All Things Must Pass: differenze tra le versioni
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{{Album
|tipo
|titolo = All Things Must Pass
|artista = George Harrison
|giornomese =
|anno = 1970
|
|etichetta = [[Apple Records]] <small>(STCH 639)</small>
|produttore = [[George Harrison]]<br />[[Phil Spector]]
|durata = 115:10
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|genere3 = Hard Rock
|genere4 = Country
|genere5 =
|registrato = 26 maggio [[1970]]-ottobre 1970, [[Abbey Road Studios]], [[Trident Studios]], Londra, [[Gran Bretagna]]▼
▲|note = n. 1 {{Bandiera|USA}}<br />n. 1 {{Bandiera|GBR}}<br />n. 2 {{Bandiera|Italia}}
|numero di dischi = 3
|numero di tracce = 23
▲|registrato = 26 maggio [[1970]]-ottobre 1970, [[Abbey Road Studios]], [[Trident Studios]], [[Apple Corps|Apple Studio]], Londra, [[Gran Bretagna]]
|formati = [[Long playing|LP]] da [[12"]], [[Audiocassetta|MC]], [[Stereo8]], [[4-track cartridge]] e [[Reel to reel]]
|note = n. 1 {{Bandiera|USA}}<br />n. 1 {{Bandiera|GBR}}<br />n. 2 {{Bandiera|ITA}}<ref>{{cita testo|url=http://www.hitparadeitalia.it/hp_yenda/lpe1971.htm|titolo=hitparadeitalia.it}}</ref>
|numero dischi d'oro = {{Certificazione disco|CAN|oro|album|50000|{{Music Canada|All Things Must Pass|accesso = 10 luglio 2016}}}}{{Certificazione disco|DNK|oro|album|10000|{{IFPI Danmark|10874|accesso = 4 gennaio 2022}}}}{{Certificazione disco|GBR|oro|album|100000|{{BPI|11539-3516-2|accesso = 10 luglio 2016}}}}
|numero dischi di platino = {{Certificazione disco|USA|platino|album|7000000|{{RIAA|George Harrison|opera = All Things Must Pass|accesso = 26 gennaio 2022}}|7}}
|precedente = [[Electronic Sound]]
|anno precedente = 1969
|successivo = [[The Concert for Bangladesh]]
|anno successivo = 1971
|singolo1 = My Sweet Lord/Isn't It a Pity
|data singolo1 = 23 novembre 1970
|singolo2 = My Sweet Lord/What Is Life
|data singolo2 = 15 gennaio 1971
|singolo3 = What Is Life/Apple Scruffs
|data singolo3 = 15 febbraio 1971
}}
'''''All Things Must Pass''''' è il terzo album solista di [[George Harrison]] (il primo dopo lo scioglimento dei [[Beatles]]), pubblicato il
Stilisticamente, l'opera riflette l'influenza delle attività musicali di Harrison con artisti come [[Bob Dylan]], [[The Band]], [[Delaney & Bonnie]] e [[Billy Preston]] durante il periodo
La lavorazione dell'album iniziò agli [[Abbey Road Studios]] di Londra nel maggio 1970, con prolungate sessioni di sovraincisione e [[missaggio]] che proseguirono fino all'ottobre successivo. Tra il folto gruppo di musicisti che parteciparono alle sessioni per il disco ci furono [[Eric Clapton]] e i membri del gruppo Delaney & Bonnie's Friends – tre dei quali avrebbero poi formato con Clapton i [[Derek and the Dominos]] durante le sessioni stesse – oltre che [[Ringo Starr]], [[Gary Wright]], [[Billy Preston]], [[Klaus Voormann]], [[Alan White (batterista 1949)|Alan White]], [[John Barham]], i [[Badfinger]] e [[Pete Drake]].
L'album venne co-prodotto da Harrison insieme a [[Phil Spector]], il quale fece ampio uso della sua tecnica di produzione detta "[[Wall of Sound]]".<ref name=RS1971>Ben Gerson,
Durante il suo ultimo anno di vita, Harrison supervisionò la ristampa dell'album in occasione del trentesimo anniversario della pubblicazione. La rivista ''[[Rolling Stone]]'' ha
== Il disco ==
=== I retroscena del disco: gli anni nei Beatles ===
Già a partire dal [[1966]], Harrison cominciò ad accumulare nei Beatles una grande quantità di materiale inedito. Le canzoni ''[[Art of Dying (brano musicale)|The Art of Dying]]'' e ''[[Isn't It a Pity]]'' risalgono proprio a quella data. Nei [[bootleg]] delle sessioni di ''[[
Nel gennaio 1969, Harrison produsse gli abbozzi embrionali di canzoni che poi sarebbero apparse nell'album, quali ''[[Hear Me Lord]]'', ''[[Let It Down]]'', e ''Window, Window'', ma nessuna di queste venne completata per intero durante le sessioni; anche ''[[Wah-Wah (brano musicale)|Wah-Wah]]'' venne scritta in quel clima tesissimo per i Beatles. Cominciò poi a comporre ''[[My Sweet Lord]]'' mentre era in tournée con i [[Delaney & Bonnie]] nel tardo [[1969]]. Infine nel maggio [[1970]], andò a visitare Dylan durante la registrazione di ''[[New Morning]]'', e lì registrò una cover di ''[[If Not for You]]''. A questo punto Harrison diede il via alle registrazioni per il suo nuovo album solista, il primo e ufficiale dopo lo scioglimento dei Beatles.
=== Origine e storia ===
[[File:Wonderwall by George Harrison.jpg|thumb
Il giornalista musicale John Harris identificò l'inizio del "viaggio" che avrebbe portato [[George Harrison]] a produrre ''All Things Must Pass'' con la sua visita negli Stati Uniti della fine del 1968, dopo le tribolate sessioni dei [[Beatles]] per il ''[[The Beatles (album)|White Album]]''.<ref name="Harris p 68">Harris, pag. 68.</ref> Mentre si trovava a [[Woodstock (New York)|Woodstock]] in novembre,<ref>George Harrison, pag. 164.</ref> rilassandosi con l'amico [[Bob Dylan]],<ref name="Harris p 68" /> la creatività di Harrison venne stimolata dalla conoscenza della musica del gruppo musicale [[The Band]], completamente diversa dallo stile dei Beatles.<ref>Leng, pp. 39, 51–52.</ref><ref>Tillery, pag. 86.</ref> In concomitanza con questa visita ci fu un'impennata nella produzione di canzoni da parte di Harrison,<ref name="Leng p 39">Leng, pag. 39.</ref> a seguito del suo rinnovato interesse verso la chitarra, dopo tre anni passati a studiare il [[sitar]] indiano.<ref>George Harrison, pp. 55, 57–58.</ref><ref>Lavezzoli, pp. 176, 177, 184–85.</ref> Oltre ad essere uno dei pochi musicisti a comporre canzoni insieme a Dylan,<ref name="Harris p 68" /> Harrison aveva recentemente collaborato con [[Eric Clapton]] per la scrittura del brano ''[[Badge (Cream)|Badge]]'',<ref>Leng, pp. 39, 53–54.</ref> che divenne un grosso successo per i [[Cream]] nella primavera del 1969.<ref>
