Economie di scala: differenze tra le versioni

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=== Economie di scala e rendimenti crescenti di scala ===
I [[rendimenti di scala]] si riferiscono alla relazione esistente tra variazione degli [[input]] di produzione e variazione dell'[[output]]. Questa relazione è quindi espressa in termini "fisici". Invece quando si parla di economie di scala la relazione presa in esame è quella tra il costo medio di produzione e la dimensione di scala. Le economie di scala tengono quindi conto dei prezzi degli [[input]]. Se i prezzi degli input rimangono invariati al crescere delle quantità acquistate, le nozioni di rendimenti crescenti di scala ed economie di scala possono essere considerate equivalenti. Se però i prezzi degli input variano in relazione alle quantità acquistate dall'impresa, è necessario distinguere tra [[rendimenti di scala]] ed economie di scala. Il concetto di economie di scala è più generale rispetto a quello di [[rendimenti di scala]] poiché include la possibilità di una riduzione nel prezzo degli input quando la quantità acquistata degli input cresce all'aumentare della scala di produzione. <ref>Morroni (1992, p. 142; 2010, p. 127)</ref>
 
===Economie di scala ed economia d'impianto===
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===Economie nelle transazioni===
Una dimensione di scala maggiore determina in genere un maggiore potere contrattuale sui prezzi degli input e quindi beneficiare di economie pecuniarie nelle condizioni di acquisto di materie prime e beni intermedi rispetto alle imprese che fanno ordinazioni di ammontare minore. Si parla in tal caso di economie pecuniarie o monetarie, per mettere in evidenza il fatto che niente cambia dal punto di vista "fisico" dei rendimenti di scala. Inoltre i contratti di fornitura comportano costi fissi, e quindi un aumento nella quantità scambiata, associato a un incremento della scala di produzione, comporta costi medi decrescenti.[4] Allo stesso modo un’impresaun’ impresa più grande può essere avvantaggiata, rispetto a una più piccola, nel reperimento di [[capitale monetario]] con costi minori di finanziamento degli investimenti.
 
==Economie di scala statiche vs dinamiche: le economie di apprendimento==
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La relazione tra la produzione cumulata e i costi unitari è stata sintetizzata nella [[curva di esperienza]].
 
Va notato come, mentre le economie di scala sono in parte collegate alla dimensione del singolo impianto, le economie di apprendimento sono del tutto scollegate da questo, dipendendo dalla produzione cumulata, cioè dall'[[integrale]] della quantità prodotta rispetto al tempo partendo dall'inizio del [[Gestione del ciclo di vita del prodotto|ciclo di vita di un prodotto]].
 
==Le economie di scala nella teoria economica==
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===Le economie di scala in Marx===
Ne [[Il Capitale]] ([[1867]]), [[Karl Marx]] richiamandosi a [[Charles Babbage]] più che a Mill (verso il quale nutre una bassissima considerazione), analizza diffusamente le economie di scala interne all'impresa e ne conclude che come tali queste siano uno di quei fattori che inevitabilmente porteranno alla sempre maggiore concentrazione del capitale. Marx osserva che nel sistema
capitalistico le condizioni tecniche del processo lavorativo sono di continuo rivoluzionate per aumentare la forza produttiva del lavoro e aumentare il plusvalore. Secondo Marx “con la cooperazione di molti operai [...] si ottiene”, da una parte, “un'economia nell'mpiego dei mezzi di produzione”, dall’altra, un incremento della produttività dovuto all'aumento della divisione del lavoro. Inoltre l'aumento delle dimensioni del macchinario permette di realizzare rilevanti economie nei costi di costruzione, installazione ed esercizio.<ref>Marx (1867, pp. 353 sg., 366, 371; 1894, pp. 111-13).</ref> La tendenza a sfruttare le economie di scala comporta un continuo incremento del volume della produzione che, a sua volta, richiede un'espansione costante delle dimensioni del mercato.<ref>Marx (1867, p. 357).</ref> Tuttavia, se il mercato non si espande allo stesso ritmo degli incrementi della produzione, si possono manifestare crisi di sovrapproduzione. Secondo Marx il sistema capitalistico è dunque caratterizzato da due tendenze, connesse alle economie di scala: verso una sempre maggiore concentrazione e verso crisi economiche da sovrapproduzione.
 
