Firenze: differenze tra le versioni
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I giudici e i notai avevano nel [[Comune]] fiorentino, e in tutti i Comuni italiani, una grandissima importanza. I primi perché ricoprivano la loro carica nella corte o nel tribunale di ciascuna Arte; decidevano riguardo le liti commerciali che gli si ponevano, proponevano le pene, si occupavano delle ambascerie più importanti insieme ai cavalieri e avevano in molti comuni i medesimi privilegi dei militi. Nei [[Tribunale|Tribunali]] del comune stabilivano le cause civili. Essendo ritenuti i cittadini più istruiti si trovavano ad essere tra i primi convocati, da parte dei capi del Comune, per dare una loro opinione riguardo rilevanti affari. I notai, invece, oltre ad occuparsi anch'essi della correzione degli [[Statuto (diritto)|Statuti]], assistevano i giudici nella risoluzione delle cause, sentendo le accuse, le testimonianze e le sentenze. Messi a capo dell’amministrazione finanziaria, dirigevano negli eserciti il servizio logistico. Questi due, insieme, rappresentavano la base da cui il Comune prendeva i suoi principali impiegati; questo ci spiega il perché di tanti di loro all'interno dei Comuni. Inoltre, dato che venivano sostituiti da nuovi funzionari entro massimo un anno, per essere rieletti avevano l’obbligo di mantenersi fedeli al [[Partito politico|partito]] da cui doveva dipendere la loro nomina. Ma a Firenze la questione era totalmente diversa. Loro non avevano nessun programma fisso, pensano solamente al presente, passando da un partito all'altro senza legarsi mai definitivamente ad uno. La loro arte, tra tutte le [[Corporazioni delle arti e mestieri|corporazioni]] dei mestieri a Firenze, si distingueva per essere l’unica non coinvolta nel [[commercio]]. Nonostante ciò i giudici e i notai, mediante il loro personale intervento nei contratti e negli atti giuridici, si assicuravano che tutto venisse svolto correttamente<ref>{{Cita libro|titolo=Gaetano Salvemini, Magnati e popolani in Firenze (1280-1295), Giulio Einaudi editore S.p.A., Torino, 1960, pp. 81-86}}</ref>.
Firenze nel [[XIII secolo|XIII secolo d.C.]] vedeva rinnovarsi in gran parte la propria [[Cittadinanza|“cittadinanza]]”, quel ceto assai ristretto che, fornito di un certo censo, partecipava in modo diretto o indiretto al governo del Comune. Questa nuova cittadinanza era formata da mercanti che si erano arricchiti nelle arti, quindi nelle industrie, e nella mercatura, ossia nel commercio e nella banca; proprio questo gruppo di cittadini fonderà poi lo stato delle [[Arti]] nel [[1282]].
la metà del [[XIV secolo]] fu un periodo buio per i “popolani grassi”, ossia per i grandi industriali, mercanti e banchieri, per varie cause: gli errori politici da loro commessi ad esempio l’ingiusta e disgraziata guerra per la conquista di [[Lucca]] ([[1341|1341-1342]]), il fallimento delle case commerciali e bancarie dei [[Bardi (famiglia)|Bardi]] e dei [[Peruzzi]] e la nefasta signoria del Duca di [[Atene]]. Quest’ultima aveva largamente aperto la via delle cariche pubbliche ad una grande quantità di gente nuova venuta in gran parte dal contado ed impreparata alla vita politica. Le famiglie dei “popolani grassi”, già abituate ad esercitare un potere quasi assoluto, fremevano di sdegno dovendo ora tollerare di dividerlo con tale gente in una proporzione che ai loro occhi appariva troppo piccola. Si trovavano nella stessa condizione dell’aristocrazia preesistente alla loro; ora correvano ,a loro volta, il rischio di essere sommersi da questo flusso popolare che cominciava ad invadere il potere e minacciava di dilagare.