Una volta tornato a Londra, e con le sue composizioni che stentavano sempre a trovare posto su un album dei Beatles,<ref>Sulpy & Schweighardt, pp. 1, 85, 124.</ref><ref>Martin O'Gorman, "Film on Four", ''[[Mojo (periodico)|Mojo Special Limited Edition]]: 1000 Days of Revolution (The Beatles' Final Years – Jan 1, 1968 to Sept 27, 1970)'', Emap (Londra, 2003), pag. 73.</ref> Harrison si dedicò a progetti diversi producendo dischi di artisti della [[Apple Records|Apple]] quali [[Billy Preston]] e [[Doris Troy]], due cantautori statunitensi le cui influenze soul e gospel influenzeranno ''All Things Must Pass'' tanto quanto la musica dei The Band.<ref>Leng, pp. 60–62, 71–72, 319.</ref> Inoltre, George registrò con [[Leon Russell]]<ref>O'Dell, pp. 106–07.</ref> e [[Jack Bruce]],<ref>Rodriguez, pag. 1.</ref> ed accompagnò Clapton in un breve tour con [[Delaney & Bonnie]].<ref>Miles, pp. 351, 360–62.</ref> In aggiunta, egli identificò il proprio coinvolgimento con il [[Associazione internazionale per la coscienza di Krishna|movimento Hare Krishna]] quale fonte di un "altro tassello del [[puzzle]] che rappresentò il viaggio spirituale da lui iniziato nel 1966".<ref>Clayson, pp. 206–08, 267.</ref> Nel gennaio 1970,<ref>Miles, pag. 367.</ref> George invitò il produttore discografico [[Phil Spector]] a partecipare alle sessioni di registrazione di ''[[Instant Karma!]]'', il nuovo singolo della [[Plastic Ono Band]] di [[John Lennon]].<ref>Rodriguez, pag. 21.</ref><ref>George Harrison, in ''[[George Harrison: Living in the Material World]]'' DVD, [[Village Roadshow]], 2011 (diretto da Martin Scorsese; prodotto da Olivia Harrison, Nigel Sinclair & Martin Scorsese).</ref> Questa associazione portò Spector a lavorare sui nastri delle sessioni ''Get Back/Let It Be'', che produssero l'album ''[[Let It Be (album The Beatles)|Let It Be]]'' (1970),<ref>The Beatles, pag. 350.</ref><ref>Spizer, pag. 28.</ref> e successivamente a produrre ''All Things Must Pass''.<ref>Schaffner, pp. 137–38.</ref>
Harrison aveva discusso per la prima volta la possibilità di pubblicare un album solista di sue canzoni durante le ''Get Back Sessions'' del gennaio 1969.<ref name="Hertsgaard p 283">Hertsgaard, pag. 283.</ref><ref name="Spizer">Spizer, pag. 220</ref> Il 25 febbraio negli [[Abbey Road Studios]], giorno del suo ventiseiesimo compleanno,<ref>Miles, pag. 335.</ref> egli registrò alcuni nastri demo della canzone ''[[All Things Must Pass (brano musicale)|All Things Must Pass]]'' e due altre nuove composizioni che non avevano ricevuto attenzione da Lennon e McCartney durante le sessioni ai Twickenham Film Studios.<ref>''Rolling Stone'', pag. 38.</ref><ref>Huntley, pag. 19.</ref> Sebbene avesse iniziato a ventilare l'idea di un album solista fin dall'autunno del 1969,<ref name="Tillery p 87">Tillery, pag. 87.</ref><ref>Clayson, p. 284.</ref> fu solamente quando McCartney annunciò pubblicamente di voler uscire dal gruppo, nell'aprile 1970, sancendo di fatto la "fine" dei Beatles<ref>Hertsgaard, pag. 277.</ref>, che Harrison si convinse dell'idea.<ref>O'Dell, pp. 155–56.</ref> Nonostante avesse già pubblicato due album solisti a suo nome, ''[[Wonderwall Music]]'' (1968), una colonna sonora, e lo sperimentale ''[[Electronic Sound]]'' (1969),<ref>Huntley, pp. 30–31.</ref> Harrison considerò fin da subito ''All Things Must Pass'' come il suo "primo vero album solista".<ref>''Rolling Stone'', ''Harrison'', 2001, pag. 180</ref>
=== Produzione ===
{| class="toccolours" style="float: right; margin-left: 1em; margin-right: 2em; font-size: 85%; background:#c6dbf7; color:black; width:30em; max-width: 40%;" cellspacing="5"
| style="text-align: left;" | «Andai da George a Friar Park; [...] e lui mi disse: "Ho qualcosa da farti ascoltare". Non finiva più! Aveva letteralmente centinaia di canzoni ed erano una meglio dell'altra.»
|-
| style="text-align: right;" | — [[Phil Spector]]<ref
|}
[[Phil Spector]] ascoltò per la prima volta le nuove composizioni di Harrison all'inizio del 1970, durante una visita a casa sua a [[Friar Park]].<ref name="Olivia p 282">Olivia Harrison, pag. 282.</ref> Nel corso degli anni, George aveva accumulato così tanto materiale; che non la finiva più di accennare brani al produttore. Di questo primo gruppo di canzoni facevano parte ''[[Isn't It a Pity]]'', ''[[Hear Me Lord]]'', ''[[Let It Down]]'', ''[[All Things Must Pass (brano musicale)|All Things Must Pass]]'' e ''[[Art of Dying (brano musicale)|Art of Dying]]'', brani che sarebbero tutti finiti sull'album.<ref>Spizer, pp. 212, 225.</ref>
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| style="text-align: left;" | «Si poteva percepire già dopo poche sessioni che sarebbe stato un grande album.»
|-
| style="text-align: right;" | — [[Klaus Voormann]], 2003<ref name="Leng">Leng, pag. 81</ref>
|}
La data nella quale Harrison fece sentire le versioni preliminari dei pezzi a Spector, agli Abbey Road Studios, è generalmente ritenuta essere il 20 maggio 1970, lo stesso giorno in cui ebbe la sua prima mondiale il film ''[[Let It Be - Un giorno con i Beatles]]'',<ref name="Schaffner p 138">Schaffner, p. 138.</ref> mentre le sessioni in studio vere e proprie partirono il 26 maggio.<ref>Spizer pag. 220</ref><ref>Badman, pp. 8, 10.</ref> Con l'assistenza degli ex ingegneri del suono dei Beatles [[Ken Scott (produttore discografico)|Ken Scott]] e [[Phil McDonald]],<ref name="Spizer p 222">Spizer, p. 222.</ref> Spector registra la maggior parte delle tracce base dal vivo,<ref name="Leng p 80">Leng, p. 80.</ref> in alcuni casi coinvolgendo più batteristi e tastieristi insieme, e fino a cinque chitarristi in contemporanea.<ref name="Harris">Harris, pag. 72</ref>
[[File:Abbey Rd Studios.jpg|left
Secondo gli autori Chip Madinger e Mark Easter, gran parte di queste tracce base furono registrate impiegando un banco mixer a 8 tracce a Abbey Road, con il primo gruppo di sedute svoltesi dalla fine di maggio alla seconda settimana di giugno.<ref>Madinger & Easter, pp. 427, 429, 431.</ref> La prime canzoni ad essere registrate furono ''Wah-Wah''; ''What Is Life'', le due versioni di ''Isn't It a Pity'', e le tracce nelle quali suonò [[Pete Drake]], come ''All Things Must Pass'' e ''Ballad of Sir Frankie Crisp (Let It Roll)''.<ref>Madinger & Easter, pp. 428–31.</ref> Gli strumentali ''Thanks for the Pepperoni'' e ''Plug Me In'', con Harrison, Clapton e Dave Mason ciascuno a suonare estesi assoli di chitarra,<ref>Leng, pp. 100–01.</ref> furono registrati verso metà giugno presso l'[[Apple Corps|Apple Studio]], e segnarono l'inizio della formazione Clapton, Whitlock, Radle e Gordon che avrebbe costituito i [[Derek and the Dominos]].<ref name="Madinger & Easter p 427" /> Harrison inoltre contribuirà suonando la chitarra in entrambi i lati del singolo di debutto della band, ''Tell the Truth''<ref>Castleman & Podrazik, pp. 92, 207.</ref> e ''Roll It Over'',<ref>Rodriguez, p. 77.</ref> tracce che furono prodotte da Spector e registrate alla Apple il 18 giugno.<ref name="Madinger & Easter p 427" /><ref>Reid, pp. 104, 105.</ref> Lo stesso giorno furono incisi anche gli strumentali ''I Remember Jeep'' e ''Out of the Blue'', quest'ultima una jam session di oltre undici minuti di durata che vede la presenza anche di [[Bobby Keys]] e Jim Price.<ref>Castleman & Podrazik, p. 197.</ref><ref>Davis, pag. 336.</ref> Entrambe le tracce strumentali finirono sul terzo disco di ''All Things Must Pass'' intitolato ''Apple Jam'', insieme alle sopracitate ''Plug Me In'' e ''Thanks for the Pepperoni''.▼
