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{{Bio
|Nome = MatteoAttilio
|Cognome = BenussiDepoli
|Sesso = M
|LuogoNascita = RovignoFiume
|LuogoNascitaLink = Fiume (Croazia)
|GiornoMeseNascita = 2322 ottobre
|AnnoNascita = 19061887
|LuogoMorte = BelgradoGenova
|LuogoMorteLink =
|GiornoMeseMorte = 161 giugnomarzo
|AnnoMorte = 19511963
|Attività = partigianostorico
|Attività2 = politico
|Attività3 = educatore
|Epoca = 1900
|Epoca2 =
|Nazionalità = italiano
|Immagine = Rovinj007Attilio Depoli.jpgjpeg
|DimImmagine = 200
|Didascalia = Busto dedicato a Matteo Benussi-Cìo a Rovigno
|FineIncipit =
|FineIncipit =, noto soprattutto col soprannome partigiano di '''Cìo''' è stato un partigiano italiano, inquadrato nell'[[Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia]], insignito del titolo di [[Eroe del popolo]]
}}
 
== Vita ==
Nato da Pasquale e da Enrichetta Schiavon a [[Fiume (Croazia)|Fiume]], all'epoca ''[[corpus separatum]]'' direttamente soggetto alla [[Terre della Corona di Santo Stefano|Corona di Santo Stefano]] nell'ambito dell'[[Impero Austro-Ungarico]], fu fratello minore di Guido, a sua volta noto studioso di storia locale, nonché [[entomologo]] e [[geografo]]<ref>Tutte le notizie biografiche sono tratte da {{cita | Dassovich 1991}} e {{ cita | Cella 1991}}.</ref>.
Nato il 23 ottobre 1906 nella località [[Istria|istriana]] di Rovigno, all'epoca parte dell'[[Impero austroungarico]], già quattordicenne partecipò a manifestazioni organizzate dal [[Partito Socialista Italiano]] contro il fascismo. Operaio a Monfalcone, nel 1924 tornò a lavorare a Rovigno. Fra le azioni dimostrative contro il regime, rimase celebre l'esposizione della bandiera rossa sul campanile della [[Chiesa di Sant'Eufemia (Rovigno)|chiesa di Sant'Eufemia]] - la principale di Rovigno - e sulla ciminiera della fabbrica ''Ampelea'', il 1° maggio 1936<ref>{{cita|Giuricin 2014|p. 38}}</ref>.
 
A Fiume frequentò le scuole cittadine e il liceo-ginnasio (''Regio Ungarico Ginnasio Superiore di Stato''). Vinse quindi il concorso per entrare nella Scuola Normale di Budapest, e qui frequentò per quasi due anni la facoltà di lettere. Insofferente dell'ambiente, si trasferì dapprima all'[[Università di Firenze]] e infine a quella di [[Università di Roma La Sapienza|Roma]], ove si laureò nel 1912 con una tesi sul dialetto fiumano, ispirata alle dottrine del [[Wilhelm Meyer-Lübke|Meyer-Lübke]]. A partire dall'anno scolastico 1912-1913 iniziò ad insegnare materie letterarie nelle scuole fiumane.
Condannato al carcere e al confino, vi rimase fino all'[[Armistizio di Cassibile]], quando assieme ad altri antifascisti venne caricato s'un treno per essere deportato in [[Terzo Reich|Germania]]. Fuggito durante il trasporto, riuscì a tornare con mezzi di fortuna a Rovigno, dove si unì ai partigiani jugoslavi. Qui organizzò un gruppo di guastatori di cui fecero parte Luciano Simetti, Antonio Abbà, Stanko Pauletić, Giuseppe Turcinovich, Giorgio Bognar e Milan Iskra, le cui imprese divennero famose. Questi colpirono con attacchi dinamitardi svariati tratti di vie ferrate, treni, ponti e tralicci<ref>{{cita|Giuricin 2014|pp. 63-65}}</ref>. Clamorosa rimase un'azione organizzata dal Comitato distrettuale del partito comunista croato che comprendeva Pino Budicin, Augusto Ferri, Antun Pavlinić e [[Giusto Massarotto]], portata a termine a Rovigno da Benussi-Cìo assieme a Mario Hrelja e Luciano Simetti. Alle 19:30 del 5 gennaio 1944, riuscirono a fare irruzione nella Casa del Fascio durante un'importante riunione finalizzata a costituire il nuovo corpo della "Guardia civica", per il cui successo era stata promossa una campagna propagandistica in tutta l’Istria, finalizzata al reclutamento del maggior numero possibile di volontari. Dopo aver attaccato con i mitra in pugno la quindicina di fascisti presenti, i tre piazzarono una mina nell'edificio, che venne completamente sventrato. L'attacco diede nuova linfa e coraggio alle organizzazioni antifasciste rovignesi, che reclutarono diversi nuovi attivisti<ref>{{cita|Giuricin 2014|pp. 69-71}}</ref>. Ad aprile dello stesso anno Benussi-Cìo fra l'altro partecipò ad un'azione simile, che colpì la Casa del Fascio di [[Valle (Croazia)|Valle]].
 
