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__NOTOC__
Per '''colesterolemia''' si intende la concentrazione del [[colesterolo]] nel [[Plasma (biologia)|plasma]]. Poiché il colesterolo, a causa della sua insolubilità in [[acqua]], circola esclusivamente incorporato nelle [[lipoproteina|lipoproteine plasmatiche]], la colesterolemia viene distinta in colesterolemia totale (TC), colesterolemia [[Lipoproteine a bassa densità|LDL]], colesterolemia non-HDL (TC - HDL) e colesterolemia [[Lipoproteine ad alta densità|HDL]]''. Livelli elevati dei primi tre parametri sono considerati dannosi per la salute, mentre alla colesterolemia HDL è riconosciuto un ruolo protettivo.'' Il colesterolo non-HDL include [[VLDL]],
▲Per '''colesterolemia''' si intende la concentrazione del [[colesterolo]] nel [[Plasma (biologia)|plasma]]. Poiché il colesterolo, a causa della sua insolubilità in [[acqua]], circola esclusivamente incorporato nelle [[lipoproteina|lipoproteine plasmatiche]], la colesterolemia viene distinta in colesterolemia totale (TC), colesterolemia [[LDL]], colesterolemia non-HDL (TC - HDL) e colesterolemia [[HDL]]''. Livelli elevati dei primi tre parametri sono considerati dannosi per la salute, mentre alla colesterolemia HDL è riconosciuto un ruolo protettivo.'' Il colesterolo non-HDL include [[VLDL]], lDL e LDL; in generale i livelli plasmatici del colesterolo non-HDL corrispondono al valore delle LDL + 30 mg/dl.<ref>{{Cita libro|autore=Lee Goldman|autore2=Andrew I. Schafer|titolo=Goldman-Cecil Medicine|edizione=25|anno=2016|editore=Elsevier-Saunders|città=Philadelphia|p=1395|ISBN=978-1-4557-5017-7}}</ref> Valori eccessivi di colesterolemia costituiscono uno dei maggiori [[fattori di rischio cardiovascolare]] (CV).
== Valori di riferimento ==
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Esempio: per l'intera popolazione tedesca è m=210, <math>{\sigma_x}</math>=30; perciò l'intervallo di valori normali sarà 210 +/- 60 ovvero da 150 a 270 mg/dl. Poiché questi valori "normali" sono eccessivamente alti, per la determinazione dei livelli ottimali di colesterolemia nella ''Consensus Conference'' del [[1984]] e nelle successive linee guida ATP (''National Cholesterol Education Program Adult Treatment Panel'') si è preferito seguire il criterio del rischio di malattia coronarica (''coronary heart'' ''disease'' o CHD), per cui sono considerati elevati quei valori per i quali il rischio coronarico è elevato. Il ''Pschyrembel'', la "bibbia" dei medici tedeschi, dà un valore di riferimento di TC da 115 a 220 mg/dl.<ref>{{cita|Pschyrembel||Pschy}}.</ref>
[[File:ATP III. Colesterolo.jpg|miniatura|Valutazione dei vari parametri relativi alla colesterolemia. ]]
Su raccomandazioni dell'[[organizzazione mondiale della sanità]] (OMS), i valori consigliati di colesterolemia nella popolazione generale sono:<ref>{{cita libro|curatore=A. Robertson et al.|altri=WHO Regional Publications - European Series N° 96|titolo=Food and health in Europe: a new basis for action|url=http://www.euro.who.int/document/e82161.pdf|formato=pdf|anno=
* colesterolemia totale <200 mg/dl (per i soggetti con più fattori di rischio cardiovascolare le varie linee guida indicano limiti più restrittivi)<ref name="ESoC's Giudelines">{{cita web|url=
Numerosi studi epidemiologici (MRFIT, CARDIA, CHH, Progetto CUORE) hanno, infatti, dimostrato che, nella popolazione generale, la più bassa mortalità cardiovascolare si registra negli individui con TC <200 mg/dl, pressione arteriosa <120/80, [[indice di massa corporea]] (BMI) <25 Kg/m<sup>2</sup>, non fumatori e non diabetici.<ref name=":11">{{Cita pubblicazione|autore=M.M. Gulizia|anno=2016|titolo=Colesterolo e rischio cardiovascolare: percorso diagnostico-terapeutico in Italia|rivista=G. Ital. Cardiol.|volume=17 (Suppl. 1)|numero=|p=S6|url=http://www.giornaledicardiologia.it/allegati/02264_2016_06/fulltext/01%20Gulizia%20(3-57).pdf}}</ref>
La valutazione dei livelli della colesterolemia secondo il ''Third Report of the National Cholesterol Education Program Adult Treatment Panel'' (NCEP ATP III) è riportata in tabella.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Vari|anno=2002|titolo=Executive Summary of the Third Report
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(NCEP) Expert Panel on Detection, Evaluation,
and Treatment of High Blood Cholesterol
in Adults (Adult Treatment Panel III)|rivista=Circulation|volume=106|numero=|
== Influenza di età, sesso e area geografica ==
[[File:Colesterolemia e età.jpg|miniatura|left|Andamento della colesterolemia totale media con l'età, nei 48.431 soggetti bianchi del Lipid Research Clinics Prevalence Study.]] [[File:Colesterolo e età in NHANES III.jpg|miniatura|Andamento della colesterolemia non-HDL media con l'età, in 13.189 soggetti bianchi, neri e ispanici dello studio NHANES III.]]
I diversi parametri lipidici variano in base a età, sesso, etnia e area geografica.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=F. Farzadfar|anno=2011|titolo=National, regional, and global trends in serum total cholesterol since 1980: systematic analysis of health examination surveys and epidemiological studies with 321 country-years and 3.0 million participants|rivista=Lancet|volume=377|numero=|pp=
La colesterolemia totale (TC) aumenta in entrambi i sessi dalla nascita fino alla tarda infanzia, quindi subisce una modica riduzione durante l'adolescenza, per poi tornare a crescere nell'età adulta, fino a raggiungere un ''plateau'' dopo gli anni 50-55, seguito da una modesta diminuzione. I valori di TC sono superiori nell'uomo dai 20-25 anni fino a 50-55, prima e dopo sono più alti quelli delle donne.
