Maimulu: differenze tra le versioni

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[[File:Su_Maimulu.jpg|alt=|500x500px|''Su Maimulu,'' Gairo|miniatura]]
Su '''Maimulu''' è un'antica [[Carnevale|manifestazione carnevalesca]] del paesi di [[Gairo]] e [[Ulassai]], nella subregione barbaricina dell'[[Ogliastra]], nella [[Sardegna]] centro orientale.
 
Fa parte delle tipiche [http://www.mascheresarde.com/maschere-della-sardegna/ maschere sarde] del Carnevale barbaricino e ogliastrino che rievocano riti legati ad antiche danze propiziatorie finalizzate ad ingraziarsi i favori di antiche divinità pagane.
 
La manifestazione coincide con i vari riti Carrasegare della [[Barbagia]] e i Segariepetza [[Campidano|campidanesi]] dell'ultimo periodo invernale (febbraio-marzo) <ref>{{cita web|url=http://www.sardegnacultura.it/grandieventi/carnevale/||titolo=Carnevale in Sardegna|cognome=Cultura|nome=Sardegna|sito=www.sardegnacultura.it|editore=Regione Autonoma della Sardegna|accesso=4 aprile 2011}}</ref>, ma ha inizio il 17 gennaio con ''"sa primu essia",'' che avviene in occasione dei grandi falò di piazza in onore di Sant'Antonio (a Gairo) e San Sebastiano (a Ulassai). A Gairo l'evento è accompagnato anche dalla nota e tradizionale "Sagra del cinghiale".[[File:Il corteo de su Maimulu a Ulassai.jpg|miniatura|Su Maimulu a Ulassai|349x349px]]
 
== Origine del nome ==
{{vedi anche|Maimone|}}
Non esiste un'origine certa del nome Maimulu.
 
Per la studiosa [[Dolores Turchi]], che propende per un'origine dionisiaca dei carnevali barbaricino-ogliastrini, il termine ''Maimone'' o ''Mamuthone'', deriverebbe da ''Mainoles'' (pazzo scatenato), ossia la maniera con la quale in [[lingua greca]] veniva chiamato [[DionisioDioniso]], dio dell'estasi e dell'ebrezza, mentre le [[Menadi]], sue seguaci, erano chiamate ''Mainades'' (pazze). In [[lingua greca|greco]] ''Maimoon'' indicava colui che desiderava essere posseduto dal dio. Sempre dalla stessa radice deriva ''Maimasso'' o ''Maimatto'' (il violento, il tempestoso), termini usati da [[Plutarco]] per identificare [[Giove (divinità)|Giove Pluvio]], nella [[mitologia greca]] spesso identificato con DionisioDioniso. Secondo la studiosa, nella danza dei Mamuthones del carnevale barbaricino si intravede il rito dionisiaco rappresentato dal sacrificio del dio che muore per poi risorgere <ref>{{cita web|nome= Dolores|cognome= Turchi|url= http://www.mamoiada.org/_pdf/_mamuthiss/mascheremiti.pdf|titolo= Maschere, miti e feste della Sardegna|accesso= 5 aprile 2011|formato= PDF|sito= www.mamoiada.org|editore= mamoiada.org|}}</ref>.
 
Il linguista [[Max Leopold Wagner]] nel suo [http://www.sardegnacultura.it/j/v/258?s=20320&v=2&c=2691&t=7 ''Dizionario etimologico sardo''] traduce ''Maimone'' con "''spauracchio"'' dando al termine origini semitiche e spiegando che - originariamente - indicava una [[scimmia]] e - successivamente - avrebbe definito una bestia immaginaria. Tale definizione animalesca è stata accolta anche dallo studioso Giulio Paulis.
[[File:Il Carnevale a Gairo.jpg|miniatura|Gairo Vecchio, Su Maimulu|347x347px]]
[[Giovanni Lilliu]], padre dell'archeologia sarda, nel suo libro ''La civiltà dei Sardi'' scrive che Maimone era un essere demoniaco, invocato come ''facitore di pioggia'' a [[Cagliari]] ed a [[Ghilarza]], mentre ad [[Iglesias (Italia)|Iglesias]] era lo spirito di un pozzo.
 
[[Francesco Alziator]] riprendeva i significati dati da M. L. Wagner e ipotizzava un'affinità tra Maimone e le statue parlanti di [[Roma]] come [[Pasquino]] e [[Marforio]].
 
