Matthias Jacob Schleiden: differenze tra le versioni

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== Biografia ==
Matthias Jacob Schleiden, figlio di un [[medico]] di [[Amburgo]], aveva studiato diritto all'[[Università di Heidelberg]], laureandosi nel 1826 in [[giurisprudenza]]. Successivamente tornò nella sua città natale, Amburgo, per esercitare la [[professione]]. A causa di alcuni insuccessi cadde in uno stato di [[depressione]], tentando anche il [[suicidio]] nel 1832.<ref name="ref_A">Rossi 2000, p. 385.</ref><br>
Abbandonata la carriera legale si recò a [[Göttingen]] e a [[Berlino]] per studiare [[botanica]], ottenendo la [[laurea]] a [[Jena]] nel 1839, al termine di un periodo di grande produzione scientifica svolta nel [[laboratorio]] di [[Johannes Peter Müller]] dove entrò in contatto con Theodor Schwann. Nominato professore di [[botanica]] a Jena vi insegnò con grande successo sino al 1862, quando lasciò la cattedra anche per le continue polemiche in cui si trovava invischiato a causa del suo temperamento irruento.<ref>Rossi 2000,name="ref_A" p. 385.</ref><br>
Dopo un anno di insegnamento di [[antropologia]] all'[[Università di Dorpat]] in [[Russia]], lasciò anche questo incarico probabilmente perché le idee esposte nel suo corso non si confacevano alla cultura ufficiale del regime zarista. Quest'ultimo tuttavia, pur non rinnovandogli l'incarico, gli assegnò una pensione vitalizia, il che permise a Schleiden di dedicarsi alla ricerca privata, spostandosi in diverse città tedesche.<ref>Rossi 2000,name="ref_A" p. 385.</ref>
Scrisse saggi riguardanti la [[fitogenesi]] e fu il primo botanico a dimostrare che le diverse parti delle piante sono costituite da [[cellule]]. Riconobbe anche l'importanza del [[nucleo cellulare]], scoperto nel 1831 dal botanico scozzese [[Robert Brown (botanico 1773)|Robert Brown]]. Schleiden fu uno dei primi botanici tedeschi ad accettare la [[teoria dell'evoluzione]] di [[Charles Darwin]].<br>
Nei suoi scritti scientifici, Schleiden sostenne sempre il filosofo [[Jakob Friedrich Fries]] nella sua lotta contro ogni tipo di [[speculazione]] che avesse influenzato la [[medicina]] e le [[scienze naturali]] durante il [[Romanticismo]]. Insieme a Theodor Schwann, Schleiden fondò tramite la teoria cellulare, le basi della patologia cellulare di Rudolf Virchow.<br>
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[[File:Disegno della cellula vegetale.jpg|miniatura|261.989x261.989px|Cellula vegetale]]
Il contributo di Schleiden e di Schwann all’elaborazione e alla diffusione della teoria cellulare è difficile da valutare, in quanto la loro opera è complessa, e non sempre inquadrabile nei canoni stabiliti successivamente dalla [[citologia]], e non è sempre possibile definire l’impulso dato dai due autori rispetto a quanto era stato già fatto nello studio delle cellule animali e vegetali. La novità più importante può essere considerata l’importanza attribuita nelle loro ricerche e nella elaborazione teorica al [[nucleo cellulare]] come centro formatore. Un concetto rimarcato con forza nelle loro opere è che il possesso di un nucleo singolo è una caratteristica essenziale di tutte le cellule, sia animali che vegetali. Il loro lavoro nel suo complesso fu il passo decisivo per l’affermarsi della corrispondenza o omologia fra tutte le cellule, sia animali che vegetali.<ref>Rossi 2000, p. 391.</ref><br>
La nuova dimensione della [[morfologia]] e della [[fisiologia]] dell’organismo che emerge dalla teoria cellulare di Schleiden e Schwann modifica in profondità il modo stesso di considerare l’organizzazione biologica, introducendo fin dall’inizio un principio di organizzazione gerarchica. Questo principio resta uno dei cardini della teoria cellulare ancora oggi.<ref name="ref_C">Rossi 2000, p. 392.</ref><br>
Per capire come si è arrivati alla formulazione della teoria cellulare bisogna analizzare tre tappe storiche.<br>
La prima risale al XVII [[secolo]] grazie alle osservazioni effettuate sulle cellule da [[Robert Hooke]] tramite l’utilizzo di uno dei primi esemplari di [[microscopio]].<br>
La seconda risale alla metà del XIX secolo, periodo in cui Matthias Jacob Schleiden e Theodor Schwann, scoprirono rispettivamente che tutte le [[piante]] e tutti gli [[animali]] sono formati da cellule.<ref>Rossi 2000,name="ref_C" p. 392.</ref><br>
La terza, circa una ventina di anni dopo, si deve al tedesco Rudolf Virchow il quale affermò che ogni cellula deriva da un’altra cellula preesistente.