Le LDL mostrano un incremento continuo con l'età, mentre le HDL subiscono più modeste variazioni.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=The Lipid Research Clinics Program Epidemiology Committee|anno=1979|titolo=Plasma lipid distributions in selected North American populations: the Lipid Research Clinics Program Prevalence Study|rivista=Circ|volume=60|numero=|pp=427-439|url=http://circ.ahajournals.org/content/60/2/427}}</ref><ref name=":2">{{Cita pubblicazione|autore=G. Heiss|anno=1980|titolo=Lipoprotein-cholesterol distributions in selected North American populations: the lipid research clinics program prevalence study|rivista=Circ.|volume=61|numero=|pp=302-315|url=http://circ.ahajournals.org/content/circulationaha/61/2/302.full.pdf}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=W.P. Castelli|anno=1989|titolo=Cardiovascular risk factors in the elderly|url=https://archive.org/details/sim_american-journal-of-cardiology_1989-02-21_63_8/page/11|rivista=Am. J. Cardiol.|volume=63|numero=|pp=12-19|abstract=
Numerosi studi hanno dimostrato che le differenze nei livelli medi di colesterolemia tra le varie nazioni dipendono in larga misura dalla dieta,<ref>{{Cita pubblicazione|autore=K.L. Khoo|anno=2003|titolo=Lipids and coronary heart disease in Asia|rivista=Atherosclerosis|volume=169|numero=|pp=1-10|url=http://www.atherosclerosis-journal.com/article/S0021-9150(03)00009-1/pdf}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=X. Wan|anno=2017|titolo=Mortality trends for ischemic heart disease in China: an analysis of 102 continuous disease surveillance points from 1991 to 2009|rivista=BMC Public Health|volume=18|numero=|p=52|url=https://bmcpublichealth.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12889-017-4558-3}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=J.V. Patel|anno=2006|titolo=Impact of migration on coronary heart disease risk factors: comparison of Gujaratis in Britain and their contemporaries in villages of origin in India|rivista=Atherosclerosis|volume=185|numero=|pp=297-306|url=http://www.atherosclerosis-journal.com/article/S0021-9150(05)00378-3/pdf}}</ref> dal momento che i migranti tendono ad assumere la stessa colesterolemia media del paese ospitante.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=H. Kato|anno=1973|titolo=Epidemiologic studies of coronary heart disease and stroke in Japanese men living in Japan, Hawaii and California|url=https://archive.org/details/sim_american-journal-of-epidemiology_1973-06_97_6/page/372|rivista=Am. J. Epidemiol|volume=97|numero=|pp=
== Colesterolemia e alimentazione ==
Contrariamente all'opinione comune, non è tanto il colesterolo introdotto con l'alimentazione ad aumentare la colesterolemia, quanto piuttosto il consumo di alcuni [[acidi grassi]] saturi (SFA)
Al contrario, gli acidi grassi cis-insaturi, sia [[acidi grassi monoinsaturi]] (MUFA) che [[acidi grassi polinsaturi|polinsaturi]] (PUFA), abbassano i livelli plasmatici di LDL e di HDL.<ref>{{Cita libro|autore=P.N. Durrington|titolo=Hyperlipidaemia. Diagnosis and management|url=https://archive.org/details/hyperlipidaemiad0000unse|edizione=3|annooriginale=2007|editore=Hodder Arnold|città=London|p=[https://archive.org/details/hyperlipidaemiad0000unse/page/225 225]|ISBN=978 0 340 807 811}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=R.P Mensink|anno=2003|titolo=Effects of dietary fatty acids and carbohydrates on the ratio of serum total to HDL cholesterol and on serum lipids and apolipoproteins: a meta-analysis of 60 controlled trial|rivista=Am. J. Clin. Nutr.|volume=77|numero=|pp=1146-1155|url=http://ajcn.nutrition.org/content/77/5/1146.long}}</ref><ref name=":4">{{Cita pubblicazione|autore=R.P. Mensink|anno=1992|titolo=Effect of dietary fatty acids on serum lipids and lipoproteins. A meta-analysis of 27 trials|rivista=Arterioscl. Thromb. Vasc. Biol.|volume=12|numero=|pp=911-919|url=http://atvb.ahajournals.org/content/12/8/911}}</ref><ref name=":3" /> Gli acidi grassi [[acidi grassi trans|trans-insaturi]] (TFA) aumentano le LDL, diminuiscono le HDL e inibiscono l'assorbimento degli acidi grassi cis-insaturi, quali gli [[omega-3]] che aumentano le HDL.<ref name="euro.who.int">{{cita libro|curatore=A. Robertson et al.|altri=WHO Regional Publications - European Series N° 96|titolo=Food and health in Europe: a new basis for action|url=http://www.euro.who.int/document/e82161.pdf|formato=pdf|anno=
Le linee guida ''Dietary Guidelines for Americans'' (2010)<ref>{{Cita libro|autore=USDA; US Department of Health and Human Services|titolo=Dietary guidelines for Americans 2010|edizione=7|anno=2010|editore=US Government Printing Office|città=Washington (DC)|p=}}</ref> e quelle ''AHA/American College'' ''of Cardiology Guideline on Lifestyle Management to Reduce Cardiovascular Risk'' (2013)<ref>{{Cita pubblicazione|autore=M.D. Jensen|anno=2014|titolo=AHA/ACC/TOS guideline for the management of overweight and obesity in adults: a report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines and The Obesity Society|rivista=Circulation|volume=129 (25 Suppl 2)|numero=|pp=S102–138|url=http://circ.ahajournals.org/content/129/25_suppl_2/S102.full?ijkey=11429469355b9fe5f31e30aaa489b45561befc0a&keytype2=tf_ipsecsha}}</ref> raccomandano, al fine di ridurre l’incidenza di eventi
Di conseguenza è necessario limitare l’apporto di SFA, la cui fonte principale sono i grassi animali e, in misura minore, gli oli tropicali. La riduzione degli SFA della dieta comporta necessariamente la loro sostituzione con altri nutrienti, per cui non è sufficiente ridurre l’apporto di SFA, ma, a parità di calorie, è molto importante la scelta delle sostanze alimentari che andranno a sostituirli.<ref name=":9">{{Cita pubblicazione|autore=P.M. Kris-Etherton|anno=2015|titolo=Emerging Nutrition Science on Fatty Acids and Cardiovascular Disease: Nutritionists' Perspectives|rivista=Adv. Nutr.|volume=6|numero=|pp=326S-337S|url=http://advances.nutrition.org/content/6/3/326S.full}}</ref> Rispetto ai [[Glucidi|carboidrati]] gli SFA aumentano il colesterolo totale (TC), LDL e HDL, senza significative differenze sul rapporto TC/HDL; rispetto agli SFA i PUFA abbassano TC, LDL e HDL, ma anche il rapporto TC/HDL, senza effetti sui trigliceridi.<ref name=":5" />
In una tipica dieta statunitense di 2000 calorie, l’apporto di SFA è di circa 24,5 g (circa l’11% delle calorie totali<ref>{{Cita pubblicazione|autore=J.D. Wright|anno=2010|titolo=Trends in intake of energy and macronutrients in adults from 1999-2000 through 2007-2008|rivista=NCHS Data Brief.|volume=49|numero=|pp=1-8|url=https://www.cdc.gov/nchs/data/databriefs/db49.pdf}}</ref>), praticamente il doppio di quanto consigliato dalle linee guida, quello di MUFA è di 27 g (12% delle calorie) e quello di PUFA è di 16 g (7% delle calorie). A questo proposito è utile ricordare che i pesci grassi, come salmone, trota e aringa, nonché le noci sono particolarmente ricchi di PUFA e, in particolare, di n-6 PUFA. La sostituzione di 84 g di carne con un’equivalente quantità di salmone riduce di 8 g l’apporto di SFA e aumenta di 3 g quello di PUFA; la sostituzione di un cucchiaio da cucina (15 g) di burro con uno di soia riduce l’apporto di SFA di 5 g.<ref name=":9" />
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=== Colesterolo alimentare ===
[[File:Colesterolemia e dieta.jpg|miniatura|Effetto della dieta sulla colesterolemia. Incremento della colesterolemia in dipendenza del contenuto di colesterolo della dieta. Metanalisi di 17 studi su 556 individui. 1 mmmol di colesterolo = 38,7 mg.]]
Gli effetti del colesterolo della dieta sulla colesterolemia sono complessi, per il fatto che la relazione tra questi due parametri è influenzata da numerosi fattori: composizione della dieta (contenuto in acidi grassi totali, SFA, MUFA e PUFA; fibre; fito- e sito-steroli; ecc.), consumo abituale medio di colesterolo (nei bassi consumatori l’assorbimento è maggiore), variazioni individuali nella capacità di assorbimento intestinale (iper- e ipo-assorbenti) e nella sensibilità della regolazione della sintesi endogena di colesterolo (iper- verso ipo-''responders'') (per maggiori dettagli vedi [[Colesterolo]]: assorbimento intestinale/biosintesi). Si
Nel 15-25% della popolazione
Is the Key to Achieving Cholesterol Targets|rivista=Asia Pacific Cardiol|volume=1|numero=|pp=7-10|url=http://www.touchophthalmology.com/sites/www.touchoncology.com/files/migrated/articles_pdfs/kostner.pdf}}</ref>
Gli studi sperimentali in volontari, durante i quali è stata somministrata una quantità
[[File:Colesterolemia e dieta2.jpg|miniatura|left|Influenza della dieta sulla colesterolemia totale in relazione al contenuto dietetico in colesterolo e al rapporto acidi grassi polinsaturi e saturi (P/S). Metanalisi di Weggemans.]]