'''Secondo altri studiosi, tra cui Mario Ligia, Maimulu''Maimulu'' è una variante di [[Maimone]], termine [[Lingua sarda|sardo]] che stava ad indicare, secondo alcuni ricercatori, l'antica divinità [[Storia della Sardegna fenicia e cartaginese|fenicia]] <ref>{{cita web|url=http://www.sardegnacultura.it/documenti/7_81_20071203170553.pdf|titolo=La Grande Enciclopedia della Sardegna, Vol V (pag. 407 - PDF pag 413)|cognome=Cultura|nome=Sardegna|sito=www.sardegnacultura.it|editore=La Nuova Sardegna Edizioni|formato=PDF|accesso=4 aprile 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120526160359/http://www.sardegnacultura.it/documenti/7_81_20071203170553.pdf|dataarchivio=26 maggio 2012|urlmorto=sì|9=}}</ref> e [[Storia della Sardegna prenuragica|protosarda]] della pioggia. La radice ''Maim'o'', infatti, in [[Lingua fenicia|fenicio]] significava "acqua" mentre in [[Lingua ebraica|ebraico]] indicava un demone, un mostro ed anche la brama di denaro. Sempre lo stesso studioso lo identifica con la divinità pluvia [[Libia|libico]]-[[berbera]] di [[Amon]], con la differenza che la radice del vocabolo sardo ''Maimone'', per la presenza della vocale ''i'', risulterebbe più antica e proverrebbe direttamente dall'[[Asia Minore]] e non dall'[[Africa]] <ref>{{cita web|nome= Mario|cognome= Ligia|url= http://www.mamoiada.org/_pdf/_etimo/mam.pdf|titolo= Mam|accesso= 5 aprile 2011|formato= PDF|sito= www.mamoiada.org|editore= mamoiada.org|}}</ref>.
 
=== Lessico ===
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''S'urtzu ballabeni'': è uno dei personaggi principali de ''Su Maimulu.'' La pronuncia, nella variante ogliastrina del sardo, è ''"ursu"''
[[File:IlSu CarnevaleMaimulu aest Gairoacant'e torrai.jpg|miniatura|Gairo Vecchio, Su Maimulu|347x347px, locandina]]
''Marti Perra'' (a Ulassai ''Martisberri''): è il Martedì Grasso. Secondo una leggenda locale era anche un grosso gatto che vigilava sulla partecipazione della comunità alle celebrazioni carnevalesche, punendo in modo cruento chi, in quella giornata, venisse sorpreso a lavorare nei campi.
 
== Il Carnevale ogliastrino e barbaricino ==
{{vedi anche|Mamuthones}}
{{vedi anche|Mamuthones|}}[[File:Gairo - Su Maimulu.jpg|miniatura|Gairo, Su Maimulu. L'uccisione de ''s'urtzu ballabeni''|455x455px|alt=|sinistra]]La mascherata de ''Su Maimulu'' fa parte delle rappresentazioni carnevalesche ogliastrine e barbaricine, che si differenziano dagli altri carnevali isolani per le loro maschere orride e ancestrali.
Queste rappresentazioni, di origine pre-cristiana e pre-romana, mettono in scena '''l'atavica lotta tra il bene e il male'''. Una '''figura malvagia''', (a Gairo ''s'urtzu ballabeni''), che rappresenta la natura selvaggia, l'inverno, attacca chiunque gli si pari davanti, così come l'inverno in passato aggrediva le comunità. Delle '''figure benigne''' invece (a Gairo ''is omadoris'' o ''peddincionis'') lo tengono in catene e attraverso le percosse lo obbligano prima a seguire un ritmo regolare (dettato dai campanacci che portano sul dorso) poi lo uccidono. La '''danza ad un ritmo regolare''' (il nome del personaggio deriva proprio dall'incitamento "''Urtzu, ballabeni!''" ovvero "Urtzu, balla bene!") è da auspicio ad una natura che danzi al ritmo voluto dalla comunità, con piogge regolari etc... La '''morte de ''s'urtzu''''' è invece il simbolo della fine dell'inverno, del periodo di sofferenza quindi. Alla morte iniziano i festeggiamenti della comunità, interrotti solo da una repentina rinascita de ''s'urtzu''. La '''rinascita''' serve a ricordare alla comunità il ciclo delle stagioni. S'urtzu per l'anno è stato sconfitto, ma la vittoria non è permanente: l'anno successivo tornerà, aggressivo come sempre.
 
