Nudità: differenze tra le versioni

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{{citazione|La Chiesa medievale rifiutava la nudità, e con essa la maggior parte dell'arte antica che, soprattutto nella scultura, rappresentava corpi nudi. Con il Rinascimento in Europa, soprattutto nel Cinquecento, avviene la riscoperta dei nudi. Gli stessi che prima erano rappresentati negli affreschi delle basiliche soltanto nelle scene della [[resurrezione]] dei corpi.|Jacques Le Goff, ''Il Medioevo e le radici dell'Europa'', intervista di Silvia Luperini su "La Repubblica", 17 gennaio 2007}}
[[File:Tizian 029.jpg|upright=1.7|thumb|[[Tiziano]], ''[[Amor Sacro e Amor Profano#Interpretazione filosofica|Amor Sacro e Amor Profano]]'' (1515)]]
La nudità nel Rinascimento s'impose come simbolo della [[spiritualità]] e dell'[[Idea]] [[platonismo|platonica]], priva di rivestimenti materiali e perciò autentica e pura come la [[Verità]], secondo il motto di [[Orazio]].<ref>«''Nuda Veritas''» ([[Orazio]], ''Carmina'' I, XXIV 7).</ref> Nell'opera di [[Tiziano]] ad esempio, ''Amor sacro e amor profano'', contrariamente all'interpretazione che venne data nei secoli successivi, la donna nuda è [[allegoria]] dell'amore [[spirito (filosofia)|spirituale]], ossia della [[Venere (divinità)|Venere]] celeste, mentre quella vestita rappresenta l'amore terrestre e profano.<ref>[[Erwin Panofsky]], ''Studies in Iconology'', Oxford University Press, 1939.</ref><ref>Marco Bussagli, ''Il nudo nell'arte'', pag. 52, Giunti Editore, 1998.</ref>
 
Non mancarono tuttavia varie obiezioni a una tale esibizione di nudi. Papa Pio IV ad esempio ordinò a Daniele da Volterra di coprire le nudità più indecenti del ''[[Giudizio Universale]]'' di [[Michelangelo]].<ref name=Goody/>