Secondo una [[meta-analisi|metanalisi]] del 2001,<ref>{{Cita pubblicazione|autore=R.M. Weggemans|anno=2001|titolo=Dietary cholesterol from eggs increases the ratio of total cholesterol to high-density lipoprotein cholesterol in humans: a meta-analysis|rivista=Am. J. Clin. Nutr.|volume=73|pp=885-891|url=http://ajcn.nutrition.org/content/73/5/885.long}}</ref>
Risultati simili ha ottenuto la meta-analisi di McNamara (2000), comprendente 167 studi dal [[1960]] al [[1999]] per complessivi 3519 individui
McNamara DJ1.|rivista=J. Am. Coll. Nutr.|volume=19|numero=Suppl.5|pp=540S-548S|lingua=EN|abstract=si|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11023005}}</ref>
Una metanalisi del 1992
Sulla base di queste evidenze, il ''Dietary Guidelines Advisory Committee'' del 2015 afferma che non esistono apprezzabili relazioni tra consumo di colesterolo dietetico e colesterolemia.<ref>Scientific Report of the 2015 Dietary Guidelines Advisory Committee https://health.gov/dietaryguidelines/2015-scientific-report/pdfs/scientific-report-of-the-2015-dietary-guidelines-advisory-committee.pdf</ref> Le raccomandazioni dell'''American Heart Association Nutrition Committee'' (2006) prevedono comunque di limitare l'introito giornaliero di colesterolo a <300 mg,<ref>{{Cita pubblicazione|autore=A.H. Lichtenstein|anno=2006|titolo=Diet and lifestyle recommendations revision 2006: a scientific statement from the American Heart Association Nutrition Committee|rivista=Circulation|volume=114|numero=|pp=82-96|url=http://circ.ahajournals.org/content/early/2006/06/19/CIRCULATIONAHA.106.176158}}</ref> mentre le linee guida ''Dietary Guidelines for Americans'' 2015-2020 consigliano il più basso consumo possibile di colesterolo.<ref>{{Cita web|url=https://health.gov/dietaryguidelines/2015/guidelines/|titolo=2015–2020 Dietary Guidelines for Americans}}</ref>
=== Altri grassi alimentari ===
Dagli studi sperimentali è emerso che la percentuale di calorie giornaliere assunte in forma di SFA è strettamente correlata con l'aumento della colesterolemia totale, LDL e HDL: sono state elaborate alcune equazioni (es. Keys, Hegsted) che permettono di calcolare le variazioni della colesterolemia in funzione del contenuto di SFA e PUFA della dieta.<ref name=":6">{{Cita libro|autore=M.H. Stipanuk|titolo=Biochemical and physiological aspects of human nutrition|url=https://archive.org/details/biochemicalphysi00phdm|anno=2000|editore=W.B. Saunders Company|città=Philadelphia|pp=[https://archive.org/details/biochemicalphysi00phdm/page/n482 927]-933|ISBN=0-7216-4452-X}}</ref>
L'[[Organizzazione mondiale della sanità|OMS]], nel suo ''Food and health in Europe: a new basis for action''<ref>{{cita libro|curatore=A. Robertson et al.|altri=WHO Regional Publications - European Series N° 96|titolo=Food and health in Europe: a new basis for action|url=http://www.euro.who.int/document/e82161.pdf|formato=pdf|anno=
[[File:Effetti degli acidi grassi sul colesterolo.jpg|miniatura|Effetti degli acidi grassi sul rapporto TC/HDL rispetto a un quantitativo isocalorico di carboidrati (CHO). La sostituzione è avvenuta nei limiti dell'1-5% dell'introito calorico totale.]]
In particolare, sia gli SFA a catena corta (6:0-10:0) che quelli a catena lunga (18:0) hanno scarsi effetti sulla colesterolemia, mentre quelli a catena di lunghezza intermedia (12:0-16:0) hanno la massima influenza. Nel dettaglio:<ref>{{Cita pubblicazione|autore=D. Mozaffarian|anno=2017|titolo=Effects on coronary heart disease of increasing polyunsaturated fat in place of saturated fat: a systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials|rivista=. PLoS Med.|volume=7|numero=|p=e1000252|url=http://journals.plos.org/plosmedicine/article?id=10.1371/journal.pmed.1000252}}</ref><ref name=":9" />
* l'[[acido laurico]]
* l'[[acido miristico]] (C14:0), contenuto nel latte vaccino intero (non scremato), è uno dei più forti stimolatori della produzione di LDL e riduce di poco il rapporto TC/HDL;
* l'[[acido palmitico]] (C16:0), contenuto nei grassi animali (carne, pesce e molluschi) e in oli di piante tropicali, e alcuni [[Acidi grassi trans|acidi trans-insaturi]] (C18:1n-9) sono forti stimolatori della produzione di LDL;<ref>{{cita pubblicazione|autore=Muller, H. et al.|anno=2001|titolo=Serum cholesterol predictive equations with special emphasis on trans and saturated fatty acids: an analysis from designed controlled studies|rivista=Lipids|numero=36|pp=
* l'[[acido stearico]] (C18:0), contenuto nel grasso di manzo e nel lardo di suino, non aumenta il colesterolo LDL, possiede il più debole effetto sulle HDL e riduce modestamente il rapporto TC/HDL.<ref>{{cita pubblicazione|autore=YU, S. et al.|anno=1995|titolo=Plasma cholesterol–predictive equations demonstrate that stearic acid is neutral and monounsaturated fatty acids are hypocholesterolemic|rivista=American journal of clinical nutrition|numero=61|pp=
L'aumento della concentrazione delle LDL indotto da questi SFA è dipendente sia da una maggiore produzione epatica di [[lipoproteina|lipoproteine]], sia soprattutto dalla ''downregulation'' dei recettori LDL.<ref name=":6" /><ref>{{Cita pubblicazione|autore=J. Shepherd|anno=1980|titolo=Effects of saturated and polyunsaturated fat diets on the chemical composition and metabolism of low density lipoproteins in man|rivista=J. Lipid Res.|volume=21|numero=|pp=91-99|url=http://www.jlr.org/content/21/1/91.full.pdf+html}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=M.L. Fernandez|anno=2005|titolo=Mechanisms by which dietary fatty acids modulate plasma lipids|rivista=J. Nutr.|volume=135|numero=|pp=2075-2078|url=http://jn.nutrition.org/content/135/9/2075.long}}</ref> Il mancato effetto degli
I TFA aumentano le LDL, riducono l'apporto di
I PUFA e i MUFA abbassano i livelli delle LDL e hanno effetti modesti sulle HDL. In particolare l'effetto sulle HDL è tale che SFA > MUFA > PUFA.<ref name=":6" /><ref name=":3" /> Sebbene tutti gli SFA innalzino le HDL, l'effetto aumenta con il diminuire della loro lunghezza.<ref name=":5" /> I PUFA riducono il rapporto LDL/HDL, mentre i MUFA hanno effetto ridotto o non hanno effetto.<ref>{{cita libro|curatore=A. Robertson et al.|altri=WHO Regional Publications - European Series N° 96|titolo=Food and health in Europe: a new basis for action|url=http://www.euro.who.int/document/e82161.pdf|formato=pdf|anno=
=== Studi osservazionali ===
Rispetto agli [[studio clinico|studi clinici]], gli studi epidemiologici che prendono in esame ampie popolazioni sono, ovviamente, di interpretazione molto più complessa. In primo luogo per la difficoltà di definire con precisione la composizione quantitativa e qualitativa della dieta. A questo riguardo il ''gold standard'' (la metodica ottimale) per definire l'introito alimentare è rappresentato dalla registrazione di 4-7 giorni di dieta, ma più frequentemente si ricorre ai meno attendibili questionari o interviste telefoniche.
Ad esempio, il Ministero della Salute tedesco, tra il 1987 e il 1988, ha condotto uno studio epidemiologico di tipo osservazionale (studio di popolazione), il ''Verbundstudie'' ''Ernahrungserhebung und Risikofaktoren-Analytic'' (VERA) o ''Nutrition Survey and Risk Factor Analysis Study'', che ha preso in esame le abitudini nutrizionali e ha effettuato rilevazioni antropometriche ed ematochimiche. Lo studio VERA ([[1993]]), che ha riguardato circa 2000 individui adulti, non ha rilevato alcuna [[Correlazione (statistica)|correlazione]] significativa tra contenuto abituale di colesterolo nella dieta (latte, panna, uova, burro, grassi animali ecc.) e colesterolemia.<ref>{{cita libro|autore=M. Kohlmeier et al.|titolo=Verbreitung von klinisch-chemischen Risikofaktoren|anno=1993|editore=VERA-Schriftenreihe Band VII|città=Niederkleen|lingua=de}}</ref>
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McNamara DJ1.|rivista=J. Am. Coll. Nutr.|volume=19|numero=Suppl.5|p=541S|lingua=EN|abstract=si|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11023005}}</ref>
Anche gli studi epidemiologici prospettici finalizzati a definire la relazione tra SFA della dieta e CHD non hanno permesso di ottenere conclusioni univoche.<ref name=":10">{{Cita pubblicazione|autore=P.W. Siri-Tarino|anno=2010|titolo=A meta-analysis of prospective cohort studies evaluating the association of saturated fat with cardiovascular disease|rivista=Am. J. Clin. Nutr.|volume=91|numero=|pp=
Dall'esame di una serie di studi clinici è emerso che la sostituzione degli SFA con PUFA riduce la mortalità da CHD, mentre la sostituzione con carboidrati raffinati non ottiene significativi vantaggi
Nei 25 anni dello studio policentrico ''Seven Countries Study'' (vedi sotto "I grandi studi trasversali") il contenuto in SFA della dieta era fortemente correlato alla mortalità CHD,
La relazione tra dieta e colesterolemia spiega solo in parte gli effetti della dieta sulla mortalità CHD. È anche da considerare che a un dato valore di colesterolemia totale corrispondono differenze nel numero di particelle LDL e differenti livelli di LDL ossidate (le vere responsabili dell'aterosclerosi) e che differenze qualitative e quantitative nella composizione della dieta potrebbero avere notevole influenza sul grado di ossidazione delle LDL (es. le [[Vitamina C|vitamine antiossidanti C]], [[Vitamina E|E]] e [[beta-carotene]] oppure i [[flavonoidi]]). La [[dieta mediterranea]]<ref>{{Cita pubblicazione|autore=A. Menotti|anno=2015|titolo=Le origini storiche della dieta mediterranea: il Seven Countries Study of cardiovascular diseases|rivista=Epidemiol. Prev.|volume=39|numero=|pp=285-288|url=http://www.sossanita.it/doc/2015_11_origini_DIETAmediterranea.pdf}}</ref> e quella giapponese, a basso contenuto di SFA e ricche di antiossidanti e PUFA, oltre a un effetto diretto sui livelli delle LDL, potrebbero avere azioni favorevoli sia sulla loro ossidazione che sulla trombogenesi. Naturalmente, oltre alla dieta, altri fattori, ambientali e genetici, hanno un ruolo nel creare le differenze di mortalità CHD tra le varie popolazioni.