E’ proprio questa la perenne vicenda che si riscontra in tutta la storia di Firenze: alcuni strati sociali, ad un certo momento, iniziano ad acquistare sempre più forza e talvolta soppiantare nel governo quelli che ,fino a quel momento, avevano tenuto il potere.
Accadde però che le [[Consorteria|consorterie]], non accettando di essere sopraffatte e di aver perso notorietà, ricorsero ad un mezzo ingegnoso che serviva per trascinare le masse al servizio della propria setta o del proprio partito: il pretesto della difesa e del trionfo di un grande ideale ; e questa volta del guelfismo.
A ciò si aggiunsero inoltre i timori nati a causa dell’ipotetico arrivo in Italia del grande imperatore [[Carlo IV di Lussemburgo|Carlo IV]] , figlio di quell’[[Enrico VIII d'Inghilterra|Enrico VII]] che si era illuso di ripristinare fra noi l’antica potenza imperiale ed aveva assediato [[Firenze]] nel [[1312]].
I “popolani grassi”, essendosi uniti con famiglie che un tempo erano assai potenti come i “Grandi”, costituirono tutta la forza della Parte Guelfa e si accordarono tra loro per proporre delle leggi miranti ad escludere dagli uffici pubblici tutti coloro che, per sentenza dei Capitani della Parte stessa, erano stati indicati come ghibellini o semplicemente come sospetti ad esserlo.
Tale nome di [[Guelfi e ghibellini|“ghibellino”]] era considerato assai odioso in [[Firenze]], e invece era venerata, per antica tradizione, l’autorità della [[Parte Guelfa]], che i Consigli del Comune non osarono opporsi alle leggi presentate dai [[Capitani di Parte Guelfa|Capitani di Parte]] e così questi, per un lungo periodo di quasi trent’anni, ebbero modo di esercitare un esoso potere tirannico, privando degli uffici pubblici una grande quantità di cittadini attraverso le ammonizioni.[[File:Palazzo Vecchio Apr 2008.JPG|thumb|Palazzo Vecchio]]
A fronte di una popolazione stimata di {{formatnum:80000}} persone prima della [[peste nera]] del [[1348]] (immediatamente dopo [[Venezia]], e subito prima di [[Milano]] e [[Bologna]], era la maggiore città italiana dell'epoca per popolazione), {{formatnum:25000}} persone lavoravano nell'industria della lana. Nel [[1345]] Firenze fu teatro di uno sciopero da parte dei ''[[Rivolta dei Ciompi|Ciompi]]'', che nel [[1378]] organizzarono una breve rivolta contro il dominio oligarchico della città. Dopo la repressione, la città cadde sotto il dominio della famiglia [[Albizi]] ([[1382]]-[[1434]]), acerrimi nemici ma anche precursori dei [[Medici]].
Fu sotto il dominio, anzi la [[Signore (titolo nobiliare)|Signoria]], di quest'ultima famiglia che [[Firenze]] conobbe la sua era probabilmente più fausta.
Il primo signore rilevante di questa famiglia fu [[Cosimo de' Medici|Cosimo detto il Vecchio]].Verso gli anni 30 del ‘400 a Firenze, lui, [[Lorenzo il Vecchio|Lorenzo]] suo fratello e [[Averardo di Bicci de' Medici|Averardo]] suo cugino erano tre uomini molto ricchi e affluenti. Questo triumvirato, circondato da una clientela importante, da una rete di informatori, da artisti e letterati, non era visto di buon occhio dai capi della fazione dominante della città. Nonostante ciò nessuno di loro fu contrastato, perché l’Italia stava vivendo un momento di crisi: [[Venezia]], alleata di Firenze, è vittoriosa contro i Genovesi; l’[[Sigismondo di Lussemburgo|imperatore Sigismondo]] scende in Italia, passa per [[Milano]] e [[Siena]] per negoziare con il papa; la lega contro Milano, Genova e gli imperiali si disgrega; [[Firenze]] cade schiacciata dall’onere fiscale.
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