Guerra fredda: differenze tra le versioni
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|Immagine = Infobox collage for Cold War.png
|Didascalia = Da sinistra a destra, dall'alto al basso: [[Porta di Brandeburgo]] dietro il [[Muro di Berlino]], [[Checkpoint Charlie]], [[Primavera di Praga]], [[crisi dei missili di Cuba]], proteste alla Porta di Brandeburgo, [[George H. W. Bush]] e [[Michail Gorbačëv]] che firmano gli accordi di limitazione delle armi chimiche.
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|Data = 5 marzo [[1946]] – 25 dicembre [[1991]]<ref>Discorso di Churchill sulla [[Cortina di ferro]] e [[dissoluzione dell'Unione Sovietica]].</ref><br /><small>({{Età e giorni|1946|3|5|1991|12|25}})</small>
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|Schieramento2 = {{SUN}}<br />{{simbolo|Warsaw Pact Logo.svg}} [[Patto di Varsavia]]<br />e Stati geopoliticamente vicini al [[Blocco orientale]]
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|Comandante2 = {{simbolo|КПСС.svg}} [[Segretario generale del PCUS]]
|Comandante1 = [[File:Flag of the President of the United States.svg|20px|bordo]] [[Presidente degli Stati Uniti d'America|Presidente degli Stati Uniti]]
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{{Guerra fredda navigazione}}
La '''guerra fredda''' fu un periodo di tensione [[geopolitica]] tra gli [[Stati Uniti d'America]] e il [[blocco occidentale]] da una parte e l'[[Unione Sovietica]] e il cosiddetto [[blocco orientale]] dall'altra, iniziato con il peggioramento delle relazioni fra gli alleati occidentali e l'Unione Sovietica, avvenuto subito dopo la fine della [[seconda guerra mondiale]], e terminato con la caduta del [[Muro di Berlino]] (1989) e con la conseguente [[dissoluzione dell'Unione Sovietica]] (1991).
Viene utilizzato l'aggettivo "fredda" poiché non vi furono combattimenti diretti su larga scala, sebbene si fossero verificati conflitti indiretti regionali, tuttavia il conflitto si basò soprattutto sulla lotta ideologica e geopolitica per l'influenza globale delle due superpotenze. A parte lo sviluppo di un arsenale nucleare e il dispiegamento militare convenzionale, la lotta per il dominio fu espressa attraverso mezzi indiretti, come la [[guerra psicologica]], le campagne di propaganda, lo [[spionaggio]], gli [[embargo|embarghi]] di vasta portata, la rivalità negli eventi sportivi e la competizione tecnologica come la [[corsa allo spazio]]. Il blocco occidentale era guidato dagli Stati Uniti e da altre nazioni del [[Primo Mondo]] generalmente [[democrazia|democrazie]] [[liberalismo|liberali]], ma anche legate a una rete di stati spesso [[autoritarismo|autoritari]] del [[Terzo Mondo]], la maggior parte dei quali erano ex colonie delle potenze europee. Il blocco orientale era guidato dall'Unione Sovietica e dal suo [[PCUS|Partito Comunista]], con forte influenza in tutto il [[Secondo Mondo]]. L'URSS seguiva l'ideologia [[marxismo-leninismo|marxista-leninista]], adottava il [[socialismo reale]], e aveva un'[[economia pianificata]] e un [[monopartitismo|regime monopartitico]] autoritario.
La prima fase della guerra fredda iniziò poco dopo la fine della [[seconda guerra mondiale]] quando gli Stati Uniti e i loro alleati dell'Europa occidentale cercarono di rafforzare i legami reciproci e ricorsero alla politica di [[containment|contenimento]] contro l'influenza sovietica. Ciò avvenne soprattutto attraverso la formazione nel 1949 della [[NATO]], essenzialmente un accordo difensivo, a cui l'URSS replicò con il [[Patto di Varsavia]] nel 1955. Le principali crisi di questo primo ventennio comprendono il [[blocco di Berlino]], la [[rivoluzione comunista cinese]], la [[guerra di Corea]], la [[rivoluzione ungherese del 1956]], la [[crisi di Suez]], la [[crisi di Berlino del 1961]] e, soprattutto la [[crisi dei missili di Cuba]] in cui ci si trovò molto vicini al [[conflitto nucleare]]. Dopo la crisi cubana iniziò una nuova fase. Nel 1968 l'URSS [[Operazione Danubio|invase la Cecoslovacchia]] per fermare la [[Primavera di Praga]], mentre gli Stati Uniti dovettero far fronte a forti contestazioni interne per il loro coinvolgimento nella [[guerra del Vietnam]]. L'affermarsi di un movimento pacifista a livello globale e la paura di una guerra nucleare spinse, a partire dagli [[anni 1970]], entrambe le parti a intraprendere un processo di "[[Distensione (politica)|distensione]]". Un certo numero di governi marxisti-leninisti autoproclamati si formarono nella seconda metà degli anni 1970 nei [[paesi in via di sviluppo]].
La distensione finì con l'[[guerra sovietico-afghana|invasione sovietica dell'Afghanistan]] del 1979. Gli anni successivi furono contraddistinti da un contesto di elevata tensione con gli Stati Uniti di [[Ronald Reagan]] che aumentarono le pressioni diplomatiche, militari ed economiche sull'Unione Sovietica, in un momento in cui essa soffriva di [[stagnazione]] economica. A partire dalla metà degli [[anni 1980]], il nuovo leader sovietico [[Michail Gorbačëv]] introdusse le riforme liberali note come ''[[glasnost]]'' ("trasparenza") e ''[[perestrojka]]'' ("riorganizzazione"). Contestualmente, nei paesi satelliti dell'Europa orientale si fecero sempre più forti le istanze per affermare le loro sovranità nazionali e cambiamenti di regime in senso democratico, Gorbačëv scelse di smettere di sostenere militarmente i governi [[comunismo|comunisti]] allineati. Nel 1989 la [[Rimozione della barriera al confine tra Ungheria e Austria|caduta della cortina di ferro]] successiva al [[picnic paneuropeo]] e un'[[Rivoluzioni del 1989|ondata di rivoluzioni]] pacifiche (con l'[[Rivoluzione romena del 1989|eccezione della Romania]]) portò al rovesciamento di quasi tutti i regimi marxisti-leninisti del blocco orientale. Tutto ciò portò alla [[Dissoluzione dell'Unione Sovietica|dissoluzione formale dell'Unione Sovietica]] nel dicembre 1991 e al crollo dei governi comunisti in gran parte dell'Africa e dell'Asia. La [[Federazione Russa]] divenne lo stato successore dell'Unione Sovietica, mentre tutte le altre repubbliche emersero come [[stati post-sovietici]] completamente indipendenti. Gli Stati Uniti rimasero l'unica superpotenza mondiale.
La guerra fredda e i suoi eventi hanno lasciato un'eredità significativa, venendo spesso citati nella cultura popolare, in particolare con temi di spionaggio e minaccia di guerra nucleare, mentre la [[storiografia]] si è ampiamente occupata di studiarne le cause, le responsabilità e le conseguenze. Secondo alcune interpretazioni storiografiche, anche i cosiddetti [[paesi non allineati]], specie quelli a regime [[repubblica]]no-[[democrazia|democratico]] e quelli [[socialista|socialisti]]-[[comunismo|comunisti]], risentirono, direttamente e indirettamente, della vicenda con strascichi geopolitici, tensioni commerciali, colpi di stato, golpi militari, guerre civili e guerre di rivendicazioni con nazioni confinanti in numerosi stati di [[Asia]], [[Africa]] e [[Sudamerica]].
== Origini del termine ==
Già alla fine della [[seconda guerra mondiale]], lo scrittore inglese [[George Orwell]] usò il termine "guerra fredda" nel suo saggio ''You and the Atomic Bomb'', pubblicato il 19 ottobre 1945 sul quotidiano britannico ''[[Tribune (periodico)|Tribune]]''. Descrivendo un mondo che vive all'ombra della minaccia della [[guerra nucleare]], Orwell, utilizzando le previsioni di [[James Burnham]] su un mondo polarizzato, scrisse:
{{citazione|Guardando il mondo nel suo insieme, la deriva per molti decenni non è stata verso l'anarchia, ma verso la reimposizione della schiavitù
Sul ''[[The Observer]]'' del 10 marzo 1946
Il primo uso del termine per descrivere lo specifico scontro geopolitico del [[dopoguerra]] tra l'[[Unione Sovietica]] e gli [[Stati Uniti
== Contesto storico ==
{{Vedi anche|Seconda guerra mondiale|Conferenza di Jalta}}
[[File:Yalta Conference (Churchill, Roosevelt, Stalin) (B&W).jpg|min|sinistra|I "Tre Grandi" alla [[Conferenza di Jalta]]: [[Winston Churchill]], [[Franklin Delano Roosevelt|Franklin Roosevelt]] e [[Iosif Stalin]].]]
Gli esiti della [[seconda guerra mondiale]] avevano modificato gli equilibri di potere sullo scenario globale con il tramonto di Germania, Gran Bretagna e Francia dal ruolo di potenze venendo sostituite da [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] (USA) e [[Unione Sovietica]] (URSS) che fino ad allora avevano adottato una politica [[isolazionismo|isolazionista]]. Sebbene entrambe si fossero trovate a combattere sullo stesso fronte contro la [[Germania nazista]], notevoli differenze le dividevano. Se gli Stati Uniti erano caratterizzati da una dinamica [[economia di mercato]] e da un ordinamento [[democrazia|democratico]], l’Unione Sovietica, nata nel 1922 sulle ceneri dell’[[impero russo]] a seguito di [[Guerra civile russa|una guerra civile]], adottava l'ideologia [[comunismo|comunista]] del [[marxismo-leninismo]] con una [[economia pianificata]] ed un ordinamento a partito unico.<ref>{{cita|Clementi, 2002|pp. 9-10}}.</ref>
Nonostante ciò durante le fasi finali del conflitto tali differenze non sembravano pregiudicare del tutto i rapporti tra di loro; il presidente statunitense [[Franklin Delano Roosevelt]] si era dimostrato alquanto disponibile ad accogliere gran parte delle richieste del suo omologo sovietico [[Iosif Stalin]] riconoscendo il grande sacrificio compiuto dal suo popolo nel combattere il [[Terzo Reich]]. In particolare, Stalin pretendeva di mantenere il controllo dei paesi dell’Europa Orientale occupati dall'[[Armata Rossa]] nella sua marcia verso Berlino, una richiesta che poteva apparire legittima in quanto finalizzata a garantire una "[[stato cuscinetto|zona cuscinetto]]" per scongiurare nuove invasioni. Sia Roosevelt che Stalin avevano più volte dichiarato di auspicare il mantenimento dei rapporti tra le potenze alleate verso una reciproca collaborazione. Quando Stalin venne a conoscenza del progetto dei "[[quattro poliziotti]]" ideato da Roosevelt non poté che concordare. I rapporti discretamente buoni vennero confermati quando nel febbraio del 1945 i rappresentanti dei tre principali paesi [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]] si [[conferenza di Jalta|incontrarono a Jalta]] per prendere alcune decisioni fondamentali per il prosieguo del conflitto. In particolare venne deciso, come "prerequisito per la pace futura", lo smembramento provvisorio della Germania in zone di occupazione (ognuna gestita rispettivamente da USA, URSS e Regno Unito) e l’istituzione dell’[[Organizzazione delle Nazioni Unite]]. Tuttavia, qualche crepa iniziò ad apparire riguardo all'occupazione sovietica della Polonia e al futuro destino della Germania.<ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 57-59}}.</ref><ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 405}}.</ref><ref name="Gaddis13-23">{{cita|Gaddis, 2005|pp. 13-23}}.</ref>
[[File:Deutschland Besatzungszonen 8 Jun 1947 - 22 Apr 1949.svg|min|[[Zone di occupazione della Germania]] alla fine della seconda guerra mondiale]]
Fu con la [[Fine della seconda guerra mondiale in Europa|definitiva sconfitta]] delle [[potenze dell'Asse]] e la morte di Roosevelt che i rapporti andarono a peggiorare. Forti divergenze tra gli Alleati iniziarono ad emergere alla [[conferenza di Potsdam]] iniziata nel luglio 1945 per affrontare il tema del futuro dell'oramai ex Terzo Reich. Come deciso a Yalta, la Germania si trovava militarmente occupata in tre settori: a est si trovavano i sovietici, a sud-ovest gli statunitensi e nella ricca zona industriale del nord-ovest (comprendente la [[regione della Ruhr]]) i britannici; successivamente parti britanniche e statunitensi vennero assegnate anche alla Francia. Similmente, anche [[Berlino]] si trovò divisa in quattro settori di occupazione. Sebbene tutti i vincitori concordassero con la demilitarizzazione della Germania per evitare che potesse tornare in futuro a rappresentare una minaccia, i sovietici pretendevano ampie [[riparazione di guerra|riparazioni di guerra]] mentre gli Stati Uniti si erano dimostrati più cauti. Inoltre, il nuovo presidente americano, [[Harry Truman]], aveva criticato apertamente l'Unione Sovietica per le annessioni nella propria [[sfera di influenza]] delle nazioni dell'Europa meridionale chiedendo che fossero indette elezioni democratiche. Il clima di sospetto che si venne a creare tra Truman e Stalin ebbe una forte accelerazione quando gli Stati Uniti [[Bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki|utilizzarono per la prima volta]] l'[[arma nucleare]] contro il Giappone nell'agosto del 1945. Stalin rispose alle manifestazioni di forza americane stringendo ancora di più il controllo sui territori in quel momento occupati dal suo esercito, che divennero a tutti gli effetti [[stati satellite]] dell'URSS rifiutando qualsiasi ingerenza e possibilità di accettare governi non allineati. Il 5 marzo dell'anno seguente, l'ex primo ministro britannico [[Winston Churchill]] pronunciò un famoso discorso in cui accusava i sovietici di aver fatto calare una "[[cortina di ferro]]" «sul continente da [[Stettino]] sul [[Mar Baltico|Baltico]] a [[Trieste]] sull'[[Mar Adriatico|Adriatico]]» invocando la necessità di un'alleanza anglo-americana contro di essi. Stalin accusò Churchill di essere un guerrafondaio e lo paragonò a [[Hitler]].<ref name=Harper77>{{cita|Harper, 2020|p. 77}}.</ref><ref name=Sabbatucci406>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 406}}.</ref><ref>{{cita|Clementi, 2002|p. 12}}.</ref>
== Gli inizi (1946-1948) ==
{{Vedi anche|Guerra fredda (1947-1953)}}
=== ''Containment'' e dottrina Truman ===
{{Vedi anche|Containment|Dottrina Truman}}
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Alla fine di febbraio 1946, un "[[lungo telegramma]]" inviato dal diplomatico [[George Frost Kennan]] a Washington contribuì ad articolare la linea sempre più dura del governo statunitense contro i sovietici infiammando un dibattito politico che plasmò la politica estera dell'[[Presidenza di Harry S. Truman|amministrazione Truman]]. In seguito, in un saggio dello stesso Kennan, il nuovo indirizzo verrà definito come un "fermo contenimento" (''[[Dottrina del containment|containment]]'') dell’Unione Sovietica.<ref>{{cita|Harper, 2020|p. 76}}.</ref><ref>{{Cita web|data=22 febbraio 2021|titolo=This Day in History: George Kennan Sends "Long Telegram"|url=https://www.trumanlibraryinstitute.org/this-day-in-history-2/|accesso=27 ottobre 2021|sito=Truman Library Institute}}</ref>
In poco tempo questa nuova politica del contenimento venne messa alla prova. Quando scoppiò la [[crisi dell'Iran del 1946]], gli Stati Uniti fecero forti pressioni affinché i sovietici ritirassero le proprie truppe dal nord del paese dove avevano instaurato il [[Governo Popolare dell'Azerbaigian]] che occupavano dell'[[invasione anglo-sovietica dell'Iran|invasione anglo-sovietica]] del 1941. Dopo un iniziale rifiuto, Mosca decise per un ritiro a seguito del raggiungimento di un accordo con il governo iraniano per lo sfruttamento delle risorse petrolifere.<ref name=Harper77/> Similmente, gli Stati Uniti minacciarono l'uso della forza quando, il 7 agosto dello stesso anno, l'Unione Sovietica palesò [[Rivendicazioni territoriali sovietiche contro la Turchia|rivendicazioni territoriali sulla Turchia]] chiedendo la revisione della [[Convenzione di Montreux]]. Anche in questo caso [[crisi degli Stretti turchi|la crisi]] si risolse con un allentamento delle pressioni da parte dei sovietici.<ref>{{cita|Harper, 2020|pp. 77-79}}.</ref>
L'enunciazione della dottrina Truman segnò
=== Piano Marshall e colpo di
{{Vedi anche|Piano Marshall
[[File:Marshall Plan.png|
L'obiettivo del
[[File:Marshallplanhilfe.gif|
Stalin, dal canto suo, riteneva che l'integrazione economica con l'Occidente avrebbe permesso ai paesi del [[blocco orientale]] di sfuggire al controllo sovietico e che gli Stati Uniti stavano cercando di conquistare un riallineamento europeo verso di loro.