Socio fin dal 1906 del circolo [[irredentismo italiano|irredentistico]] ''La Giovine Fiume'', dopo il suo scioglimento a seguito di una serie di pellegrinaggi patriottici degli italiani dell'Adriatico orientale alla [[tomba di Dante]] a [[Ravenna]] fu fra i fondatori del ''Circolo accademico'' di Fiume, che sostanzialmente continuò l'opera del precedente sodalizio.
Alla fine della guerra, Matteo Benussi-Cìo tornò nella sua Rovigno rifiutando ogni carica pubblica che gli era stata offerta. Secondo quanto riportato dalla stampa jugoslava, morì in un ospedale di Belgrado il 16 giugno 1951, a seguito di una malattia che l'aveva colpito come conseguenza degli sforzi sostenuti durante la guerra.
 
Alle elezioni comunali del 1914 venne eletto nelle file degli [[Partito Autonomista|autonomisti]] incarnando al suo interno - assieme ad Armando Hodnig - l'ala dei giovani irredentisti. Fra i suoi primi atti vi fu la contestazione di una serie di deliberazioni adottate dal governatore ungherese di Fiume, [[Amministratori di Fiume|István gróf Wickenburg de Capelló]]. Allo scoppio della guerra con l'Italia, Depoli fu dapprima internato come irredentista nel campo ungherese di [[Kiskunhalas]], poi nel 1917 fu costretto ad arruolarsi e spedito sul [[Fronte orientale (1914-1918)|fronte russo]]. A novembre dello stesso anno fu però rimandato a Fiume a seguito di una malattia. Qui riprese l'insegnamento.
Solo molti anni dopo si seppe che in realtà - nonostante avesse già quarantacinque anni - era stato richiamato alle armi per prestare il servizio militare suppletivo nell'esercito jugoslavo. Qui venne inviato in un’unità di addestramento assieme ai giovani di leva, dove il suo carattere indocile e soprattutto la sua quasi nulla conoscenza della lingua serbo-croata furono la causa di una serie di situazioni problematiche, che vennero qualificate come segni di insubordinazione. Venne quindi inviato in un’unità di disciplina, ove pare sia stato
ripetutamente picchiato. Portato in ospedale in gravi condizioni, morì poco dopo. Nel suo certificato di morte, si scrisse che la causa del decesso fu un attacco di [[meningite]].
 
Alla vigilia della dissoluzione dell'Impero Austrungarico, Depoli fu una delle personalità più impegnate nelle attività clandestine che - nell'ambito del duplice e contrapposto irredentismo italiano e croato - si apprestavano a chiedere l'inserimento di Fiume vuoi nel [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], vuoi nel costituendo [[Stato dei Serbi, Croati e Sloveni]] che alla fine del 1918 divenne il [[Regno dei Serbi, Croati e Sloveni]].
La morte di Benussi-Cìo creò tale scalpore e malcontento, che il suo compagno di lotta Mario Hrelja, assieme ad altri dirigenti già partigiani allertò i massimi esponenti dell’organizzazione degli ex combattenti e dello stesso comitato centrale del Partito Comunista Jugoslavo, chiedendo di intervenire per ricordare la sua figura di strenuo antifascista e partigiano<ref>{{cita|Giuricin 2014|pp. 171-172}}</ref>.
 
Attilio Depoli entrò quindi a far parte del ''Consiglio Nazionale Italiano'' presieduto da [[Antonio Grossich]], che il 30 ottobre 1918 proclamò il desiderio dei fiumani italiani (che in città erano la maggioranza degli abitanti) di unirsi alla Madrepatria, in nome del diritto all'[[audodecisione]] espresso solennemente l'8 gennaio 1918 dal presidente americano [[Woodrow Wilson]] all'interno di un discorso poi chiamato dei ''[[Quattordici punti]]''.
Il 27 novembre 1953, Matteo Benussi-Cìo venne quindi proclamato [[Eroe del popolo]], la massima onorificenza jugoslava. Fu il primo italiano combattente nell'EPLJ ad essere insignito di tale titolo, precedendo di vent'anni [[Pino Budicin]].
 
All'attività politica, Depoli coniugò in quei frangenti un'intensa attività storica e pubblicistica, scrivendo una serie di studi, [[pamphlet]] ed articoli giornalistici a sostegno della posizione annessionistica italiana, espressa nel corso delle trattative nell'ambito della [[Conferenza di pace di Parigi (1919)|Conferenza di pace di Parigi]].
 