▲Secondo gli autori Chip Madinger e Mark Easter, gran parte di queste tracce base furono registrate impiegando un banco mixer a 8 tracce a Abbey Road, con il primo gruppo di sedute svoltesi dalla fine di maggio alla seconda settimana di giugno.<ref>Madinger & Easter, pp. 427, 429, 431.</ref>
Anche se Harrison dichiarò nel corso di una intervista radiofonica a New York che le sessioni per il suo album solista sarebbero durate non oltre le otto settimane,<ref name="Badman p 6">Badman, p. 6.</ref><ref name="ContraBand/Pity">[http://beatlechat.blogspot.com.au/2012/03/its-really-pity.html "It's Really a Pity"], Contra Band Music, 15 marzo 2012.</ref> le operazioni di registrazione, sovraincisione e [[missaggio]] di ''All Things Must Pass'' durarono cinque mesi, fino alla fine di ottobre.<ref name="Madinger & Easter p 427">Madinger & Easter, p. 427.</ref><ref>Badman, pp. 6, 10, 15.</ref> Il ritardo fu dovuto, in parte, alle condizioni di salute della madre di Harrison, alla quale era stato diagnosticato un tumore, in quanto l'ex-Beatle le faceva spesso visita a Liverpool.<ref>''Rolling Stone'', pag. 40</ref><ref name="Clayson p 289">Clayson, p. 289.</ref> Alcuni partecipanti alle sedute di registrazione indicarono anche il comportamento erratico di Spector come altro fattore di ritardo nel completamento dell'album.<ref name="Madinger & Easter p 427" /><ref>Leng, pp. 80–81.</ref> George Harrison raccontò in seguito che a Spector ci volevano circa "18 drink" prima che fosse pronto a lavorare, situazione che costrinse spesso Harrison ad occuparsi da solo della produzione in molti casi.<ref>Harris, pag. 72</ref><ref>Clayson, pag. 289</ref> Nel luglio 1970, quando le sessioni ripartirono ai [[Trident Studios]],<ref>Badman, pag. 10</ref> Spector cadde in studio rompendosi un braccio.<ref>Leng, pag. 81.</ref> Poco tempo prima, la lavorazione di ''All Things Must Pass'' aveva subito un arresto temporaneo per permettere a George di stare al capezzale della madre morente per l'ultima volta.<ref>Badman, p. 12.</ref> La tragedia personale della morte della madre ispirò a Harrison il brano ''[[Deep Blue (George Harrison)|Deep Blue]]'', pubblicato su singolo nel 1971.<ref>Greene, p. 178.</ref><ref>Inglis, pp. 33–34.</ref> Le pressioni della [[EMI]] circa lo sforamento del budget per i costi dello studio di registrazione si aggiunsero ai motivi di stress di Harrison,<ref>Leng p 81.</ref> ed ulteriore complicazione fu l'infatuazione di Clapton per sua moglie, [[Pattie Boyd]]. Dopo essere stato inizialmente da questa respinto nel novembre 1970, Clapton iniziò ad assumere [[eroina]] distrutto dai sensi di colpa per aver tradito la fiducia dell'amico.<ref>Harris, pag. 72</ref>▼
[[File:Phil_Spector_2000.jpg|miniatura|right|[[Phil Spector]], co-produsse l'album insieme a George Harrison, facendo ampio ricorso alla sua tecnica "[[Wall of Sound]]"]]
▲Anche se Harrison dichiarò nel corso di una intervista radiofonica a New York che le sessioni per il suo album solista sarebbero durate non oltre le otto settimane,<ref name="Badman p 6">Badman, p. 6.</ref><ref name="ContraBand/Pity">
==== Sovraincisioni ====
In assenza di Spector, Harrison completò le tracce base e un mixaggio preliminare dell'album entro il 12 agosto.<ref name="Madinger_&Easter">Madinger & Easter, pag. 427</ref> Poi inviò al produttore convalescente a Los Angeles alcuni mix provvisori di molte canzoni,<ref name="Spizer_B">Spizer, pag. 222</ref> e Spector gli rispose per lettera il 19 agosto con suggerimenti e consigli circa ulteriori sovraincisioni e il [[missaggio]] finale.<ref
Gli arrangiamenti orchestrali di John Barham furono registrati durante la successiva fase di produzione dell'album,<ref>Madinger & Easter, p. 428.</ref> a partire dall'inizio di settembre, insieme a molti altri contributi da parte di Harrison, come la voce solista, parti di [[chitarra slide]] e cori multi-traccia (questi ultimi accreditati a "The George O'Hara-Smith Singers").<ref>Spizer, pp. 212, 222.</ref>
==== Mixaggio e masterizzazione ====
Il 9 ottobre, mentre approntava il missaggio finale dell'album a Abbey Road, George presentò a John Lennon, il quale stava lavorando al suo album solista ''[[John Lennon/Plastic Ono Band|Plastic Ono Band]]'', la traccia recentemente incisa intitolata ''It's Johnny's Birthday'', registrata come regalo per il suo trentesimo compleanno.<ref>Badman, p. 14.</ref> Lo scherzoso pezzo, incluso in ''All Things Must Pass'' nella ''Apple Jam'', vede Harrison cantare, e suonare l'[[armonium]] e tutti gli altri strumenti presenti, e contributi vocali da parte di [[Mal Evans]] ed Eddie Klein.<ref name="Madinger_&Easter_A">Madinger & Easter, pag. 432</ref> Il 28 ottobre, Harrison e Pattie Boyd arrivarono a New York, dove George e Spector terminarono la preparazione dell'album.<ref
=== Descrizione dei brani ===
==== ''I'd Have You Anytime'' ====
{{Vedi anche|I'd Have You Anytime}}
Brano composto da Harrison insieme a [[Bob Dylan]] in buona parte nella casa di quest'ultimo a [[Woodstock (New York)|Woodstock]], nell'autunno 1968, nel corso della sua visita negli Stati Uniti dopo che i Beatles avevano ultimato il ''White Album''; successivamente, egli completò la canzone da solo. La traccia è caratterizzata dal suadente suono della [[
==== ''My Sweet Lord'' ====
{{Vedi anche|My Sweet Lord}}
▲La canzone però, provocò a Harrison una causa per plagio intentata dai detentori dei diritti del successo del 1963 delle [[The Chiffons|Chiffons]], ''He's So Fine'' — una questione che si sarebbe protratta per anni. George spiegò che si era ispirato al brano gospel ''[[Oh Happy Day]]'' e non al brano delle Chiffons. Più tardi, un giudice stabilì che Harrison aveva inconsapevolmente copiato la melodia della canzone; la qual cosa ispirò Harrison a scrivere il brano ''This Song''. George acquistò anche i diritti di ''He's So Fine'' in modo da prevenire qualsiasi altra grana futura.