Agli inizi del 1948, in seguito a rapporti che raccontavano di rafforzamenti di "elementi reazionari", gli agenti sovietici compirono un [[colpo di Stato in Cecoslovacchia del 1948|colpo di
Immediatamente dopo la crisi, si tenne la [[Conferenza delle Sei Potenze di Londra]], che portò al boicottaggio sovietico del Consiglio di controllo alleato sulla Germania e alla sua inabilitazione, un evento che segnò l'inizio della guerra fredda in piena regola e la fine del suo preludio.<ref>{{cita|Wettig, 2008|pp. 96-100}}.</ref>
===''Cominform'' e la rottura Tito-Stalin===
{{Vedi anche|Cominform|Conflitto sovietico-jugoslavo}}
Nel settembre 1947, i sovietici crearono il ''[[Cominform]]''
===Blocco di Berlino e ponte aereo===
{{Vedi anche|Blocco di Berlino|Ponte aereo per Berlino}}
[[File:C-47s at Tempelhof Airport Berlin 1948.jpg|
Nonostante si fosse giunti alla soluzione della crisi fu chiara l'impossibilità di giungere alla riunificazione della Germania anche per i continui rifiuti sovietici di partecipare a uno sforzo di ricostruzione del paese. Pertanto, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia unificarono le tre zone occidentali di occupazione, nel maggio 1949, creando lo [[Germania Ovest|Repubblica Federale Tedesca]], comprendente Berlino ovest, e con capitale "provvisoria" posta a [[Bonn]]. A sua volta l'Unione Sovietica convertì la sua zona di occupazione in Germania nella [[Repubblica Democratica Tedesca]], nell'ottobre dello stesso anno: si era quindi arrivati alla spaccatura ufficiale della Germania in due «paesi separati con sistemi politici opposti e militarmente allineati l'uno contro l'altro».<ref>{{cita|Smith, 2000|p. 44}}.</ref><ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 415}}.</ref>
== Militarizzazione del conflitto (1949-1953) ==
{{Vedi anche|Guerra fredda (1947-1953)}}
===
{{Vedi anche|NATO|Radio Free Europe|Mass media nel blocco orientale}}
[[File:Truman signing North Atlantic Treaty.jpg|
Il colpo di Stato in Cecoslovacchia e il blocco di Berlino avevano accresciuto le preoccupazioni circa una possibile aggressione dell'Unione Sovietica verso i paesi dell'Europa occidentale. Pertanto, già dal 1948, questi stipularono un trattato, conosciuto come [[trattato di Bruxelles (1948)|Trattato di Bruxelles]], con il quale si prevedeva l'autodifesa collettiva in caso di guerra benché fosse chiaro agli stessi firmatari di non essere in grado di competere militarmente con i sovietici senza l'apporto della superiorità aerea e le armi nucleari statunitensi. Dal canto suo, l'amministrazione Truman si dimostrò inizialmente riluttante a impegnarsi formalmente in un patto di aiuto militare.<ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 44-45}}.</ref><ref>{{cita|Clementi, 2002|pp. 15-16}}.</ref> Tuttavia l'approvazione nel giugno 1948 da parte del [[Senato degli Stati Uniti]] della [[Risoluzione Vandenberg]] dimostrò una volontà ''bipartisan'' delle forze politiche di impegnarsi per la difesa dell'Europa occidentale abbandonando quindi la tradizionale politica [[isolazionismo|isolazionistica]]. In particolare, il [[segretario di Stato]] [[Dean Acheson]] mise in guardia il governo della necessità di fornire garanzie militari ai progressi del Piano Marshall e di scongiurare la possibile avanzata sovietica in Europa.<ref>{{cita|Smith, 2000|p. 47}}.</ref><ref>{{cita|Clementi, 2002|pp. 22-23}}.</ref>
Dal successivo dibattito su quale dovesse essere il futuro assetto dell'alleanza prevalse l'idea di un patto difensivo vincolante tra i partecipanti, poi riassunto in quello che sarà l'articolo 5 del trattato.<ref>{{cita|Smith, 2000|p. 48}}.</ref> Il [[Patto Atlantico]] venne così sottoscritto a [[Washington]] il 4 aprile 1949 dai rappresentanti di Stati Uniti, Regno Unito, [[Canada]], Francia, Italia, [[Portogallo]], [[Paesi Bassi]], [[Belgio]], [[Lussemburgo]], [[Danimarca]], [[Islanda]], [[Norvegia]]. Da subito iniziò anche l'approntamento della struttura necessaria per dare concretezza al trattato e che prenderà il nome di [[NATO|Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord]] (o NATO).<ref name="cita|Gaddis, 2005|p. 34"/><ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 48-49}}.</ref><ref>{{cita|Clementi, 2002|pp. 28-29}}.</ref>
===Guerra civile cinese e rafforzamento militare statunitense===
{{Vedi anche|Guerra civile cinese|NSC-68}}
[[File:Mao, Bulganin, Stalin, Ulbricht Tsedenbal.jpeg|min|[[Mao Zedong]] e [[Iosif Stalin]] a Mosca nel dicembre 1949]]
Nel 1949 si consumarono gli ultimi atti della [[guerra civile cinese]] con l'[[Esercito Popolare di Liberazione]] di [[Mao Zedong]] che sconfisse il [[Kuomintang|Partito Nazionalista Cinese]] di [[Chiang Kai-shek]], quest'ultimo appoggiato dagli Stati Uniti, che dovette fuggire insieme al suo governo sull'isola di [[Taiwan]]. Durante il conflitto, l'Unione Sovietica aveva dato un appoggio limitato alle truppe di Mao in quanto preoccupata dell'ascesa di un possibile concorrente alla guida del movimento comunista mondiale ma nel 1950 Stalin si decise a stipulare un'alleanza con la neonata [[Repubblica Popolare Cinese]]. Una volta stabilitosi al potere, Mao mise in atto notevoli riforme in chiave comunista: le industrie, le banche e i commerci con l'estero vennero nazionalizzati mentre le terre distribuite ai contadini.<ref>{{cita|Gaddis, 2005|p. 39}}.</ref><ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|pp. 417-418}}.</ref>
Fino alla fine degli [[anni 1950]], gli Stati Uniti ritenevano di possedere una netta superiorità militare sui sovietici in grado di fare da deterrente contro possibili attacchi. Tuttavia nell'agosto del 1949, presso la località di [[Semipalatinsk]], nella [[Repubblica Socialista Sovietica Kazaka]], venne fatto detonare il [[RDS-1|primo ordigno nucleare sovietico]].<ref name="Lafeber 1993">{{cita|LaFeber, 1993|pp. 194-197}}.</ref><ref>{{cita|Smith, 2000|p. 49}}.</ref> Di fronte alla rivoluzione comunista in Cina e alla [[Programma atomico sovietico|fine del monopolio statunitense sulle armi atomiche]], l'amministrazione Truman si trovò nelle condizioni di dover rafforzare la politica del contenimento. Così, nel 1950, venne emanato un documento segreto, noto come [[NSC-68]], in cui il Consiglio di sicurezza nazionale propose di rafforzare i sistemi di alleanza filo-occidentali e quadruplicare la spesa nella difesa.<ref name="Lafeber 1993" /><ref name="Gaddis 2005, p. 164">{{cita|Gaddis, 2005|p. 164}}.</ref>
===Guerra di Corea e impegno nel sud-est asiatico===
{{Vedi anche|Guerra di Corea}}
[[File:KoreanWar recover Seoul.jpg|
[[File:IncheonLandingMcArthur.jpg|
Nelle fasi iniziali del conflitto sembrò che gli Stati Uniti seguissero la loro politica di contenimento ponendosi come obiettivo quello di respingere la Corea del Nord oltre il [[38º parallelo]], il confine tra le due coree, e ripristinare la sovranità della Corea del Sud. Tuttavia, il successo dello [[Battaglia di Incheon|sbarco di Inchon]] galvanizzò le forze USA/ONU tanto da ipotizzare una completa distruzione dell'invasore e di conquistare il nord comunista della penisola. Su questa linea, il generale [[Douglas MacArthur]] dette ordine di avanzare attraverso il 38º parallelo. I cinesi, timorosi di una possibile invasione statunitense, inviarono le loro forze militari che riuscirono a sconfiggere quelle della coalizione delle Nazioni Unite respingendole al di sotto del vecchio confine.<ref name="Byrd" /><ref>{{cita|Harper, 2020|pp. 126, 128-129}}.</ref> Un successivo tentativo di sfondamento degli eserciti comunisti non riuscì nei suoi intenti e le posizioni si congelarono sul 38º parallelo. L'[[armistizio di Panmunjeom]], che pose fine alle ostilità, venne concluso solamente nel luglio del 1953. La situazione tornò come all'inizio del conflitto, con il paese diviso in due da una [[zona demilitarizzata coreana|zona demilitarizzata]].<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 419}}.</ref><ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 80-82}}.</ref>
Gli eventi di Cina e Corea spinsero i funzionari degli Stati Uniti a considerare la dottrina del contenimento come un affare globale e non solamente europeo. Preoccupati di contrastare i movimenti nazionalisti rivoluzionari, spesso guidati da partiti comunisti finanziati dall'Unione Sovietica, che combattevano contro il ripristino degli [[colonialismo|imperi coloniali]] europei, agli inizi degli [[anni 1950]] gli Stati Uniti formalizzarono una serie di alleanze con alcuni paesi del sud-est asiatico. Così, nel 1951 venne siglato il patto [[ANZUS]] con [[Australia]] e [[Nuova Zelanda]] e, tre anni più tardi il più ampio [[Southeast Asia Treaty Organization]] attraverso i quali gli statunitensi poterono garantirsi alcune basi militari nella regione. Cambiò anche l'approccio con Taiwan, a cui gli Stati Uniti garantirono l'appoggio.<ref name="Byrd">{{cita|Byrd, 2003}}.</ref><ref name="Gaddis 2005, p. 212">{{cita|Gaddis, 2005|p. 212}}.</ref><ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 82-84}}.</ref>
==Crisi e escalation (1953-62)==
{{Vedi anche|Guerra fredda (1953-1962)}}
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[[File:Voroshilov,_Khrushchev,_Kekkonen.jpeg|min|sinistra|Da sinistra a destra: il capo di Stato sovietico [[Kliment Vorošilov]], il segretario generale [[Nikita Chruščëv]] e il presidente [[finlandia|finlandese]] [[Urho Kekkonen]] a Mosca nel 1960]]
Nel 1953 i mutamenti ai vertici politici di entrambe le parti portarono a sostanziali mutamenti nella dinamica della guerra fredda.<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|pp. 421-422}}.</ref> In Unione Sovietica, dopo la morte di Iosif Stalin avvenuta a Mosca il 5 marzo, in mancanza di un successore condiviso da tutto il partito si assistette in Unione Sovietica ad una lotta per il potere. Alla fine prevalse [[Nikita Chruščëv]] grazie alla deposizione e l'esecuzione di [[Lavrentij Pavlovič Berija|Lavrentij Berija]] e l'allontanamento dei rivali [[Georgy Malenkov]] e [[Vjačeslav Molotov]]. Il 25 febbraio 1956, Chruščëv scioccò i delegati al [[XX Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica]] elencando e [[Sul culto della personalità e le sue conseguenze|denunciando i crimini di Stalin]] e avviando una campagna di [[destalinizzazione]] che portò anche ad un allentamento del controllo del partito sulla società.<ref>{{cita|Smith, 2000|p. 60}}.</ref><ref>{{cita|Harper, 2020|pp. 145-146}}.</ref><ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|pp. 422-423}}.</ref>
Il 18 novembre 1956, rivolgendosi agli ambasciatori occidentali durante un ricevimento all'ambasciata polacca a Mosca, Chruščëv pronunciò la celebre affermazione «[[Vi seppelliremo|che vi piaccia o meno, la storia è dalla nostra parte. Vi seppelliremo]]» impressionando i presenti. In seguito affermò di non essersi riferito ad una guerra nucleare, ma piuttosto alla vittoria, storicamente determinata, del comunismo sul [[capitalismo]]. Nel 1961 Chruščëv dichiarò che sebbene in quel momento l'Unione Sovietica fosse in ritardo rispetto all'Occidente, entro un decennio la carenza di alloggi sarebbe stata colmata, i beni di consumo divenuti abbondanti e nel giro di due decenni la «costruzione di una società comunista» sarebbe stata completata per la maggior parte.<ref>{{cita|Harper, 2020|p. 149}}.</ref><ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 60-61}}.</ref><ref>{{cita|Gaddis, 2005|p. 84}}.</ref>
[[File:Eisenhower and Strauss.jpg|min|Eisenhower riceve notizie dal capo della [[Commissione per l'energia atomica degli Stati Uniti d'America]] Lewis Strauss riguardo ai test per la [[bomba a idrogeno]] ([[operazione Castle]]) nel 1954]]
===Patto di Varsavia e rivoluzione ungherese===
{{Vedi anche|Patto di Varsavia|Rivoluzione ungherese del 1956}}
[[File:1959 NATO and WP troop strengths in Europe.svg|min|sinistra|Forze militari [[NATO]] e del [[Patto di Varsavia]] in [[Europa]] nel 1959]]
Il 14 maggio 1955, in risposta all'entrata della Germania Ovest nella NATO avvenuta pochi giorni prima, l'Unione Sovietica, l'[[Albania]], la [[Bulgaria]], l'[[Ungheria]], la Germania Est, la [[Polonia]], la [[Romania]] e la Cecoslovacchia firmarono a [[Varsavia]] il "Trattato di amicizia, cooperazione e assistenza reciproca", noto in seguito come [[Patto di Varsavia]] che prevedeva (similmente al Patto Atlantico) la mutua difesa nel caso di un attacco contro uno Stato membro.<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 416}}.</ref><ref>{{cita|Clementi, 2002|pp. 29-30}}.</ref>
La destalinizzazione portò molti stati satellite dell'Unione Sovietica a ritenere un possibile alleggerimento del controllo da parte di Mosca. Così, in [[Polonia]] poté tornare al potere [[Władysław Gomułka]] che adottò un programma di riforme di "cauto liberalismo" senza però rompere con la leadership sovietica. Diversamente andarono le cose in [[Ungheria]] dove, incoraggiati dall'esperienza polacca, {{M|15000}} manifestanti, soprattutto operai, dettero vita nel 1956 ad [[Rivoluzione ungherese del 1956|una rivoluzione]] scontrandosi con l'Armata Rossa e le forze di sicurezza. Richiamato [[Imre Nagy]] a guidare il paese, egli si dichiarò favorevole all'introduzione di un [[sistema multipartitico]], ritirò l'Ungheria dal Patto di Varsavia e chiese al mondo di intervenire in soccorso della loro neutralità. Chruščëv rispose inviando i carri armati e il 4 novembre [[Budapest]] venne riconquistata dall'Armata Rossa e stroncata la rivolta mentre Nagy venne giustiziato, insieme ad altri ribelli, in seguito a processi segreti.<ref>{{cita|Harper, 2020|pp. 146-147}}.</ref><ref name=Sabbatucci423-424>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|pp. 423-424}}.</ref>
[[File:
Gli eventi accaduti in Ungheria portarono
===Competizione nel terzo mondo===
{{Vedi anche|Decolonizzazione}}
[[File:Colonization_1945.png|min|sinistra|Imperi coloniali nel 1945]]
Le conseguenze della seconda guerra mondiale avviarono una nuova fase di [[decolonizzazione]]. In tale contesto Stati Uniti e Unione Sovietica cercarono di estendere la loro influenza nei territori coloniali ed ex coloniali del [[Terzo Mondo]] attraverso l'indebolimento di governi e movimenti avversi ed il sostegno a quelli a sé affini, situazione che causò [[guerra per procura|guerre per procura]] che destabilizzarono i nuovi Stati indipendenti.<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|pp. 441-442}}.</ref>
La decolonizzazione nel [[sud-est asiatico]] fu accompagnato da scontri tra fazioni nazionaliste filo-occidentali e movimenti comunisti. In [[Birmania]] e in [[Malaysia]], indipendenti rispettivamente nel 1948 e nel 1957, prevalsero le forze nazionaliste, mentre in [[Thailandia]] e nelle [[Filippine]] mantennero posizioni moderate.<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|pp. 446-447}}.</ref> Diversa fu la situazione dell'[[Indocina francese]] dove l'esercito coloniale si trovò a combattere [[Guerra d'Indocina|una dura guerra]] contro la resistenza indipendentista ''[[Viet Minh]]'' di ispirazione comunista e guidata dal rivoluzionario [[Ho Chi Minh]]. A seguito della grave sconfitta subita nella [[battaglia di Dien Bien Phu]] i francesi dovettero ritirasi da tutta la penisola. Alla [[Conferenza di Ginevra (1954)|conferenza di Ginevra del 1954]] [[Laos]] e [[Cambogia]] vennero riconosciuti come stati indipendenti ma posti nella sfera di influenza del blocco orientale mentre il [[Vietnam]] venne provvisoriamente diviso in un [[Vietnam del Nord]] comunista e in [[Vietnam del Sud]] filo occidentale.<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|pp. 447-448}}.</ref>
[[File:Vittoria a Dien Bien Phu.jpg|min|''[[Viet Minh]]'' sventolano la bandiera dopo la vittoria a Dien Bien Phu]]
Nel 1956 il governo indonesiano non allineato di [[Sukarno]], costretto a difendersi da forti minacce interne, iniziò una politica di avvicinamento alla Cina e al [[Partito Comunista Indonesiano]]. Per contrastare tale scelta la statunitense [[CIA]] dette vita ad un programma segreto di aiuti, anche militari, al movimento di opposizione. Quando un pilota statunitense impegnato nell'operazione venne abbattuto dalle forze governative nel 1958, la CIA interruppe il suo supporto e entro l'agosto del 1961 la guerriglia ribelle fu costretta ad arrendersi.
