Massimo Scaligero: differenze tra le versioni
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Il problema degli intellettuali fascisti è un problema storico attualissimo ed aperto. Se da un lato l'operazione dominante è consistita per anni in una doppia ''[[damnatio memoriae]]'' consistente sia nell'affidare all'oblìo pagine critiche di determinate e illustri biografie (per salvare immagine e reputazione dei personaggi) sia in un processo di distruzione, sminuizione, denigrazione del valore dell'opera intellettuale di uno di questi intellettuali, prodotta in tutta risposta alle loro ingerenze con il regime.
Peter Staudenmaier, universitario che ha dedicato un importante studio ai rapporti fra nazismo, fascismo ed esoterismo, ha definito Massimo Scaligero una "figura ignominiosa" per la sua intensa attività di propaganda razzista ed antisemita al servizio del regime.<ref>Peter Staudenmaier, Between Occultism and Nazism: Anthroposophy and the Politics of Race in the Fascist Era", Aries Book, Brill, 2014</ref>
L'universitaria italiana [[Mirella Serri]] nel suo libro ''I Redenti, gli intellettuali che vissero due volte''<ref>{{Cita libro|titolo=I Redenti.Gli intellettuali che vissero due volte.1938-1948 (Corbaccio, 2005) EAN: 9788879727143}}</ref> ricostruisce attraverso documenti inediti la vicenda biografica di alcuni intellettuali italiani che dopo aver sposato l'ideale fascista ne ripudiarono l'ideologia. Mirella Serri riconosce sostanzialmente tre tipi di intellettuali: "i voltagabbana", i "dissimulatori onesti" e gli "uomini che vissero due volte". Scaligero, appartenente alla categoria degli "uomini che vissero due volte" , rappresenta per la [[Mirella Serri|Serri]], il tipo di intellettuale che attraverso la propria vicenda biografica segna il doloroso processo di maturazione di un'Italia democratica all'interno di un regime totalitario messo in crisi dalla Guerra Mondiale.
La disputa storica è ancora aperta. La produzione bibliografica di Massimo Scaligero è lì a testimoniare una peculiare vicenda biografica.
Scaligero,a proposito della sua partecipazione al fenomeno italiano del fascismo, scrisse nel suo libro autobiografico ''Dallo Yoga alla Rosacroce'':{{citazione|Non politico, anzi apolitico per temperamento, tuttavia, giovanissimo, nel periodo fascista credetti poter immettere nella forma politica la mia visione del mondo: questo spiega la categoria in cui qualcuno ancora oggi tenta recludermi: categoria che io non rinnego per debito di lealtà e di verità, ma che non mi ha mai contenuto, né mi ha mai impedito di essere quello che realmente volevo. Tanto è vero che sono stato sempre un isolato, ospitato dalla stampa del tempo solo grazie alla validità etica degli argomenti che proponevo. Quello che ho scritto in quel periodo lo potrei ripubblicare oggi su qualsiasi giornale, di sinistra, di destra, o di centro, solo sostituendo alla parola «[[fascismo]]», per esempio, l'espressione «visione sociale», o «istanza morale». Se invece che in regime fascista mi fossi trovato in regime [[sovietico]], il contenuto delle mie idee sarebbe stato identico: avrei soltanto dovuto trovargli un'altra forma. I miei scritti del tempo stanno lì a testimoniare che io volevo allora quello che voglio tuttora: sottolineare, come senso ultimo dei problemi, l'esigenza della reintegrazione dell'uomo. Soltanto una via morale può garantire una via sociale: solo l'individuo libero che rechi in sé la moralità come forza, o come una seconda natura, è garanzia della giusta gestione di un organismo sociale e del suo stato di diritto: questo è stato sempre il senso dell'aspetto « politico » dei miei scritti: un pensiero d'una semplicità da parere ingenuo, e tuttavia concreta chiave del problema.<ref>Massimo Scaligero: ''Dallo Yoga alla Rosacroce''</ref>}}
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