==== ''Wah-Wah'' ====
{{Vedi anche|Wah-Wah (brano musicale)}}
Scritta durante il burrascoso periodo dei Beatles ai Twickenham Film Studios per il progetto ''Get Back/Let It Be'', la canzone fu una reazione di Harrison
==== ''Isn't It a Pity'' ====
{{Vedi anche|Isn't It a Pity}}
Inclusa in due versioni sull'album, rappresenta una delle composizioni più vecchie di Harrison del triplo LP: risale infatti al 1966, ma a John Lennon il brano non piaceva e aveva messo il veto alla pubblicazione a nome dei Beatles,<ref>Sulpy & Schweighardt, pag. 269.</ref> quindi George, in un primo momento aveva pensato di offrire la canzone a [[Frank Sinatra]].<ref>Sulpy & Schweighardt, p. 269.</ref> Sebbene molti pensino che tratti del deterioramento dei rapporti di amicizia tra i membri dei Beatles, l'autore, nel corso di un'intervista concessa nel 2000 a ''[[Billboard]]'', disse che ''Isn't It a Pity'' era solamente "un'osservazione sulla società. Di come le persone chiedano e prendano sempre qualcosa senza mai restituire o dare nulla in cambio".<ref>
==== ''What Is Life'' ====
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==== ''If Not for You'' ====
{{Vedi anche|If Not for You}}
Poco tempo prima di iniziare la lavorazione di ''All Things Must Pass'', il 1
==== ''Behind That Locked Door'' ====
{{Vedi anche|Behind That Locked Door}}
Scritta sotto forma di ballata in stile [[The Band]], la canzone è un messaggio di incoraggiamento per [[Bob Dylan]],<ref>Clayson, pag. 273.</ref> scritto la sera prima del ritorno sulle scene del menestrello di [[Duluth (Minnesota)|Duluth]] al [[Festival dell'Isola di Wight]] del 1969, dopo l'auto isolamento seguito all'incidente in motocicletta del
==== ''Let It Down'' ====
{{Vedi anche|Let It Down}}
Composta a fine 1968, in un periodo nel quale il matrimonio tra George e [[Pattie Boyd]] era già in crisi<ref>{{cita web|lingua=en|url=
==== ''Run of the Mill'' ====
{{Vedi anche|Run of the Mill}}
Altra composizione di Harrison che parla del deterioramento dei rapporti personali tra i membri dei Beatles alla fine degli anni sessanta; venne composta con in mente le interminabili e noiose riunioni d'affari alla [[Apple Corps]] alle quali Harrison odiava partecipare, e dove spesso si finiva per litigare.<ref name="Hertsgaard
==== ''Beware of Darkness'' ====
{{Vedi anche|Beware of Darkness (George Harrison)}}
Ballata a tinte fosche, nel testo si riflette sulla filosofia del [[Radha Krishna Temple]], frequentato dallo stesso George Harrison: l'immaterialità deve sempre essere superiore alla materialità, e quindi alla corruzione.<ref>{{Cita libro|autore=Ian Inglis|titolo=The Words and Music of George Harrison|editore=Preager|anno=
==== ''Apple Scruffs'' ====
{{Vedi anche|Apple Scruffs (brano musicale)}}
Altro brano fortemente influenzato dalle sonorità dylaniane,<ref>Inglis, pp. 28–29.</ref> ''Apple Scruffs'' venne scritto da Harrison come omaggio alle [[Apple scruffs|fan scatenate]] ed instancabili dei Beatles, che avevano ricevuto il soprannome di "Apple Scruffs", proprio perché sostavano giorno e notte fuori dalla sede degli [[Apple Records|Apple Studios]] con la speranza di incontrare o anche solo di vedere uno dei membri del gruppo.<ref name="Schaffner">Schaffner, pag. 142</ref><ref>Clayson, pag. 297</ref>
==== ''Ballad of Sir Frankie Crisp (Let It Roll)'' ====
{{Vedi anche|Ballad of Sir Frankie Crisp (Let It Roll)}}
[[File:Frank Crisp PLS.jpg|thumb|upright=0.8|Sir Frank Crisp (1843-1919)]]
Harrison compose questa malinconica e sognante ballata, inizialmente intitolata ''Everybody, Nobody''<ref
==== ''Awaiting On You All'' ====
{{Vedi anche|Awaiting On You All}}
Insieme a ''[[My Sweet Lord]]'', è tra le canzoni dal contenuto maggiormente religioso e polemico di ''All Things Must Pass'', e l'incisione è un tipico esempio dell'influenza del produttore [[Phil Spector]] sull'album, a causa del suo arrangiamento in pieno stile "[[Wall of Sound]]". Musicalmente, la composizione riflette l'accostamento di Harrison alla [[musica gospel]], a seguito della produzione discografica di alcuni lavori di [[Billy Preston]] e [[Doris Troy]], artisti sotto contratto con la [[Apple Records]]. Nel testo, Harrison si fa portavoce di una diretta relazione personale con Dio piuttosto che l'attenersi ai precetti di una religione organizzata. Influenzato sia dalla sua frequentazione dell'associazione di devoti [[Associazione internazionale per la coscienza di Krishna|Hare Krishna]], nota come [[Radha Krishna Temple]], sia dai concetti della filosofia [[Vedānta]] ispirata agli insegnamenti di [[Swami Vivekananda]], Harrison canta il nome di Dio come mezzo per purificarsi e liberarsi dalle impurità del mondo materiale. Pur riconoscendo la validità di tutte le fedi, in sostanza, le sue parole criticano esplicitamente il [[Papa]] e il materialismo percepito nella [[Chiesa cattolica]]: ''«While the Pope owns 51% of General Motors / And the stock exchange is the only thing he's qualified to quote us»'' ("Mentre il Papa possiede il 51% della [[General Motors]] / E la Borsa è l'unica cosa che è qualificato a citarci"), verso che [[EMI]] e [[Capitol Records]] omisero dai testi scritti all'interno dell'album.<ref name="Leng_A">Leng, pag. 95</ref> Inoltre, egli mette in discussione anche la validità della campagna di [[John Lennon]] e [[Yōko Ono]] del 1969 in favore della pace, criticando i loro [[Bed-In]] con le parole: ''«You don't need no love-in / You don't need no bed pan»''; riflettendo così una significativa divergenza filosofica e di opinioni con l'ex compagno nei Beatles.
==== ''All Things Must Pass'' ====
{{Vedi anche|All Things Must Pass (brano musicale)}}
Canzone composta da Harrison prima della separazione dei Beatles, che nel gennaio 1969 effettuarono anche qualche tentativo di inciderla prima di accantonarla definitivamente. Dopo l'abbandono del pezzo da parte dei Beatles, la canzone venne data a [[Billy Preston]] che ne incise una reinterpretazione e la pubblicò con il titolo ''All Things (Must) Pass'' nel suo album ''[[Encouraging Words]]'', prodotto da Harrison e pubblicato su etichetta [[Apple Records]] nel 1970. Il testo tratta della natura transitoria dell'esistenza umana. Testo e musica si combinano in modo da riflettere impressioni di ottimismo in opposizione al fatalismo. Riscontrabile musicalmente anche in questo pezzo l'influsso stilistico dei [[The Band|Band]].<ref>George Harrison, ''I Me Mine'', Rizzoli, Milano, 2002, pag. 184.</ref>
==== ''I Dig Love'' ====
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==== ''Art of Dying'' ====
{{Vedi anche|Art of Dying (brano musicale)}}
Brano [[hard rock]] circa il concetto induista della [[reincarnazione]] e dell'inevitabilità della [[morte]], è caratterizzato da un forte trattamento produttivo da parte di [[Phil Spector]], e dalla lancinante chitarra elettrica suonata da [[Eric Clapton]] con effetto [[wah-wah]] in stile quasi [[Jimi Hendrix|hendrixiano]]. Il testo della canzone presenta riferimenti alla [[Vergine Maria]] della [[Cattolicesimo|fede
