Ding Dong, Ding Dong: differenze tra le versioni
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{{Brano musicale▼
|titolo = Ding Dong, Ding Dong▼
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}}▼
{{Album
|titolo = Ding Dong, Ding Dong
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|genere = Pop
|genere2 = Pop rock
▲|durata = 3:41
|produttore = George Harrison<br />[[Phil Spector]]
|note = n. 36 {{Bandiera|USA}}<br />n. 38 {{Bandiera|GBR}}
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|anno successivo = 1975
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▲{{Brano musicale
'''''Ding Dong, Ding Dong'''''<ref name="N1">{{cita web|lingua=en|url=http://www.beatlesbible.com/people/george-harrison/songs/ding-dong-ding-dong/|titolo=George Harrison: Ding Dong, Ding Dong|editore=''The Beatles Bible''|accesso=24 giugno 2014}}</ref>, talvolta abbreviata come '''''Ding Dong'''''<ref name="N2">{{cita web|lingua=en|url=http://www.jpgr.co.uk/r6002.html|titolo=George Harrison - Ding Dong|editore=''JPGR''|accesso=24 giugno 2014|autore=Graham Calkin}}</ref>, è un [[brano musicale]] di [[George Harrison]] del suo [[album discografico|album]] ''[[Dark Horse (album George Harrison)|Dark Horse]]'' del [[1974]]. Pubblicato come [[singolo (musica)|singolo]], è arrivato alla 36ª posizione negli [[USA]] ed alla 38ª nel [[Regno Unito]]<ref name="N1"/>. Fu il principale singolo estratto dal disco in Gran Bretagna e in altre nazioni europee, e il secondo singolo, dopo la [[Dark Horse (singolo George Harrison)|title track]], in Nord America. Produzione su larga scala, la canzone incorpora elementi della tecnica [[Wall of Sound]] di [[Phil Spector]], in particolare delle sue produzioni dei singoli natalizi del 1963. In aggiunta, alcuni biografi di Harrison videro ''Ding Dong'' come un tentativo di emulare il successo di due "inni natalizi" [[glam rock]] del 1973–74: ''[[Merry Xmas Everybody]]'' degli [[Slade]], e ''[[I Wish It Could Be Christmas Everyday]]'' dei [[Wizzard]]. Il brano divenne un successo minore nel Regno Unito e negli Stati Uniti, sebbene entrò nella top 20 in molte nazioni del mondo.▼
▲|titolo = Ding Dong, Ding Dong
▲|autore = [[George Harrison]]
|artista = George Harrison
▲|giornomese = dicembre
▲|anno = 1974
▲|genere = Pop
▲|genere2 = Pop rock
▲|genere3 =
▲|editore = Harrisongs, Ltd.
▲|etichetta = [[EMI]]/[[Apple Records]]
▲|incisione = [[Dark Horse (album George Harrison)|Dark Horse]]
|durata = 3:41
▲}}
▲'''''Ding Dong, Ding Dong'''''<ref name="N1">{{cita web|lingua=en|url=http://www.beatlesbible.com/people/george-harrison/songs/ding-dong-ding-dong/|titolo=George Harrison: Ding Dong, Ding Dong|editore=''The Beatles Bible''|accesso=24 giugno 2014}}</ref>, talvolta abbreviata come '''''Ding Dong'''''<ref name="N2">{{cita web|lingua=en|url=http://www.jpgr.co.uk/r6002.html|titolo=George Harrison - Ding Dong|editore=''JPGR''|accesso=24 giugno 2014|autore=Graham Calkin}}</ref>, è un [[brano musicale]] di [[George Harrison]] del suo [[album discografico|album]] ''[[Dark Horse (album George Harrison)|Dark Horse]]'' del [[1974]]. Pubblicato come [[singolo (musica)|singolo]], è arrivato alla 36ª posizione negli [[USA]] ed alla 38ª nel [[Regno Unito]]<ref name="N1"/>. Fu il principale singolo estratto dal disco in Gran Bretagna e in altre nazioni europee, e il secondo singolo, dopo la [[Dark Horse (singolo George Harrison)|title track]], in Nord America. Produzione su larga scala, la canzone incorpora elementi della tecnica [[Wall of Sound]] di [[Phil Spector]], in particolare delle sue produzioni dei singoli natalizi del 1963. In aggiunta, alcuni biografi di Harrison videro ''Ding Dong'' come un tentativo di emulare il successo di due "inni natalizi" [[glam rock]] del 1973–74: ''[[Merry Xmas Everybody]]'' degli [[Slade]], e ''[[I Wish It Could Be Christmas Everyday]]'' dei [[Wizzard (gruppo musicale britannico)|Wizzard]]. Il brano divenne un successo minore nel Regno Unito e negli Stati Uniti, sebbene entrò nella top 20 in molte nazioni del mondo.
