Maximilien de Robespierre: differenze tra le versioni

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Robespierre rimane una figura storica molto controversa, ma che ha comunque affascinato gli storici, non soltanto francesi. Lo storico [[Albert Soboul]], ad esempio, ha sottolineato la bontà delle sue riforme, ma ha anche ricordato la sua severità durante il periodo del Terrore.<ref>Albert Soboul - Robespierre and the Popular Movement of 1793-4.</ref> [[Simon Schama]] invece punta il dito contro i collaboratori di Robespierre, e rimprovera all’Incorruttibile l’estremizzazione del concetto rivoluzionario.<ref>Simon Schama, ''Cittadini. Cronaca della Rivoluzione francese''.</ref> Il contemporaneo [[Honoré Gabriel Riqueti de Mirabeau]] disse di lui: "Quest’uomo andrà lontano, perché egli crede in tutto ciò che dice".<ref>citato in George Rudé, ''Robespierre'', traduzione di Maria Lucioni, Editori Riuniti, Milano 1981; cfr. [http://www.treccani.it/enciclopedia/robespierre_%28Enciclopedia-Italiana%29/ Robespierre in Enciclopedia italiana]</ref>
 
Contribuì alla diffusione del pensiero di Robespierre anche il rivoluzionario italo-francese [[Filippo Buonarroti]], suo sostenitore, che lasciò la [[Francia]] dopo la [[congiura degli Eguali|cospirazione di Babeuf]]. Il Buonarroti sostenne che "il popolo non ha mai avuto un amico più devoto e sincero. Grandi sforzi sono stati fatti per infangare la sua memoria; ora lo si accusa di aver mirato alla dittatura, ora lo si ritiene responsabile di ogni necessaria misura di rigore presa dal governo rivoluzionario. Ma felici, diciamo, sarebbero state la Francia e l’umanità se Robespierre fosse stato un dittatore e avesse potuto porre in atto le sue grandi riforme" e "nella Convenzione toccò a Robespierre combattere simultaneamente il realismo, la cupidigia borghese e l’immoralità degli uomini pubblici. Sua costante preoccupazione fu di riformare sia i comuni sia l’ordine sociale creando istituzioni che servissero da base al maestoso edificio dell’uguaglianza e della repubblica popolare".<ref>F. Buonarroti, ''Observations sur Maximilien Robespierre'', Paris 1837, citato in George Rudé, ''Robespierre'', traduzione di Maria Lucioni, Editori Riuniti, Milano 1981.</ref>
 
Secondo uno dei maggiori studiosi della Rivoluzione, nonché biografo di Robespierre, [[Albert Mathiez]] "la figura di Robespierre è stata talmente falsata negli ultimi vent’anni, anche da storici repubblicani, che parlare delle idee religiose dell’Incorruttibile può sembrare oggi impresa rischiosa". Mathiez lo definisce anche come padre delle moderne [[socialdemocrazia|socialdemocrazie]].<ref>The Fall of Robespierre and other essays, London 1927.</ref> Per [[Anatole France]] fu "il più grande statista apparso sulla scena tra il 1789 e il 1794",<ref>Citato in George Rudé, ''Robespierre'', traduzione di Maria Lucioni, Editori Riuniti, Milano 1981.</ref> mentre per la scrittrice [[George Sand]] fu "il più grande uomo della rivoluzione e uno dei più grandi della storia". [[Edgar Quinet]] affermò invece che "i contemporanei non hanno mai creduto che Robespierre fosse estraneo al Terrore; soltanto alcuni storici hanno sostenuto il contrario", in polemica con [[Louis Blanc]]. [[Michel Vovelle]] accusa la storiografia dominante di trattare benevolmente Danton e Napoleone Bonaparte, e che quest’ultimo causò molti più morti di Robespierre.<ref name=Munzi/>