==== ''Hear Me Lord'' ====
{{Vedi anche|Hear Me Lord}}
Composta durante le sessioni del progetto ''Get Back/Let It Be'' del gennaio 1969, provata con i Beatles che però si dimostrarono alquanto indifferenti al pezzo, si tratta di una canzone scritta sotto forma di preghiera ed accorata supplica a Dio, nella quale Harrison chiede aiuto al Signore per seppellire il [[desiderio sessuale]], da lui considerato autolesionistico<ref name="II1">{{Cita libro|autore=Ian Inglis|titolo=The Words and Music of George Harrison|url=https://archive.org/details/wordsmusicofgeor0000ingl|editore=Praeger|anno=
=== ''Apple Jam'' ===
Nel formato originale in triplo vinile, il terzo disco, intitolato ''Apple Jam'', è costituito quasi esclusivamente da improvvisazioni strumentali tratte da [[jam session]]. Quattro delle cinque tracce, ''Out of the Blue'', ''Plug Me In'', ''I Remember Jeep'' e ''Thanks for the Pepperoni'' sono brani strumentali costruiti su minimi cambi di accordo,<ref name="Clayson">Clayson, pag. 292.</ref> o, come nel caso di ''Out of the Blue'', un singolo [[riff]].<ref>Leng, pp. 101–02.</ref> Il titolo ''I Remember Jeep'' deriva dal nome del cane di Eric Clapton, che appunto si chiamava "Jeep",<ref name="Spizer_A">Spizer, pag. 226.</ref> mentre ''Thanks for the Pepperoni'' è tratto da una battuta del comico [[Lenny Bruce]].<ref>Huntley, pag. 60.</ref> Nel corso di un'intervista del dicembre 2000 concessa a ''[[Billboard]]'', Harrison spiegò: «Circa le jam, non volevo semplicemente buttarle nel cestino, ma allo stesso tempo non facevano parte dell'album; ecco perché le misi tutte su un disco separato, come una sorta di bonus.»<ref name="BB 2000">Timothy White,
=== Artwork e copertina ===
Harrison commissionò a [[Tom Wilkes]] il design di una scatola con cerniera nella quale inserire i tre dischi in vinile a [[33 giri]], piuttosto che averli confezionati in una tripla copertina apribile.<ref
La foto di copertina in bianco e nero fu scattata su un prato nel parco di Friar Park<ref
La Apple incluse nella costosa confezione dell'album anche un [[poster]], raffigurante un tenebroso Harrison in penombra in un buio corridoio della sua casa, in piedi davanti a una finestra con il telaio di ferro.<ref>Spizer, pp. 221, 226.</ref>
== Pubblicazione ==
[[File:George Harrison-What Is Life+Apple Scruffs.png|thumb|left|upright=0.7|Pubblicità per il singolo ''[[What Is Life]]'', febbraio 1971]]
La EMI e la sua controparte statunitense [[Capitol Records]], avevano inizialmente previsto di pubblicare l'album nell'ottobre 1970, e le attività promozionali per lo stesso iniziarono a settembre.<ref name="Madinger_&Easter" /> C'era stata per mesi una certa "trepidazione nell'aria" circa l'attesa dell'uscita dell'album solista di George Harrison, secondo [[Alan Clayson]], e "per ragioni differenti dalla grande popolarità dei Fab Four".<ref>Clayson, pp. 293–94.</ref> La statura artistica di Harrison era cresciuta nel corso dell'anno appena trascorso grazie alla pubblicazione delle sue acclamate composizioni ''[[Something]]'' e ''[[Here Comes the Sun]]'' nell'album ''[[Abbey Road (album)|Abbey Road]]'' dei Beatles,<ref name="Woffinden">Woffinden, pag. 37.</ref><ref name="Ingham">Ingham, pag. 127.</ref> ed alla sua "misteriosa" collaborazione con Bob Dylan a New York, sulla quale molto si era speculato.<ref>''Rolling Stone'', pp. 179–80.</ref> Tenendo anche conto del ruolo ultimamente da lui svolto nel far conoscere al grande pubblico gruppi musicali come The Band e Delaney & Bonnie, e della sua associazione con Eric Clapton e i Cream; nel 1981 il critico del ''[[New Musical Express]]'' [[Bob Woffinden]] concluse che "pezzo dopo pezzo, all'epoca la credibilità artistica di Harrison stava raggiungendo l'apice."<ref name="Woffinden" />
''All Things Must Pass'' fu pubblicato negli Stati Uniti il 27 novembre 1970, e tre giorni dopo nel Regno Unito,<ref name="Badman_B" /> con la rara particolarità di avere lo stesso numero di catalogo Apple (STCH 639) in entrambi i Paesi.<ref>Castleman & Podrazik, pag. 94.</ref> Spesso accreditato come primo triplo album della musica rock,<ref name="RollingStone" /> più precisamente fu il primo album triplo in studio pubblicato da un artista singolo, in quanto preceduto di sei mesi dall'album live ''[[Woodstock: Music from the Original Soundtrack and More]]'', accreditato ad artisti vari.<ref name="Clayson_B" />
In varie nazioni, la Apple pubblicò ''My Sweet Lord'' come primo singolo estratto dall'album, insieme a ''Isn't It a Pity'' in un doppio lato A.<ref>Rodriguez, pp. 254–55.</ref> Il [[45 giri]] riscosse un enorme successo,<ref name="Ingham" /> raggiungendo la vetta delle classifiche in molti Paesi del mondo nei primi mesi del 1971,<ref name="Schaffner" /> seguito poco tempo dopo dal secondo singolo ''[[What Is Life]]'' (B-side: ''Apple Scruffs''), altro grande successo.<ref>Clayson, pag. 296</ref> Il grande riscontro economico di ''My Sweet Lord'' costò a George Harrison una causa legale per plagio intentatagli dalla Bright Tunes, detentrice dei diritti di pubblicazione del brano ''[[He's So Fine]]'' delle [[Chiffons]] del 1963, ritenuto "troppo" simile melodicamente a ''My Sweet Lord''.<ref>Woffinden, pp. 99, 102.</ref>
== Accoglienza, classifiche e critica ==
{{Recensioni album
| recensione1 = [[
| giudizio1 = {{Giudizio|
| recensione2 = ''[[Rolling Stone]]''
| giudizio2 = {{Giudizio|4.5|5}}<ref>
| recensione3 = ''[[Blender (rivista)|Blender]]''
| giudizio3 = {{Giudizio|5|5}}<ref name="DuNoyer/Blender">Paul Du Noyer, "Back Catalogue: George Harrison", ''[[Blender (periodico)|Blender]]'', Aprile 2004, pp. 152–53.</ref>
Riga 174 ⟶ 192:
| giudizio4 = C<ref name="Christgau p 171">Christgau, pag. 171.</ref>
| recensione5 =[[Ondarock]]
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| recensione6 = ''[[Mojo (periodico)|Mojo]]''
| giudizio6 = {{Giudizio|5|5}}<ref name="Harris/Mojo2011">John Harris, "Beware of Darkness", ''[[Mojo (periodico)|Mojo]]'', Novembre 2011, pag. 82.</ref>
| recensione7 = [[Piero Scaruffi]]
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| recensione8 = [[Pitchfork
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| giudizio10 = {{Giudizio|5|5}}<ref name="Uncut">Nigel Williamson, "All Things Must Pass: George Harrison's post-Beatles solo albums", ''[[Uncut]]'', febbraio 2002, p. 60.</ref>
}}
L'album raggiunse il primo posto negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]]