Da queste conclusioni è stato possibile formulare la teoria cellulare:
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== Divisione cellulare ==
Il nucleo, che aveva svolto un ruolo cruciale nelle teorie sull'origine delle cellule di Schleiden e Schwann, ma che era diventato molto meno importante con la diffusione della [[teoria protoplasmatica]] della vita e del concetto di "sostanza vitale", riacquista un ruolo centrale.<br>
A partire dagli anni settanta molti ricercatori studiarono il modo in cui il nucleo si divide e descrissero le varie fasi del processo della [[mitosi]].<ref name="ref_D">Rossi 2000, p. 794.</ref><br>
I risultati di queste ricerche microscopiche furono per molti aspetti sorprendenti: il nucleo si divideva con un processo estremamente complesso, molto più complesso di quanto era stato immaginato per la [[divisione cellulare]] dato che la cellula era considerata poco più di una piccola quantità di materia racchiusa da una [[parete cellulare]]. Di conseguenza si pensava che la cellula si dividesse con un singolo processo di [[ingrandimento]], e successiva scissione in due parti del materiale di cui è composto il nucleo.<ref>Rossi 2000,name="ref_D" p. 794.</ref> Da questo problema emerse l'insieme delle ricerche sulla divisione nucleare e sullo studio del comportamento morfologico prima, e poi fisiologico e chimico, dei corpi colorabili ([[cromosomi]]) che erano stati individuati.<ref>Rossi 2000,name="ref_D" p. 794.</ref><br>
Le ricerche sul modo in cui si divide il nucleo si svilupparono in tre fasi distinte. Nella prima fase, che va dal 1842 al 1870, ci furono alcune osservazioni, non coordinate fra loro e quasi casuali, sull'esistenza nel nucleo di piccole strutture a cui tuttavia non veniva prestata particolare attenzione. Nella seconda fase, breve ma estremamente intensa, che va dal 1871 al 1878, si svolsero una serie di osservazioni sulla [[metafase]] e sull'[[anafase]], che furono considerate stadi normali della moltiplicazione nucleare. Nella terza fase, dal 1878 alla fine del secolo, furono descritte le altre fasi della divisione nucleare, in particolare la [[profase]] e la [[telofase]], e fu dimostrato che i cromosomi si replicano per mezzo di una divisione longitudinale e che il loro numero è costante per le [[cellule somatiche]] di una data specie.<ref>Rossi 2000, p. 795.</ref>
 
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[[File:Schleiden-vogel.jpg|miniatura|Sviluppo di un uccello nell'uovo, da ''Das Meer'' di '''Matthias Jacob Schleiden''' (1867)]]
[[File:Schleiden-meduse.jpg|miniatura|Sviluppo di una medusa, da ''Das Meer'' di '''Matthias Jacob Schleiden''' (1867)]]
Gli studi di Schleiden si concentrarono anche sull’[[evoluzione embrionale]] di alcuni [[organismi viventi]]. Le conoscenze apprese confluirono nell’opera "Das Meer" pubblicata nel 1867. All’interno dell’opera Schleiden trasse ispirazione dalla concezione harveyana secondo la quale «tutto quello che vive, viene creato dall’[[uovo (biologia)|uovo]]».<ref name="ref_E">Schleiden 1867, p. 660.</ref><br>
