttavia se il poeta alessandrino ne da un giudizio positivo non poteva trattarsi di un poema, per cui; si è pensatodunque nonipotizzato ache questa un'opera, andata perduta, fosse non unitaria, bensìma ununa insiemeraccolta di brevi componimenti, rispondenti al gusto callimacheo della brevitas e del lepos. A quest'ultima opera si ispirerà un concittadino di MImnermo, Ermasianatte, per la sua poesia dedicata a una certa Leonzio <ref>Lightfoot, p. 148</ref>
{{Citazione|τοῖν δὲ] δυοῖν Μίμνερμος ὅτι γλυκύς, αἱ γ' ἁπαλαὶ [ <br>
. . . . . .] ἡ μεγάλη δ' οὐκ ἐδίδαξε γυνή.|Callimaco, ''Aitia'', fr. 1, vv. 11-12<ref>[e] de[i] due, che Mimnermo sia dolce, le sottili[poesiole], ma non la grande donna lo insegna. trad. D'Alessio.</ref>}} "La grande donna" di cui parla Callimaco è sicuramente la Smirneide, che, essendo un poema, dunque un'opera molto corposa, e probabilmente di argomento epico, non doveva rispondere agli ideali callimachei di brevità e leggerezza, da ciò dunque il giudizio negativo del poeta alessandrino; invece resta dubbio se le "sottili poesiole" sia un riferimento a una terza opera o alla Nannò. La prima tesi sembra però invalidata dal primo verso citato, in cui il poeta fa esplicito riferimento a due opere (in greco δυοίν). Allora l'espressione sarebbe da intendere come un riferimento all'altra opera nota di Mimnermo, la Nannò; tuttavia se il poeta alessandrino ne da un giudizio positivo non poteva trattarsi di un poema, per cui si è pensato non a un'opera unitaria, bensì un insieme di componimenti, rispondenti al gusto callimacheo della brevitas e del lepos. A quest'ultima opera si ispirerà un concittadino di MImnermo, Ermasianatte per la sua Leonzio <ref>Lightfoot, p. 148</ref>
 
== Il mondo poetico e concettuale di Mimnermo ==
Dai pochi frammenti giunti a noi è difficile giudicare dell'arte di un autore. Nell'antichità era apprezzato soprattutto in qualità di poeta d'amore, come testimoniato da Ermasianatte[[Ermesianatte]], poeta alessandrino, che nell'ultimo di tre libri di elegie dedicati ad una certa Leonzio, in cui è presente un "catalogo degli innamorati". Di tale catalogo è a noi giunto un brano in cui il poeta annovera, tra altri nomi illustri (Omero,[[Esiodo]], [[Alceo]], [[Anacreonte]]), anche Mimnermo quale poeta erotico<ref> Anche Minmnermo, che, dopo lunghe sue doglie, rinvenne/ l'eco soave, e il molle del pentametro spiro,/ ardea per Nanno, I poeti greci tradotti da Ettore Fraccaroli</ref>. In tale veste è apprezzato anche da Properzio<ref>Plus in amore valet Mimnermi versus Homero, "in materia d'amore un verso di Mimnermo ha più valore dell'intera poesia di Omero" crf Elegie I 9,11, trad. Fedeli</ref>. Tuttavia di questa tanto apprezzatacelebrata produzione poetica amorosa a noi nulla è giunto.
 