Considerate di [[Etnologia|interesse etnologico]] in quanto legate ai cicli naturali della morte e della rinascita della natura, le [[Antropomorfismo|maschere antropomorfe]] e [[Zoomorfismo|zoomorfe]] ripropongono in chiave grottesca il rapporto uomo-animale, base dell'economia agro-pastorale delladelle zone interne, rievocando rituali [[Apotropaico|apotropaici]] e danze propiziatorie legatelegati ai ritmi della natura e al culto delle divinità pluviali precristiane <ref>{{cita web|nome= Franco Stefano|cognome= Ruiu|coautori= Giulio Concu|url= http://www.sardegnadigitallibrary.it/mmt/fullsize/2008120919582200004.pdf|titolo= Maschere e carnevale in Sardegna|accesso= 4 aprile 2011|formato= PDF|sitoeditore= Imago Edizioni Nuoro|dataarchivio= 5 marzo 2016|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20160305033043/http://www.sardegnadigitallibrary.it/mmt/fullsize/2008120919582200004.pdf|editoreurlmorto= Imago Edizioni Nuoro|}}</ref>.
 
Questo carnevale è tipico della parte centrale e più montuosa della Sardegna dove le tradizioni ancestrali sono state tramandate nel tempo per arrivare fino ai nostri giorni. Di grande interesse antropologico, queste particolari manifestazioni carnevalesche sono oggetto di approfonditi studi, ma nonostante le ipotesi più disparate, resta il mistero sul loro antico significato.
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Secondo lo studioso [[Massimo Pittau]] questa antica usanza proviene direttamente dalla [[Civiltà nuragica]] ed altro non era che un rito religioso mediante il quale si uccidevano i vecchi divenuti un peso per la comunità. L'ipotesi però non ha alcuna prova storica.
 
[[File:S'ursu di Ulassai.jpg|thumb|<nowiki>Scene del carnevale ulassese: le maschere de ''s'Ursu'' e de ''s'omadori''.</nowiki>|283x283px]]
Altri ricercatori fanno risalire queste tradizioni a ciò che resta di un antico rito dionisiaco che rappresentava il sacrificio del dio stesso che moriva per poi risorge all'inizio della stagione agricola. Maimone (''maimulu'', ''mamuthone'') altro non era che DionisioDioniso medesimo. La stessa parola con la quale in sardo si identifica il carnevale ossia c''arrasecare'', starebbe a significare ''carre'e secare'', dove il termine ''carre'' (carne, diversa da ''petza'', altra parola per carne) designerebbe la carne umana, per cui il termine ''carrasecare'' rimanderebbe all'antico rito dionisiaco vero e proprio, dove la carne viva di capretti e vitelli veniva dilaniata per rendere omaggio a DionisioDioniso bambino sbranato dai [[Titano (mitologia)|Titani]].
 
Altri segni molto eloquenti sono riscontrati nella gestualità degli individui mascherati, nel loro particolare abbigliamento, negli strumenti agricoli e nell'atmosfera tragica e lugubre della rappresentazione della morte.
 
Anche la [[Linguistica]] ha aiutato a decifrare il rito chiarendo l'origine delle parole legate alle maschere come Maimone (''Maimulu'', ''Mamuthone'') ''Orcu-Ocru'', ''Urcu-Urtzu'', ''Bovette'', ''Zorzi''.<ref>{{cita web|nome= Dolores|cognome= Turchi|url= http://www.mamoiada.org/_pdf/_mamuthiss/dionisiaco.pdf|titolo= Perché il carnevale sardo è dionisiaco (Bonaventura Licheri e le maschere del Settecento)|accesso= 6 aprile 2011|formato= PDF|sito= www.mamoiada.org|editore= Mamoiada.org|}}</ref>.
[[File:Su Maimulu, murale a Gairo.jpg|alt=|miniatura|''Su Maimulu,'' (murale a Gairo Sant'Elena, creato da Anna Ascedu, artista locale)|200x200px|sinistra]]
Per la studiosa Pierina Moretti le manifestazioni carnevalesche ogliastrine rivelano rituali primitivi, e la regione storica stessa con le sue caratteristiche storiche e geografiche e con il suo isolamento plurisecolare, costituisce un'area etnograficamente multiforme e conservativa. Per la studiosa, varie maschere rappresentano l'[[orso]] e i suoi giustizieri (''urtzu'', ''peddinciones'' e ''poddinaios''), e sono elementi di un arcaico rituale agrario basato su eliminazione e rinnovamento, demoni della natura e della fecondità, distruzione delle forze malefiche e propiziazione della rinascita. Uguali motivi apotropaico-propiziatori, secondo la studiosa, « ''sono presenti in rituali agrari di alcune popolazioni [[balcaniPenisola balcanica|balcaniche]]che e idoli in tutto simili a ''mamuthones'' e ''peddinciones'' in miniatura, erano usati da tribù dei ''Ma-Yombe'' nel [[Repubblica del Congo|Congo occidentale]] durante le cerimonie di [[circoncisione]]. Le affinità tra la mascherata dell'orso ed altri schemi primitivi del Carnevale sardo sono palesi e fondamentalmente si riconducono ad una radice unica ed esprimono un comune significato''» <ref name="Moretti">{{cita web|nome= Pierina|cognome= Moretti|url= http://www.mamoiada.net/la_mascherata_dell_orso%5B1%5D.pdf|titolo= La maschera dell'orso in Sardegna ed il significato dei mamuthones|accesso= 6 aprile 2011|formato= PDF|sito= www.mamoiada.org|editore= Mamoiada.org|9= |urlmorto= sì|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20080828053035/http://www.mamoiada.net/la_mascherata_dell_orso%5B1%5D.pdf|dataarchivio= 28 agosto 2008}}</ref>.
 