Con lo scioglimento dell'[[impero ottomano]] nel 1922 nei suoi oramai ex territori del [[Medioriente]] e del [[Nordafrica]] si erano affermati movimenti nazionalisti che dettero vita a stati indipendenti che presto si riunirono nella [[Lega araba]]. Contestualmente la regione divenne sempre più strategica per le sue vastissime riserve petrolifere.<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 448}}.</ref> La [[dichiarazione d'indipendenza israeliana]] del 14 maggio 1948 fu il ''[[casus belli]]'' di [[conflitto arabo-israeliano|un conflitto]] tra il neonato stato e i paesi della Lega araba. Nonostante le sue piccole dimensioni, Israele, dette prova di grande determinazione riuscendo a piegare i più numerosi ma più arretrati paesi mediorientali. Gli Stati Uniti offrirono il loro appoggio a Israele suscitando un «crescente risentimento del mondo arabo contro l'occidente e un radicalizzarsi delle correnti nazionalistiche». Durante la [[crisi di Suez]] del 1956 l'Unione Sovietica minacciò di scendere direttamente in campo costringendo, poiché prive anche del sostegno statunitense, Francia, Gran Bretagna e Israele a ritirarsi.<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|pp. 449-451}}.</ref>
Nel 1953, il presidente Eisenhower avviò in Iran l'[[Operazione Ajax]], un'operazione segreta per [[colpo di stato|sovvertire]] il governo democraticamente eletto di [[Mohammad Mossadeq]] in quanto, nelle parole di Churchill, si stava «volgendo sempre più verso l'influenza comunista».<ref>{{cita|Gasiorowski e Byrne, 2004|p. 125}}.</ref><ref>{{cita web | titolo=Measures which the United States Government Might Take in Support of a Successor Government to Mosaddegh | data=marzo 1953 | url=http://www.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB126/iran530300.pdf | editore=George Washington University | accesso= 30 ottobre 2023| urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140617082256/http://www2.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB126/iran530300.pdf }}</ref> Al suo posto venne instaurata una [[monarchia]] [[autocrazia|autocratica]] guidata dallo [[scià]] filo-occidentale [[Mohammad Reza Pahlavi]] che, appena giunto al potere, mise fuori legge il [[Partito Iraniano del Tudeh|partito comunista iraniano]] e soppresse il dissenso politico per mezzo della [[SAVAK]].<ref>{{cita|Watson, 2002|p. 118}}.</ref>
[[File:The_Soviet_Union_1961_CPA_2576_stamp_(The_Struggle_for_the_Liberation_of_Africa._Lumumba_(_1925-1961_),_premier_of_Congo).jpg|min|verticale|sinistra|Francobollo sovietico che celebra [[Patrice Lumumba]], presidente della [[Repubblica del Congo]] assassinato nel 1961]]
Nell'estate del 1960, durante la [[crisi del Congo]], il presidente [[Joseph Kasa-Vubu]], sostenuto dalla CIA, esautorò il primo ministro democraticamente eletto [[Patrice Lumumba]] poi messo a morte. Il potere venne preso dal colonnello [[Mobutu Sese Seko]] che dette vita ad un regime autoritario con un forte supporto statunitense per le sue posizioni anti-comuniste.
Nella [[Guyana britannica]], il candidato di sinistra del [[Partito Progressista del Popolo (Guyana)|Partito Progressista del Popolo]] (PPP) [[Cheddi Jagan]] vinse le elezioni del 1953, ma fu rapidamente destituito dal governo britannico perché ritenuto troppo filo-comunista. Imbarazzati dalla schiacciante vittoria elettorale del PPP di Jagan, gli inglesi imprigionarono la leadership del partito spingendo verso una divisione al suo interno. Nonostante ciò, Jagan vinse nuovamente le elezioni nel 1957 e nel 1961, e anche se i britannici riconsiderarono la sua vicinanza al marxismo sovietico, gli Stati Uniti fecero pressioni affinché fosse negata al paese l'indipendenza fino a quando non fosse stata portata al potere un'alternativa a Jagan.
In [[Guatemala]], una "[[repubblica delle banane]]", un [[Colpo di Stato in Guatemala del 1954|colpo di Stato avvenuto nel 1954]], depose il presidente socialista [[Jacobo Árbenz]] grazie all'aiuto della CIA. Il nuovo governo, una giunta militare guidata da [[Carlos Castillo Armas]], abrogò le precedenti riforme progressiste, restituì le proprietà nazionalizzate e mise fuori legge il comunismo su richiesta degli Stati Uniti.
Molte altre nazioni emergenti del Terzo Mondo preferirono non schierarsi nella competizione Est-Ovest. Nel 1955, alla [[Conferenza di Bandung]] in Indonesia, dozzine di governi di tutto il mondo decisero di restare fuori dalla guerra fredda facendo il primo passo verso la nascita del [[Movimento dei paesi non allineati]], il cui primo vertice si tenne il 1º settembre 1961 a [[Belgrado]]. Membri principali del movimento furono [[Jugoslavia]], [[India]] e [[Egitto]].
===Crisi sino-sovietica===
{{Vedi anche|Crisi sino-sovietica}}
[[File:Sino-Soviet split 1980.svg|min|verticale=1.4|La mappa mostra le relazioni, nel 1980, tra gli stati comunisti dopo la [[crisi sino-sovietica]]:
{{legenda|#dd0000|Unione sovietica e stati comunisti alleati}}
{{legenda|#FCC200|Cina e paesi comunisti alleati}}
{{legenda|#000000|Stati comunisti neutrali ([[Corea del Nord]] e [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|Jugoslavia]])}}
{{legenda|#e0e0e0|Stati non comunisti}}]]
I rapporti tra Unione Sovietica e Cina non furono mai semplici, con la prima preoccupata di perdere il ruolo di guida del comunismo mondiale mentre la seconda guadagnava sempre più influenza sui paesi del sud est asiatico che si stavano un po' alla volta liberando dal colonialismo. Ma fu a partire dal 1956 che ebbe inizio una vera e propria [[crisi sino-sovietica]]. Il leader cinese [[Mao Zedong]] prese le difese di Stalin quando Chruščëv lo aveva attaccato dopo la sua morte e trattò il nuovo Primo Segretario del [[PCUS]] come un carrierista superficiale, accusandolo di aver perso il suo spirito rivoluzionario per le flebili aperture conseguenti alle destalinizzazioni.<ref name="Gaddis142" /> Da parte sua, Chruščëv, negò ai cinesi di condividere con loro le informazioni necessarie per dotarsi un arsenale atomico giudicandoli come degli «avventurieri».<ref name="SabbatucciVidotto">{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 434}}.</ref>
L'apice della crisi giunse alla fine degli [[anni 1950]] quando Mao mise in atto il cosiddetto "[[Grande balzo in avanti]]", un vasto piano economico e sociale con cui ambiva a modernizzare il paese nel settore agricolo e industriale. Chruščëv criticò molto tale iniziativa, giudicandola «non [[marxismo|marxista]]» e troppo radicale. In effetti il piano nella pratica si rivelò disastroso portando la [[repubblica popolare cinese|Repubblica Popolare Cinese]] ad affrontare una grave carestia che, si stima, causò 30 milioni di morti. Chruščëv, comunque, compì diversi tentativi per ricostituire il rapporto con i cinesi, ma Mao non la considerò mai una priorità e di conseguenza negò ogni possibilità. I due stati comunisti arrivarono addirittura a brevi scontri armati per rivendicazioni sui propri confini.<ref name="Gaddis142">{{cita|Gaddis, 2005|p. 142}}.</ref><ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 435}}.</ref>
=== Ultimatum di Berlino ===
[[File:Cold War Map 1959.svg|min|verticale=1.4|Geografia della guerra fredda nel 1959,{{legend|#0000b0|Paesi membri della NATO}}{{legend|#96b3f6|Altri paesi alleati degli USA}}
{{legend|#90c090|Paesi colonizzati}}
{{legend|#b00000|Paesi membri del Patto di Varsavia}}
{{legend|#f4a091|Altri paesi alleati dell'URSS}}
{{legend|#b9b9b9|Paesi neutrali}}]]
Alla fine degli [[anni 1950]] ritornò di primo piano anche la questione di Berlino, il cui ''status'' ancora non era stato ben definito. Da tempo l'Unione Sovietica chiedeva per la Germania la fine dell'occupazione e la creazione di un paese unito e neutrale similmente a quanto era [[Trattato di Stato austriaco|stato fatto con l'Austria]] nel 1955. I sovietici erano in particolare preoccupati dalla fuga degli abitanti della Germania est, quasi due milioni tra il 1949 e il 1959, verso Berlino ovest e da qui verso l'occidente attratti dalle migliori condizioni di vita offerte dai paesi non comunisti.<ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 59-61}}.</ref>
Nel novembre del 1958, Chruščëv lanciò agli Stati Uniti, alla Gran Bretagna e alla Francia un ''ultimatum'' di sei mesi affinché ritirassero le loro truppe dai settori che occupavano ancora a Berlino Ovest, o avrebbe trasferito il controllo dei diritti di accesso occidentali alle autorità della Germania dell'est, autorità che le potenze occidentali non riconoscevano. Chruščëv giustificò tale iniziativa asserendo che Berlino fosse "un trampolino di lancio per intensive azioni di spionaggio, sabotaggio e altre attività sovversive". Eisenhower fu risoluto nel non cedere poiché riteneva "un obbligo solenne difendere i cittadini di Berlino Ovest" ma non era nemmeno sua intenzione scatenare una guerra dai probabili esiti catastrofici, così non lo erano i sovietici che proposero il ritiro dell{{'}}''ultimatum'' in cambio di un vertice tra le potenze sulla questione tedesca.<ref>{{cita|Gaddis, 2005|p. 71}}.</ref><ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 61-62}}.</ref>
I primi colloqui tra i ministeri degli esteri si tennero a [[Ginevra]], seguiti da una visita di quasi due settimane di Chruščëv negli Stati Uniti. Infine, venne organizzato per il maggio 1960 il richiesto vertice a Parigi. Tuttavia, il ''summitt'' si rivelò fallimentare a causa della [[crisi degli U-2]] durante la quale venne dimostrato che Eisenhower avesse mentito circa l'intrusione di [[aereo spia|aerei spia]] statunitensi nel territorio sovietico. Chruščëv abbandonò i negoziati e la questione di Berlino rimase in sospeso.<ref name="Smith_A">{{cita|Smith, 2000|p. 62}}.</ref>
===Gap missilistico e corsa allo spazio===
{{Vedi anche|
[[File:Minuteman II.jpg|min|sinistra|Lancio di un missile [[LGM-30 Minuteman|Minuteman II]]]]
Dal 1957 al 1961, Chruščëv, apertamente e ripetutamente, minacciò l'Occidente con l'annientamento nucleare. Egli, infatti, sosteneva che le capacità missilistiche sovietiche fossero di gran lunga superiori a quelle statunitensi e in grado di spazzare via qualsiasi città americana o europea. Tuttavia, Chruščëv respinse la convinzione di Stalin riguardo all'inevitabilità della guerra e dichiarò che il suo nuovo obiettivo fosse quello di stabilire una «pacifica convivenza».<ref>{{cita|Gaddis, 2005|p. 70}}.</ref><ref>{{cita|Campus, 2014|p. 33}}.</ref>
Gli Stati Uniti ebbero conferma del [[Crisi dello Sputnik|loro ritardo nelle armi a lungo raggio]] quando nell'agosto nel 1957 i sovietici testarono con successo il primo [[missile balistico intercontinentale]] (ICBM) al mondo e in ottobre lanciarono il primo [[satellite artificiale]], lo [[Sputnik 1]]. Strategicamente ciò ebbe un significato molto importante per la capacità degli ICBM di trasportare testate con ordigni nucleari su grandi distanze, in breve tempo e senza le vulnerabilità dei tradizionali [[bombardieri]].<ref>{{cita|Harper, 2020|p. 60}}.</ref><ref>{{cita|Smith, 2000|p. 149}}.</ref> Sebbene Chruščëv avesse vantato la disponibilità nei suoi arsenali di ben 250 missili armati con [[Bomba all'idrogeno|armi termonucleari]], in realtà successivamente venne appurato che poteva contare alla fine degli anni 1950 di sole 4 testate trasportabili su inefficienti missili [[R-7 (missile)|R-7]].<ref>{{cita|Harper, 2020|p. 160}}.</ref><ref>{{cita|Smith, 2000|p. 64}}.</ref> Tuttavia, non conoscendo le reali potenzialità dei sovietici, gli Stati Uniti dettero avvio ad un sostanzioso programma per recuperare il "[[gap missilistico|''gap'' missilistico]]". In pochi anni gli statunitensi misero in campo un dispiegamento di armi nucleari basata su missili [[SM-65 Atlas]] e [[PGM-19 Jupiter]], affiancati dai più moderni [[LGM-30 Minuteman]], dagli [[UGM-27 Polaris]] lanciabili dai [[sottomarini nucleari]] e dagli ordigni trasportati dai bombardieri [[Boeing B-52 Stratofortress|B-52]] in forza allo ''[[Strategic Air Command]]''.<ref>{{cita|Harper, 2020|pp. 153-156}}.</ref> Il ''gap'' con l'unione sovietica fu così colmato anche se fu chiaro a tutti in contendenti che l'utilizzo in un [[guerra nucleare|conflitto di armi atomiche]] avrebbe molto probabilmente comportato la fine della civiltà umana.<ref>{{cita|Harper, 2020|pp. 138-139}}.</ref> Per allontanare il più possibile tale eventualità, l'amministrazione del neoeletto presidente [[John Fitzgerald Kennedy]], che aveva fatto del ''gap'' missilistico uno dei principali temi di scontro nella campagna elettorale contro Eisenowher, elaborò la strategia della "[[risposta flessibile]]".<ref name="Smith_A" /><ref>{{cita|Harper, 2020|pp. 157-158}}.</ref>
[[File:Armstrong on Moon (As11-40-5886) (cropped).jpg|min|Il comandante dell'[[Apollo 11]] [[Neil Armstrong]] sulla [[superficie lunare]] il 21 luglio 1969]]
Il lancio dello Sputnik ebbe anche come effetto l'inizio della [[corsa allo spazio]] in cui le due superpotenze si sfidarono nella rincorsa a sempre maggiori successi [[Spazio (astronomia)|spaziali]] nel lancio di missili, [[satellite artificiale|satelliti]], nella conquista della Luna e di pianeti del [[sistema solare]]. Dopo gli iniziali successi sovietici, furono loro a mandare il [[Vostok 1|primo uomo nello spazio]] nel 1961, la [[Vostok 6|prima donna]] (1963) e ad effettuare la [[Voschod 2|prima passeggiata spaziale]] (1965), gli statunitensi riuscirono a colmare il distacco grazie al [[programma Gemini]] e [[programma Apollo|Apollo]], cogliendo il loro maggior successo il 21 luglio 1969 quando la missione [[Apollo 11]] portò il [[Neil Armstrong|primo uomo]] a camminare sulla [[Luna]].
