Fiorano Modenese: differenze tra le versioni

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La conflittualità nel Mediterraneo occidentale tra [[Etruschi]], [[Greci]], e [[Cartaginesi]] rese impraticabili le antiche rotte commerciali, ecco che gli [[etruschi]] decisero di espandersi a nord nel [[VI secolo a.C.]]. L'espansione etrusca in area padana era finalizzata a una solida organizzazione itineraria, con percorsi commerciali attrezzati e sicuri; furono fondate ex novo e contemporaneamente le città di [[Mantova]], [[Spina]], [[Marzabotto]] e si procedette alla rifondazione di [[Bologna]]. Nonostante ciò in età etrusca il popolamento nel Modenese, e più in generale a occidente del Panaro, continuò ad apparire estremamente rarefatto, con l'eccezione di aree isolate di addensamento demografico come [[Castelvetro]] e [[Savignano sul Panaro]]. Mancano testimonianze etrusche a ovest del territorio di [[Maranello]] verso [[Fiorano]] e [[Sassuolo]]. Sembra infatti che tale civiltà si sia fermata lungo il Guerro, torrente localizzato a oriente del comune di [[Maranello]]. In questo periodo le principali attività umane riguardavano l'allevamento di [[bovini]], [[maiali]] e capriovini oltre che a una massiccia produzione di ceramiche<ref name=messoriventuriarcheo/>.
 
In corrispondenza dell'apice di prosperità dell'[[Etruria Padana]], quello che era incominciato come un graduale processo di infiltrazione celtica culminerà nel IV secolo a.C. quando intere nazioni provenienti dalla Francia settentrionale e dalle valli del Reno e del Danubio varcheranno le Alpi. L'alta pianura e l'area collinare compresa tra la Parma e Bologna sono l'epicentro dell'insediamento dalla tribù celtica più potente e numerosa che immigrerà nel Nord Italia, i famigerati Boi. L'archeologia attesta che tutte le fattorie etrusche nel territorio modenese sono abbandonate, e solo in rari casi si assiste a una continuità insediativa, mentre piccole enclavi etrusche rimasero in vita nella bassa modenese, un 'area solo lievemente celtizzata. I Boi si distribuirono nella fascia collinare e pedecollinare della pianura padana in 112 tribù, infiltrandosi in profondità anche nelle valli fluviali dell'appennino, fino a raggiungere a quella del torrente Dragone, area in cui vennero a contatto con Liguri Friniati. Nonostante ciò, con l'eccezione delle ampie valli fluviali appenniniche, come quella del fiume Secchia, le montagne rimasero saldamente in mano ai Friniati.
 
Gli irriducibili Galli Boi insieme con i Galli Insubri, i Liguri Friniati e Apuani, furono la popolazione a opporre maggiore resistenza all'avanzata romana. La sottomissione del Galli Boi con la battaglia di Modena nel 192 a.C. finalizzò infatti la definitiva conquista romana della Gallia Cisalpina.
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L'8 aprile 1866 il capomastro Antonio Gozzi di [[Casinalbo]] incomincia i lavori di restauro interni ed esterni [[Santuario della Beata Vergine del Castello]].<ref name="guidobucciardi12">{{Cita libro |titolo = Fiorano nelle vicende storiche del castello e del santuario dalle origini al 1859 |autore = Guido Bucciardi |editore = Tipografia Pontificia ed Arcivescovale dell'"Immacolata Concezione" |anno = 1934 |capitolo = Cronistoria della B. V. del castello di Fiorano dal 1859 al 1889 |pp = 275-290 }}</ref>.
 
Il 15 giugno 1866 il pittore modenese prof. [[Adeodato Malatesta]], allora direttore dell'Accademia di belle arti, intraprende il restauro gratuito delle pitture interne alla cupola del santuario che fu completato il 25 novembre dello stesso anno<ref name="guidobucciardi12" />. Il 1º ottobre 1880 don Giuseppe Messori si impegnò - a proprie spese - a costruire la seconda torre, quella settentrionale, del Santuario <ref name="guidobucciardi12" />. Il 26 dicembre 1880 la fabbriceria incarica l'ingegner architetto Vincenzo Maestri di Modena di redigere il progetto per il compimento della facciata del santuario e dirigere i lavori. Maestri dirigerà gratuitamente i lavori per quasi sei anni<ref name="guidobucciardi12" />.
 
L'8 settembre 1889 si tenne l'inaugurazione della nuova facciata marmorea del santuario<ref name="guidobucciardi12" />.