Temi comuni nei frammenti tramandati sino a noi giunti sono " l'amore, la giovinezza, le gioie della vita, l'orrore della vecchiaia: interessi antichi che hanno avuto posto nel cuore degli uomini in ogni tempo. Nuovo è il modo in cui egli si accosta a tali esperienze naturali, insieme unendole in splendido connubio o in drammatica contrasto"<ref>A. Garzya, Studi sulla letteratura greca, p. 66</ref>. La sua poesia è pervasa da un profondo pessimismo. Pessimisti erano anche [[Omero]], [[Archiloco]], [[Pindaro]], [[Simonide]], tuttavia in questi casi il pessimismo è solo di breve impaccio al loro canto, che riesce ad affissarsicontemplare, esaltare e sullesublimare immagini di bellezza, esaltandole e sublimandole, senza mortificarle con le ombre della morte e della vecchiaia. Al contrario, in Mimnermo, telitali immagini, pur colpendo il suol' animo dell' autore, vengono subito offuscate da lugubri meditazioni, com'è evidente nel confronto tra la similitudine della vita umana con le foglie e l'analoga similitudine omerica <ref> I lirici greci tradotti da Ettore Romagnoli</ref>. Infatti, se nell' [[Iliade]] le generazioni sono paragonate al cadere delle foglie con una immagine dinamica in cui nuove foglie nascono e che si conclude con la visione della primavera,; nel frammento 2 West, invece, il dato pittoresco viene appena ricordato, dopo il poeta si abbandona in una triste riflessione che termina con le figure delle nere parche. Anche l'amore si accompagna costantemente al dolore: il rimpianto sovrasta sempre il piacere.
 
Il tema della giovinezza, contrapposta alla vecchiaia, definita odiosa, riveste un ruolo di primo piano nella sua produzione poetica. Nei lirici greci la vecchiaia (segnata, come la senectus latina, a 60 anni) è considerata un impietoso decadimento<ref>Francesco Piazzi, Hortus apertus - Autori, testi e percorsi, Cappelli Editore 2010</ref>: [[Teognide]] rimpiange la giovinezza, [[Saffo]] sembra rassegnarsi alla senilità, [[Anacreonte]] la considera un male naturale da chicui è impossibile fuggire. Per Mimnermo il sopraggiungere della vecchiaia rende l'uomo turpe e spregevole, odioso a fanciulli e donne, i soggetti erotici per eccellenza: egli non può più godere dei dolci e desiderabili doni di Afrodite, non gioisce neppure nel vedere i raggi del sole, tanto tormentato da tristi pensieri nel cuore (fr. 1 W):. dinnanziDinnanzi a questa prospettiva desolante morire è meglio che vivere: il poeta si augura che la morte lo colga a 60 anni (fr. 6 W); è il tipico atteggiamento mentale ionico che si pone al disopra della vita e, a partire da un orientamento soggettivo, è in grado di osservarla nella sua totalità, auspicandone addirittura la fine se essa dovesse perdere il suo valore<ref>W. Jaeger, paideia, vol.I,p. 279</ref>.Visione altrettanto negativa della senilità emerge nel frammento 4 West, in cui, tramite l'exemplum mitologico di Titono, la vecchiaia è definita un male infinito, più gelido della triste morte. Proprio su questa concezione della vecchiaia si incentra la il dibattito con Solone, che, nel frammento 20 west <ref>"μεταποίησον, Λιγυαιστάδη, ὧδε δ᾿ ἄειδε· “ὀγδωκονταέτη μοῖρα κίχοι θανάτου.". Cambia, stirpe dei dolci poeti, (questo verso, in riferimento al frammento 6 west di Mimnermo) e canta così: "Ottantenne mi colga un destino di morte".</ref>, esprime un visione della vecchiaia differente da quella di Mimnermo: per il legislatore ateniese essa non è una fase di decadenza fisica, bensì simbolo di saggezza; col trascorrere degli anni l'anziano ha accumulato un'esperienza che può essere supporto per le nuove generazioni, nonché rappresentare il passato e la tradizione della città, come emerge nel frammento 18 West<ref>"γηράσκω δ᾿ αἰεὶ πολλὰ διδασκόμενος"(Imparando sempre molte cose invecchio)</ref>. Tale concezione della senilità trova conferma anche nel mondo omerico in cui i soli anziani, presso le porte Scee, non si lasciano folgorare da [[Elena (mitologia)]], pur ammirandone la bellezza, ed esprimono il desiderio di mandarla via, con parole di saggezza che ben li distinguono da Paride che, invece, non ha avuto la lungimiranza di prevedere le conseguenze del ratto di Elena: sono paragonati a delle cicale, che proferiscono parole melodiose per la saggezza che esprimono <ref>Omero, Iliade, III vv.146-160</ref>. Questa visione positiva della vecchiaia, accolta da Solone, poeta di elegia politica,è rinnegata da Mimnermo, che invece la ritiene una fase di decadenza fisica che impedisce all'uomo di godere di tutti i piaceri della vita, anche la vista del sole<ref>frammento 1 West</ref>, tormentato da tristi pensieri<ref>ibidem</ref>. La condizione giovanile è migliore perchè una situazione di spensieratezza, in cui il fanciullo non è in grado di discernere il bene dal male, perchéa non li halui ancora conosciutisconosciuti, come dicesi legge nel frammento 2 West: ciò da un lato rende il giovane sprovveduto e spesso incosciente (si pensi al passo omerico già citato), dall'altro invece gli assicura quella serenità fanciullesca che si contrappone alla pensierosità della condizione senile<ref>πήχυιον ἐπὶ χρόνον ἄνθεσιν ἥβης τερπόμεθα, πρὸς θεῶν εἰδότες οὔτε κακὸν οὔτ᾿ ἀγαθόν(per il tempo di un cubito godiamo dei fiori della giovinezza, non conoscendo da parte degli dei nè il bene nè il male)</ref>.
 