===Rivoluzione cubana e l'invasione della Baia dei Porci===
{{Vedi anche|Rivoluzione cubana|Invasione della Baia dei porci}}
[[File:CheyFidel.jpg|min|verticale|sinistra|[[Che Guevara]] (a sinistra) e [[Fidel Castro]] (a destra) nel 1961]]
Sull'isola di [[Cuba]], il "[[Movimento del 26 luglio]]" conquistò il potere nel gennaio 1959, facendo cadere il presidente [[Fulgencio Batista]], il cui impopolare regime non aveva ricevuto aiuti dall'amministrazione Eisenhower. Dopo l'esautorazione di Batista le relazioni diplomatiche tra Cuba e gli Stati Uniti continuarono per qualche tempo ma poi si ruppero definitivamente quando il giovane leader rivoluzionario cubano [[Fidel Castro]] decise di avvicinarsi al comunismo nazionalizzando le banche e stringendo accordi commerciali con l'Unione Sovietica comprendenti anche forniture militari.<ref>{{Cita|Smith, 2000|p. 123}}.</ref><ref>{{cita|Campus, 2014|p. 35}}.</ref>
Nell'aprile del 1961, l'amministrazione del neoeletto presidente statunitense John Kennedy organizzò per mezzo della [[CIA]] un [[invasione della Baia dei porci|tentativo di invasione dell'isola]] cubana nella [[Baia dei Porci]] da parte di esuli anticastristi. L'iniziativa fu un fallimento che umiliò pubblicamente gli Stati Uniti e spinse Castro ad abbracciare pubblicamente il [[marxismo-leninismo]] e l'Unione Sovietica si impegnò a fornire un ulteriore sostegno al regime.<ref>{{Cita|Smith, 2000|pp. 123-124}}.</ref><ref>{{cita|Campus, 2014|p. 38}}.</ref>
===Crisi di Berlino del 1961 e innalzamento del muro===
{{Vedi anche|Crisi di Berlino del 1961|Muro di Berlino}}
[[File:US Army tanks face off against Soviet tanks, Berlin 1961.jpg|min|[[carro armato|Carri armati]] sovietici e statunitensi si fronteggiano al ''[[Checkpoint Charlie]]'', durante la [[crisi di Berlino del 1961]]]]
Agli inizi del 1961 la situazione nella DDR era diventata sempre più precaria: il principale dirigente tedesco orientale [[Walter Ulbricht]] richiedeva con urgenza misure decisive per consolidarla e fermare la continua fuga di cittadini che abbandonavano il paese soprattutto rifugiandosi a Berlino Ovest; nei primi sei mesi del 1961 oltre {{M|100000}} tedeschi orientali fuggirono in occidente. Nel giugno dello stesso anno, l'Unione Sovietica emise un nuovo ''ultimatum'' che chiedeva il ritiro delle forze alleate da Berlino Ovest. Il 3 e 4 giugno Kennedy e Chruščёv tennero a [[Vienna]] un drammatico e burrascoso incontro al termine del quale il presidente statunitense affermò che non avrebbe mai permesso che gli occidentali fossero estromessi dal settore che occupavano.<ref>{{cita|Gaddis, 2005|p. 114}}.</ref><ref>{{cita|Harper, 2020|p. 156}}.</ref><ref>{{cita|Campus, 2014|p. 40}}.</ref>
In risposta, durante la notte del 13 agosto la Germania dell'Est fece erigere una barriera di filo spinato, presidiata da militari e guardie lungo tutto il confine con Berlino Ovest, che successivamente venne estesa con la realizzazione del [[Muro di Berlino]], chiudendo efficacemente la via di fuga. Verso la fine di ottobre il confronto assunse toni ancora più drammatici quando carri armati sovietici e statunitensi si trovarono a fronteggiarsi a poche decine di metri di distanza presso il [[Checkpoint Charlie]] dopo alcuni screzi riguardanti il diniego del passaggio di funzionari occidentali nel settore orientale. Dopo alcuni giorni di altissima tensione i carri si ritirarono simultaneamente in quanto nessuno dei massimi dirigenti delle due parti, né il presidente Kennedy, né il segretario generale sovietico né i capi britannici, erano disposti a rischiare una guerra generale per salvaguardare le formalità burocratiche sull'accesso nelle zone di Berlino. La [[crisi di Berlino del 1961]] innescata dalla costruzione del Muro si risolse così, sancendo in pratica il riconoscimento reciproco della situazione di fatto, con la divisione della città in due blocchi separati dal muro, che diventerà il simbolo più noto della guerra fredda.<ref>{{cita|Smith, 2000|p. 63}}.</ref><ref>{{cita|Taylor, 2009|pp. 234-235}}.</ref>
===La crisi dei missili cubani e la cacciata di Chruščëv===
{{Vedi anche|Crisi dei missili di Cuba}}
[[File:The relative ranges of the IL-28, SS-4, and SS-5, stationed on Cuba.png|sinistra|min|Raggio (in [[Miglia nautiche|MN]]) degli aerei [[Ilyushin Il-28]] e dei missili sovietici [[R-12 (missile)|SS-4]] ed [[R-14|SS-5]] installati a [[Cuba]]]]
Kennedy e la sua amministrazione continuarono a cercare modi per rovesciare il governo cubano ed estromettere Castro attraverso un programma segreto chiamato ''[[Operazione Mongoose]]''. Chruščëv, venuto a conoscenza nel 1962 dei piani statunitensi relativi a Cuba prese la decisione di installare dei [[missile nucleare|missili nucleari]] sovietici nell'isola. Quando un volo spia statunitense scoprì le installazioni missilistiche a Kennedy vennero proposte diverse possibilità per far fronte [[crisi dei missili di Cuba|alla crisi]] considerata la più grave di tutta la guerra fredda. Dopo aver vagliato un possibile attacco preventivo contro le basi missilistiche e un'invasione di Cuba, Kennedy scelse di ordinare un [[blocco navale]] nei riguardi dell'isola. Dopo alcuni giorni in cui il mondo fu vicino alla guerra nucleare che mai, Chruščëv decise di evitare la possibilità di uno scontro e di rimuovere i missili dispiegati, in cambio dell'impegno statunitense a non invadere l'isola caraibica e del ritiro dei propri missili Jupiter collocati in [[Turchia]] e [[Italia]].<ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 64-65}}.</ref><ref>{{cita|Harper, 2020|pp. 159-162}}.</ref><ref>{{cita|Clementi, 2002|pp. 40-41}}.</ref>
Le conseguenze della crisi rallentarono la corsa agli armamenti nucleari favorendo, all'opposto, un disarmo nucleare e il miglioramento delle relazioni tra le due superpotenze. Una "[[linea rossa]]" di telescriventi venne approntata per tenere contatti immediati e sicuri tra Washington e Mosca al fine di scongiurare incomprensioni tra le due superpotenze.<ref name="SabbatucciVidotto_A">{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 439}}.</ref><ref>{{cita|Campus, 2014|p. 128}}.</ref> Gli eventi avevano dimostrato di quanto il contesto che il mondo viveva fosse pericoloso e pertanto iniziò a delinearsi l'idea di una possibile «coesistenza pacifica» tra le due superpotenze che «cercarono di trovare delle regole di collaborazione reciproca e di stabilizzazione nell'arena internazionale».<ref>{{cita|Clementi, 2002|p. 44}}.</ref>
Nel 1964 Chruščëv venne destituito dalla sua carica. Accusato di sgarbatezza e incompetenza; fu anche ritenuto responsabile di aver rovinato l'agricoltura sovietica e di aver portato il mondo sull'orlo della guerra nucleare. Chruščëv era diventato un imbarazzo internazionale quando autorizzò la costruzione del Muro di Berlino, un'umiliazione pubblica per il marxismo-leninismo.<ref>{{cita|Gaddis, 2005|pp. 119-120}}.</ref>
==Dal confronto alla distensione (1962-1979)==
{{Vedi anche|Guerra fredda (1962-1991)}}
[[File:1973 NATO and WP troop strengths in Europe.svg|min|Consistenza delle truppe [[NATO]] e del [[Patto di Varsavia]] in [[Europa]] nel 1973]]
Nel corso degli anni 1960 e 1970, i partecipanti alla guerra fredda dovettero faticare per adattarsi a un nuovo e più complicato modello di relazioni internazionali in cui il mondo non era più diviso in due blocchi chiaramente opposti. Infatti, l'Europa occidentale e il [[Giappone]] si ripresero rapidamente dalle distruzioni della seconda guerra mondiale arrivando a una crescita economica caratterizzata da un [[PIL pro capite]] che si avvicinava a quello degli Stati Uniti, mentre le economie del blocco orientale ristagnavano. Questi furono anche gli anni che segnarono la nuova politica della "[[Distensione (politica)|distensione]]" tra i due blocchi. Un tale approccio era già stato ritenuto possibile da Chruščëv quando alla fine degli anni 1950 aveva parlato di «coesistenza pacifica» tra le due potenze per poi iniziare ad essere applicato all'indomani della crisi dei missili di Cuba quando venne raggiunto un accordo per la messa al bando degli esperimenti nucleari nell'atmosfera. Ulteriori passi avanti vennero intrapresi grazie all'incontro nel 1967 tra il successore di Kennedy, [[Lyndon B. Johnson]], e il [[premier dell'Unione Sovietica]] [[Aleksej Nikolaevič Kosygin]]. Tuttavia diversi furono gli ostacoli che si frapposero al processo di distensione, primi fra tutti la campagna militare statunitense nel Vietnam e l'intervento sovietico in Cecoslovacchia.<ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 127-128}}.</ref>
=== Guerra del Vietnam ===
{{Vedi anche|Guerra del Vietnam}}
[[File:Bruce Crandall's UH-1D.jpg|min|sinistra|Soldati statunitensi in combattimento nel Vietnam]]
A seguito della sconfitta nella [[guerra d'Indocina]], nel 1954 la [[Francia]] fu costretta ad abbandonare il [[Vietnam]] e il paese venne diviso in due: il [[Vietnam del Nord]] comunista e il [[Vietnam del Sud]] alleato degli Stati Uniti. Contestualmente entrò in attività il [[Fronte di liberazione nazionale del Vietnam|Fronte di Liberazione Nazionale]] (conosciuto in occidente come ''Viet Cong''), un gruppo armato di resistenza contro il regime filo-statunitense sud. Preoccupato del possibile dilagare del comunismo in tutta la penisola già dal 1962 il presidente Kennedy mandò alcuni consiglieri militari sul posto. Ma fu sotto la presidenza [[Lyndon Johnson|Johnson]], e in seguito all'[[incidente del golfo del Tonchino]], che si ebbe una tale ''escalation'' da portare ad [[guerra del Vietnam|una guerra aperta]] con il diretto impegno di truppe statunitensi che arrivarono a contare fino a circa mezzo milione di uomini dispiegati.<ref>{{cita|Harper, 2020|p. 185}}.</ref><ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 430}}.</ref>
Nonostante le ingenti forze dispiegate da statunitensi e esercito del Sud, agli [[Operazione Rolling Thunder|intensi bombardamenti]] e alle gravi perdite subite, la resistenza vietnamita non venne mai piegata. Diversi furono i fattori che contribuirono all'insuccesso americano: certamente gli aiuti da parte di Cina e Unione Sovietica furono determinanti per l'esercito del Nord, ma anche il sostegno da parte della massa di contadini, il sentimento nazionalista e l'incapacità statunitense di stabilire una chiara strategia e di fronteggiare la [[guerriglia]] giocarono un ruolo fondamentale.<ref>{{cita|Harper, 2020|p. 180}}.</ref><ref name="SabbatucciVidotto_B">{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|pp. 430-431}}.</ref>
[[File:FSU protest Tallahassee rc01458.jpg|min|Protesta di studenti americani contro la guerra]]
Gli insuccessi sul campo, le gravi perdite tra le proprie file e i massacri di cui l'esercito statunitense si macchiò scatenarono in patria, dove giungevano in televisione le immagini della tragedia, fortissime critiche verso l'intervento militare. Un vasto movimento pacifista [[Opposizione alla guerra del Vietnam|si mobilitò contro]] la "sporca" guerra con grandi manifestazioni. L'[[Offensiva del Têt]] del 1968 compiuta dai nord-vietnamiti smentì le previsioni dei vertici militari statunitensi circa la possibilità di un'imminente vittoria nel conflitto. Gli eventi costrinsero il presidente Johnson ad interrompere i bombardamenti e a dichiarare che non si sarebbe più ricandidato alla presidenza. Il suo successore, [[Richard Nixon]], iniziò una "[[vietnamizzazione]]" del conflitto con un progressivo disimpegno statunitense.<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 431}}.</ref><ref>{{cita|Smith, 2000|p. 95}}.</ref><ref>{{cita|Harper, 2020|pp. 190-191}}.</ref>
Nel 1973 si raggiunsero degli [[Accordi di pace di Parigi (1973)|accordi di pace a Parigi]] ma il conflitto proseguì per altri due anni quando [[Caduta di Saigon|Saigon cadde]] costringendo gli statunitensi ad una ingloriosa fuga dalla loro ambasciata. Negli stessi giorni, in [[Cambogia]] i [[Khmer rossi]] avevano scalzato il governo filo-occidentale e anche il [[Laos]] era caduto. Tutta l'[[Indocina]] era divenuta comunista.<ref>{{cita|Smith, 2000|p. 98}}.</ref><ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|pp. 431-432}}.</ref> Gli oltre dieci anni di guerra costarono agli Stati Uniti oltre {{M|50000}} morti e un vero e proprio ''shock''. La sua economia, la struttura militare e la sua immagine di potenza democratica ne uscirono profondamente compromesse.<ref name="SabbatucciVidotto_B" /><ref>{{cita|Harper, 2020|p. 190}}.</ref>
=== Invasione della Cecoslovacchia ===
{{Vedi anche|Primavera di Praga|Invasione della Cecoslovacchia da parte del Patto di Varsavia}}
[[File:10 Soviet Invasion of Czechoslovakia - Flickr - The Central Intelligence Agency.jpg|min|sinistra|L'invasione della Cecoslovacchia del 1968 fu una delle più grandi operazioni militari avvenute sul suolo europeo dalla seconda guerra mondiale]]
Nel 1968 il segretario del partito comunista della [[Cecoslovacchia]], [[Alexander Dubček]], inaugurò un periodo, noto come [[Primavera di Praga]], di liberalizzazioni che comprendeva un aumento delle libertà personali, l'adozione di un sistema multipartitico, la limitazione al potere della polizia segreta e un'economia basata anche sui beni di consumo. In proposito si parlò di "[[Socialismo democratico|socialismo dal volto umano]]".<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 433}}.</ref>
In risposta, il 20 agosto 1968, l'esercito sovietico, insieme alla maggior parte dei loro alleati del Patto di Varsavia, [[Invasione della Cecoslovacchia da parte del Patto di Varsavia|invase la Cecoslovacchia]]. Inizialmente la reazione dei cecoslovacchi fu efficace, grazie a scioperi e resistenza passiva, ma successivamente i sovietici riuscirono a emarginare i dissidenti e a sostituire la dirigenza locale con una maggiormente affine a Mosca: Dubček fu sostituito con [[Gustáv Husák]] che iniziò un periodo di "[[Normalizzazione (Cecoslovacchia)|normalizzazione]]" che «tolse ogni residuo di libertà».<ref name="SabbatucciVidotto" /> tale evento seguì un'ondata di [[emigrazione]] che coinvolse alla fine circa {{formatnum:300000}} cechi e slovacchi che dovettero abbandonare il paese. L'invasione scatenò intense proteste da parte della [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|Jugoslavia]], della [[Repubblica Socialista di Romania|Romania]], della [[Cina]] e dei partiti comunisti dell'Europa occidentale.<ref name="Gaddis 2005, p. 154">{{cita|Gaddis, 2005|p. 154}}.</ref>