L'orso non appartiene alla [[fauna]] della Sardegna e si tratterebbe di un animale-simbolo, reminiscenze delle popolazioni [[Neolitico|neolitiche]] che giunsero sull'Isola attraverso il [[Ponte corso]]. Oppure, molto più probabilmente, la parola "''urtzu"'' non ha alcun legame con l'orso. A parte l'assonanza, con il nome dell'animale e significa più che altro "orco".
Per la studiosa Pierina Moretti le manifestazioni carnevalesche ogliastrine rivelano rituali primitivi, e la regione storica stessa con le sue caratteristiche storiche e geografiche e con il suo isolamento plurisecolare, costituisce un'area etnograficamente multiforme e conservativa. Per la studiosa, varie maschere rappresentano l'[[orso]] e i suoi giustizieri (''urtzu'', ''peddinciones'' e ''poddinaios''), e sono elementi di un arcaico rituale agrario basato su eliminazione e rinnovamento, demoni della natura e della fecondità, distruzione delle forze malefiche e propiziazione della rinascita. Uguali motivi apotropaico-propiziatori, secondo la studiosa, « ''sono presenti in rituali agrari di alcune popolazioni [[balcani]]che e idoli in tutto simili a ''mamuthones'' e ''peddinciones'' in miniatura, erano usati da tribù dei ''Ma-Yombe'' nel [[Repubblica del Congo|Congo occidentale]] durante le cerimonie di [[circoncisione]]. Le affinità tra la mascherata dell'orso ed altri schemi primitivi del Carnevale sardo sono palesi e fondamentalmente si riconducono ad una radice unica ed esprimono un comune significato''» <ref name="Moretti">{{cita web|nome= Pierina|cognome= Moretti|url= http://www.mamoiada.net/la_mascherata_dell_orso%5B1%5D.pdf|titolo= La maschera dell'orso in Sardegna ed il significato dei mamuthones|accesso= 6 aprile 2011|formato= PDF|sito= www.mamoiada.org|editore= Mamoiada.org|9= |urlmorto= sì|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20080828053035/http://www.mamoiada.net/la_mascherata_dell_orso%5B1%5D.pdf|dataarchivio= 28 agosto 2008}}</ref>.
 
L'orso non appartiene alla [[fauna]] della Sardegna e si tratterebbe di un animale-simbolo, reminiscenze delle popolazioni [[Neolitico|neolitiche]] che giunsero sull'Isola attraverso il [[Ponte corso]].[[File:Su Maimulu del 1968.jpg|thumb|Immagine del carnevale ''Su Maimulu'' del 1968 a Ulassai|234x234px]]
 
==Caratteristiche del carnevale ulassese==
 
Ulassai conserva oggi la manifestazione solo in parte rispetto a quelle dei secoli passati, poiché varie dinamiche sono andate perse nel tempo.
 
Le caratteristiche che lo contraddistinguono rispetto agli altri carnevali sono:
 
* la presenza della personificazione della madre nel rituale chiamato ''sa Ingrastula'';
* la personificazione vivente nel rituale de ''su Maimulu'';
* i pastori provvisti di [[lazo|lacci]] denominati ''Assogadoris'';[[File:S'urtzu e is omadoris.jpg|alt=|miniatura|304x304px|Gairo, ''s'urtzu ballabeni e is omadoris'']]
* l'uomo trattenuto con una catena, ossia ''s'Urcu aresti'' (simbolo della malvagità);
* ''sa Martinica'' (la donna-scimmia);
* il fantoccio ''Martisberri''.
 