Harrison trasse ispirazione per il testo di ''Ding Dong'' da delle iscrizioni rinvenute nella sua residenza gotico-vittoriana, [[Friar Park]], nella contea dell'[[Oxfordshire]] – incise dall'eccentrico primo proprietario [[Frank Crisp]]. Il verso: ''«Ring out the old, ring in the new»'' ("Congeda il vecchio, festeggia il nuovo"), che si direbbe un semplice invito a festeggiare l'anno nuovo, è stato interpretato sia come un distanziamento di Harrison dal suo pesante passato di membro dei [[Beatles]], sia come l'addio al suo matrimonio con [[Pattie Boyd]]. Come nella maggior parte dell'album ''Dark Horse'', la prestazione vocale di Harrison è condizionata da problemi di gola, dovuti in parte al suo essersi esposto troppo in progetti di business come la sua etichetta discografica lanciata di recente, [[Dark Horse Records]]. Registrata nel suo studio di registrazione casalingo a Friar Park, la traccia include contributi musicali da parte di [[Tom Scott (musicista)|Tom Scott]], [[Ringo Starr]], [[Alvin Lee]], [[Ron Wood]] e [[Jim Keltner]].
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| style="text-align: left;" | «Ero seduto davanti al focolare, suonando la chitarra, e guardai la parete, e lì c'erano delle parole, incise sul muro in quercia ... Pensai: "Dio, mi ci sono voluti [quattro] anni prima di realizzare che si trattava di una canzone" ... [Friar Park] aveva tutte queste cose strane scritte dappertutto.»
|-
| style="text-align: right;" | — [[George Harrison]], 1974<ref name="ref_A">Badman, pag. 144.</ref>
|}
Il brano venne composto nel [[1974]], anno molto movimentato per il chitarrista: si era separato dalla moglie [[Pattie Boyd]], aveva inciso ''[[Dark Horse (album George Harrison)|Dark Horse]]'' e lanciato la sua nuova [[etichetta discografica]], la [[Dark Horse Records]], per la quale aveva già prodotto alcuni album, ed aveva organizzato il suo primo [[tour]] in terra statunitense<ref name="N1"/>.
''Ding Dong, Ding Dong'' venne composta in soli tre minuti, ed era il suo augurio per una buona (nuova) partenza. Musicalmente è un'arietta comica basata su una melodia tradizionale. Nello specifico, il ritornello riprende letteralmente il celebre motivo delle campane di Westminster, chiamato ''[[Westminster Quarters]]''.<ref name="ref_B">Perasi, pag. 399.</ref> Il testo era ispirato principalmente ad alcune incisioni presenti sul muro della sua casa a Friar Park, retaggio dell'eccentrico [[Frank Crisp]] (il precedente proprietario della residenza), ed alcuni versi li aveva in testa da tempo, ma solo suonando la chitarra di fronte ad un focolare, intuì che potevano essere adoperati per una canzone. Infatti, Harrison affermò che si trattava del brano più veloce che avesse mai composto, in soli tre minuti, se non si contavano i quattro anni trascorsi a guardare le incisioni prima che gli venisse l'ispirazione<ref name="N1"/>.