===Dottrina Brežnev===
{{Vedi anche|Dottrina Brežnev}}
[[File:Leonid Brezjnev, leider van de Sovjet-Unie, Bestanddeelnr 925-6564.jpg|min|verticale|[[Leonid Il'ič Brežnev]]]]
Nel settembre 1968, durante un discorso al quinto congresso del [[Partito Operaio Unificato Polacco]], un mese dopo l'invasione della Cecoslovacchia, il segretario generale del PCUS [[Leonid Il'ič Brežnev]] (succeduto a Chruščëv nel 1964) anticipò la cosiddetta [[dottrina Brežnev]], nella quale rivendicava il diritto di violare la sovranità di qualsiasi paese che tentasse di sostituire il marxismo-leninismo con il capitalismo. Durante il discorso, Brežnev dichiarò:<ref name="Gaddis 2005, p. 150">{{cita|Gaddis, 2005|p. 150}}.</ref>
{{citazione|Quando le forze ostili al socialismo cercano di trasformare lo sviluppo di qualche paese socialista verso il capitalismo, diventa non solo un problema del paese interessato, ma un problema e una preoccupazione comuni a tutti i paesi socialisti.}}
La dottrina trovò le sue origini nei fallimenti del marxismo-leninismo in stati come la [[Repubblica Popolare di Polonia|Polonia]], l'[[Repubblica Popolare d'Ungheria|Ungheria]] e la [[Germania dell'Est]], che stavano affrontando un declino del tenore di vita in contrasto con la prosperità della Germania occidentale e del resto dell'Europa occidentale.<ref>{{cita|Gaddis, 2005|p. 153}}.</ref>
===Escalation nel terzo mondo===
Durante l'amministrazione di [[Lyndon Johnson]], divenuto presidente dopo l'[[assassinio di John F. Kennedy]], gli Stati Uniti assunsero una posizione più dura nei confronti dell'[[America Latina]] secondo la cosiddetta "[[dottrina Johnson]]".<ref>{{cita|LaFeber, 1993a|pp. 186-190}}.</ref> Nel 1964 l'esercito brasiliano rovesciò il governo del presidente [[João Goulart]] con il sostegno statunitense. L'anno successivo gli USA diedero avvio all'[[Operazione Power Pack]] inviando circa {{M|22000}} soldati nella [[Repubblica Dominicana]] dove era scoppiata una guerra civile preoccupati della minaccia di una rivoluzione in stile cubano in America Latina. All'operazione prese parte anche la [[Forza di pace interamericana]] per mandato della [[Organizzazione degli Stati Americani]]. Gli eventi si conclusero con la vittoria nel 1966 alle elezioni del filostatunitense [[Joaquín Balaguer]].<ref>{{cita|LaFeber, 1993a|pp. 191, 194-197}}.</ref><ref>{{cita|Itzigsohn, 2000|pp. 41-42}}.</ref>
[[File:Suharto_at_funeral.jpg|min|sinistra|[[Suharto]] di Indonesia partecipa ai funerali di cinque suoi generali il 2 ottobre 1965]]
Nel 1965, in [[Indonesia]], l'intransigente generale anticomunista [[Suharto]] strappò il controllo dello stato al suo predecessore [[Sukarno]]. L'anno successivo, con l'aiuto degli USA e di altri governi occidentali, i militari guidarono l'uccisione di circa {{M|500000}} membri e simpatizzanti del [[Partito Comunista Indonesiano]] e di altre organizzazioni di sinistra.<ref>{{cita|Harper, 2020|pp. 178-179}}.</ref>
Il [[Medio Oriente]] fu un teatro di forti contese. L'[[Egitto]] venne sostenuto militarmente e economicamente dall'Unione Sovietica durante la [[guerra dei sei giorni]] e la [[guerra d'attrito]] contro il filo-occidentale [[Israele]]. Nonostante un avvicinamento egiziano all'occidente nel 1972 sotto il nuovo presidente [[Anwar al-Sadat]], i sovietici continuarono a sostenere il paese, insieme alla [[Siria]], durante la [[guerra dello Yom Kippur]] dell'anno successivo. Nella regione, l'URSS aveva stabilito anche strette relazioni con lo [[Yemen del Sud]] comunista, nonché con i governi nazionalisti di [[Algeria]] e [[Iraq]]. In risposta, gli USA finanziarono segretamente i ribelli [[curdi]] guidati da [[Mustafa Barzani]] durante la [[seconda guerra iracheno-curda]]; i curdi furono sconfitti nel 1975. L'assistenza sovietica indiretta alla parte [[palestina|palestinese]] nel [[conflitto israelo-palestinese]] comprese il sostegno all'[[Organizzazione per la liberazione della Palestina]] (OLP) di [[Yasser Arafat]].<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|pp. 454-456}}.</ref><ref>{{cita|Harper, 2020|p. 214}}.</ref>
In Africa orientale, una disputa territoriale tra [[Somalia]] ed [[Etiopia]] condusse alla [[guerra dell'Ogaden]]. Intorno al giugno 1977, le truppe somale occuparono la regione avanzando poi verso le posizioni etiopi sui [[monti Ahmar]]. Entrambi i paesi erano vicini all'URSS; la Somalia era guidata dal militare marxista [[Siad Barre]] mentre l'Etiopia era controllata dal [[Derg]], una giunta militare fedele al filo-sovietico [[Mengistu Haile Mariam]]. Inizialmente i sovietici tentarono una moderazione su entrambi, ma nel novembre 1977 Barre interruppe i rapporti con Mosca ed espulse i suoi consiglieri militari sovietici per poi rivolgersi al ''[[Safari Club]]'', una cooperazione di agenzie di ''[[intelligence]]'' filostatunitensi, per supporto e armi. Pur rifiutando di prendere parte direttamente alle ostilità, l'Unione Sovietica contribuì alla riuscita di una controffensiva etiope per espellere la Somalia dall'Ogaden.<ref>{{cita|Harper, 2020|pp. 227-228}}.</ref>
[[File:Reunión Pinochet - Kissinger.jpg|min|[[Augusto Pinochet]] con [[Henry Kissinger]]]]
In [[Cile]], il socialista [[Salvador Allende]] divenne nel 1970 il primo marxista [[Elezioni presidenziali in Cile del 1970|eletto democraticamente presidente]] di un paese delle [[Americhe]]. La CIA si adoperò per la sua rimozione minando il suo sostegno a livello nazionale contribuendo a disordini che sfociarono l'11 settembre 1973 in [[Colpo di Stato in Cile del 1973|un colpo di Stato]] che portò al potere il generale [[Augusto Pinochet]]. Pinochet operò come dittatore militare, ritirò le riforme economiche di Allende mentre gli oppositori di sinistra furono uccisi o imprigionati sotto la ''[[Dirección de inteligencia nacional]]''. Il regime cileno fu uno dei principali partecipanti all'[[operazione Condor]], una campagna internazionale di assassinio politico e [[terrorismo di stato]] organizzata da dittature militari di destra nel [[Cono Sud]] segretamente sostenuta dal governo degli Stati Uniti.
[[File:Cuban_PT-76_Angola.JPG|min|sinistra|Carro armato [[PT-76]] cubano per le strade di [[Luanda]] in [[Angola]]]]
Il 24 aprile 1974, la [[rivoluzione dei garofani]] estromise [[Marcello Caetano]] e il suo [[Estado Novo (Portogallo)|governo di destra]] dal [[Portogallo]] accelerando la fine dell'[[Impero portoghese]]. L'indipendenza fu frettolosamente concessa ad alcune colonie, tra cui l'[[Angola]] dove scoppiò [[Guerra civile in Angola|una violenta guerra civile]] tra tre fazioni socialiste di cui una sola, il [[Movimento Popolare di Liberazione dell'Angola]] (MPLA), vantava stretti legami con l'Unione Sovietica che fornì armi e assistenza mentre da Cuba arrivarono soldati. CIA e Cina, invece, offrirono sostanziali aiuti segreti alle altre due fazioni contendenti. Tuttavia, l'invio di truppe cubane e armi sovietiche permise all'MPLA di assicurarsi la vittoria.<ref>{{cita|Harper, 2020|pp. 215-216}}.</ref>
Durante la guerra del Vietnam, il Vietnam del Nord utilizzò aree di confine con la [[Cambogia]] grazie all'assenso del capo di Stato cambogiano [[Norodom Sihanouk]]. Nel marzo 1970 Sihanouk venne spodestato dal generale filoamericano [[Lon Nol]] che ordinò ai nordvietnamiti di lasciare il paese. Di conseguenza il Vietnam del Nord tentò di invadere la Cambogia lottando insieme ai comunisti locali (soprannominati i ''[[Khmer Rossi]]'') per rovesciare il governo. Sihanouk fu costretto a fuggire a [[Pechino]] dove dette vita al [[Governo reale d'unità nazionale di Kampuchea]]. Le forze statunitensi e sud vietnamite risposero con una campagna di bombardamenti e una breve incursione di terra contribuendo allo scoppio di [[Guerra civile in Cambogia|una violenta guerra civile]]. I [[Operazione Freedom Deal|bombardamenti a tappeto statunitensi]] durarono fino al 1973 impedendo ai Khmer rossi di impadronirsi della capitale ma, nel contempo, hanno anche accelerato il collasso della società rurale, aumentato la polarizzazione sociale e ucciso decine di migliaia di civili. Dopo aver preso il potere e aver preso le distanze dai vietnamiti, il leader filo-cinese dei Khmer rossi [[Pol Pot]] [[genocidio cambogiano|uccise da 1,5 a 2 milioni]] di cambogiani nei campi di sterminio. Nel dicembre del 1978 il [[Guerra cambogiano-vietnamita|Vietnam invase la Cambogia]] riuscendo a deporre Pol Pot e dando vita alla [[Repubblica Popolare di Kampuchea]] guidata da un [[governo fantoccio]] presieduto [[Heng Samrin]] e sostenuto dall'Unione Sovietica.<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|pp. 438-539}}.</ref><ref>{{cita|Harper, 2020|p. 230}}.</ref>
===Il riavvicinamento sino-americano===
{{Vedi anche|Visita di Nixon in Cina del 1972}}
[[File:President Nixon meets with China's Communist Party Leader, Mao Tse- Tung, 02-29-1972 - NARA - 194759.tif|min|[[Mao Zedong]] e [[Richard Nixon]] durante la visita di quest'ultimo in Cina]]
All'inizio degli [[anni 1970]], complice anche la crisi sino-sovietica, si assistette ad un avvicinamento tra Stati Uniti e Cina. Da una parte il presidente statunitense [[Richard Nixon]] voleva sfruttare il contesto per spostare gli equilibri di potere verso l'Occidente, dall'altra i cinesi cercavano di migliorare i rapporti con gli americani al fine di ottenere vantaggi anche sui sovietici e di aprire i commerci con l'Occidente e con il [[Giappone]]. Grande sorpresa destò la decisione cinese di invitare pubblicamente la squadra statunitense di [[tennistavolo]] di visitare il paese nel 1971 inaugurando la "[[diplomazia del ping pong]]".<ref>{{cita|Harper, 2020|pp. 199-200}}.</ref><ref name=Smith133-134>{{cita|Smith, 2000|pp. 133-134}}.</ref>
Successivamente il [[segretario di Stato]] [[Henry Kissinger]] visitò segretamente la Cina per preparare il riavvicinamento delle due potenze perseguendo la sua idea di "diplomazia triangolare". Nel febbraio del 1972, Nixon annunciò una [[Visita di Nixon in Cina del 1972|storica visita in Cina]] nella quale, a [[Pechino]], incontrò [[Mao Zedong]] e [[Zhou Enlai]]. Il presidente statunitense definì i sette giorni che passò nel paese asiatico come «la settimana che cambiò il mondo».<ref name=Smith133-134/><ref>{{cita|Gaddis, 2005|pp. 149-152}}.</ref><ref>{{cita|Harper, 2020|p. 199}}.</ref>
===Nixon, Brežnev e distensione===
{{Vedi anche|Accordi SALT|Accordi di Helsinki}}
[[File:Leonid Brezhnev and Richard Nixon talks in 1973.png|sinistra|min|[[Leonid Il'ič Brežnev]] e [[Richard Nixon]] a Washington nel 1973; l'incontro fu un evento di spicco nella distensione tra Unione Sovietica e Stati Uniti]]
Dopo la sua visita in Cina, Nixon incontrò i leader sovietici, tra cui Brežnev a Mosca nel 1972. Questi colloqui portarono a due importanti trattati sul controllo degli armamenti: [[SALT I]], il primo patto di limitazione globale firmato dalle due superpotenze, e il [[Trattato anti missili balistici]] che vietava lo sviluppo di sistemi progettati per intercettare i missili in arrivo. Nixon e Brežnev proclamarono una nuova era di "coesistenza pacifica" e stabilirono la nuova e rivoluzionaria politica di [[Distensione (politica)|distensione]] (o cooperazione) tra le due superpotenze. Nel frattempo, Brežnev tentò di migliorare l'economia sovietica, che si trovava in una situazione di declino, in parte a causa delle pesanti spese militari. Tra il 1972 e il 1974, le due parti concordarono anche di rafforzare i loro legami economici. Come risultato dei loro incontri, la distensione avrebbe sostituito l'ostilità della guerra fredda e i due paesi avrebbero vissuto reciprocamente in pace.<ref name="Lafeber 1993" /><ref>{{cita|Harper, 2020|pp. 209, 212}}.</ref><ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 136, 140-141}}.</ref>
Contestualmente si cercò di estendere i risultati della distensione anche nello scenario europeo. In tal senso, importanti sviluppi coincisero sviluppi coincisero con l'"''[[Ostpolitik]]''" del cancelliere della Germania dell'Ovest [[Willy Brandt]] che mirava alla normalizzazione dei rapporti con i paesi del blocco orientale.<ref name="Gaddis 2005, p. 154"/><ref>{{cita|Clementi, 2002|p. 45}}.</ref> Una serie di colloqui tenutisi a [[Vienna]] tra il 1973 e il 1975 e noti come "[[Mutual and Balanced Force Reductions]]" tentarono senza particolare successo di trovare un accordo tra NATO e Patto di Varsavia per la riduzione delle forze militari convenzionali di stanza in Europa. Altri accordi vennero conclusi per stabilizzare la situazione, culminando negli [[accordi di Helsinki]] firmati alla [[Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa]] del 1975 con cui si riconosceva, tra l'altro, la situazione di fatto dei confini e l'esclusione della loro modifica mediante l'uso della forza, riducendo così di molto le tensioni.<ref>{{cita|Gaddis, 2005|p. 188}}.</ref><ref>{{cita|Harper, 2020|p. 212}}.</ref><ref>{{cita|Smith, 2000|p. 141}}.</ref>
[[File:ASTP_handshake_-_cropped.jpg|min|L'astronauta statunitense [[Thomas Stafford]] stringe la mano al cosmonauta sovietico [[Aleksei Leonov]] durante la missione congiunta [[Programma test Apollo-Sojuz|Apollo-Sojuz]]]]
Un altro segno della distensione venne dallo spazio, dove da anni le due potenze facevano a gara per prevalere: il 17 luglio 1975 [[Programma test Apollo-Sojuz|una navicella spaziale statunitense e una sovietica]] si agganciarono nell'[[Orbita geocentrica|orbita intorno alla Terra]] consentendo ai due equipaggi di potersi trasferire da una navicella spaziale verso l'altra.