Nel periodo dell'[[Impresa di Fiume]] (settembre 1919 - dicembre 1920) Depoli da un lato - assieme ad una parte del Consiglio Nazionale Italiano - cercò di moderare le intemperanze dannunziane e di porre un argine contro le sue "evasioni celebrative e verbali [...] [con] un richiamo costante alla realtà effettuale, alle necessità impreteribili dell'amministrazione efficiente e rispettosa dei diritti dei cittadini, all'esigenza di una certezza del diritto"<ref>{{cita pubblicazione | autore = Enrico Burich | titolo = Ricordo di Attilio Depoli | rivista = Fiume | volume = X | numero = 1-2 | editore = Società di Studi Fiumani | città = Roma | data = gennaio-giugno 1963 }}.</ref>, dall'altro - quando D'Annunzio proclamò la [[Reggenza italiana del Carnaro]] (8 settembre 1920) - vi si oppose recisamente, propugnando il mantenimento della linea annessionistica. Quando infine lo [[Stato Libero di Fiume]] venne costituito in seguito al [[Trattato di Rapallo (1920)|Trattato di Rapallo]] del 12 novembre 1920 fra Regno d'Italia e Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, Depoli si oppose alla cessione a quest'ultimo di [[Porto Baross]], che finora era stato parte integrante del complesso portuale di Fiume.
 
Fece parte del governo provvisorio dello Stato Libero, con la carica di "rettore" all'istruzione pubblica. Alle elezioni per l'Assemblea Costituente fiumana del 24 aprile 1921 si presentò fra i candidati del "blocco nazionale", che in qualche modo riproduceva su scala locale la politica dei [[Blocchi Nazionali]] italiani, contrapposto al blocco degli "autonomisti" (indipendentisti), capeggiati da [[Riccardo Zanella]] e per questo chiamati anche "zanelliani". Le elezioni vennero vinte proprio dai zanelliani che formarono di conseguenza il governo, mentre Depoli fu nominato vicepresidente dell'assemblea. Il 3 marzo 1922 l'ala più intransigente dei nazionali, alla guida di [[Giovanni Host-Venturi|Nino Host Venturi]] e [[Riccardo Gigante]] rovesciò il governo, con l'appoggio dei [[fascismo|fascisti]] locali. Zanella e il suo governo furono costretti all'esilio e ad Attilio Depoli - che non aveva partecipato al colpo di stato - venne chiesto dall'assemblea di assumere le funzioni di capo provvisorio dello Stato o - secondo le sue stesse parole - di "dittatore involontario": ''"Sono il primo ad augurarmi che questo mandato sia di brevissima durata, restando inteso che si riferisce unicamente all'ordinaria amministrazione e che per questioni importanti mi riservo di convocare l'Assemblea"''<ref>{{cita pubblicazione | autore = Attilio Depoli | titolo = Incontri con Facta e Mussolini | rivista = Fiume | volume = IV | numero = 3-4 | editore = Società di Studi Fiumani | città = Roma | data = luglio-dicembre 1952 }}.</ref>
 
==Note==
{{references}}
 
== Opere principali ==
 
== Bibliografia ==
* {{cita libro | autore = Mario Dassovich | titolo = Attilio Depoli | curatore = Francesco Semi | editore = [[Del Bianco Editore]] | città = Udine | anno = 1991 | volume = II | opera = Istria e Dalmazia. Uomini e tempi. Istria e Fiume | pp = 474-477 | cid = Dassovich 1991}}
* {{Cita libro|titolo=Memorie di una vita|autore=Luciano Giuricin|altri=con la collaborazione di Ezio Giuricin|url=http://www.crsrv.org/pdf/etnia/Libro_Giuricin.pdf|editore=Unione Italiana di Fiume - Università Popolare di Trieste - Centro di Ricerche Storiche di Rovigno|città=Rovigno|anno=2014|ISBN=9789537891107|cid=Giuricin 2014|accesso=29 giugno 2018}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Cita web | url = http://www.anpitreccani.it/donneenciclopedia/attilio-edepoli_(Dizionario-uominiBiografico)/289/matteo-benussi |titolo = DonneDEPOLI, eAttilio uomini| dellaautore Resistenza.= MatteoSergio Cella Benussi-Cìo| sito = [[AssociazioneDizionario NazionaleBiografico Partigianidegli d'Italia]]Italiani | editore = Treccani | data = 1991 | cid = ANPICella 1991 |accesso = 2921 giugnoottobre 2018}}
 
{{portale|biografie|Venezia Giulia e Dalmazia|storia}}