A queste considerazioni va ricondotto il cosiddetto "[[paradosso francese]]": la relativamente bassa incidenza di CHD in Francia rispetto ad altri paesi industrializzati con simile introito dietetico di SFA e colesterolo. Questo apparente contrasto è stato definito il "paradosso francese" (anche se è stato rilevato in altri paesi). Sebbene non si abbia certezza sulle cause di tale discrepanza, sono state chiamate in causa abitudini dietetiche, quali un consistente consumo di vegetali e un'assunzione di quantità moderate di vino rosso.▼
▲A queste considerazioni va ricondotto il cosiddetto "[[paradosso francese]]": la relativamente bassa incidenza di CHD in Francia rispetto ad altri paesi industrializzati con simile introito dietetico di SFA e colesterolo. Questo apparente contrasto è stato definito il "paradosso francese" (anche se è stato rilevato in altri paesi). Sebbene non si abbia certezza sulle cause di tale discrepanza, sono state
== Colesterolemia e stress ==
Esiste una teoria secondo la quale fattori psicologici, in particolare lo stress emotivo, influenzerebbero la colesterolemia. I suoi sostenitori affermano che avrebbe un ruolo l'aumento di [[ormone|ormoni]] e neurormoni, come catecolamine ([[adrenalina]] e [[noradrenalina]]) e [[cortisolo]].<ref>{{cita pubblicazione|autore=Rosenman R.H.|anno=1993|titolo=Psychological Influence on the Variability of Plasma Colesterol|rivista=Homeostasis|volume=|numero=34|pp=129-136|lingua=en|abstract=no}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=R.H. Rosenman|anno=1993|titolo=Relationships of neurogenic and psychological factors to the regulation and variability of serum lipids|rivista=Stress & healt|volume=9|numero=|pp=133-140|lingua=EN|abstract=si|url=https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/smi.2460090302}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=A. Shirom|anno=1997|titolo=Effects of work overload and burnout on cholesterol and triglycerides levels: The moderating effects of emotional reactivity among male and female employees|rivista=J. Occupational Health Psychol.|volume=2|numero=|pp=275-288|lingua=EN|abstract=si|url=http://psycnet.apa.org/buy/1997-05071-001}}</ref> Le catecolamine e il cortisolo stimolano la [[lipolisi]] nel tessuto adiposo e in questo modo aumentano l'apporto di acidi grassi liberi (FFA) al fegato e la sintesi epatica di VLDL.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=C.B. Djurhuus|anno=2002|titolo=Effects of cortisol on lipolysis and regional interstitial glycerol levels in humans|rivista=Am. J. Physiol. Endocrinol. Metab.|volume=283|numero=|pp=E172-177|lingua=EN|url=https://www.physiology.org/doi/abs/10.1152/ajpendo.00544.2001?url_ver=Z39.88-2003&rfr_id=ori%3Arid%3Acrossref.org&rfr_dat=cr_pub%3Dpubmed}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=N. Bergmann|anno=2014|titolo=The appraisal of chronic stress and the development of the metabolic syndrome: a systematic review of prospective cohort studies|rivista=Endocr. Connect.|volume=3|numero=|pp=R55-80|lingua=EN|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4025474/}}</ref> Il [[cortisolo]] stimola la sintesi epatica del colesterolo e inibisce l'attività dei recettori LDL epatici (il che fa aumentare la colesterolemia e peggiora la relazione LDL/HDL).<ref>{{Cita pubblicazione|autore=A. Hazra|anno=2008|titolo=Modeling of Corticosteroid Effects on Hepatic Low-Density Lipoprotein Receptors and Plasma Lipid Dynamics in Rats|rivista=Pharm. Res.|volume=25|numero=|pp=769-780|lingua=EN|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4196440/}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=O. Al Rayyes|anno=1997|titolo=Additive inhibitory effect of hydrocortisone and cyclosporine on low-density lipoprotein receptor activity in cultured HepG2 cells|rivista=Hepatology|volume=26|numero=|pp=967-971|lingua=EN|abstract=si|doi=10.1002/hep.510260425|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9328321|PMID=9328321}}</ref>
== Colesterolemia e rischio cardio-vascolare ==
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=== Il rischio cardio-vascolare di popolazione ===
Sono stati gli [[studio clinico|studi osservazionali]] a documentare, a livello di popolazione, la relazione positiva tra colesterolemia totale (TC)
L'associazione è particolarmente stretta per la [[cardiopatia ischemica]] (CHD o CAD) con una relazione di tipo esponenziale: col crescere di TC la mortalità CHD aumenta sempre di più di quanto incrementino i livelli di colesterolo. L'importanza
Nella metanalisi PSC (''Prospective Studies Collaboration'') i valori del colesterolo non-HDL e ancora di più quelli del rapporto TC/HDL si sono rivelati indici di rischio di mortalità CHD più sensibili rispetto a TC.<ref name=":1" />▼
La relazione con TC si mantiene positiva per lo [[stroke]] (ictus) ischemico dovuto ad aterosclerosi delle grandi arterie, mentre è più debole o assente per lo stroke ischemico lacunare (stroke delle piccole arterie) e per quello embolico. La correlazione è, invece, inversa per lo stroke emorragico: la bassa colesterolemia è un fattore di rischio per lo stroke emorragico.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=S. Yaghi|anno=2015|titolo=Lipids and Cerebrovascular Disease: Research and Practice|rivista=Stroke|volume=46|numero=|pp=3322–3328|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4624572/}}</ref>▼
▲La relazione con TC si mantiene positiva per lo [[stroke]] (ictus) ischemico dovuto ad aterosclerosi delle grandi arterie, mentre è più debole o assente per lo stroke ischemico lacunare (stroke delle piccole arterie) e per quello embolico. La correlazione è, invece, inversa per lo stroke emorragico: la bassa colesterolemia è un fattore di rischio per lo stroke emorragico.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=S. Yaghi|anno=2015|titolo=Lipids and Cerebrovascular Disease: Research and Practice|rivista=Stroke|volume=46|numero=|pp=
Per quanto riguarda il rapporto tra mortalità cardiovascolare e TC, dalla [[meta-analisi|metanalisi]] di Jacobs (1992) è emersa una correlazione a J, con un aumento netto della mortalità per i valori più alti di TC e un aumento modesto per i valori più bassi. Nella più recente metanalisi PSC (''Prospective Studies Collaboration'') per la mortalità vascolare, stroke e CHD esclusi, è stata rilevata una modesta correlazione a J solo al di sotto dei 70 anni, che comunque scompare se vengono esclusi dall'analisi i primi 5 anni degli studi esaminati.<ref name=":1" /><ref name=":7">{{Cita pubblicazione|autore=D. Jacobs|anno=1992|titolo=Report of the Conference on Low Blood Cholesterol: Mortality Associations|rivista=Circulation|volume=86|pp=1046-1060|url=http://circ.ahajournals.org/content/86/3/1046.long}}</ref> ▼
▲Per quanto riguarda il rapporto tra mortalità cardiovascolare (CV) e TC, dalla [[meta-analisi|metanalisi]] di Jacobs (1992) è emersa una correlazione a J, con un aumento netto della mortalità per i valori più alti di TC e un aumento modesto per i valori più bassi.<ref name=":7">{{Cita pubblicazione|autore=D. Jacobs|anno=1992|titolo=Report of the Conference on Low Blood Cholesterol: Mortality Associations|rivista=Circulation|volume=86|pp=1046-1060|url=http://circ.ahajournals.org/content/86/3/1046.long}}</ref> Nella più recente metanalisi PSC
Nella metanalisi PSC a mortalità da tutte le cause non-vascolari è correlata negativamente con TC (più è alto il colesterolo totale, minore è la mortalità da cause diverse da quelle vascolari), anche se si specifica che questa correlazione negativa può essere largamente o totalmente non causale. ▼
▲Nella metanalisi PSC
Nella metanalisi di Jacobs la correlazione tra mortalità totale (da tutte le cause) e TC assume nel sesso maschile un andamento a U: cioè la mortalità totale aumenta sia per i valori più bassi di TC, sia per quelli più alti (vedi paragrafo 'i possibili pericoli per la salute della bassa colesterolemia'); in particolare la mortalità totale negli uomini era del 15-20% superiore per i valori di TC <160 mg/dl o >240 mg/dl rispetto ai valori di 160-199 mg/dl. Simile correlazione è risultata in altri studi, in particolare nel MRFIT.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=J. Stamler|anno=1986|titolo=Is relationship between serum cholesterol and risk of premature death from coronary heart disease continuous and graded? Findings in 356,222 primary screenees of the Multiple Risk Factor Intervention Trial (MRFIT)|rivista=J.A.M.A.|volume=256|pp=2823-2828|abstract=http://jamanetwork.com/journals/jama/article-abstract/363231}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Y. Xilin|anno=2008|titolo=Independent associations between low-density lipoprotein cholesterol and cancer among patients with type 2 diabetes mellitus|rivista=CMAJ.|volume=179|pp=427–437|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2518179/}}</ref>▼
▲Nella metanalisi di Jacobs la correlazione tra mortalità totale (da tutte le cause, incluse quelle CV) e TC assume nel sesso maschile un andamento a U: cioè la mortalità totale aumenta sia per i valori più bassi di TC, sia per quelli più alti (vedi paragrafo 'i possibili pericoli per la salute della bassa colesterolemia'); in particolare la mortalità totale negli uomini era del 15-20% superiore sia per i valori di TC <160 mg/dl
▲Nella metanalisi PSC i valori del colesterolo non-HDL e ancora di più quelli del rapporto TC/HDL si sono rivelati indici di rischio di mortalità CHD più sensibili rispetto a TC.