''All Things Must Pass'' restò in vetta alla classifica britannica per otto settimane di fila, anche se fino al 2006, i resoconti delle classifiche riportarono erroneamente che l'album si fosse fermato alla posizione numero 4. L'errore fu dovuto a un disguido postale occorso nel Regno Unito durante il periodo febbraio-marzo 1971, quando gli addetti alla compilazione dei risultati delle classifiche nazionali non ricevettero nessun dato di vendita dai negozi di dischi. Nel luglio 2006, l'[[Official Charts Company|Official UK Charts Company]] corresse i propri registri dimostrando che ''All Things Must Pass'' arrivò fino al numero 1.<ref name="last">{{cita testo|url=http://www.liverpoolecho.co.uk/whats-on/music/number-one-harrison-last-3516990|titolo="Number one for Harrison at last"}}, ''[[Liverpool Echo]]'', 31 luglio 2006.</ref> Anche nella classifica nazionale di ''[[Melody Maker]]'', l'album rimase in vetta per otto settimane, dal 6 febbraio al 27 marzo, in coincidenza con la permanenza di ''My Sweet Lord'' alla posizione numero 1 della classifica dei singoli.<ref>Castleman & Podrazik, pp. 340–41.</ref> Negli Stati Uniti, ''All Things Must Pass'' trascorse sette settimane al numero 1 della classifica [[Billboard 200|''Billboard'' Top LP]], dal 2 gennaio al 20 febbraio, e un tempo simile in vetta alle classifiche di ''[[Cash Box]]'' e ''[[Record World]]'';<ref>Spizer, pag. 219</ref> per tre di queste settimane, ''My Sweet Lord'' fu al numero 1 della [[Billboard Hot 100|''Billboard'' Hot 100]].<ref>Castleman & Podrazik, pp. 352, 362.</ref> Scrivendo nell'aprile 2001 sulla rivista ''[[Record Collector]]'', il giornalista [[Peter Doggett]] descrisse George Harrison come "probabilmente la maggior rockstar del pianeta agli inizi del 1971", con ''All Things Must Pass'' che aveva "surclassato facilmente" gli altri dischi solisti dei Beatles come ''[[Ram (album)|Ram]]'' di McCartney, e ''[[Imagine (album John Lennon)|Imagine]]'' di Lennon.<ref>Peter Doggett, "George Harrison: The Apple Years", ''[[Record Collector]]'', aprile 2001, pag. 37.</ref> La cosiddetta "doppietta di ''Billboard'' di Harrison" – dove un artista detiene le prime posizioni sia nella classifica riservata agli album sia in quella dei singoli – fu un risultato che nessuno dei suoi ex compagni di gruppo eguagliò fino al giugno 1973, quando ci riuscì Paul McCartney con gli [[Wings (gruppo musicale)|Wings]].<ref>Castleman & Podrazik, pp. 353, 364.</ref> Ai [[Grammy Awards]] del 1972, ''All Things Must Pass'' ricevette una nomination come [[Grammy Award all'album dell'anno|Album of the Year]] e ''My Sweet Lord'' come [[Grammy Award alla registrazione dell'anno|Record of the Year]], ma Harrison perse in entrambe le categorie in favore di [[Carole King]].<ref>Grammy Awards 1972</ref><ref>{{cita testo|url=https://books.google.com/books?hl=pt-BR&id=bSgEAAAAMBAJ&q=Grammy#v=snippet&q=Grammy&f=false|titolo="1971 Grammy Champions"}}, ''[[Billboard]]'', 25 marzo 1972, pag. 6.</ref>
''All Things Must Pass'' fu certificato [[disco d'oro]] dalla [[Recording Industry Association of America]] il 17 dicembre 1970<ref>Castleman & Podrazik, p. 332.</ref> e da allora è diventato sei volte [[disco di platino]].<ref name="Spizer p 219">Spizer, p. 219.</ref><ref name="riaa">{{cita testo|url=https://riaa.com/goldandplatinumdata.php?resultpage=1&table=SEARCH_RESULTS&action=&title=&artist=Harrison&format=ALBUM&debutLP=&category=&sex=&releaseDate=&requestNo=&type=&level=&label=&company=&certificationDate=&awardDescription=&catalogNo=&aSex=&rec_id=&charField=&gold=&platinum=&multiPlat=&level2=&certDate=&album=&id=&after=&before=&startMonth=1&endMonth=1&startYear=1958&endYear=2010&sort=Artist&perPage=75|titolo=Gold & Platinum Database Search: "Harrison"|urlarchivio=https://archive.is/20130201072534/http://riaa.com/goldandplatinumdata.php?resultpage=1&table=SEARCH_RESULTS&action=&title=&artist=Harrison&format=ALBUM&debutLP=&category=&sex=&releaseDate=&requestNo=&type=&level=&label=&company=&certificationDate=&awardDescription=&catalogNo=&aSex=&rec_id=&charField=&gold=&platinum=&multiPlat=&level2=&certDate=&album=&id=&after=&before=&startMonth=1&endMonth=1&startYear=1958&endYear=2010&sort=Artist&perPage=75# }}, [[Recording Industry Association of America]].</ref> Secondo quanto dichiarato da [[John Bergstrom]] del sito [[PopMatters]], al gennaio 2011, ''All Things Must Pass'' aveva venduto più copie di ''Imagine'' (1971) e di ''[[Band on the Run]]'' (1973) messi assieme.<ref name="PopMatters review 135411">John Bergstrom, {{cita testo|url=http://www.popmatters.com/pm/review/135411-george-harrison-all-things-must-pass/|titolo="George Harrison: All Things Must Pass"}}, [[PopMatters]], 14 gennaio 2011.</ref> Sempre nel 2011, [[Gary Tillery]] lo definì "l'album di maggior successo di un ex-Beatle".<ref>Tillery, pag. 89.</ref>
=== Recensioni contemporanee ===
''All Things Must Pass'' venne accolto molto positivamente dalla critica alla sua pubblicazione<ref>Chris Hunt (ed.), ''[[New Musical Express|NME Originals]]: Beatles – The Solo Years 1970–1980'', IPC Ignite! (Londra, 2005), pag. 22.</ref> – sia dal punto di vista musicale sia da quello del contenuto dei testi in virtù del fatto che si trattava di un lavoro del presunto "Beatle sottovalutato".<ref name="Clayson_A" /><ref name="Schaffner_A">Schaffner, pag. 140.</ref><ref>Badman, pag. 24.</ref> Lo scrittore Robert Rodriguez fece notare come l'attenzione dei critici dell'epoca fosse monopolizzata dalla scoperta di "un sorprendente talento nascosto, che era rimasto in ombra per tutti questi anni" oscurato dal binomio Lennon & McCartney.<ref>Rodriguez, pag. 147.</ref> Molti recensori liquidarono il terzo disco (''Apple Jam''), dichiarando che si trattava di un'aggiunta "inutile" inserita per giustificare l'alto prezzo al dettaglio dell'album,<ref name="Clayson" /><ref name="Carr_&Tyler">Carr & Tyler, pag. 92.</ref> sebbene a posteriori [[Anthony DeCurtis]] indicasse proprio le [[jam session]] contenute in ''Apple Jam'', come prova evidente della "libertà artistica dell'opera".<ref>''Rolling Stone'', 2000</ref>
Ben Gerson della rivista ''[[Rolling Stone]]'' definì ''All Things Must Pass'' "uno sfarzo di fede, sacrificio e gioia"<ref>Perasi, pag. 257.</ref> e concluse dichiarando che il triplo album di Harrison poteva essere considerato "il ''[[Guerra e pace]]'' del rock 'n' roll".<ref name="RollingStone_A">''Rolling Stone'', 1971</ref> Inoltre Gerson lodò la produzione dell'album definendola "di classiche proporzioni Spectoriane, [[Richard Wagner|Wagneriana]], [[Anton Bruckner|Bruckneriana]]; musica delle cime delle montagne e dei vasti orizzonti".<ref name="RollingStone_A" /> Sul ''New Musical Express'', Alan Smith definì le canzoni di Harrison "musica della mente", aggiungendo: "cercano e vagano, come nei ritmi morbidi di un sogno, e alla fine lui [Harrison] le ha messe su carta utilizzando parole che sono spesso profonde e profondamente belle."<ref>Smith, ''NME''</ref> ''Billboard'' salutò l'uscita di ''All Things Must Pass'' definendolo "una miscela magistrale di rock e pietà, brillantezza tecnica ed umore mistico, e un vero sollievo dalla noia del rock di tutti i giorni".<ref name="BB review/google">{{cita testo|url=https://books.google.com/books?id=mSkEAAAAMBAJ&pg=RA1-PA50&dq=%22a+new+stroke%22&hl=en&sa=X&ei=WA22UMi4POmTmQXEioDACw&ved=0CDQQ6AEwAA#v=onepage&q=%22a%20new%20stroke%22&f=false|titolo="Album Reviews"}}, ''[[Billboard]]'', 19 dicembre 1970, pag. 50.</ref>