== Caratteristiche del carnevale di Gairo<ref>"Su Maimulu, il Carnevale antico gairese", ed. 2017. Scritto da Mauro Loi, illustrazioni di Anna Ascedu e glossario a cura di Salvatore Dedola. Con l'aiuto dellaPro Loco di Gairo e il patrocinio dell'Amministrazione Comunale di Gairo</ref> ==
[[File:S'infoddinamentu.jpg|miniatura|271x271px|Gairo, "sa primu essia". Le maschere anneriscono il loro viso con la fuliggine del falò di Sant'Antonio. ]]
Nel paese di Gairo, ''Su Maimulu'', sinonimo di "mascherata", aveva inizio il 17 gennaio e durava fino al mercoledì delle ceneri. Il 17 gennaio era la cosiddetta ''"Primu essia"'' e coincideva col falò di Sant'Antonio. ''S'omini 'e facci'' (solitamente appartenente alla categoria dei macellai), assumeva pubblicamente la responsabilità dell'organizzazione dei festeggiamenti, mentre le maschere si annerivano il viso con la fuliggine generata dal falò.
 
''Su Maimulu'' era ed è una rappresentazione dell'atavica lotta tra il bene e il male, come veniva vissuta da una comunità rurale. Le origini di queste rappresentazioni risalgono infatti all'epoca pre-romana e pre-cristiana. Rientra quindi nel novero dei carnevali barbaricino-ogliastrini, con cui ha in comune i principali significati. Ha però una particolarità: conserva infatti una ricchezza di figure eccezionalieccezionale, che lo hannoha reso e lo rendonorende uno dei più particolari dell'isola. Accanto alla figura malvagia de ''s'urtzu ballabeni'' e a quelle benigne de ''is maimulus'' (alcuni dei quali, in virtù del particolare ruolo, venivano chiamati ''omadoris e buccinu'') ci sono altre figure uniche, come ''su cuadderi'' e ''is poddinaius''.
== Caratteristiche del carnevale di Gairo ==
[[File:Su cuadderi, Gairo.jpg|miniatura|272x272px|Gairo, ''Su cuadderi'']]
Nel paese di Gairo, Su Maimulu, sinonimo di "mascherata", aveva inizio il 17 gennaio e durava fino al mercoledì delle ceneri. Il 17 gennaio era la cosiddetta "Primu essia" e coincideva col falò di Sant'Antonio. ''S'omini 'e facci'' (solitamente appartenente alla categoria dei macellai), assumeva pubblicamente la responsabilità dell'organizzazione dei festeggiamenti, mentre le maschere si annerivano il viso con la fuliggine generata dal falò.
 
'''''Su cuadderi''''' ("il cavaliere") era l'unica figura parlante della mascherata. Vestito da cavallo, portava un lungo bastone al cui apice era infilato un teschio di cavallo e urlando annunciava il passaggio de ''Su Maimulu'', il corteo delle maschere, e ne annunciava le fasi (es. "''Accodei ca dd'oceus''", "venite che lo uccidiamo", riferendosi a ''s'urtzu'').
Su Maimulu era ed è una rappresentazione dell'atavica lotta tra il bene e il male, come veniva vissuta da una comunità rurale. Le origini di queste rappresentazioni risalgono infatti all'epoca pre-romana e pre-cristiana. Rientra quindi nel novero dei carnevali barbaricino-ogliastrini, con cui ha in comune i principali significati. Ha però una particolarità: conserva infatti una ricchezza di figure eccezionali, che lo hanno reso e lo rendono uno dei più particolari dell'isola. Accanto alla figura malvagia de ''s'urtzu ballabeni'' e a quelle benigne de ''is maimulus'' (alcuni dei quali, in virtù del particolare ruolo, venivano chiamati ''omadoris e buccinu'') ci sono altre figure uniche, come ''su cuadderi'' e ''is poddinaius''.
 