Nonostante il successo della politica di distensione, le rivalità ideologiche tra le due potenze continuarono a persistere con Brežnev che non perdeva occasione per dichiarare l'irreversibilità della vittoria del comunismo e con il continuo sospetto da parte statunitense. Anche gli accordi SALT-1 non misero fine allo sviluppo di nuovi armamenti soprattutto sul piano qualitativo, poiché la crescita quantitativa era preclusa. In particolare vennero sviluppati i sistemi [[MIRV]] in grado di permettere ad un solo missile balistico di trasportare più testate nucleari al fine di colpire molteplici bersagli simultaneamente. Sebbene gli accordi SALT I prevedessero un maggior numero di missili in capo agli arsenali sovietici, gli Stati Uniti apparivano strategicamente più avvantaggiati grazie ad una tecnologia migliore e ad una maggior [[forza di proiezione]].<ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 142-143}}.</ref>
Trattative per un [[SALT II|nuovo accordo]] sulla limitazioni alle armi nucleari venne congelata dallo [[scandalo Watergate]] che costò la presidenza a Nixon. I colloqui, tuttavia, proseguirono con il successore [[Gerald Ford]] che continuò ad avvalersi dell'attività diplomatica di Kissinger. La bozza del nuovo trattato venne fortemente criticata negli Stati Uniti in quanto avrebbe posto in una posizione privilegiata le forze sovietica che disponevano di razzi in grado di trasportare fino a 10 testate indipendenti contro le 3 della controparte; il dibattito che ne seguì spinse lo stesso Ford ad aspettare le imminenti [[Elezioni presidenziali negli Stati Uniti d'America del 1976|elezioni presidenziali del 1976]] per sottoporre il trattato alla ratifica.<ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 141-145}}.</ref>
=== Euromissili e deterioramento delle relazioni alla fine degli anni settanta ===
[[File:Carter Brezhnev sign SALT II.jpg|sinistra|min|[[Leonid Il'ič Brežnev]] e [[Jimmy Carter]] firmano il trattato [[SALT II]]]]
Le trattative per un nuovo accordo sulle [[armi nucleari]] vennero riprese dal nuovo presidente statunitense [[Jimmy Carter]]. Tuttavia, volendo distaccarsi dalla bozza di Ford che aveva pesantemente criticato in campagna elettorale, Carter suscitò la disapprovazione dei sovietici rallentando l'iter diplomatico. Carter inoltre accusò i sovietici di non rispettare i [[diritti umani]] richiamandoli ad ottemperare agli [[accordi di Helsinki]]; Mosca rispose diffidando il [[governo statunitense]] nell'intromettersi nella loro politica interna.<ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 152-154}}.</ref>
Nel 1977 i servizi segreti occidentali scoprirono che l'[[URSS]] aveva messo a punto una nuova categoria di sistema missilistico [[RSD-10]] (che al tempo divenne noto come [[SS-20]]) e ne aveva in corso il suo dispiegamento, questo sistema alterava fortemente l'equilibrio di forze fra [[NATO]] e [[Patto di Varsavia]], ponendo quest'ultimo in decisa posizione di vantaggio, avendo una gittata in grado di coprire tutta l'[[blocco occidentale|Europa occidentale]], con maggior precisione sull'obiettivo rispetto ai precedenti missili sovietici, trasportando inoltre multiple testate atomiche indipendenti; inoltre la sua elevata mobilità lo rendeva meno vulnerabile in caso di conflitto. I piani sovietici prevedevano il dispiegamento di 300 lanciatori SS-20 in 18 basi, di queste 12 risultavano già operative. Inoltre era in corso il dispiegamento di un nuovo modello del bombardiere [[Tupolev Tu-22M]], in grado di volare ad alta velocità, ma a bassa quota sfuggendo ai radar. Questo salto qualitativo degli armamenti da teatro trovava la NATO completamente impreparata e priva di armamenti in grado di controbilanciare lo squilibrio e di fornire, in caso di attacco una risposta simile, per cui l'unica reazione in caso d'attacco avrebbe dovuto manifestarsi tramite il lancio di [[Missile balistico intercontinentale|missili intercontinentali]]<ref>{{Cita pubblicazione|titolo=Rapporti est-ovest 1977-79 La vicenda degli euromissili|autore=Antonio Ciarrapico|rivista=Rivista di Studi Politici Internazionali|volume=Vol. 69|numero=No. 3 (275)|anno=2002|mese=Luglio-Settembre|editore=|pp=363-380|url=https://www.jstor.org/stable/42741307|cid=Ciarrapico}}</ref>.
La situazione divenne sempre più difficile anche per le tensioni dovute alla [[Rivoluzione sandinista]] in [[Nicaragua]] e alla vittoria dei [[Rivoluzione iraniana|rivoluzionari in Iran]] che avevano messo fine alla [[dinastia Pahlavi]] filo-statunitense. Nonostante, l'accordo [[SALT II]] venne firmato nel giugno del 1979 a [[Vienna]].<ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 154-157}}.</ref>
== Ripresa della guerra fredda (1979-85) ==
=== Guerra sovietica in Afghanistan e dottrina Carter ===
{{Vedi anche|Guerra in Afghanistan (1979-1989)|Dottrina Carter}}
[[File:BMD-1 in Afghanistan.jpg|min|Un [[veicolo da combattimento della fanteria]] sovietico all'inizio della guerra in Afghanistan]]
L'oramai precario processo di distensione precipitò quando nel dicembre 1979 l'Unione Sovietica decise [[Guerra in Afghanistan (1979-1989)|di intervenire in Afghanistan]]. Nell'aprile 1978, il [[Partito Democratico Popolare dell'Afghanistan]] (PDPA) prese il potere in [[Afghanistan]] durante la [[Rivoluzione di Saur]]. In pochi mesi, gli oppositori del governo comunista lanciarono una rivolta nell'Afghanistan orientale che si espanse rapidamente in una [[Guerra civile in Afghanistan|guerra civile]] condotta dai guerriglieri ''[[mujaheddin]]'' contro le forze governative su scala nazionale. Gli insorti avevano ricevuto l'addestramento militare e armi nel vicino [[Pakistan]] ed in Cina, mentre l'Unione Sovietica inviò migliaia di consiglieri militari per sostenere il governo PDPA. Verso la metà del 1979, gli Stati Uniti avviarono un programma segreto per assistere i ''mujaheddin''.
Nel settembre 1979, il presidente [[Nur Mohammad Taraki]] venne assassinato in un colpo di Stato avvenuto all'interno del PDPA e orchestrato da [[Hafizullah Amin]], che assunse così la presidenza. Diffidato da Mosca, Amin fu assassinato dalle forze speciali sovietiche nel dicembre 1979. Un governo organizzato dai sovietici, guidato da [[Babrak Karmal]], riempì il vuoto di potere. Truppe sovietiche furono schierate per stabilizzare il paese in quantità sempre più consistenti, di conseguenza i sovietici furono ora direttamente coinvolti nelle operazioni militari.
Carter rispose all'intervento sovietico ritirando il trattato [[SALT II]] dal [[Senato degli Stati Uniti|Senato]], imponendo [[Embargo del grano degli Stati Uniti contro l'Unione Sovietica|embarghi sulle spedizioni di grano]] e sulla tecnologia verso l'Unione Sovietica e chiedendo un aumento significativo delle spese militari. Inoltre, annunciò che gli Stati Uniti avrebbero boicottato le [[Giochi della XXII Olimpiade|Olimpiadi estive del 1980 a Mosca]]. Egli descrisse l'incursione dei sovietici come «la più grave minaccia alla pace dalla seconda guerra mondiale». Contestualmente Carter proclamò una linea politica, nota come "[[Dottrina Carter]]", secondo la quale gli Stati Uniti avrebbero utilizzato la propria forza militare se necessario per difendere gli interessi nazionali nel [[golfo Persico]].<ref>{{cita|Gaddis, 2005|p. 211}}.</ref><ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 158-159}}.</ref>
=== Presidenza Reagan ===
{{Vedi anche|Dottrina Reagan}}
[[File:Cold War Map 1980.svg|min|sinistra|La mappa mondiale delle alleanze militari nel 1980 {{Legenda|#0000b0|Membri Nato}} {{Legenda|royalblue|Altri alleati degli USA e della Nato}}
{{Legenda|red|Membri del Patto di Varsavia}}
{{Legenda|lightcoral|Stati comunisti alleati del Patto di Varsavia}}
{{Legenda|lightpink|Altri alleati dell'URSS}}
{{Legenda|gold|Cina e Albania}}
{{Legenda|lavender|Nazioni non allineate}}]]
Nel 1980 Ronald Reagan sconfisse [[Jimmy Carter]] nelle [[Elezioni presidenziali negli Stati Uniti d'America del 1980|elezioni presidenziali del 1980]], promettendo di aumentare le spese militari e di affrontare i sovietici ovunque. In particolare, Reagan rifiutava il processo di distensione e riteneva che gli Stati Uniti dovessero trattare con i sovietici in una posizione di superiorità.<ref>{{cita|Gaddis, 2005|p. 189}}.</ref> Sia Reagan, sia il nuovo [[primo ministro britannico]] [[Margaret Thatcher]] accusarono l'Unione Sovietica e la sua ideologia; il 3 marzo 1983 in una celebre dichiarazione il presidente statunitense etichettò l'URSS come un "[[impero del male]]" e predisse che il comunismo sarebbe finito nel «mucchio di cenere della storia».<ref name="Gaddis 2005, p. 197">{{cita|Gaddis, 2005|p. 197}}.</ref><ref>{{cita|Smith, 2000|p. 161}}.</ref>
La tensione venne ulteriormente esacerbata l'8 settembre 1983 con l'abbattimento da parte della difesa russa del [[Volo Korean Air Lines 007]], che aveva per errore sorvolato la penisola di [[Kamčatka]], provocando la morte di 269 persone, tra passeggeri e equipaggio, di cui 62 statunitensi.
[[File:Reagan sitting with people from the Afghanistan-Pakistan region in February 1983.jpg|min|Il presidente [[Ronald Reagan|Reagan]] rende pubblico il suo sostegno incontrando i leader dei ''[[mujaheddin]]'' afgani alla [[Casa Bianca]] nel 1983]]
All'inizio del 1985, la posizione anticomunista di Reagan si era sviluppata in una posizione nota come la nuova [[dottrina Reagan]], che, oltre al ''containment'', prevedeva un diritto aggiuntivo di sovvertire i governi comunisti esistenti. Oltre a continuare la politica di Carter a sostegno degli oppositori islamici dell'Unione Sovietica, la CIA cercò anche di indebolire l'URSS stessa promuovendo l'islamismo nei paesi a maggioranza islamica dell'Asia centrale. Inoltre, la CIA incoraggiò l'[[Inter-Services Intelligence|ISI]] pakistana anti-comunista ad addestrare i musulmani di tutto il mondo a partecipare allo ''[[jihād]]'' contro l'Unione Sovietica. Reagan manifestò apertamente l'intenzione di prendere le parti dei ''mujaheddin'' che in Afghanistan si scontravano contro l'esercito sovietico autorizzando la fornitura di materiale bellico attraverso la frontiera con il [[Pakistan]] e grazie ad un'operazione segreta della CIA. Interventi analoghi, sebbene di misura minore, vennero intrapresi in [[Angola]], [[Etiopia]] e [[Cambogia]]. Tuttavia rifiutò sempre di mandare truppe statunitensi sul campo per non rischiare un altro Vietnam ad eccezione di quando ordinò nel 1983 l'[[Operazione Urgent Fury|invasione di Grenada]].<ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 162-164}}.</ref>
===Movimento polacco di solidarietà e legge marziale===
{{Vedi anche|Solidarność|Legge marziale in Polonia}}
[[File:Strajk sierpniowy w Stoczni Gdańskiej im. Lenina 34.jpg|min|Sciopero in Polonia nel 1980]]
Alcuni scioperi avvenuti presso il [[cantiere navale di Danzica]] e le industrie aeronautiche di [[Lublino]] portarono alla fondazione, nel settembre 1980, di un [[sindacato]] comunista autorizzato dal governo chiamato ''[[Solidarność]]'' e guidato da [[Lech Wałęsa]]. In breve, il sindacato si trasformò in un movimento che chiedeva la [[democrazia]] in [[Polonia]]. [[Papa Giovanni Paolo II]] prese le parti del movimento in un'ottica [[anticomunismo|anticomunista]] benedicendo Wałęsa e recandosi più volte nella sua nativa Polonia stimolando una risurrezione religiosa e nazionalista.<ref name=Harper-246-247>{{cita|Harper, 2020|pp. 246-247}}.</ref>
I leader sovietici di Mosca iniziarono a muoversi per ottenere lo scioglimento di ''Solidarność'' seppur escludendo l'opzione militare se non prima di aver vagliato ogni altra possibilità. Si arrivò così all'[[Legge marziale in Polonia|imposizione della legge marziale]] che portò all'arresto di oltre {{M|6000}} attivisti del sindacato che venne alla fine sciolto.<ref name=Harper-246-247/>
=== Riarmamento, economie e nuove tensioni ===
[[File:SDIO Delta Star.jpg|min|verticale|sinistra|Il veicolo di lancio Delta 183 decolla trasportando il sensore sperimentale dello ''[[Strategic Defense Initiative]]'']]
Per far fronte alla promessa di negoziare con l'Unione Sovietica in una posizione di superiorità, Reagan dette inizio ad un programma di riarmamento aumentando le spese per il settore militare del 43% tra il 1981 e 1984, tuttavia l'esborso in termini di percentuale di [[prodotto interno lordo]] rimase ben inferiore a quello degli [[anni 1950]]. Fu ripreso il programma del bombardiere [[B-1 Lancer]] precedentemente cancellato dall'amministrazione Carter, messo in produzione il missile ICBM [[LGM-118 Peacekeeper]], installati missili da crociera statunitensi in Europa e sviluppato il sistema d'arma [[SLBM]] [[UGM-133A Trident II]]. Particolare enfasi venne dato all'annuncio riguardo alla sperimentazione del sistema, poi mai realizzato del tutto, denominato ''[[Strategic Defense Initiative]]'' (noto anche come "scudo spaziale") finalizzato a proteggere gli Stati Uniti da attacchi di missili balistici grazie ad armi poste in basi terrestri e nello spazio.<ref>{{cita|Harper, 2020|p. 243}}.</ref><ref>{{cita|Clementi, 2002|pp. 48-50}}.</ref>
[[File:US and USSR nuclear stockpiles.svg|min|Arsenale nucleare statunitense e sovietico (russo dal 1991) tra il 1945-2006]]
La nuova corsa agli armamenti statunitense mise in difficoltà l'Unione Sovietica. Questa aveva messo in piedi un esercito che richiedeva fino al 25% del [[prodotto nazionale lordo]] a scapito dei [[beni di consumo]] e degli investimenti nei settori civili.<ref name="LaFeber 2002, p. 332">{{cita|LaFeber, 2002|p. 332}}.</ref> La spesa sovietica per la corsa agli armamenti e per altri impegni relativi alla guerra fredda causò e aggravò molti problemi strutturali profondi nella società comportando almeno un decennio di [[stagnazione|stagnazione economica]] durante gli ultimi anni di Brežnev.<ref>{{cita|LaFeber, 2002|p. 335}}.</ref> Le forze armate sovietiche divennero le più grandi al mondo in termini di numero e tipi di armi che possedevano, per il numero di truppe nelle loro file e per le dimensioni della loro base militare-industriale. Tuttavia, i vantaggi quantitativi detenuti dall'esercito sovietico nascondevano spesso aree in cui il blocco orientale era drammaticamente in ritardo rispetto all'Occidente. Inoltre, le esose spese del fallimentare impegno in Afghanistan contribuirono non poco ad aumentare il dissesto finanziario e militare.<ref>{{cita|LaFeber, 2002|p. 340}}.</ref><ref>{{cita|Harper, 2020|pp. 247-248}}.</ref>
Parallelamente all'escalation negli armamenti si verificarono alcuni eventi che fecero salire la tensione tra le due superpotenze. Il 1º settembre 1983, l'Unione Sovietica abbatté il [[volo Korean Air Lines 007]], un volo civile operato con un [[Boeing 747]] con 269 persone a bordo, Questo avvenne quando il velivolo violò lo spazio aereo sovietico, appena oltre la costa occidentale dell'[[isola di Sachalin]] vicino all'[[Moneron|Isola di Moneron]]. L'esercitazione ''[[Able Archer 83]]'', condotta nel novembre 1983, una simulazione realistica, coordinata dalla NATO, che prevedeva l'ipotesi di una escalation globale che avrebbe portato alla guerra atomica, fu forse il momento più pericoloso della guerra fredda dai tempi della crisi missilistica cubana, poiché alcuni membri del [[Politburo del Comitato centrale del PCUS|Politburo]] temevano che fosse una cortina fumogena che mascherava la preparazione per un autentico [[primo colpo nucleare]].<ref>{{cita|Gaddis, 2005|p. 228}}.</ref><ref name="Smith">{{cita|Smith, 2000|p. 168}}.</ref>