Richard Williams del ''Melody Maker'' riassunse la sorpresa che molti provarono nei confronti dell'apparente trasformazione di Harrison: ''All Things Must Pass'', scrisse, fornì "l'equivalente rock dello shock provato dagli spettatori al cinema nell'anteguerra quando [[Greta Garbo]] parlò per la prima volta in un film sonoro: ''La Garbo parla! – Harrison è libero!''"<ref name="Schaffner_A" /> [[William Bender]] della rivista ''[[Time]]'' descrisse il disco una "affermazione personale eseguita in maniera classicamente espressiva; ... uno dei migliori album rock in circolazione da anni", mentre Don Heckman scrisse sul ''[[The New York Times]]'': "Se qualcuno aveva dubbi che George Harrison fosse un grande talento, ora può rilassarsi... Questo è un disco da non perdere."<ref>Frontani, pag. 158, nota 19 (pag. 266).</ref>
Fuori dal coro delle lodi fu invece il noto critico musicale [[Robert Christgau]] del ''[[The Village Voice|Village Voice]]'', che scrisse quanto ''All Things Must Pass'' fosse caratterizzato da una "eccessiva fatuità" e da "una musica poco interessante".<ref>Robert Christgau, {{cita testo|url=http://www.robertchristgau.com/xg/bk-aow/beatles.php|titolo="Living Without the Beatles"}}, robertchristgau.com.</ref> Nel loro libro ''[[The Beatles: An Illustrated Record]]'', [[Roy Carr]] & [[Tony Tyler]] criticarono l'omogeneità della produzione e "la natura lugubre delle composizioni di Harrison".<ref name="Carr_&Tyler" /> Scrivendo in ''The Beatles Forever'' nel 1977, tuttavia, [[Nicholas Schaffner]] lodò l'album come un "traguardo glorioso" nelle rispettive carriere di Harrison e Spector, indicando le tracce ''All Things Must Pass'' e ''Beware of Darkness'' come le "due canzoni più eloquenti del disco... sia musicalmente che liricamente".<ref>Schaffner, pp. 138, 142.</ref>
=== Recensioni moderne ===
[[Richie Unterberger]] di [[AllMusic]] definì ''All Things Must Pass'' "Harrison al suo meglio... un disco molto toccante",<ref name="allmusic.com">{{cita testo|url=https://www.allmusic.com/album/all-things-must-pass-mw0000194979|titolo=Recensione su Allmusic}}</ref> mentre Roger Catlin di [[MusicHound]] descrisse l'album "epico e audace", con la sua "densa produzione e le ricche canzoni completate dal disco extra di jam session".<ref>Graff & Durchholz, pag. 529.</ref> La rivista ''[[Q (rivista)|Q]]'' lo considera una fusione esemplare di "rock e religione", e "l'album migliore in assoluto pubblicato da un ex-Beatle". Il regista [[Martin Scorsese]], a proposito del disco, scrisse del "potente senso di ritualità che si percepisce nell'album", aggiungendo: "Ricordo che sentivo come avesse la grandiosità della [[musica liturgica]], delle campane usate nelle cerimonie del buddismo tibetano."<ref>Olivia Harrison, pag. 7.</ref> Scrivendo su ''Rolling Stone'' nel 2002, Greg Kot descrisse la "grandeur" dell'opera come una "cattedrale del rock in excelsis" dove le "vere stelle" sono le canzoni di Harrison;<ref>''Rolling Stone'', pag. 187.</ref> nella stessa pubblicazione, Mikal Gilmore definì l'album "il miglior lavoro solista mai prodotto da un ex-Beatle".<ref>''Rolling Stone'', pag. 42.</ref> Nel suo articolo del luglio 2001 per la rivista ''[[Mojo (periodico)|Mojo]]'', John Harris lodò l'opera come "l'album solista inaugurale che rimane ancora oggi il miglior disco solista di un Beatle".<ref name="Harris p 68" /> Nella ''[[The Rolling Stone Album Guide]]'' (2004), Mac Randall scrisse che l'album è eccezionale, ma "un tantino sopravvalutato" da quei critici che finsero di non vedere come gli ultimi 30 minuti di jam strumentali blues fossero "pezzi mediocri che nessuno si sarebbe preso la briga di ascoltare più di una volta".<ref>Brackett & Hoard, pag. 367.</ref> In maniera simile, Unterberger cita l'inclusione nell'album del terzo LP denominato ''Apple Jam'' come "un difetto molto significativo" dell'opera, sebbene lo consideri "storicamente rilevante dal punto di vista musicale", per la presenza della prima formazione dei [[Derek and the Dominos]].<ref name="allmusic.com" /> Nel 2016, scrivendo per [[Pitchfork (sito web)|Pitchfork]], Jayson Green dichiarò che Harrison era l'unico tra gli ex-Beatle ad aver "cambiato i termini di cosa potesse essere un album rock" poiché, pur non essendo ''All Things Must Pass'' il primo album triplo della storia del rock, "nell'immaginario collettivo, è ''il'' primo triplo album discografico pubblicato da un artista di primo piano." Nel 2014, il recensore del sito Ondarock descrisse ''All Things Must Pass'': "Un vero mondo immaginario, interiore quanto materiale, meno provocatorio di quello descritto da ''Imagine'', ma forse anche più profondo e comprensivo... ".<ref name="ondarock.it" /> Il sito web storiadellamusica.it assegna all'album 8 stellette su 10 scrivendo: "''All Things Must Pass'' raccoglie gli sforzi e le idee migliori di Harrison" [...] "il disco simboleggia dunque il periodo d’oro del chitarrista dei Beatles, entrato in forma, per così dire, proprio mentre la formazione a cui apparteneva si era sfaldata".<ref>{{cita testo|url=http://www.storiadellamusica.it/pop-music/pop_rock/george_harrison-all_things_must_pass(apple-1971).html#|titolo=George Harrison - All Things Must Pass}}</ref>
=== Riconoscimenti ===
''All Things Must Pass'' viene citato in libri quali ''[[Mojo (periodico)|The Mojo Collection: The Greatest Albums of All Time]]'',<ref>Irvin, pp. 238–39.</ref> ''[[1001 Albums You Must Hear Before You Die]]'' di Robert Dimery e ''[[1,000 Recordings to Hear Before You Die]]'' di Tom Moon.<ref>Moon, pp. 345–46.</ref> Nel 1999, ''All Things Must Pass'' apparve al numero 9 della classifica "Alternative Top 100 Albums" del ''[[The Guardian]]'', dove il giornalista Tom Cox lo descrisse "il migliore e più sofisticato di tutti i dischi solisti dei Beatles".<ref>Tom Cox,
== Tracce ==
Tutte le canzoni sono composte da [[George Harrison]], tranne dove indicato diversamente.
=== LP 1 ===
;Lato A
{{Tracce
|Titolo1 = [[I'd Have You Anytime]]
|Autore testo e musica1 = [[George Harrison]], [[Bob Dylan]] |Durata1 = 2:56 |Titolo2 = [[My Sweet Lord]]
|Durata2 = 4:38 |Titolo3 = [[Wah-Wah (brano musicale)|Wah-Wah]]
|Durata3 = 5:35 |Titolo4 = [[Isn't It a Pity
|Note4 = Versione1
|Durata4 = 7:08
}}
;Lato B
{{Tracce
|Titolo5 = [[What Is Life]]
|Durata5 = 4:22 |Titolo6 = [[If Not for You]]
|Autore testo e musica6 = [[Bob Dylan]] |Durata6 = 3:29 |Titolo7 = [[Behind That Locked Door]]
|Durata7 = 3:05 |Titolo8 = [[Let It Down]]
|Durata8 = 4:57 |Titolo9 = [[Run of the Mill]]
|Durata9 = 2:49 }}
Riga 215 ⟶ 261:
;Lato A
{{Tracce
|Titolo1 = [[Beware of Darkness (George Harrison)|Beware of Darkness]]
|Durata1 = 3:48 |Titolo2 = [[Apple Scruffs (brano musicale)|Apple Scruffs]]
|Durata2 = 3:04 |Titolo3 = [[Ballad of Sir Frankie Crisp (Let It Roll)]]
|Durata3 = 3:46 |Titolo4 = [[Awaiting On You All]]
|Durata4 = 2:45 |Titolo5 = [[All Things Must Pass (brano musicale)|All Things Must Pass]]
|Durata5 = 3:44 }}
;Lato B
{{Tracce
|
| |
| |
|Note8 = Versione2
|Titolo8 = [[Hear Me Lord]]|Durata8 = 5:46▼
|Durata8 = 4:45
|Durata9 = 5:46
}}
Riga 253 ⟶ 309:
La ristampa è stata curata dallo stesso [[George Harrison]].