[[File:Frank Crisp PLS.jpg|thumb|
Nel gennaio 1970, [[George Harrison]] acquistò una proprietà da 33 acri<ref>Huntley, pag. 46.</ref> denominata [[Friar Park]], a [[Henley-on-Thames]], [[Oxfordshire]],<ref>Clayson, pag. 299.</ref> e poco dopo compose ''[[Ballad of Sir Frankie Crisp (Let It Roll)]]'' come omaggio al proprietario originale,<ref>George Harrison, pag. 208.</ref> l'eccentrico avvocato ed appassionato orticultore e microscopista [[Frank Crisp]].<ref>Boyd, pp. 144, 145.</ref><ref>Olivia Harrison, pag. 268.</ref> Harrison incluse il brano nel suo acclamato triplo album ''[[All Things Must Pass]]'', pubblicato nel novembre 1970,<ref>Snow, pp. 24–25.</ref> e da lì in poi iniziò ad incorporare nelle sue nuove composizioni alcuni degli aforismi che Crisp aveva lasciati scritti in giro per la proprietà, 70 o più anni prima.<ref>Greene, pp. 165, 171.</ref> Una strofa di quattro versi iniziante con le parole "Scan not a friend with a microscopic glass" colpì particolarmente l'ex-Beatle,<ref>George Harrison, pag. 37.</ref> che alla fine la utilizzò per la sua canzone del 1975 ''[[The Answer's at the End]]''.<ref>Huntley, pag. 123.</ref> Allo stesso modo Harrison impiegò diversi anni per trasformare due versi tratti dalle incisioni nel salotto nel testo della canzone.<ref name="ref_C">Madinger & Easter, pag. 444.</ref> I versi fornirono le frasi ''«Ding Dong, Ding Dong: Ring out the old, ring in the new»'', prese dalla parete a sinistra del camino, e, ''«Ring out the false, ring in the true»'' – che prese dalla parete a destra.<ref
=== Registrazione ===
La traccia base ritmica della canzone venne registrata alla fine del novembre [[1973]]
Nel gennaio 1974, Harrison inviò un [[missaggio]] preliminare di ''Ding Dong'' a [[David Geffen]], boss della [[Asylum Records]]<ref
=== Pubblicazione ===
[[File:George Harrison - Ding Dong.png|thumb
''Ding Dong, Ding Dong'' venne incluso nell'album ''[[Dark Horse (album George Harrison)|Dark Horse]]'' di fine [[1974]]; è uno dei pezzi più conosciuti dell'LP.
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{{Tracce
|Titolo1 = Ding Dong, Ding Dong |Autore testo e musica1 = [[George Harrison]] |Durata1 = 3:41
|Titolo2 =
}}
== Formazione ==
* [[George Harrison]]: [[
* [[Mick Jones]]: chitarra
* [[Alvin Lee]]: chitarra
* [[Klaus Voormann]]: [[basso elettrico]]
* Gary Wright: [[pianoforte]]
* [[Ringo Starr]]: [[
* [[Jim Keltner]]: batteria
* [[Tom Scott]]: [[sassofono]]
* Musicisti non accreditati:
== Accoglienza ==
La maggior parte dei critici musicali accolse negativamente ''Ding Dong, Ding Dong'',<ref>Peter Doggett, "George Harrison: The Apple Years", ''[[Record Collector]]'', aprile 2001, pag. 39.</ref> e la sua pubblicazione avvenne proprio sulla scia delle critiche negative seguite al [[Dark Horse Tour|tour statunitense]] di Harrison.<ref>Schaffner, pag. 178</ref> Coerente con il messaggio della canzone, Harrison si rifiutò di celebrare il passato nei suoi concerti favorendo la nostalgia nei confronti dei Beatles,<ref>Leng, pp. 154, 166.</ref> e molti recensori criticarono sulla stampa musicale il pessimo stato della sua voce e la decisione di dedicare così tanto spazio a [[Ravi Shankar]] durante le esibizioni.<ref>''Rolling Stone'', pp. 44, 126, 129.</ref><ref>Rodriguez, pp. 58–59, 238.</ref>