==Ultimi anni (1985-91)==
===Le riforme di Gorbačëv===
{{Vedi anche|Michail Gorbačëv|Perestrojka|Glasnost'}}
[[File:Bundesarchiv Bild 183-1986-0416-418, Berlin, Michail Gorbatschow an der Mauer.jpg|min|sinistra|[[Michail Gorbačëv]] davanti alla [[Porta di Brandeburgo]] nel 1986]]
Quando, nel 1985, [[Michail Gorbačëv]] divenne [[Segretario Generale del PCUS]],<ref name="Gaddis 2005, p. 197"/><ref name="Smith" /> l'economia dell'Unione Sovietica si trovava in una fase stagnante complice anche il forte calo di introiti in valuta estera dovuto al vistoso calo dei prezzi del petrolio che si era avuto negli ultimi anni. Questi problemi spinsero Gorbačëv a studiare misure adeguate per rivitalizzare la sua nazione.<ref>{{cita|LaFeber, 2002|pp. 331-333}}.</ref> Gorbačëv faceva parte di un nuova classe dirigente all'interno del PCUS e la sua ascesa coincise con uno svecchiamento di tutte le più alte dirigenze del partito; ad esempio [[Eduard Shevardnadze]] sostituì [[Andrej Andreevič Gromyko]] alla carica di ministero degli esteri che aveva ricoperto fin dal 1957.<ref name=Smith169>{{cita|Smith, 2000|p. 169}}.</ref>
Complice un inizio inefficace, il Segretario arrivò alla conclusione che fossero necessari cambiamenti strutturali profondi e, dunque, nel giugno 1987, annunciò un'agenda di riforme economiche che prese il nome di ''[[perestrojka]]'', o ristrutturazione. La ''perestrojka'' attuò il rallentamento del sistema delle quote di produzione, permise la proprietà privata alle imprese e spianò la strada agli investimenti stranieri. Queste misure ebbero lo scopo di reindirizzare le risorse del paese dai costosi impegni militari relativi alla guerra fredda a zone più produttive nel settore civile.<ref name=Smith169/><ref>{{cita|Gaddis, 2005|pp. 231-233}}.</ref>
Nonostante lo scetticismo iniziale riscontrabile in Occidente, il nuovo leader sovietico si rivelò intenzionato a invertire il deterioramento della condizione economica dell'Unione Sovietica piuttosto che continuare con la corsa agli armamenti.<ref name="LaFeber2002">{{cita|LaFeber, 2002|pp. 300-340}}.</ref> In parte anche per contrastare l'opposizione di partito alle sue riforme, Gorbačëv introdusse simultaneamente la ''[[glasnost']]'', o apertura, con cui venne aumentata la [[libertà di stampa]] e la trasparenza delle istituzioni statali.<ref>{{cita|Gibbs, 1999|p. 7}}.</ref> Con la ''glasnost''' si intendeva ridurre la corruzione dei vertici del PCUS e moderare l'[[Abuso di potere (diritto)|abuso di potere]] che caratterizzava il [[Comitato centrale]].<ref name=Smith169/><ref>{{cita|Gibbs, 1999|p. 33}}.</ref> La ''glasnost' ''permise anche un maggiore contatto tra i cittadini sovietici e il mondo occidentale, in particolare con gli Stati Uniti, contribuendo a un'accelerazione nella distensione tra i due paesi.<ref>{{cita|Gibbs, 1999|p. 61}}.</ref>
=== Miglioramento nelle relazioni verso la fine della guerra fredda ===
{{Vedi anche|Vertice di Reykjavík|Trattato INF|START I}}
[[File:Reagan and Gorbachev signing.jpg|min|[[Michail Gorbačëv]] e [[Ronald Reagan]] firmano il [[trattato INF]] alla [[Casa Bianca]], 8 dicembre 1987]]
In risposta alle concessioni militari e politiche del [[Cremlino]], Reagan accettò di riprendere i colloqui relativi alle questioni economiche e il ridimensionamento della corsa agli armamenti. Il [[Vertice di Ginevra (1985)|primo ''summit'']] si tenne nel novembre 1985 a [[Ginevra]], in [[Svizzera]]. Il vertice si rivelò un successo non solo di pubbliche relazioni tanto che i due capi di Stato concordarono in linea di principio di ridurre il proprio arsenale nucleare del 50%.<ref>{{cita|Gaddis, 2005|pp. 229-230}}.</ref><ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 170-171}}.</ref> Un secondo ''summit'' si tenne nell'ottobre del 1986 a [[Reykjavík]], in [[Islanda]], a metà strada tra [[Washington]] e [[Mosca (Russia)|Mosca]]. I colloqui inizialmente progredirono positivamente fino a quando l'attenzione non si spostò sulla proposta da parte di Gorbačëv di eliminare lo Scudo Spaziale a cui gli statunitensi lavoravano da anni e a cui Reagan rispose con un netto rifiuto.<ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 171-172}}.</ref> I negoziati quindi fallirono, ma il terzo vertice tenutosi nel 1987 a Washington portò a una svolta con la firma del [[trattato INF]] con cui si decise l'eliminazione entro tre anni di tutti i missili balistici e da crociera lanciati da terra con armi nucleari con gittate tra i 500 e i {{M|5500}} chilometri e le loro relative infrastrutture dall'Europa. Il trattato INF fu visto come un «enorme successo in pubbliche relazione e un enorme miglioramento nei rapporti tra le due superpotenze». Per Gorbačëv fu «un'altra pietra miliare che segnava la fine della guerra fredda».<ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 172-174}}.</ref>
[[File:ReaganBerlinWall.jpg|min|sinistra|Il discorso "''[[Tear down this wall!]]''" di Reagan che tenne davanti alla [[Porta di Brandeburgo]], il 12 giugno 1987]]
Nel corso dell'anno successivo divenne chiaro ai sovietici che i sussidi per il petrolio e il gas, insieme al costo per il mantenimento di ingenti truppe, rappresentavano un sostanziale dissanguamento economico. Inoltre, il vantaggio in termini di sicurezza di una zona cuscinetto venne riconosciuto come irrilevante e così i rappresentanti dell'Unione Sovietica [[Dottrina Sinatra|dichiararono ufficialmente]] che non sarebbero più intervenuti negli affari interni degli stati alleati dell'Europa centrale e orientale.<ref name="Gaddis248">{{cita|Gaddis, 2005|p. 248}}.</ref>
Nel 1989 le forze sovietiche [[Ritiro sovietico dall'Afghanistan|si ritirarono dall'Afghanistan]]<ref name="Gaddis 2005, pp. 235–236">{{cita|Gaddis, 2005|pp. 235-236}}.</ref> e il 3 dicembre dello stesso anno Gorbačëv e il successore di Reagan, [[George H. W. Bush]], in occasione del [[vertice di Malta]] dichiararono la fine della guerra fredda. Culmine della pacificazione fu il vertice finale tenutosi a Mosca del 1991, quando i due leader firmarono il 31 luglio il trattato di controllo degli armamenti [[START I]] con il quale venne impedito alle potenze firmatarie di disporre di più di {{M|6000}} testate nucleari, distribuite su un massimo di {{M|1600}} vettori tra missili balistici intercontinentali (ICBM) e bombardieri strategici.
===L'Europa dell'Est si separa===
{{Vedi anche|Rivoluzioni del 1989}}
[[File:Tadeusz Mazowiecki cropped.jpg|min|verticale|[[Tadeusz Mazowiecki]]]]
Le riforme di ''perestrojka'' e di ''glasnost'', accompagnate dalla decisione di rifiutarsi di interferire negli affari interni degli stati satellite, aprirono la strada alle [[rivoluzioni del 1989]]. Il sistema di alleanze sovietiche si trovava già da tempo sull'orlo del collasso e, quando vennero privati del sostegno militare sovietico, i partiti comunisti degli stati del Patto di Varsavia persero rapidamente potere. Gorbaciov non intendeva certamente giungere allo scioglimento dell'Unione ma più che altro considerava la possibilità di ricondurre le istanze di indipendenza all'interno del socialismo in una chiave riformata e modernizzata. Pertanto escluse fin dal principio di intervenire con la forza militare per stroncare i movimenti come era stato fatto dai suoi predecessori.<ref name="SabbatucciVidotto_A" /><ref>{{cita|Smith, 2000|pp. 175-176}}.</ref>
Il processo ebbe inizio in [[Repubblica Popolare di Polonia|Polonia]] dove il sindacato ''Solidarność'', fino allora illegale, colse una clamorosa e schiacciante vittoria alle relativamente libere [[Elezioni parlamentari in Polonia del 1989|elezioni del 1989]] che portarono ad un governo di coalizione guidato da [[Tadeusz Mazowiecki]], il primo non comunista in Europa orientale da oltre quarant'anni.<ref>{{cita|Smith, 2000|p. 176}}.</ref>
[[File:BerlinWall-BrandenburgGate.jpg|sinistra|min|verticale|Tedeschi sul [[muro di Berlino]] nei giorni successivi alla sua apertura]]
Seguendo la spinta della Polonia, anche l'[[Repubblica Popolare d'Ungheria|Ungheria]] si avvicinò all'indipendenza. Le riforme più sostanziali vennero intraprese già a seguito della sostituzione di [[János Kádár]] come Segretario generale del Partito comunista nel 1988 ma fu con nell'anno successivo che il Parlamento adottò un "pacchetto democratico", che includeva il pluralismo nei commerci, libertà di associazione, assemblea e stampa, una nuova legge elettorale e una radicale revisione della [[Costituzione]], insieme ad altre novità. Ma l'iniziativa più feconda di conseguenze fu la [[rimozione della barriera al confine tra Ungheria e Austria]] suggellata dall'evento noto come "[[picnic paneuropeo]]" del 19 agosto 1989 in cui, simbolicamente, alcuni ungheresi attraversarono il confine aprendo per la prima volta «una breccia nella cortina di ferro che da quasi mezzo secolo impediva la libera circolazione delle persone fra le due Europe».<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 548}}.</ref>
Nelle settimane seguenti, decine di migliaia di tedeschi dell'est iniziarono a recarsi in Ungheria e da qui in Austria per raggiungere l'occidente. Allo stesso tempo manifestazioni spontanee a Berlino est spinsero [[Erich Honecker]] a dimettersi; i dirigenti che lo sostituirono avviarono un processo di riforme che venne poi travolto dagli eventi oramai incontrollabili. La sera del 9 novembre, in un clima di forte confusione, venne annunciato l ripristino della libera circolazione tra Berlino est e ovest, allorché una folla di berlinesi dell'est iniziò a riversarsi ai varchi [[muro di Berlino|del muro]] che aveva diviso la città in due quasi quarant'anni. Le guardie di frontiera, colte impreparate, non riuscirono a mettere un freno e la fiumana iniziò ad attraversare il confine e in breve tempo a smantellare anche fisicamente il muro stesso. Fu questo, probabilmente, l'evento che più di altri, simboleggiò il crollo dei governi comunisti europei e la fine della [[cortina di ferro]]. Le [[elezioni parlamentari in Germania Est del 1990]] decretarono la vittoria dei partiti favorevoli alla [[riunificazione tedesca]] che - conseguito il consenso internazionale con il [[Trattato sullo stato finale della Germania]]<ref>A. Varsori, ''L’Italia e la fine della guerra fredda (1989–1992). La politica estera dei governi Andreotti'', Bologna, il Mulino, 2013.</ref> - venne così portata a termine il 3 ottobre dello stesso anno.<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|pp. 548-549}}.</ref>
Sempre nel 1989 anche i regimi comunisti di [[Cecoslovacchia]], [[Repubblica Popolare di Bulgaria|Bulgaria]] e [[Repubblica Socialista di Romania|Romania]] si sgretolarono a seguito di manifestazioni popolari. La Romania fu l'unico paese del blocco orientale a [[Rivoluzione romena del 1989|rovesciare violentemente]] il suo regime comunista arrivando a [[pena di morte|mettere a morte]] il suo capo di Stato e leader politico, [[Nicolae Ceaușescu]].<ref>{{cita|Gaddis, 2005|p. 247}}.</ref><ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 550}}.</ref>
===Dissoluzione dell'Unione Sovietica===
{{Vedi anche|Dissoluzione dell'Unione Sovietica}}
[[File:BaltskýŘetěz.jpg|min|La [[catena baltica]] in [[Lituania]], 23 agosto 1989]]
Mentre gli Stati Satellite slegavano i lacci con Mosca, nelle plurietniche [[Repubbliche dell'Unione Sovietica]] iniziò a farsi sempre più sentire la "questione delle nazionalità". I primi a rivendicare la propria indipendenza in termini nazionalistici furono i tre [[Paesi Baltici]] (prima la [[Lituania]], seguita da [[Lettonia]] e [[Estonia]]), inglobati nell'URSS prima nel [[Occupazione sovietica dei paesi baltici (1940)|1940]], a seguito della firma del [[patto Molotov-Ribbentrop]], e poi nel [[Rioccupazione sovietica dei paesi baltici (1944)|1944]], durante l'avanzata dell'Armata Rossa verso ovest. Le rivendicazioni nazionaliste dei Paesi Baltici, i quali dichiararono la propria autonomia da Mosca, furono di esempio e così, tra il 1990 e il 1991, unilateralmente dichiararono la propria indipendenza le Repubbliche del [[Caucaso]] ([[Georgia]], [[Azerbaigian]]) e quelle [[musulmane]] dell'[[Asia Centrale]] ([[Kazakistan]], [[Turkmenistan]], [[Uzbekistan]], [[Tagikistan]] e [[Kirghizistan]]). Il 24 agosto 1991 l'[[Ucraina]] si era dichiarata indipendente, seguita tre giorni più tardi dalla [[Moldavia]] e, il giorno successivo ancora, dalla [[Bielorussia]].<ref>{{cita|Gaddis, 2005|p. 253}}.</ref><ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 552}}.</ref>
[[File:RIAN archive 848095 Signing the Agreement to eliminate the USSR and establish the Commonwealth of Independent States.jpg|min|sinistra|Firma dell'[[accordo di Belaveža]]]]
Gorbačëv fece un estremo tentativo per bloccare il processo di disgregazione proponendo di mantenere l'Unione Sovietica come entità militare e soggetto giuridico nei rapporti di politica internazionale ma senza successo. L'8 dicembre 1991 con la firma dell'[[Accordo di Belaveža]], sottoscritto dai Capi di Stato di Bielorussia, Russia e Ucraina, nacque la [[Comunità degli Stati Indipendenti]] e il 25 dicembre successivo non restò a Gorbačëv che rassegnare le dimissioni. Il giorno seguente (il 26 dicembre 1991) l'Unione Sovietica fu ufficialmente dichiarata sciolta.<ref>{{cita|Gaddis, 2005|pp. 256-257}}.</ref><ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 553}}.</ref>
== Dopo la fine della guerra fredda ==
Dopo lo scioglimento dell'URSS, la [[Russia]] ne conservò gran parte dell'eredità subentrandole al [[consiglio di sicurezza dell'ONU]]. Tuttavia gli anni successivi furono contrassegnati da scontri interni e da una gravissima crisi economica e sociale. Il processo di passaggio verso una [[economia di mercato]] stentava a causa della mancanza di un ceto imprenditoriale e di una mentalità non aperta a tale cambiamento. Nel 1998 [[Crisi finanziaria russa del 1998|una pesantissima svalutazione del rublo]] rese precaria la presidenza di [[Boris El'cin]] tanto che l'anno successivo sarà costretto a rassegnare le dimissioni. Le [[Elezioni presidenziali in Russia del 2000|elezioni presidenziali del 2000]] vennero vinte con largo margine da [[Vladimir Putin]] che dette inizio ad una ristrutturazione del paese all'insegna dell'efficienza ma anche da un marcato [[autoritarismo]].<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 558}}.</ref>
Nonostante gli Stati Uniti fossero usciti dalla guerra fredda come vincitori, ebbero difficoltà a gestire questo nuovo ruolo di unica superpotenza mondiale, complice anche una non rosea situazione economica, fatta di aumento della disoccupazione e del divario sociale, che li accompagnò per la prima metà degli [[anni 1990]].<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|p. 560}}.</ref>