# ''[[I'd Have You Anytime]]'' <small>(George Harrison/Bob Dylan)</small> - 2:56
# ''[[My Sweet Lord]]'' - 4:38
# ''[[Wah-Wah (brano musicale)|Wah-Wah]]'' - 5:35
# ''[[Isn't It a Pity|Isn't It a Pity (Version 1)]]'' - 7:08
# ''[[What Is Life]]'' - 4:22
# ''[[If Not for You]]'' <small>(Bob Dylan)</small> - 3:29
# ''[[Behind That Locked Door]]'' - 3:05
# ''[[Let It Down]]'' - 4:57
# ''[[Run of the Mill]]'' - 2:49
# ''[[I Live for You]]'' <small>(Inedito del 1970 con sovraincisioni del 2000)</small> - 3:35
# ''[[Beware of Darkness (George Harrison)|Beware of Darkness]]'' <small>(Demo)</small> - 3:19
# ''[[Let It Down]]'' <small>(Demo)</small> - 3:54
# ''[[What Is Life]]'' <small>(Backing track con parti inedite)</small> - 4:27
# ''[[My Sweet Lord#Altre versioni#My Sweet Lord 2000|My Sweet Lord (2000)]]'' <small>(Remake della hit del 1970)</small> - 4:57
# ''Beware of Darkness'' - 3:48
# ''[[Apple Scruffs (brano musicale)|Apple Scruffs]]'' - 3:04
Riga 275 ⟶ 331:
# ''[[Awaiting On You All]]'' - 2:45
# ''[[All Things Must Pass (brano musicale)|All Things Must Pass]]'' - 3:44
# ''[[I Dig Love]]'' - 4:55
# ''[[Art of Dying (brano musicale)|Art of Dying]]'' - 3:37
# ''[[Isn't It a Pity|Isn't It a Pity (Version 2)]]'' - 4:45
# ''[[Hear Me Lord]]'' - 5:46
# ''It's Johnny's Birthday'' <small>(Basata su ''Congratulations'' - Martin/Coulter)</small> – 0:49
# ''Plug Me In'' <small>(Jim Gordon/Carl Radle/Bobby Whitlock/Eric Clapton/Dave Mason/George Harrison)</small> – 3:18
Riga 286 ⟶ 342:
== Formazione ==
* [[George Harrison]] — [[Canto|voce]], cori, [[chitarra acustica]], [[chitarra elettrica]], [[
* [[Eric Clapton]] — chitarra elettrica ed acustica, cori
* [[Ringo Starr]], [[Jim Gordon (musicista)|Jim Gordon]], [[Alan White (batterista 1949)|Alan White]], [[Phil Collins]], [[Ginger Baker]] — [[Batteria (strumento musicale)|batteria]], [[percussioni]], [[
* Gary Wright, [[Bobby Whitlock]], [[Gary Brooker]], [[Billy Preston]], [[Tony Ashton]] — [[pianoforte]], [[
* [[Klaus Voormann]], [[Carl Radle]] — [[basso elettrico]]
* [[Dave Mason]], [[Peter Frampton (musicista)|Peter Frampton]] — chitarra
Riga 299 ⟶ 355:
* Eddie Klein — cori
* John Barham — arrangiamento orchestrale e dei cori, [[vibrafono]]
*
* [[Dhani Harrison]] — cori in ''I Live for You'' e ''My Sweet Lord'' <small>(versione del 2001)</small>
* [[Ray Cooper]] — [[
* Sam Brown — voce aggiuntiva in ''My Sweet Lord'' <small>(versione del 2001)</small>
== Nastri demo e
{{Vedi anche|Beware of ABKCO!}}
Oltre alle diciassette composizioni pubblicate sul primo e secondo disco dell'album originale,<ref>''Rolling Stone'', pag. 137.</ref> Harrison registrò almeno altre venti canzoni – sotto forma di provino da far sentire a Phil Spector, poco tempo prima dell'inizio ufficiale delle sessioni per l'album.<ref
* ''Window, Window''
* ''Everybody, Nobody''
* ''Nowhere to Go''
* ''Cosmic Empire'', ''Mother Divine'' e ''Tell Me What Has Happened to You''.<ref
* ''[[Beautiful Girl]]'', apparsa nel 1976 sull'album ''[[Thirty Three & 1/3]]''.<ref
* ''[[I Don't Want to Do It]]'', composta da Bob Dylan, sarà il contributo di Harrison alla colonna sonora del film ''[[Porky's III - La rivincita!]]'' (1985).<ref
* ''
* ''Gopala Krishna'', conosciuta anche come ''Om Hare Om'',<ref name="Madinger_&Easter_B">Madinger & Easter, pag. 433</ref> con un testo scritto in [[Sanscrito]].<ref>Rodriguez, pag. 384.</ref>
* ''Going Down to Golders Green'', parodia delle incisioni di [[Elvis Presley]] alla [[Sun Records]] basata sulla melodia di ''[[Baby Let's Play House]]''.<ref
* ''[[I Live for You]]'', fu l'unica traccia bonus completamente inedita inclusa nella ristampa del 2001 di ''All Things Must Pass''.<ref>Huntley, pp. 305, 306.</ref>
* ''[[Woman Don't You Cry for Me]]'', scritta nel dicembre 1969 come suo primo pezzo composto alla [[chitarra slide]],<ref>Clayson, pag. 280.</ref> fu un'altra canzone che Harrison rivisitò in ''Thirty Three & 1/3''.
* ''Down to the River'', Durante le sedute di registrazione di ''All Things Must Pass'', Harrison registrò o provò anche versioni preliminari di ''[[You (George Harrison)|You]]'', ''[[Try Some, Buy Some]]'' e ''[[I'll Still Love You|When Every Song Is Sung]]''.<ref
== Note ==
<references/>
== Bibliografia ==
{{
* {{en}} Dale C. Allison Jr., ''The Love There That's Sleeping: The Art and Spirituality of George Harrison'', Continuum (New York, NY, 2006; {{ISBN|978-0-8264-1917-0}}).
* {{en}} Keith Badman, ''The Beatles Diary Volume 2: After the Break-Up 1970–2001'', Omnibus Press (Londra, 2001; {{ISBN|0-7119-8307-0}}).
* {{en}} The Beatles, ''The Beatles Anthology'', Chronicle Books (San Francisco, CA, 2000; {{ISBN|0-8118-2684-8}}).
* {{en}} Nathan Brackett & Christian Hoard (eds), ''The New Rolling Stone Album Guide'' (4th edn), Fireside/Simon & Schuster (New York, NY, 2004; {{ISBN|0-7432-0169-8}}).
* {{en}} Roy Carr & Tony Tyler, ''The Beatles: An Illustrated Record'', Trewin Copplestone Publishing (Londra, 1978; {{ISBN|0-450-04170-0}}).
* {{en}} Harry Castleman & Walter J. Podrazik, ''All Together Now: The First Complete Beatles Discography 1961–1975'', Ballantine Books (New York, NY, 1976; {{ISBN|0-345-25680-8}}).
* {{en}} Robert Christgau, ''Christgau's Record Guide: Rock Albums of the Seventies'', Ticknor & Fields (Boston, MA, 1981; {{ISBN|0-89919-025-1}}).
* {{en}} Alan Clayson, ''George Harrison'', Sanctuary (Londra, 2003; {{ISBN|1-86074-489-3}}).
* {{en}} ''A Conversation with George Harrison, Discussing the 30th Anniversary Reissue of "All Things Must Pass"'' (interview with Chris Carter, recorded Hollywood, CA, 15 February 2001), [[Capitol Records]], DPRO-7087-6-15950-2-4.
* {{en}} Stephen Davis, ''Old Gods Almost Dead: The 40-Year Odyssey of the Rolling Stones'', Broadway Books (New York, NY, 2001; {{ISBN|0-7679-0312-9}}).
* {{en}} Peter Doggett, ''You Never Give Me Your Money: The Beatles After the Breakup'', It Books (New York, NY, 2011; {{ISBN|978-0-06-177418-8}}).
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