Emilio Becuzzi: differenze tra le versioni

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Il generale Becuzzi in seguitò affermò che la maggioranza dei soldati e degli ufficiali non fosse intenzionata a proseguire la guerra e quindi non avrebbe aperto il fuoco né contro i tedeschi né contro i partigiani<ref>Elena Aga-Rossi & Maria Teresa Giusti, op. cit., p. 144.</ref>. Circostanza smentita però dalle testimonianze di numerosi superstiti che sottolinearono che i soldati protestarono rumorosamente e che moltissimo armamento individuale fu reso inservibile o gettato in mare pur di non essere consegnato, e come molti automezzi furono ribaltati e quasi tutti i cannoni resi inservibili<ref>Elena Aga-Rossi & Maria Teresa Giusti, op. cit., p. 144-145.</ref>.
 
Becuzzi si imbarcò poi sulla torpediniera [[Aretusa (torpediniera)|torpediniera Aretusa]] per [[Bari]], abbandonando la maggior parte delle truppe sotto il suo comando alla mercé dei [[Germania nazista|tedeschi]] che, appena entrati in città, si abbandonarono, con gli alleati [[ustascia]], a rastrellamenti e feroci rappresaglie, passando per le armi soldati e ufficiali dell’esercito italiano, tra cui i generali [[Alfonso Cigala Fulgosi]], [[Angelo Policardi]] e [[Salvatore Pelligra]]. L'episodio sarà ricordato come il [[massacro di Treglia]], a lungo dimenticato dalle autorità italiane e riportato alla luce dalla figlia di uno degli ufficiali scomparsi dopo la resa, Carlo Linetti, maggiore e comandante di uno dei battaglioni di fanteria della divisione<ref>''Vita e morte del soldato italiano nella guerra senza fortuna'' - Ed. Ferni Ginevra 1971 Vol. XII</ref>.
 
== Note ==