'''''Su poddinaiu''''' (o ''is poddinaius'', visto che poteva essere più di uno) era invece un'altra figura particolare e molto importante. All'uccisione de ''s'urtzu'' dava infatti il via ai festeggiamenti per la fine dell'inverno. Cospargeva infatti le altre figure de ''Su Maimulu'' con abbondanti manciate di crusca ("''su poddini''"), simbolo di abbondanza. Era in pratica un auspicio per la nuova stagione. Si riteneva, in passato, che essere colpiti dalla crusca lanciata da ''su poddinaiu'' fosse di buon auspicio.
'''''Su cuadderi''''' ("il cavaliere") era l'unica figura parlante della mascherata. Vestito da cavallo, portava un lungo bastone al cui apice era infilato un teschio di cavallo e urlando annunciava il passaggio de ''Su Maimulu'', il corteo delle maschere, e ne annunciava le fasi (es. "''Accodei ca dd'oceus''", "venite che lo uccidiamo", riferendosi a ''s'urtzu'').
[[File:S'infoddinamentuSa primu essia 2 (3).jpg|miniatura|271x271px|Gairo, "sa primu essia"., Lenel maschere anneriscono il loro viso con la fuliggine del falògiorno di Sant'Antonio. ]]
Altre figure erano sa ''filadora, s'ingrastula e sa martinica'', vestite da donna. ''Sa filadora,'' vestita di nero, portava [[Canocchia|rocca]] e [[Fuso (strumento)|fuso]].. il filo era considerato il simbolo della vita e lei, durante la rappresentazione, si avvicinava agli spettatori, in particolare i più abbienti, e fingeva di romperlo. Serviva a ricordare loro che malgrado le loro ricchezze terrene, la morte sarebbe giunta anche per loro.
 
''S'ingrastula,'' vestita anche lei di nero, augurava invece il male ("''frastimmada''"). ''Sa martinica'' era invece una figura scherzosa.
'''''Su poddinaiu''''' (o ''is poddinaius'', visto che poteva essere più di uno) era invece un'altra figura particolare e molto importante. All'uccisione de ''s'urtzu'' dava infatti il via ai festeggiamenti per la fine dell'inverno. Cospargeva infatti le altre figure de ''Su Maimulu'' con abbondanti manciate di crusca ("''su poddini''"), simbolo di abbondanza. Era in pratica un auspicio per la nuova stagione. Si riteneva, in passato, che essere colpiti dalla crusca lanciata da ''su poddinaiu'' fosse di buon auspicio.
 
La rappresentazione tipica de ''Su Maimulu,'' introdotta da ''su cuadderi,'' prevedeva l'avanzata saltellante ed aggressiva de ''s'urtzu, c''he attaccava in modo imprevedibile chiunque gli si parasse davanti. Era legato con la catena di un aratro, alla cui estremità stava ''su bucinu,'' che provava a tenerlo a bada. Era aiutato in questo da ''is omadoris'' che, muniti uno di ''strumbulu'' (arnese agricolo appuntito) e l'altro di ''zirogna'' (grosso nervo di bue) camminavano a fianco de ''s'urtzu'' con saltelli ritmici e lo percuotevano obbligandolo a seguire l'andatura ritmica. Queste figure, così come il resto de ''is maimulus'' che li seguivano (anche 30) indossavano sul dorso un grosso numero di campanacci, che servivano a dare il ritmo che ''s'urtzu'' avrebbe dovuto seguire. Tutti ''is maimulus'' indossavano l'abito tradizionale, s'estia 'e peddi (pelle di animale) e la testa imbalsamata o il teschio di un animale, spesso cornuto (bovino, capra, pecora, cervo o altro).
Seguivano ''is filadoris'' con in mano antichi strumenti per filare la lana quali [[Canocchia|rocca]] e [[Fuso (strumento)|fuso]].
[[File:Su cuadderi, Gairo. Figura de Su Maimulu.jpg|miniatura|272x272px|Gairo, ''Su cuadderi'']]
La rappresentazione prevedeva ad un certo punto l'uccisione de ''s'urtzu'', sotto i colpi de ''is omadoris'' e de ''su bucinu''. Era il simbolo della fine dell'inverno e delle sofferenze e dava inizio ai festeggiamenti. Gli stessi venivano però interrotti dalla repentina e improvvisa rinascita de ''s'urtzu'' che, risollevandosi e riprendendo ad assalire chiunque, ricordava a tutti che la sua sconfitta era solo temporanea e che l'anno successivo (ciclo delle stagione) sarebbe tornato.
 