In Gran Bretagna, il disc jockey della [[BBC]] [[John Peel]] definì ''Ding Dong'' "ripetitiva e sciocca" e accusò Harrison di autocompiacimento,<ref>Clayson, pp. 343−44.</ref> mentre Bob Woffinden del ''[[New Musical Express]]'' derise ''Dark Horse'' come "un mucchio di roba senza senso" e aggiunse che ''Ding Dong'' era veramente troppo "leggera".<ref>Bob Woffinden, "George Harrison: ''Dark Horse''", ''[[New Musical Express|NME]]'', 21 dicembre 1974.</ref> La serietà di Harrison nel proporre il singolo non fu aiutata dalla presenza sul lato B dello stesso della canzone ''I Don't Care Anymore'' (tradotto: "Non me ne importa più"), che venne letteralmente inteso come un suo commento a proposito della sua carriera artistica nel mondo della musica.<ref>Leng, pag. 158.</ref><ref>Spizer, pag. 260.</ref> ''Rolling Stone'' liquidò la canzone definendola "una rauca rilettura di ''Auld Lang Syne''".<ref name="ref_B" /> In una recensione più favorevole, Chris Irwin di ''[[Melody Maker]]'', scrisse del singolo: "Ci aspettavamo qualcosa di più sostanzioso di questa ninna nanna glorificata da uno dei musicisti più importanti del decennio, tuttavia, il brano è orecchiabile anche se banale... curiosamente, dischi come questo hanno la tendenza a vendere tonnellate di copie."<ref>Chris Hunt (ed.), ''[[New Musical Express|NME Originals]]: Beatles – The Solo Years 1970–1980'', IPC Ignite! (Londra, 2005), p. 92.</ref>
Fuori dal coro delle critiche, il recensore di ''[[Billboard]]'' lodò la traccia definendola "un'esecuzione estremamente godibile".<ref>Bob Kirsch (ed.),
== Classifiche ==
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|-
| [[Stati Uniti d'America]] || 36 || Dato non disponibile
|}<ref name="N1"/><ref name="N2"/><ref>{{cita web|lingua=en|url=http://hitparade.ch/song/George-Harrison/Ding-Dong,-Ding-Dong-131023|titolo=George Harrison - Ding Dong, Ding Dong|editore=''HitParade''|accesso=24 giugno 2014}}</ref><ref>{{cita web|lingua=en|url=http://www.collectionscanada.gc.ca/rpm/028020-119.01-e.php?brws_s=1&file_num=nlc008388.6133b&type=2&interval=24
== Note ==
<references/>
== Bibliografia ==
{{
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* {{en}} Roy Carr & Tony Tyler, ''The Beatles: An Illustrated Record'', Trewin Copplestone Publishing (
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* {{en}} Alan Clayson, ''George Harrison'', Sanctuary (London, 2003; {{ISBN|1-86074-489-3}}).
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* {{en}} Olivia Harrison, ''George Harrison: Living in the Material World'', Abrams (New York, NY, 2011; {{ISBN|978-1-4197-0220-4}}).
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* {{en}} Gary Tillery, ''Working Class Mystic: A Spiritual Biography of George Harrison'', Quest Books (Wheaton, IL, 2011; {{ISBN|978-0-8356-0900-5}}).
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* {{en}} Bob Woffinden, ''The Beatles Apart'', Proteus (London, 1981; {{ISBN|0-906071-89-5}}).
{{
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
{{George Harrison}}
{{Portale|rock}}
[[Categoria:Brani musicali di George Harrison]]
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