Per quanto riguarda la fascia di popolazione ultrasessantenne è stata osservata una correlazione inversa tra TC e mortalità totale e una relazione a U o inversa tra TC e mortalità CHD:<ref name=":14">{{Cita pubblicazione|autore=S. Brescianini|anno=2003|titolo=Low Total Cholesterol and Increased Risk of Dying: Are Low Levels Clinical Warning Signs in the Elderly? Results from the Italian Longitudinal Study on Aging|rivista=J. Am. Geriatr. Soc.|volume=51|numero=|pp=
In conclusione, sempre
* valori elevati di
* la mortalità CHD cresce
* la colesterolemia corrispondente alla minima mortalità CHD è più alta nelle donne (200-240mg/dl) che negli uomini (160–200 mg/dl)
* valori ridotti di
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Sono stati condotti anche alcuni studi epidemiologici di carattere autoptico (Stary e McGill), dai quali è emersa una correlazione positiva tra colesterolemia e gravità ed estensione delle lesioni aterosclerotiche avanzate, mentre tale correlazione non esiste per le strie lipidiche (vedi [[Aterosclerosi]]).
Da una metanalisi di trials RTC di durata di almeno 2 anni e con almeno 1000 partecipanti ciascuno è risultato che, nei circa 170.000 soggetti esaminati nei 26 studi considerati, per ogni mmol (38,7 mg) di riduzione terapeutica di colesterolo LDL si ottiene una diminuzione di circa il 20% di eventi, fatali e non, di cardiopatia ischemica, rivascolarizzazione coronarica e ictus ischemico, mentre la mortalità totale si riduce del 10%; nessun effetto si osserva, neanche a concentrazioni molto basse di LDL, sulla mortalità per cancro o per cause non vascolari.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Cholesterol Treatment Trialists’ Collaboration|anno=2010|titolo=Efficacy and safety of more intensive lowering of LDL cholesterol: a meta-analysis of data from 170,000 participants in 26 randomised trials|rivista=Lancet|volume=376|numero=|pp=1670-1681|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2988224/}}</ref>
Alcune domande attendono risposta definitiva:
* la colesterolemia può concorrere allo sviluppo di altre malattie, oltre a quelle cardiovascolari su base ischemica, come, per esempio,
* per quali motivi (oltre al ruolo protettivo degli estrogeni) nelle donne il rischio coronarico è correlato con valori di colesterolemia totale più alti che negli uomini?
==== HDL e rischio CV ====
Le [[lipoproteine ad alta densità]] (HDL) hanno la funzione di rimuovere l'eccesso di [[colesterolo]] dai [[tessuto (biologia)|tessuti]] e di riportarlo al [[fegato]] ([[trasporto inverso del colesterolo]]), dove può essere riutilizzato o eliminato dall'organismo attraverso la [[bile]]. Questa è una delle proprietà (non la sola) per cui le HDL svolgono un'azione protettiva nei confronti dell'[[aterosclerosi]], azione che è ha avuto una conferma dagli studi epidemiologici, dai quali è emerso un rapporto inverso tra livelli plasmatici di HDL e di malattie
Il rischio CHD aumenta, per qualsiasi valore di colesterolemia, con il crescere del rapporto CT/HDL: tanto più il rapporto è favorevole alla prima, tanto più alto è il rischio di malattie cardiovascolari. Il rapporto ottimale colesterolo totale/HDL è non superiore a 5 per gli uomini e a 4,5 per le donne. Questo fatto è ben documentato da studi epidemiologici recenti, che non focalizzandosi solo su uno dei due tipi di colesterolo, guardano alla loro percentuale relativa e al colesterolo LDL totale. L'unione dei due parametri consente una buona predittività del rischio di malattie cardiovascolari,<ref name="euro.who.int" /> come, per esempio, risulta dal followup a 14 anni del ''Lipid Research Clinics Prevalence Study''.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=K.M. Bass|anno=1993|titolo=Plasma lipoprotein levels as predictors of cardiovascular death in women|rivista=Arch. Intern. Med|volume=153|numero=|pp=2209-2216|abstract=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8215724}}</ref>▼
Durante l'undicesimo esame biennale del ''Framingham Study'', in 1023 uomini e 1434 donne, liberi da CHD, sono state misurate le concentrazioni sieriche di LDL, HDL, colesterolo totale (TC) e [[trigliceridi]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=W.P. Castelli|anno=1984|titolo=Epidemiology of coronary heart disease: the Framingham study|url=https://archive.org/details/sim_american-journal-of-medicine_1984-06_76/page/4|rivista=Am. J. Med.|volume=76|numero=|pp=4-12|abstract=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/6702862}}</ref> Considerato isolatamente il livello delle HDL è il singolo parametro lipidico più specifico, mentre il rapporto tra TC e HDL è risultato la variabile lipidica più specifica, nell'individuare gli individui a rischio CHD, di quanto non lo fossero TC o le LDL.
▲Il rischio CHD aumenta, per qualsiasi valore di colesterolemia, con il crescere del rapporto
=== Il rischio individuale di cardiopatia ischemica ===
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Tutte le esistenti linee guida per la prevenzione delle malattie cardiovascolari (CVD, ''cardiovascular diseases'') prevedono la determinazione del rischio cardiovascolare (CV) individuale mediante l'utilizzo di apposite tabelle che prendono in considerazione diversi [[fattori di rischio]] CV (RF, ''risk factors'').
Le maggiori linee guida europee sono quelle redatte dalla Società Europea di Cardiologia (ESC) e dalla Società Europea dell'Aterosclerosi (EAS). Le linee guida ESC/EAS del 2016 indicano, per ciascuna categoria di rischio CV, il target di colesterolo LDL cui deve tendere la terapia ipocolesterolemizzante ([[statine]]).<ref name="ESoC's Giudelines" /> Il rischio CV è calcolato sulla base delle tabelle SCORE (''Systemic Coronary Risk Estimation'').<ref>{{Cita pubblicazione|autore=R.M. Conroy|anno=2003|titolo=Estimation of ten-year risk of fatal cardiovascular disease in Europe: the SCORE project|rivista=European Heart Journa|volume=24|numero=|pp=987-1003|url=https://www.escardio.org/Guidelines/Clinical-Practice-Guidelines/Estimation-of-ten-year-risk-of-fatal-cardiovascular-disease-in-Europe-the-SCORE|urlmorto=sì}}</ref> Le linee guida ESC/EAS introducono anche la nuova categoria di 'soggetti a rischio molto elevato'.