Negli ultimi anni della sua [[carriera]], infatti, [[William Harvey]] - medico inglese che per primo dimostrò [[sperimentalmente]] la [[circolazione sanguigna]] - si dedicò allo studio dell’[[embriologia]] pubblicando nel 1651 un trattato intitolato "Exercitationes de generatione animalium". Seguendo l'esempio di [[Aristotele]] e di [[Girolamo Fabrici d'Acquapendente]], Harvey esaminò le uova di [[gallina]] per seguire giornalmente lo sviluppo dell'[[embrione]]. Egli arrivò alla conclusione che il seme non entra in contatto con l'uovo, ma che il principio formativo viene trasmesso dal seme all'uovo per via non materiale.<ref>Eloy 1778, p. 455.</ref><br>
Harvey riteneva che nuove parti si sviluppavano da quelle preesistenti: lo [[Biologia dello sviluppo|sviluppo]] era, dunque, un processo autonomo in quanto il materiale contenuto nell'uovo aveva la capacità di evolvere naturalmente e agenti esterni, quali il seme, non avevano alcun ruolo.<br>
Le ricerche di Harvey avevano il supporto di numerose osservazioni anatomiche. Il "De Generatione", tuttavia, ebbe scarsa fortuna perché nel XVII secolo venne alla ribalta la teoria rivale della [[preformazione]] (secondo cui l'embrione è preformato e ha solo bisogno di crescere) e l'approccio harveyano, sostanzialmente aristotelico, fu dimenticato.<ref>Eloy 1778, p. 458.</ref><br>
La conclusione alla quale pervenne Harvey secondo la quale «tutto quello che vive, viene creato dall’uovo» si limitava solamente al mondo animale: una chiara opposizione nei confronti dei sostenitori della teoria della preformazione. La frase di Harvey fu pronunciata per contrastare tutti coloro i quali fossero contrari a pensare che gli animali non si originavano dall’uovo.<ref>Schleiden 1867,name="ref_E" p. 660.</ref><br>
Dopo Harvey, fu [[Francesco Redi]], medico italiano, nel 1668 a pronunciare «omne animal per animales parentes» (ogni animale deriva da altri animali). Anche questa frase era indirizzata a tutti coloro i quali erano sostenitori della teoria della preformazione.<br>
I successivi studiosi della [[natura]] generalizzarono e semplificarono tale nozione dimostrando che non valeva solo per gli animali, ma anche per le piante, e che si basava sul concetto fondamentale di cellula vivente secondo il quale «ogni cellula deriva da un’altra cellula».<ref>Schleiden 1867, p. 661.</ref><br>
Traendo ispirazione tanto da Redi quanto da Harvey, Schleiden proiettò i suoi interessi nello studio dell’embriologia animale con particolare riferimento allo sviluppo degli [[uccelli]] e delle [[medusa (zoologia)|meduse]].<br>
Lo studio dell’evoluzione dei [[vertebrati]] si concentrò sulle uova degli uccelli per la facilità e la praticità di questi ultimi nell’essere studiati; infatti già in tempi remoti si era capito che per far schiudere un uovo servivano solamente [[aria]] e un’adeguata [[temperatura]].