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==Lo stile==
Dai pochi versi conservati, Mimnermo risulta un "maestro della parola e del metro elegiaco<ref>A. Garzya, Studi sulla lirica greca, p.66></ref>
La sua dipendenza dal frasario omerico è notevole, anche se ha la capacità di tali pensieri non omerici (come quelli del fr. 1 citato) in un linguaggio che è quasi interamente ripreso da Omero. Il vocabolario dei poemi, gli emistichi, le formule, le similitudini, tutto è omerico, ma da questo materiale Mimnermo crea un nuovo tipo di poesia, di facile grazia e ritmo piacevole. Laddove è necessario, ricorre a neologismi o aggettivi estremamente ricercati, arricchendo l'eredità epica attingendo alla concretezza dell'esperienza soggettiva. Le sue elegie sono imbevute di una grande musicalità: fu un melico anzichè un ritmico, prediligendo l'elemento femmineo del melos a quello mascolino del ritmo<ref>I poeti greci tradotti da Ettore Romagnoli></ref>. Tuttavia accanto alle poesie più flebili possediamo 3 frammenti (uno sul vello d''oro, citato da Strabone, due sull'antica colonizzazione degli Ionii) che mancano della solita querilità<ref>I poeti greci tradotti da Ettore Romagnoli></ref>.
 
==Influenza sui poeti successivi==
Sconosciuto ai più, la poesia di Mimnermo ha affascinato poeti successivi, che molto devono all'opera del flautista di Colofone. Soprattutto il tema della fugacità della vita ha avuto grande fortuna: da [[Quinto Orazio Flacco]] a [[Gaio Valerio Catullo]], che nel celebre carmen 5 invita l'amata [[Lesbia]] ad abbandonarsi ai baci, con la consapevolezza che "i giorni possono tramontare e risorgere:/noi, una volta tramontata la nostra breve vita,/siamo costretti a dormire una notte eterna." <ref> Soles occidere et redire possunt:/nobis cum semel occidit brevis lux/nox est perpetuauna dormienda</ref>. Ma l'autore che forse più deve a Mimnermo è [[Giacomo Leopardi]], che nello stile molto ricorda l'elegiaco greco: la sua influenza si denota nel culto della giovinezza, la malinconia dei versi e il rimpianto di un tempo che sfugge all'uomo; il poeta di [[Recanati]] riprende poi l'immagine delle foglie quali simbolo della caducità umana nel Frammento XLI dei [[Canti (Giacomo Leopardi)]] <ref>umama cosa picciol tempo dura,/e certissimo detto/disse il veglio di Chio,/conforme ebber natura/ le foglie e l'uman seme.</ref>.
== Altri frammenti ==