[[File:Sistemi calcolo rischio CV.jpg|miniatura|Confronto
Le
Le linee guida NICE (''National Institute for Health and Care Excellence'') del Regno Unito utilizzano le tabelle del sistema QRISK2, basate sul database inglese.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=S. Rabar|anno=2014|titolo=Lipid modification and cardiovascular risk assessment for the primary and secondary prevention of cardiovascular disease: summary of updated NICE guidance|rivista=BMJ|volume=349|numero=|p=g4356|abstract=x|url=http://www.bmj.com/content/349/bmj.g4356}}</ref>
<!--Il grafico accanto illustra le componenti.-->
== I possibili pericoli per la salute della bassa colesterolemia ==
Nonostante l'enorme mole di dati a favore dell'importanza della elevata colesterolemia come fattore di rischio
Più controversa è stata la relazione tra colesterolemia e mortalità totale, mortalità per [[Neoplasia|neoplasie]], mortalità per [[Suicidio|suicidi]] e incidenti.
Più controversa è stata la relazione tra colesterolemia e mortalità totale, mortalità per [[Neoplasia|neoplasie]], mortalità per [[Suicidio|suicidi]] e incidenti. Gli studi epidemiologici hanno rilevato spesso, ma non sempre, una correlazione ad U tra mortalità totale e colesterolemia, in quanto è stato registrato un aumento della mortalità totale sia per i valori più elevati di colesterolemia, sia per quelli più bassi, suscitando incertezze sulla opportunità di intervenire con la terapia troppo drasticamente sulla colesterolemia. In alcuni studi è anche emersa una correlazione positiva tra bassa colesterolemia e morte per cause non-vascolari, neoplasie o suicidi. Trattandosi di studi epidemiologici, questi dati attestano una possibile relazione tra gli eventi, senza tuttavia indicare di che tipo essa sia, tanto meno possono dimostrare una [[relazione causa-effetto]]. ▼
▲
A titolo di esempio, prendere in considerazione lo studio ''Norvegian HUNT2'', che si è posto l'obiettivo di valutare la validità delle attuali linee guida sulla prevenzione CV attraverso l'esame delle relazioni tra TC e mortalità totale, CV eCHD, nella popolazione norvegese, arruolando oltre 52.000 individui di entrambi i sessi, di età compresa fra i 20 e 74 anni ed esente da malattie CV.<ref name=":8" /> Dallo studio del 2012, è emerso che fra i maschi la mortalità totale e quella CV sono maggiori sia nei soggetti con più alta colesterolemia totale che in quelli con i valori più bassi (cosiddetta, [[correlazione (statistica)|correlazione ad U]]). Nel gruppo femminile vi è una relazione inversa tra livelli di colesterolo totale e mortalità totale e CV e una relazione ad U per la mortalità coronarica: questi dati contraddicono l'assunto di una correlazione continuamente positiva tra colesterolemia totale e mortalità CV. Tuttavia, per l'interpretazione dei dati, devono essere tenute in considerazione le caratteristiche individuali e sociali del campione: lo studio ''Norvegian HUNT2'' prende in esame una popolazione etnicamente omogenea, considera unicamente il colesterolo totale, include un numero importante di soggetti di età <35 anni (quindi a basso rischio di mortalità) e non ha valutato l'eventuale uso di terapie preventive (es. antidislipidemici). In conclusione, gli autori ritengono che l'importanza attribuita alla colesterolemia totale possa essere sovrastimata e che sia più opportuno che le linee guida prendano in considerazione solo la mortalità coronarica e che il colesterolo totale venga sostituito con altre frazioni lipoproteiche o con il rapporto colesterolo totale/HDL, peraltro parametri già in uso▼
▲A titolo di esempio, si può prendere in considerazione lo studio ''Norvegian HUNT2'', che si è posto l'obiettivo di valutare la validità delle attuali linee guida sulla prevenzione CV attraverso l'esame delle relazioni tra TC e mortalità totale, CV
Nella metanalisi di Jacobs ([[1992]]),<ref name=":7">{{Cita pubblicazione|autore=D. Jacobs|anno=1992|titolo=Report of the Conference on Low Blood Cholesterol: Mortality Associations|rivista=Circulation|volume=86|pp=1046-1060|url=http://circ.ahajournals.org/content/86/3/1046.long}}</ref> gli uomini e, in minor misura le donne, con concentrazioni plasmatiche di TC <4,2 mmol/l (<160 mg/dL) o >6,2 mmol/l (>240 mg/dl) mostravano un aumento della mortalità totale di circa il 14%-20% rispetto ai soggetti con valori compresi tra 4,2 e 5,2 mmol/L (160–199 mg/dL) (correlazione a U). Nella stessa metanalisi, il rischio di mortalità CV negli uomini, rispetto alla classe di riferimento 160-199 mg/dl (pari a un rischio = 1), era di 1,5 per la classe >240 mg/dl e 1,04 per la classi <160 mg/dl (correlazione a J); nel sesso femminile il rischio di morte CV non variava entro l'intero range di valori di colesterolo totale considerati. ▼
Particolarmente significativo è uno studio policentrico italiano limitato a 4521 soggetti anziani (65-84 anni). Il quartile con TC <189 mg/dl (4.90 mmol/l) ha mostrato il più alto rischio di mortalità totale; rispetto a questo, i quartili con TC >189 mg/dl hanno fatto registrare una riduzione di circa il 50% del rischio di mortalità totale.<ref name=":14" /> Risultati simili ha fornito uno studio svedese in individui ultrasessantenni (età media 73 anni).<ref name="B" />
La più recente metanalisi del ''Prospective Studies Collaboration'' (2007), che ha preso in esame 61 studi prospettici osservazionali (circa 900.000 individui), ha confermato una debole associazione a J per la mortalità CV (escluso infarto e stroke) tra i 40 e i 70 anni (ma non oltre gli 80 anni) e ha registrato l'associazione inversa tra livelli di colesterolo totale e mortalità non-CV.<ref name=":1">{{Cita pubblicazione|autore=Prospective Studies Collaboration|anno=2007|titolo=Blood cholesterol and vascular mortality by age, sex, and blood pressure: a meta-analysis of individual data from 61 prospective studies with 55,000 vascular deaths|rivista=Lancet|volume=370|numero=|pp=1829-1839|url=http://www.thelancet.com/pdfs/journals/lancet/PIIS0140-6736(07)61778-4.pdf}}</ref> Tale relazione negativa si presentava più debole se venivano esclusi dall'analisi i primi 5 anni degli studi, come, del resto, risulta anche da numerosi lavori clinici sulla correlazione tra cancro e bassa colesterolemia.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=J. Ahn|anno=2009|titolo=Prediagnostic total and high-density lipoprotein cholesterol and risk of cancer|rivista=Cancer Epidemiol. Biomarkers Prev|volume=18|numero=|pp=2814-2821|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3534759/}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=M. Eichholzer|anno=2000|titolo=Association of low plasma cholesterol with mortality for cancer at various sites in men: 17-y follow-up of the prospective Basel study|rivista=Am. J. Clin. Nutr|volume=71|numero=|pp=569-574|url=http://ajcn.nutrition.org/content/71/2/569.full}}</ref> In questi ultimi il rapporto negativo tra bassi valori di colesterolo e cancro è evidente soprattutto nei primi anni, per poi indebolirsi o scomparire: la spiegazione (ipotetica) spesso avanzata è che la bassa colesterolemia possa sottendere un cancro subclinico che si manifesterebbe appunto nei primi anni degli studi, anche se non si può escludere l'intervento di altri fattori confondenti.▼
Il vastissimo ''Austrian Vorarlberg Study'', condotto sulla popolazione della omonima provincia austriaca, ha fornito informazioni su circa 150.000 abitanti: i più bassi livelli di TC erano associati con la più alta mortalità totale sia negli uomini che nelle donne >50 anni.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=H. Ulmer|anno=2004|titolo=Why Eve is not Adam: prospective follow-up in 149,650 women and men of cholesterol and other risk factors related to cardiovascular and all-cause mortality|rivista=J. Womens Health (Larchmt)|volume=13|numero=|pp=41-53|lingua=EN|abstract=si|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15006277}}</ref>