Questa rappresentazione veniva ripetuta più volte per le vie del paese, seguita da un grosso carro trainato da due figure ''(trasulau e malandau'') che fingevano di essere dei buoi. Sul carro trovava spazio una figura dalle sembianze umane, ''Santu Nanì'', e venivano raccolti i doni della popolazione (vino, salumi formaggi ecc...). Al termine della giornata questi doni servivano per un grosso banchetto, cui era invitata tutta la comunità<ref name="Moretti" />.
E poi ''is bendidoris'' forniti di strumenti che creavano un frastuono assordante come latte vecchie, mestoli e coperchi;
 
I significati de ''Su Maimulu'' e i racconti degli anziani gairesi sono raccolti nello scritto "Su Maimulu - Il carnevale antico gairese", scritto da Mauro Loi, illustrato da Anna Ascedu e il cui glossario è stato scritto da Salvatore Dedola. Lo scritto, frutto della collaborazione di tutto il paese, raccoglie testimonianze scritte ed orali raccolte nel tempo ed ha permesso di ricostruire fedelmente una tradizione interrotta per anni a causa delle tragiche vicende gairesi (II^ Guerra Mondiale seguita dall'alluvione del 1951, che aveva portato all'abbandono del vecchio abitato, tuttora disabitato).
''su dottori'' con indosso un camice bianco e sempre intento a molestare giovani donne <ref>{{cita web|nome= Nino|cognome= Melis|url= http://edicola.unionesarda.it/Articolo.aspx?Data=20100202&Categ=29&Voce=2&IdArticolo=2424679|titolo= Maimolu torna in corteo. Rivivono le antiche maschere|accesso= 4 aprile 2011|sito= unionesarda.it|editore= L'Unione Sarda S.p.A|}}</ref>.
 
== La leggenda di ''Marti Perra'' (o ''Martisberri'') ==
Legato alla catena di un aratro, seguiva la figura de ''s'Ursu (s'omini aresti)'', simbolo del male, avvolto in pelli spesso ancora fresche e attorniato da tre ''peddinciones'', figure vestite con pelli di capra e che portavano collari provvisti di ''pittiulus'', dei campanacci di ogni dimensione.
[[File:La leggenda di Marti Perra, Gairo.jpg|sinistra|miniatura|Anna Ascedu, Marti Perra, da "Su Maimulu, il Carnevale antico gairese"]]
Secondo una leggenda locale, ''Marti Perra'' (a Ulassai ''Martisberri'') era un grosso gatto che nel giorno de ''Su Maimulu'' (Martedì Grasso, noto appunto come Marti Perra), vigilava sulla partecipazione della comunità alle rappresentazioni carnevalesche. L'occasione era infatti propizia per sanare divergenze tra i membri della comunità.
 
Si riteneva che ''Marti Perra'' (o ''Martisberri)'' fosse in grado di squartare chi il giorno di Martedì Grasso venisse sorpreso a lavorare nei campi. Il suo arrivo, sempre secondo la leggenda, era preceduto da un ritornello che diceva: "''Non mi neris atò, ca Marti Perra so, deu soi Marti Perra, beniu sò po ti ferriri"'' ''("non dirmi atò, che Marti Perra sono, sono Marti Perra e sono venuto per farti male")''. "''Atò''" era l'espressione usata dagli anziani per scacciare i gatti. Nel centro di Villagrande Strisaili, era presente una maschera in legno di pero che raffigurava un grosso gatto selvatico, andata in disuso col tempo.
Uno dei tre ''peddinciones (s'omadori)'' teneva la catena dell'aratro e gli altri due camminavano a fianco de ''s'Ursu'' con saltelli ritmici che provocavano il suono dei campanacci, mentre ''s'Ursu'' veniva avanti saltellando, sotto i colpi della ''zironia'' (un grosso nervo di bue).
 
In passato ''Su Maimulu'' era presente anche negli altri due centri ogliastrini della [[Rio Pardu|Valle del Pardu]], ([[Osini]], e [[Jerzu]]), mentre nei restanti il carnevale veniva festeggiato sotto il nome di ''Maimone/i''.
La sfilata terminava con ''sos poddinaios'' che distribuivano a tutti manciate di crusca.<ref name="Moretti" />
 
Resta ancora un mistero la figura del ''Martisberri'' ritenuto dalla tradizione popolare sia ulassese che gairese, capace di provocare disturbi a chi il giorno di Martedì Grasso era intento nel lavorare nei campi, recitando un ritornello che diceva: «''Deu soi Martis Berri, beniu sò po ti ferri (sono Martisberri e sono venuto per farti male''».
 