Schleiden, partendo da tale principio, aveva creato un «forno covatoio» costituito da piccoli pannelli di [[lamiera]] riscaldati da una lampada dove l’uovo, appena covato, era posto su un tessuto di cotone.<ref name="ref_F">Schleiden 1867, p. 664.</ref><br>
Sul guscio di ogni uovo appena covato veniva riportato l’orario per avere un maggior controllo nell’osservazione dello stesso che al ventunesimo giorno si sarebbe schiuso.<br>
Secondo Schleiden l’uovo era una cellula caratterizzata da una delicata pelle (guscio) con potenziale creatività all’interno. Si evidenziò un dubbio ovvero se l’uovo venisse espulso dal grembo materno così com’era oppure se ricevesse dall’organismo materno un rivestimento, frutto delle sostanze [[proteine|proteiche]] prodotte dalla madre come avveniva generalmente negli animali che covavano uova.<ref>Schleiden 1867,name="ref_F" p. 664.</ref><br>
Schleiden concluse che negli uccelli si assiste alla formazione di un rivestimento proteico non [[calcificato]] che avvolge l’uovo, lo protegge e che viene rotto dal pulcino al momento della nascita.<br>
L’evoluzione dell’embrione segue dei passi fondamentali, la formazione dell'uccello avviene a partire dal [[tuorlo]] il quale è destinato a scomparire man mano che procede lo sviluppo. L’aria penetra attraverso il guscio poroso dell’uovo che consente all’embrione di respirare e di espellere l’aria consumata.<ref>Schleiden 1867, p. 665.</ref><br>
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== Contributi alla botanica ==
Il lavoro scientifico di Schleiden iniziò su una problematica che aveva ricevuto una grande attenzione nei decenni precedenti, la fitogenesi, i processi di formazione delle piante a partire dal [[seme]]. In un lavoro celebre "Beiträge zur Phytogenesis" (Contributi alla Fitogenesi), pubblicato nel 1838, che fu tradotto immediatamente in francese ed in inglese, Schleiden tratta del problema dello sviluppo delle cellule, sia nel processo di formazione della pianta, sia per quanto riguarda lo sviluppo di nuove cellule nella pianta stessa.<ref>Rossi 2000,name="ref_A" p. 385.</ref><br>
In questo articolo si sostiene il ruolo del [[nucleo cellulare]] che Schleiden riprende da Robert Brown e chiama "citoblasto", nella formazione di nuove cellule e si introduce il concetto di identità morfologica di tutte le specie cellulari, in base all'identità della loro genesi.
La cellula diviene l'unità costitutiva del mondo vegetale ed ogni pianta è considerata un aggregato di "esseri isolati, individualizzati, definiti: di cellule".<ref name="ref_B">Rossi 2000, p. 386.</ref><br>
Ogni cellula, secondo un modello che diverrà rapidamente classico, «conduce una doppia vita», una indipendente ed autonoma ed un'altra «mediata, in quanto la cellula fa parte integrante della pianta». Di conseguenza il processo vitale delle cellule è il fondamento "sia della fisiologia vegetale che della fisiologia comparata in generale".<ref>Rossi 2000,name="ref_B" p. 386.</ref><br>
Il problema centrale è dunque: come si produce questo «piccolo organismo particolare, la cellula?». Questo punto viene poi ripreso in un trattato di botanica del 1842, dove il concetto di individualità diviene la base teorica per lo studio della pianta nel suo complesso: «dato che le cellule organiche elementari presentano una marcata individualità, poiché in esse si trova l'espressione più generale della nozione di pianta, occorre innanzitutto studiare questa cellula come fondamento di tutto il mondo vegetale».<ref>Rossi 2000,name="ref_B" p. 386.</ref><br>
Il manuale di botanica di Schleiden, apparso in due parti nel 1842 e 1843, con il titolo "Grundzüge der wissenschaftlichen Botanik" (Lineamenti di botanica scientifica), ebbe un impatto notevolissimo sulla disciplina, anche per le indicazioni metodologiche che il libro conteneva. Tali indicazioni furono poi sviluppate nelle edizioni successive.<ref>Rossi 2000,name="ref_B" p. 386.</ref><br>
Rifiutando il modo tradizionale di trattare i problemi della botanica, prima basato sui problemi della classificazione, da cui discendevano assiomaticamente le conoscenze, e poi dominato dalle teorie della [[filosofia della natura]], Schleiden si fa sostenitore di un [[metodo induttivo]], basato sull'osservazione dei fatti e sul rifiuto delle generalizzazioni filosofiche (l'opposto di quanto farà Schwann nella fase finale della sua carriera). Anche nell'impostazione il libro stabilisce un nuovo modello iniziando dalla descrizione degli elementi che costituiscono le piante, passando poi alla cellula e infine alla morfologia.<ref>Rossi 2000,name="ref_B" p. 386.</ref>
 
== Contributi alla farmaceutica ==