Grazie alla massiccia disponibilità di [[materie prime]] e [[idrocarburi]], la Russia di Putin uscì velocemente dalla [[crisi finanziaria del 2007-2008]] accreditandosi come uno dei paesi di punta dei cosiddetti [[BRICS]]. La sua apertura verso l'Occidente, in particolare nelle esportazioni, non ha nascosto il suo obiettivo di tornare a «rappresentare una potenza in grado di controbilanciare e limitare l'egemonia degli Stati Uniti».<ref>{{cita|Sabbatucci e Vidotto, 2019|pp. 559, 676-677}}.</ref> L'allargamento della NATO a paesi ex satelliti sovietici e alle [[repubbliche baltiche]] ha causato dure frizioni tra la Russia e l'Occidente. I rapporti si sono poi pesantemente deteriorati nel 2014 con l'inizio del [[conflitto russo-ucraino]], per poi compromettersi totalmente con l'[[Invasione russa dell'Ucraina del 2022|invasione del 2022]], tanto da far parlare di un ritorno alla guerra fredda.<ref>{{cita web|url=https://webmagazine.unitn.it/internazionale/107589/focus-ucraina-ritorno-alla-guerra-fredda-la-russia-e-luso-della-storia|titolo=Focus Ucraina. Ritorno alla guerra fredda? La Russia e l'uso della storia|data=14 aprile 2022|accesso=4 maggio 2023|editore=Università di Trento|autore=Sara Lorenzini}}</ref>
== Storiografia ==
[[File:Mao, Bulganin, Stalin, Ulbricht Tsedenbal.jpeg|min|[[Joseph Stalin]] insieme a (da sinistra a destra) [[Mao Zedong]], [[Nikolai Bulganin]], [[Walter Ulbricht]] e [[Yumjaagiin Tsedenbal]]]]
Non appena il termine "guerra fredda" divenne popolare per riferirsi alle tensioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica, l'interpretazione del corso e delle origini del conflitto è stata fonte di accese controversie tra storici, politologi e giornalisti. In particolare, vi è stato un ampio dibattito con posizioni contrastanti su chi fosse responsabile della rottura delle relazioni tra le due potenze dopo la seconda guerra mondiale e se il conflitto derivato fosse inevitabile o meno. Sebbene le spiegazioni delle origini del conflitto nelle discussioni accademiche siano complesse e diverse, si possono identificare diverse scuole di pensiero generali sull'argomento. Gli storici parlano comunemente di quattro diversi approcci allo studio della guerra fredda: "ortodosso", "revisionista", "realista" e "post-revisionista".<ref>{{cita| Harper, 2020|p. 105}}.</ref><ref>{{cita|Ambrose e Brinkley, 2011|pp. 789-799}}.</ref>
Secondo la "scuola ortodossa" il deterioramento dei rapporti era da attribuirsi alla violazione da parte di Stalin degli [[conferenza di Jalta|accordi di Jalta]], dell'imposizione di governi dominati dai sovietici su un'Europa Orientale riluttante e di un aggressivo espansionismo sovietico. Tale teoria trovò successo negli ambienti liberali e conservatori statunitensi degli [[anni 1950]].<ref>{{cita| Harper, 2020|pp. 104-105}}.</ref> Il rinnovato clima sociale degli [[anni 1960]], impregnato di contestazione all'autorità e rigetto dei dogmi tradizionali, contribuì all'emergere della "scuola revisionista" secondo la quale la responsabilità è da ricercarsi nel [[capitalismo]] statunitense alla continua ricerca di nuovi mercati. Il comportamento dei sovietici era quindi teso solo a difendersi dall'aggressività occidentale iniziata ben prima della fine della seconda guerra mondiale. Propria delle correnti della ''[[New Left]]'', la scuola revisionista finì per «sostituire una versione stereotipata dell'Unione Sovietica con un'altra opposta».<ref>{{cita| Harper, 2020|pp. 106-107}}.</ref>
[[File:Castle Bravo 007.jpg|min|sinistra|Test nucleare statunitense nel 1954]]
Accanto alle scuole ortodosse e revisioniste, la "scuola realista" poneva l'accento sull'inevitabilità di un conflitto tra le due potenze che cercavano di occupare il vuoto di potere lasciato in Europa dagli esiti del conflitto. I sostenitori di tali posizioni consideravano la guerra fredda come solo l'ultimo dei capitoli delle guerre che da secoli avevano imperversato nel Vecchio Continente; taluni si sono spinti a dei parallelismi con le [[Guerre di religione in Europa|guerre di religione]] del XVI e XVII secolo sottolineandone il carattere ideologico come similitudine.<ref>{{cita| Harper, 2020|pp. 107-108}}.</ref>
Gli storici "post-revisionisti", [[John Lewis Gaddis]] e [[Robert Grogin]] ne sono stati i maggiori esponenti, hanno descritto gli eventi e le cause della guerra fredda con toni più sfumati ed equilibrati, fondendo insieme le precedenti teorie. Essi, piuttosto che attribuire l'inizio della guerra fredda a una delle due superpotenze, si concentrano sulla mutua errata percezione, sulla mutua reattività e sulla responsabilità condivisa. Da una parte, essi hanno riconosciuto che gli Stati Uniti avessero fomentato una opinione pubblica fortemente antisovietica ma che il loro agire fosse prettamente difensivo giustificato da una concreta minaccia comunista; dall'altra hanno concordato che Stalin non perseguisse una strategia di conquista dell'Eurasia ma che fosse colpevole non aver rispettato i patti e di aver costituito un allarme per gli occidentali. Dal 1989 il dibattito storiografico si è potuto arricchire del contributo di storici del blocco orientale e documenti sovietici che fino ad allora erano segretati che hanno confermato la mancanza in Stalin di un piano per la conquista dell'Europa e di una sua reale intenzione nella ricerca di una collaborazione pacifica con l'Occidente; tuttavia questi hanno anche evidenziato di come la sua intransigenza ideologica e la ferrea convinzione nel successo mondiale del [[comunismo]] avessero guidato le azioni del leader sovietico contribuendo a determinare un clima di reciproco sospetto. In definitiva, tutti i più recenti studi concordano che entrambi i blocchi avessero «agito in modo provocatorio fornendo alla parte avversa abbondanti ragioni di allarme».<ref>{{cita| Harper, 2020|pp. 109-112}}.</ref>
== La guerra fredda e la cultura statunitense ==
[[File:Unholy three.png|min|Durante il [[maccartismo]] i servizi di [[Assistenza sanitaria|sanità pubblica]] ([[vaccinazione]], [[Salute mentale|assistenza psicologica]], [[fluorizzazione dell'acqua]]) vennero bollati come strumenti "comunisti" per il lavaggio del cervello]]
Assieme alla [[guerra del Vietnam]], la guerra fredda ha segnato profondamente la cultura e l'immaginario collettivo degli Stati Uniti e oltre.
Negli anni cinquanta, la popolazione civile in America venne costretta a esercitazioni contro i ''raid'' aerei e incoraggiata a costruirsi dei [[rifugio antiatomico|rifugi antiatomici]] personali. Questo atteggiamento di paura raggiunse i livelli più alti durante la [[Crisi dei missili di Cuba|crisi missilistica di Cuba]], risolta ''in extremis'' da [[John Fitzgerald Kennedy|Kennedy]] (poi assassinato) e [[Nikita Chruščёv|Chruščëv]] (successivamente sostituito e ritiratosi a vita privata) e col passare degli anni svanì; comunque, la consapevolezza della guerra e delle sue potenziali conseguenze fu una costante. Le indicazioni per i rifugi nei grossi edifici, le proteste sul posizionamento di missili nucleari a corto raggio in [[Germania]], [[Cuba]] e [[Turchia]], lo spesso citato [[orologio dell'apocalisse|orologio dell'apocalisse nucleare]], le fotografie di cadaveri impigliati nel [[filo spinato]] del Muro di Berlino, così come film tipo ''[[A prova di errore (film 1964)|A prova di errore]]'', ''[[Wargames - Giochi di guerra]]'', ''[[Alba rossa (film 1984)|Alba rossa]]'' e ''[[The Day After - Il giorno dopo]]'' mantennero alta la consapevolezza.
La principale conseguenza diretta del particolare clima creatosi negli Stati Uniti con la guerra fredda fu il [[maccartismo]], una serie di inchieste politico-giudiziarie svoltesi fra gli anni quaranta e cinquanta, tese a colpire qualunque possibile "influenza comunista" negli apparati dello Stato, e persino nei comportamenti di singoli individui. Tali inchieste, condotte spesso anche in palese contrasto con i principi costituzionali e giuridici statunitensi, colpirono numerosi soggetti, in molti casi soltanto sulla base di un semplice sospetto.
Fra di essi vi furono anche famosi personaggi della cultura e dello spettacolo, tanto che la paura di incappare nelle maglie delle inchieste anticomuniste finì per condizionare anche le scelte artistiche di scrittori, registi e produttori cinematografici che, salvo eccezioni, dovettero sempre tenersi, in quegli anni, su una linea "[[politicamente corretto|politicamente corretta]]". Il maccartismo fu figlio del clima di tensione e paura creatosi a partire dai tardi anni quaranta, ma certamente, con i suoi processi accusatori e la sua caccia spesso immotivata al traditore, finì per essere al tempo stesso moltiplicatore di tale clima di paura, grazie anche alla risonanza che tali vicende avevano presso i [[mass media]].
La guerra fredda ispirò molte case cinematografiche e molti scrittori, risultando in un enorme numero di libri e film, alcuni più fantasiosi (come la serie dedicata a [[James Bond]]), altri più realistici e dettagliati; in particolare [[John Le Carré]] e più tardi [[Tom Clancy]] furono maestri nel descrivere vividamente gli agenti segreti e la guerra di spionaggio che avveniva sotto la superficie. Anche ''[[Rocky IV]]'' ebbe la sua valenza simbolica, circa la rappresentazione vittoriosa e buona degli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]].
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== Cronologia degli eventi principali ==
{{Vedi anche|Cronologia della guerra fredda}}
== Note ==
{{note strette}}
== Bibliografia ==
* {{cita libro | autore=Stephen Ambrose | autore2=Douglas Brinkley| titolo=Rise to Globalism: American Foreign Policy Since 1938 | anno=2011 | editore=Penguin Books | isbn=978-0-14-200494-4 | lingua=en|cid=Ambrose e Brinkley, 2011}}
* {{cita libro|autore=Marco Altobello|titolo=La crisi di Cuba: la Guerra Fredda alla prova del fuoco|città=Lecce|editore=Libellula|anno=2019|isbn=978-88-6735-516-7|sbn=BA10154230|cid=Altobello, 2019}}
* {{cita libro |autore=Peter Byrd |curatore=Iain McLean, Alistair McMillan |collana=The concise Oxford dictionary of politics |titolo=Cold War |url=https://archive.org/details/oxfordconcisedic00iain |anno=2003|editore=Oxford University Press |isbn=0-19-280276-3 |lingua=en|cid=Byrd, 2003}}
* {{cita libro|autore=Bino Olivi|titolo=L'Europa difficile: storia politica dell'integrazione europea, 1948-2000|città=Bologna|editore=Il Mulino|anno=2001|isbn=8815083901|sbn=PUV0799025|cid=Olivi, 2001}}
* {{Cita libro|autore=Leonardo Campus|titolo=I sei giorni che sconvolsero il mondo: La crisi dei missili di Cuba e le sue percezioni internazionali|url=https://archive.org/details/iseigiornichesco0000camp|sbn=PUV1409142|cid=Campus, 2014|editore=Le Monnier|città=Firenze|anno=2014|ISBN=978-88-00-74532-1}}
* {{cita libro|autore=Marco Clementi|wkautore=Marco Clementi|titolo=La NATO|editore=Il Mulino|anno=2002|città=Bologna|isbn=88-15-08474-6|cid=Clementi, 2002|sbn=RAV0821292}}
* {{cita libro|autore=
* {{cita libro|autore=
* {{cita libro|autore=John Lewis Gaddis|wkautore=John Lewis Gaddis|titolo=
* {{cita libro|autore=John Lewis Gaddis|titolo=The Cold War: A New History|url=https://archive.org/details/coldwarnewhistor00gadd|anno=2005|editore=Penguin Press|isbn=1-59420-062-9|cid=Gaddis, 2005|lingua=en}}
* {{cita libro |autore=Mark Gasiorowski |autore2=Malcom Byrne |titolo=Mohammad Mosaddeq and the 1953 Coup in Iran |url=https://archive.org/details/isbn_0815630182 |anno=2004 |editore=Syracuse University Press |isbn=978-0-8156-3018-0 |lingua=en|cid=Gasiorowski e Byrne, 2004 }}
* {{cita libro|autore=Joseph Gibbs|anno=1999|titolo=Gorbachev's Glasnost: The Soviet Media in the First Phase of Perestroika|url=https://archive.org/details/gorbachevsglasno0000gibb|città=Texas|editore=A&M University Press|isbn=0-89096-892-6|lingua=en|cid=Gibbs, 1999}}
* {{cita libro | autore=Robert Gene Miller |titolo=To Save a City: The Berlin Airlift, 1948–1949 | anno=2000 | url=https://archive.org/details/tosavecityberlin0000mill_b0n4 | data=2000 | editore=Texas A&M University Press | isbn=978-0-89096-967-0 |cid=Miller, 2000|lingua=en}}
* {{cita libro|autore=
* {{cita libro|autore=Strobe Talbott|titolo=The Great Experiment: The Story of Ancient Empires, Modern States, and the Quest for a Global Nation|url=https://archive.org/details/greatexperiments0000talb|editore=Simon & Schuster|anno=2009|isbn=978-0743294096|lingua=en|cid=Talbott, 2009}}
* {{cita libro|autore=Walter LaFeber| titolo=America, Russia, and the Cold War, 1945–1992|url=https://archive.org/details/americarussiacol0000lafe_u5l4|editore=McGraw-Hill |anno=1993|isbn=0-07-035853-2|cid=LaFeber, 1993|lingua=en}}
* {{cita libro|autore=Walter LaFeber|titolo=America, Russia, and the Cold War, 1945–2002|editore=McGraw-Hill |anno=2002|isbn=0-07-284903-7|cid=LaFeber, 2002|lingua=en}}
* {{
* {{cita libro|autore=
* {{Cita libro|autore=Patrick O'Neil|titolo=Post-communism and the Media in Eastern Europe|editore=Routledge|anno=1997|isbn=0-7146-4765-9|lingua=en|cid=O'Neil, 1997}}
* {{Cita libro|autore=Arch Puddington|titolo=Broadcasting Freedom: The Cold War Triumph of Radio Free Europe and Radio Liberty|editore=University Press of Kentucky|anno=2003|isbn=0-8131-9045-2|cid=Puddington, 2003|lingua=en}}
* {{cita libro|titolo=La guerra fredda 1945-1991|autore=Joseph Smith|editore=Il Mulino|anno=2000|isbn=978-88-15-07688-5|sbn=RAV0686737|cid=Smith, 2000}}
* {{cita libro|autore=Gerhard Wettig|titolo=Stalin and the Cold War in Europe|editore=Rowman & Littlefield|anno=2008|isbn=0-7425-5542-9|cid=Wettig, 2008|lingua=en}}
* {{cita libro|autore=
* {{cita libro|autore=Frederick Taylor|titolo=Il muro di Berlino: 13 agosto 1961-9 novembre 1989|città=Milano|editore=Mondadori|anno=2009|isbn=978-88-04-59467-3|sbn=UBO3706809|cid=Taylor, 2009}}
* {{cita libro | autore=Cynthia Watson | titolo=U.S. National Security: A Reference Handbook | url=https://archive.org/details/usnationalsecuri0000wats_l3a1 | anno=2002 | editore=ABL-CLIO | città=Santa Barbara, California | isbn=978-1-57607-598-2 | cid=Watson, 2002|lingua=en}}
== Voci correlate ==
* [[Blocco occidentale]]
* [[
* [[
* [[
* [[Conflitti nei blocchi durante la guerra fredda]]
* [[Distruzione mutua assicurata]]
* [[Equilibrio del terrore]]
* [[Guerra
* [[Insurrezioni anticomuniste nell'Europa Orientale]]
* [[Movimento dei paesi non allineati]]
* [[Paura rossa]]
* [[Strategia della tensione]]
== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{Cita web |url=http://www.instoria.it/home/fallimento_yalta_I.htm |titolo=Dalla Grande Alleanza alla Guerra Fredda. Parte I - Il fallimento di Jalta |editore=InStoria |numero=n. 20 |data=agosto 2009}}
* {{Cita web |url=http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/cronologia-della-guerra-fredda/743/default.aspx |titolo=Cronologia della Guerra fredda - Quaranta anni dietro la cortina di ferro |editore=La Storia siamo noi |accesso=22 ottobre 2012 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121219043836/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/cronologia-della-guerra-fredda/743/default.aspx |urlmorto=sì}}
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