Sebbene il problema sia reale e ancora irrisolto, l'eccesso di mortalità totale, mortalità non-vascolare e mortalità per cancro potrebbe essere parzialmente spiegato dalla preesistenza, al basale, di malattie subcliniche e dalla coesistenza di altri fattori aggressivi sconosciuti o non misurati, correlati sia alla bassa colesterolemia che alla mortalità.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=J. Ahn|anno=2009|titolo=Prediagnostic total and high-density lipoprotein cholesterol and risk of cancer|rivista=Cancer Epidemiol. Biomarkers Prev.|volume=18|pp=2814-2821|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3534759/}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=A.M. Tonkin|anno=2009|titolo=The evidence on trial: cholesterol lowering and cancer|rivista=Heart Asia|volume=1|pp=:6-10|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4898325/}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Y. Takata|anno=2014|titolo=Serum total cholesterol concentration and 10-year mortality in an 85-year-old population|rivista=Clin Interv Aging|volume=9|pp=293-300|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3928456/}}</ref> Ad esempio, nello studio prospettico ''Honolulu Heart Program'', condotto su circa 8000 uomini di ascendenza giapponese, residenti a [[Oahu]] ([[Hawaii]]), nel ''follow-up'' a 16 anni, nei soggetti in cui la colesterolemia si era ridotta dai livelli medi a quelli bassi, vi era un aumento della mortalità totale e un maggior numero di morti per alcuni tipi di cancro e per malattie epatiche, mentre nei soggetti che avevano mantenuto una bassa colesterolemia stabile, tale eccesso di mortalità non era riscontrabile; dopo 23 anni di ''follow-up'', negli individui con colesterolo totale <180 mg/dl, in assenza di elevato consumo di alcool, di fumo e di ipertensione la bassa colesterolemia non era associata né alla mortalità totale né a quella per cancro. ▼
▲Nella metanalisi di Jacobs ([[1992]]),<ref name=":7"
▲La più recente metanalisi del ''Prospective Studies Collaboration'' (2007), che ha preso in esame 61 studi prospettici osservazionali (circa 900.000 individui), ha confermato una debole associazione a J per la mortalità CV (escluso infarto e stroke) tra i 40 e i 70 anni (ma non oltre gli 80 anni) e ha registrato l'associazione inversa tra livelli di
▲Sebbene il problema sia reale e ancora irrisolto, l'eccesso di mortalità totale, mortalità non-vascolare e mortalità per cancro potrebbe essere parzialmente spiegato dalla preesistenza, al basale, di malattie subcliniche e dalla coesistenza di altri fattori aggressivi sconosciuti o non misurati, correlati sia alla bassa colesterolemia che alla mortalità.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=J. Ahn|anno=2009|titolo=Prediagnostic total and high-density lipoprotein cholesterol and risk of cancer|rivista=Cancer Epidemiol. Biomarkers Prev.|volume=18|pp=2814-2821|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3534759/}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=A.M. Tonkin|anno=2009|titolo=The evidence on trial: cholesterol lowering and cancer|rivista=Heart Asia|volume=1|pp=:6-10|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4898325/}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Y. Takata|anno=2014|titolo=Serum total cholesterol concentration and 10-year mortality in an 85-year-old population|rivista=Clin Interv Aging|volume=9|pp=293-300|url=https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3928456/}}</ref> Ad esempio, nello studio prospettico ''Honolulu Heart Program'', condotto su circa 8000 uomini di ascendenza giapponese, residenti a [[Oahu]] ([[Hawaii]]), nel ''follow-up'' a 16 anni, nei soggetti in cui la colesterolemia si era ridotta dai livelli medi a quelli bassi, vi era un aumento della mortalità totale e un maggior numero di morti per alcuni tipi di cancro e per malattie epatiche, mentre nei soggetti che avevano mantenuto una bassa colesterolemia stabile, tale eccesso di mortalità non era riscontrabile; dopo 23 anni di ''follow-up'', negli individui con colesterolo totale <180 mg/dl, in assenza di elevato consumo di alcool, di fumo e di ipertensione la bassa colesterolemia non era associata né alla mortalità totale né a quella per cancro.
Alcune interpretazioni sono state formulate per spiegare la relazione bassa colesterolemia-eventi avversi:
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Queste ultime due sono le ipotesi più accreditate.
Tali preoccupazioni sono state avallate anche dagli studi clinici di prevenzione primaria condotti prima del [[1994]] (anno della pubblicazione del ''4S''), dai quali è frequentemente emersa, nei soggetti trattati, sia una maggiore incidenza di cancro che un maggior numero di morti violente. In particolare le morti violente e accidentali sono risultate elevate nei gruppi in trattamento attivo degli studi ''Lipid Research Clinics Coronary Primary Prevention Trial'' ([[colestiramina]], [[1984]]) e ''Helsinki Heart Study'' ([[gemfibrozil]], [[1987]]).
La risposta migliore a questi dubbi è venuta dai recenti studi clinici con le [[Statina|statine]] (vedi sotto), non solo perché esse hanno permesso di raggiungere una riduzione percentuale della colesterolemia più che doppia rispetto ai trattamenti precedenti, ma anche perché si è trattato di studi di grandi dimensioni che hanno avuto la potenza statistica di evidenziare le differenze nell'incidenza della mortalità. Gli studi con le statine hanno dimostrato che, in soggetti ad alto rischio cardiovascolare, valori anche molto bassi di LDL (70–80 mg/dl) si accompagnano a riduzione degli eventi CV, senza che la mortalità totale e per cancro aumenti oppure, come nel caso dello studio HPS, facendo registrare una diminuzione della mortalità totale.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=H. Soran|anno=2017|titolo=Evidence-based goals in LDL-C reduction|rivista=Clin. Res. Cardiol..|volume=106|pp=
L'[[ipertensione]] è il più importante fattore di rischio conosciuto per tutti i tipi di stroke ([[ictus]]). Il fumo è un fattore di rischio per lo [[stroke ischemico]] e per l'[[emorragia subaracnoidea]], mentre è meno chiara l'associazione con l'[[emorragia cerebrale]]. Per quanto riguarda il colesterolo, vi è una correlazione positiva tra colesterolemia e stroke ischemico e una correlazione negativa tra colesterolemia e stroke emorragico: il rischio di ictus emorragico aumenta al diminuire della colesterolemia. A questo proposito va sottolineato che la terapia ipocolesterolemizzante con [[Statina|statine]] ha ridotto l'incidenza dell'ictus ischemico, mentre non ha avuto effetti significativi (né positivi, né negativi) su quello emorragico.
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Gli studi longitudinali sono studi epidemiologici che prendono in esame uno o più gruppi di individui, seguendoli con esami periodici per un periodo di tempo piuttosto lungo. Gli studi prospettici sono stati ideati alla fine degli anni 40, nel tentativo di identificare le cause delle malattie croniche emergenti (malattie cardiovascolari e cancro), che si andavano affiancando prepotentemente alle malattie infettive, in primo luogo tubercolosi e sifilide. Questo tipo di studi permette di prendere in considerazione un numero notevole di caratteristiche (es. peso, pressione arteriosa, parametri ematochimici, dati elettrocardiografici, dieta, abitudini di vita, come attività fisica e fumo, tipo di occupazione) e di registrarne le variazioni e gli effetti finali nel tempo. Grazie ad essi si è giunti all'identificazione di alcuni importanti fattori di rischio per la cardiopatia ischemica, tra i quali l'elevata colesterolemia è uno dei più importanti (vedi [[Aterosclerosi]]). Si parla di fattori di rischio e non di fattori eziologici (cause) proprio perché gli studi epidemiologici non sono sperimentazioni scientifiche: il loro ruolo è limitato alla identificazione di associazioni naturali tra alcune caratteristiche e lo stato di malattia considerato, senza fornire informazioni sulla natura di tale associazione. La loro importante funzione è quella di formulare ipotesi da verificare con successive sperimentazioni scientifiche.
