Cattolicesimo intransigente: differenze tra le versioni

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===Dal 1848 all'Unità d'Italia===
Nel [[1848]], nei giorni in cui infuriava la [[Prima guerra d'indipendenza italiana]] [[Papapapa Pio IX]] pronuncia il 29 aprile una celebre allocuzione: dichiara che lo [[Stato Pontificio]] non avrebbe partecipato al conflitto e quindi non si sarebbe unito agli altri Stati italiani contro l'[[impero austriaco]], conseguentemente ordina il ritiro delle sue truppe ormai presenti sui campi di battaglia, una parte delle quali sotto il comando di [[Giovanni Durando]] non ubbidirà all'ordine e proseguirà la guerra contro le forze austriache. L'alleanza tra la [[Santa Sede]] ed il governo piemontese, sancita appena un anno prima dall'accordo preliminare su una [[Lega doganale]] subisce un arresto.
In seguito alla decisione del pontefice, si accentua la divisione fra i cattolici italiani in due grandi aree:
* Gli intransigenti, che difendono il papa senza discussione;
* I “transigenti” o conciliatoristi, che ritengono invece che le prerogative del pontefice (specialmente il potere temporale) non siano più adeguate ai tempi, e che la Santa Sede debba necessariamente dialogare con l'Italia<ref>M. Invernizzi, ''I cattolici contro l'unità d'Italia?'', Casale Monferrato, 2002, paggpp. 16-17.</ref>. Tra essi, il gesuita [[Carlo Passaglia]] arrivò persino a promuovere una raccolta di firme per una petizione a Pio IX affinché favorisse l'unità d'Italia rinunciando al [[potere temporale]].
 
Gli intransigenti sostengono che la sovranità temporale della Santa Sede sia indispensabile al libero esercizio dell'autorità apostolica. Pertanto concludono che non si possa essere fedeli ''contemporaneamente'' sia al Papa che al Regno d'Italia.<ref>G. Orlandi, ''Un popolo diviso: il paradosso di un'unità che disunì'', Milano, 1988, pagp. 210.</ref> <br/>
Inoltre, ritengono che la società italiana, fondamentalmente cristiana, debba essere guidata dal magistero costante della Chiesa. A loro avviso, lo Stato italiano opprime la religione; essi reagiscono costruendo opere sociali che “proteggono” la fede e che permettono ai cattolici di vivere la loro spiritualità “protetti” dall'ostilità dello Stato.<ref>{{cita|Invernizzi|p. 119|Invernizzi, 2002}}</ref>
 
Le prime associazioni di cattolici nate dopo la costituzione del [[Regno d'Italia]] sono fondate da intransigenti: nel [[1865]] nasce a [[Bologna]] l'«Associazione cattolico-italiana per la difesa della libertà della Chiesa in Italia». Il ''Programma'' fu pubblicato sul mensile bolognese «Il Conservatore» del dicembre di quell'anno. Il primo presidente fu [[Giulio Cesare Fangarezzi]]; il primo segretario fu [[Giambattista Casoni]], che nel 1863 aveva partecipato al congresso di [[Malines]] ([[Belgio]]), dove si erano riuniti i rappresentanti dei movimenti cattolici europei.<ref>{{cita|De Rosa|p. 49|De Rosa, 1970}}</ref> Un [[Breve apostolico|breve]] di Pio IX consacrò la nascita del sodalizio il 4 aprile 1866. Ad essa segue, due anni dopo (11 febbraio [[1867]]), la «Società della Gioventù cattolica italiana», costituita anch'essa a Bologna. I fondatori furono [[Giovanni Acquaderni]] (primo presidente), [[Mario Fani]] e i fratelli Alfonso e Francesco Malvezzi. Pio IX approvò l'associazione il 2 maggio 1868 ([[breve pontificio|breve]] ''Dum filii Belial'').
 
In entrambi i casi si tratta di novità assolute, in quanto mai prima di allora: a) sono esistite associazioni di laici che si sono prefisse qualcosa di diverso rispetto alla preghiera ede alle opere di carità; b) tali associazioni crescono e si sviluppano senz'alcuna protezione da parte dello Stato, che non appoggia alcuna religione.<ref>{{cita|Invernizzi|p. 32|Invernizzi, 2002}}</ref> Anzi, con le [[leggi Siccardi]], estese dopo l'unità d'Italia all'intero territorio nazionale, la politica religiosa dello Stato ha assunto, a loro dire, un carattere antiecclesiastico.
 
===Dopo Porta Pia===