Secondo il linguista Salvatore Dedola, il termine ''Martisbèrri'' è un composto [[Lingua sardiana|sardiano]] basato sull'[[Lingua accadica|accadico]] ''martu'' + ''berû'' e indicava un palo sacro (o u-a statua menhir) che veniva festeggiato per scongiurare la carestia <ref>{{cita web|nome= Dedola|cognome= Salvatore|url= http://www.linguasarda.com/htm/linguista/carnevali_sardi.html|titolo= Carnevali sardi|accesso= 6 aprile 2011|sito= www.linguasarda.com|editore= Linguasarda.com|8= |urlmorto= sì|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20100116052914/http://www.linguasarda.com/htm/linguista/carnevali_sardi.html|dataarchivio= 16 gennaio 2010}}</ref>.
 
Altre particolari figure sono ''sa Martinicca'' e ''sa Ingrastula'' che animano il rituale carnevalesco con una questua in onore de ''su Maimolu'' <ref>{{cita web|nome= Original|cognome= Italy|url= http://www.originalitaly.it/guide-turistiche/sardegna/og/guida-ogliastra-provincia/rubrica/eventi.html|titolo= Eventi (Provincia di Ogliastra|accesso= 4 aprile 2011|sito=www.originalitaly.it|editore= Originalitaly|}}</ref>. L'ultimo giorno si arde il fantoccio del ''Martisberri'' per propiziare i campi arati e la nascita degli armenti.
In passato ''Su Maimulu'' era presente anche negli altri due centri ogliastrini della [[Rio Pardu|Valle del Pardu]], ([[Osini]], e [[Jerzu]]), mentre nei restanti il carnevale veniva festeggiato sotto il nome di ''Maimone/i''.
==Note==
<references/>
 
==Bibliografia==
* {{cita libro|cognomeautore=[[Giulio Alziator|nome= FrancescoAngioni]]|titolo= IlPane Folkloree sardoformaggio e altre cose di Sardegna:|anno= 20052000|editore= Zonza Editori|città= Cagliari |ISBN= 88-8470-135-X}}
* {{cita libro|cognome= [[Angioni]]Alziator|nome= GiulioFrancesco|titolo= PaneIl eFolklore formaggio e altre cose di Sardegna:sardo|anno= 20002005|editore= Zonza Editori|città= Cagliari |ISBN= 88-8470-135-X}}
* {{cita libro|cognome= Atzori|nome= Mario|titolo= Tradizioni popolari della Sardegna: identità e beni culturali|anno= 1997|editore= Edes|città= Cagliari |ISBN= 88-86002-09-2}}
* {{cita libro|cognome= Ligia|nome= Mario|titolo= La lingua dei Sardi, ipotesi filologiche|anno= 2002|editore= Edizioni Iskra|città= }}
* {{cita libro|cognome= Marchi|nome= Raffaello|coautori= Piero Calamandrei (a cura di)|titolo= Le maschere barbaricine in [[Il Ponte (rivista)|Il Ponte]], Vol. VII|anno= 1951|editore= La Nuova Italia|città=}}
* {{cita libro|cognome= Orrù|nome= Luisa|titolo= Maschere e doni, musiche e balli: carnevale in Sardegna|anno= 1999|editore= Cuec|città= Cagliari |ISBN= 88-87088-66-7}}
* {{cita libro|cognome= Santoni|nome= Vincenzo|titolo= Maimone! Maimone! Teoria e sociologia dell'organizzazione culturale|anno= 2005|editore= Edizioni Della Torre|città= Cagliari |ISBN= 88-7343-393-6}}
* {{cita libro|cognome= Turchi|nome= Dolores|titolo= Maschere, miti e feste della Sardegna: dai Mamuthones alla Sartiglia, dai millenari riti agresti al culto delle acque|anno= 1990|editore= Edizioni Della Torre|città= Cagliari|ISBN= 88-541-2345-5}}
* {{cita libro|cognome= Loi|nome= Mauro|titolo= "Su Maimulu - Il Carnevale antico gairese"|anno= 2017|}}, illustrato da Anna Ascedu, glossario a cura di Salvatore Dedola. Con l'aiuto della Pro Loco di Gairo e il patrocinio dell'Amministrazione Comunale di Gairo.
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|http://www.mascheresarde.com/su-maimulu/|su Maimulu}}
* {{cita web|url=http://www.regione.sardegna.it/index.php?xsl=510&s=160901&v=2&c=8898&t=1&tb=8627&st=16/|titolo=Carnevale di Ulassai}}
* {{cita web|url=httphttps://www.youtube.com/watch?v=7MO24dc8xrY/|titolo=Maschere della Ingrastula e della Martinicca}}
{{portale|festività|Sardegna}}