Gli studi epidemiologici che confrontano tra loro gruppi (popolazioni) diversi di individui (studi trasversali) hanno un limite tanto maggiore quanto più disomogenei sono i gruppi presi in esame. La disomogeneità è massima quando si prendono in considerazione popolazioni di nazioni differenti, a causa dei numerosi "fattori confondenti" (razza, abitudini alimentari e stile di vita, condizioni ambientali, livello di sviluppo sanitario, metodologia di rilevazione dei dati e di misurazione dei parametri presi in esame dallo studio, ecc.). Nonostante ciò dall'esame di tali studi emerge che nei singoli paesi esiste una correlazione positiva tra colesterolemia e mortalità per cardiopatia ischemica, nel senso che anche nei paesi dove la mortalità per cardiopatia ischemica è relativamente bassa esiste una relazione positiva tra valori di colesterolemia e mortalità per malattia coronarica, come attestato anche dagli studi prospettici internazionali, come il ''Seven
I dati provenienti dallo studio trasversale MONICA illustrano bene questo aspetto. Il ''WHO MONICA Project'' ''[https://web.archive.org/web/20130720052321/http://world/ Health Organization Multinational Monitoring of Trends and Determinants in Cardiovascular Disease Project (MONItoring of CArdiovascular diseases)]'' è uno studio iniziato nel [[1981]] con lo scopo di rilevare l'andamento della patologia cardiovascolare e i rispettivi fattori di rischio in 38 differenti popolazioni di 21 nazioni in quattro continenti durante un periodo di 10 anni, interessando una popolazione totale di circa 13 milioni di uomini e donne di età compresa tra 35 e 64 anni (facoltativamente anche tra 25 e 35 anni). I dati demografici sono presi dai registri ufficiali e dai censimenti, mentre le informazioni sui fattori di rischio sono state ottenute da campioni delle popolazioni esaminate, effettuando due o tre screening per i fattori di rischio, in primo luogo pressione arteriosa, colesterolemia e fumo, e per molte altre caratteristiche (come il livello culturale): il primo all'inizio dello studio, il secondo verso la metà e l'ultimo al termine dei dieci anni. Inoltre sono stati effettuati due o tre screenings del trattamento dell'infarto miocardico acuto. Nel [[1994]] il WHO/MONICA Project ha completato la sua osservazione decennale. Più di 300.000 uomini e donne sono stati esaminati durante gli screenings e sono stati registrati 166.000 infarti del miocardio.
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In un famoso studio pubblicato nel [[1975]] ('''''Ni-Hon-San Study''''') è stata rilevata l'incidenza di cardiopatia ischemica tra 12.000 uomini di origine giapponese e residenti in Giappone, [[Hawaii]] e [[California]]; è risultato che i giapponesi che vivevano nelle Hawaii e in California avevano un'incidenza di cardiopatia ischemica quasi doppia rispetto a quelli che vivevano in Giappone, ma pur sempre la metà rispetto agli statunitensi di razza caucasica. Da questi dati è emersa l'importanza dei fattori ambientali nello sviluppo della cardiopatia ischemica, ma anche la probabile partecipazione di un substrato genetico.
== I grandi studi prospettici ==
Gli studi longitudinali (detti anche prospettici), cioè gli studi che hanno tenuto sotto osservazione gli stessi individui per diversi anni, hanno dimostrato che il rischio di morte per [[cardiopatia ischemica]] è strettamente proporzionale ai livelli di colesterolemia: più alti sono i valori di colesterolo maggiore è la mortalità cardiovascolare. Mentre i primi studi prospettici (''Framingham Heart Study'', [[1971]]; ''Pooling Project'', [[1978]]; ''Israeli Prospective Study'', [[1985]]) suggerivano che il rischio di un nuovo evento ischemico rimanesse pressoché immodificato fino al valore soglia di 200 mg/dl di colesterolemia totale (circa 130 mg/dl di LDL), gli studi successivi di maggiori dimensioni, MRFIT in particolare, hanno chiaramente indicato che la correlazione tra colesterolemia e mortalità cardiovascolare è costantemente positiva lungo tutto l'intervallo dei valori della colesterolemia, senza che si possa individuare un valore soglia, al di sotto del quale il rischio si mantenga costantemente basso. La correlazione è di tipo curvilineare, cosicché al crescere della colesterolemia la mortalità da cardiopatia ischemica aumenta più rapidamente, in modo tale che un aumento della colesterolemia pari ad un punto percentuale corrisponde un aumento di quasi due punti percentuali della mortalità: rispetto a 200 mg/dl di colesterolemia, il tasso di mortalità è raddoppiato a 250 mg/dl e quadruplicato a 300 mg/dl.
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[[File:MRFIT-Mortalità CHD.jpg|thumb|left|Studio MRFIT. Relazione tra mortalità CHD e colesterolemia]]
[[File:MRFIT. Mortalità totale.jpg|thumb|Studio MRFIT. Mortalità totale annua in funzione dei livelli sierici di colesterolo totale.]]
'''''Multiple Risk Factor Intervention Trial'' (MRFIT)''' è uno studio statunitense, iniziato nel [[1973]], in cui 361.662 uomini, di età compresa tra 35 e 57 anni, sono stati seguiti per 6 anni; nell'ambito dello studio era previsto anche un trial clinico su 12.866 soggetti ad alto rischio. L'indagine osservazionale ha evidenziato che la correlazione tra colesterolemia totale e mortalità per coronaropatia è lineare per valori compresi tra 200 e 240 mg/dl, mentre al di sopra dei 240 mg/dl diviene esponenziale, cosicché a più alte concentrazioni di colesterolo, la mortalità da CHD (''Coronary Heart Disease'') aumenta più rapidamente. Inoltre i dati del MRFIT sembrano negare la validità del concetto di soglia per i valori della colesterolemia, da questo studio risulta infatti che non vi è un limite per il colesterolo totale sierico, al di sotto del quale il rischio di CHD non esiste.<ref
'''''Prospective Cardiovascular Münster'' (PROCAM) ''Heart Study''''' è uno dei più ampi studi prospettici europei sui fattori di rischio cardiovascolari. Lo studio, iniziato nel [[1979]] e completato nel [[1991]], ha riguardato 23.616 impiegati della Germania nord-occidentale (tra [[Münster]] e la [[Regione della Ruhr|Ruhr]]). Dopo un ''follow-up'' di 14 anni, il colesterolo totale, il colesterolo LDL ed il rapporto LDL/HDL mostravano una relazione esponenziale con la mortalità per CHD e una relazione a J con la mortalità totale. Ad alti livelli di colesterolo totale e LDL, l'aumento della mortalità totale era dovuto all'aumento delle morti coronariche, mentre a bassi livelli di colesterolo totale e LDL l'incremento della mortalità totale si verificava soltanto nei fumatori ed era in rapporto con una maggiore mortalità per cancro correlato al fumo.
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Una meta-analisi effettuata su 18 studi epidemiologici e risalente al [[1992]] dimostra che la mortalità totale è minima per valori di colesterolemia totale compresi tra 160 e 200 mg/dl per gli uomini e tra 200 e 240 per le donne (le tabelle di rischio cardiovascolare fornite dal [[Ministero della salute]] ai medici di famiglia italiani tengono conto di tale differenza legata al sesso). Valori troppo bassi sono correlati ad un aumentato rischio di morte causata da alcuni tumori, ictus cerebrali e polmonari, alcune malattie infettive, incidenti, suicidi e malattie degenerative, mentre valori troppo alti sono correlati ad un aumentato rischio d'[[infarto miocardico acuto]]. Nella pratica medica si parla solo dei rischi connessi a valori elevati, ma quasi mai di quelli derivanti da valori troppo bassi, in quanto la relazione causale tra bassa colesterolemia ed eventi avversi è estremamente dubbia.
'''''North Karelia Project.''''' La ricerca della Carelia è uno studio epidemiologico a intervento iniziato nei primi anni 70; il governo finlandese (preoccupato dai tanti decessi cardiovascolari) ha promosso uno studio intervenendo con delle misure nutrizionali: educazione alla salute, campagna antifumo, antialcol e abbassamento farmaceutico della colesterolemia nella regione della Carelia del Nord, mentre in tutte le altre regioni non è stato fatto alcun intervento. Il risultato è stato una riduzione di circa il 20% di decessi per morte cardiovascolare. Per questo fatto lo studio viene spesso citato da coloro che sostengono e vogliono promuovere "l'abbassamento del colesterolo per minimizzare i rischi cardiovascolari". Nello stesso lasso di tempo, però, nelle altre regioni della Finlandia, i decessi cardiovascolari si sono abbassati del 22%, come illustrato da Vartiainen (vedi fonti). Nessuno sa spiegarselo, sebbene le interpretazioni
In base a queste e ad altre esperienze J. McCormick e P. Skrabanek sono arrivati alla conclusione che "non è possibile prevenire le malattie cardiache coronariche con degli interventi sulla popolazione".<ref>
== Note ==
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* {{cita libro|autore=Willibald Pschyrembel|titolo=Pschyrembel: Klinisches Wörterbuch|editore= Walter de Gruyter GmbH & Co.|lingua=tedesco|città= [[Berlino]]|anno = 2004|cid=Pschy|isbn = 3-11-017621-1}}
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