===Le economie di scala in Marshall===
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Riguardo alle economie interne di scala Sraffa in modo lapidario afferma:
 
:"I casi nei quali la produttività cresce in conseguenza di variazioni nelle dimensioni della singola azienda non possono trovar posto nella teoria della determinazione del prezzo in regime di libera concorrenza, poiché è chiaro che, se un'azienda può diminuire i suoi costi senza limite aumentando la produzione, essa continuerà a ridurre il prezzo di vendita fino a che non avrà conquistato tutto il mercato, ed allora si sarà usciti dall'ipotesi di concorrenza; quindi non ci fermiamo ad analizzarli."<ref>Sraffa (1925, pp. 41-42).</ref>
Secondo Sraffa anche Marshall arriva presto a tale conclusione. Per giustificare l'operare della legge dei rendimenti crescenti senza che questo entri in conflitto con l'ipotesi di libera concorrenza, Marshall tende ad evidenziare i vantaggi della localizzazione dell'attività produttiva e delle economie esterne legate alla quantità prodotta dall'intera industria. Ma secondo Sraffa questo non basta: "non si può infatti presumere che ad ogni aumento di produzione corrisponda una maggiore localizzazione dell'industria e ad ogni diminuzione un diffondersi degli stabilimenti sopra un territorio più esteso".<ref>Sraffa (1925, pp. 43-44).</ref> Non solo, Sraffa osserva che, per poter avere una qualche influenza sul prezzo di offerta, tali economie dovrebbero essere sì esterne alla singola impresa,
 
ma interne al settore. Tuttavia, come Marshall stesso riconosce, le economie di scala, “possono raramente essere allocate esattamente in una precisa industria: esse sono in gran misura presenti in gruppi spesso larghi gruppi, di industre correlate.<ref>Marshall (1919, p. 188) citato in Sraffa (1926, p. 73).</ref> In ogni caso, nota Sraffa, “nei casi in cui le economie esterne […] esistono, esse non sono associate a piccoli incrementi della produzione”. Sraffa conclude che, anche se la presenza di economie esterne all’impresa e interne all’industria può essere un’importante elemento che contribuisce a spiegare lo sviluppo industriale locale, nella teoria dei prezzi di equilibrio delle singole industrie, non può svolgere un ruolo importante perché questa teoria è basata su cambiamenti marginali delle quantità prodotte.<ref>Sraffa (1926, p. 73).</ref>
Secondo Sraffa anche Marshall arriva presto a tale conclusione; così, per giustificare l'operare della legge dei rendimenti crescenti senza che questo entri in conflitto con l'ipotesi di libera concorrenza, egli tende ad evidenziare i vantaggi della localizzazione dell'attività produttiva.
Per Sraffa tutto questo è funzionale ad una giustificazione dellala "simmetria fondamentale" delle forze di domanda e offerta su cui poggia tutta la [[teoria del valore]] in Marshall, ma risulta essere alla prova dei fatti "una costruzione ipotetica ed irreale". Non solo. Sraffa osserva che, per poter avere una qualche influenza sul prezzo relativo di offerta, tali economie dovrebbero essere sì esterne alla singola impresa, ma interne al settore.
Ma anche questo non basta: "non si può infatti presumere", nota Sraffa, "che ad ogni aumento di produzione corrisponda una maggiore localizzazione dell'industria e ad ogni diminuzione un diffondersi degli stabilimenti sopra un territorio più esteso".
Marshall sviluppa così nei ''Principles'' il concetto di economie esterne, in cui l'operare della legge dei rendimenti crescenti è legata alla quantità prodotta complessivamente.
 
Per Sraffa tutto questo è funzionale ad una giustificazione della "simmetria fondamentale" delle forze di domanda e offerta su cui poggia tutta la [[teoria del valore]] in Marshall, ma risulta essere alla prova dei fatti "una costruzione ipotetica ed irreale". Non solo. Sraffa osserva che, per poter avere una qualche influenza sul prezzo relativo di offerta, tali economie dovrebbero essere sì esterne alla singola impresa, ma interne al settore.
 
Nell'articolo del '26 Sraffa suggerisce poi la possibilità di "abbandonare la via della libera concorrenza" per rivolgersi verso lo studio di imprese che, da un lato, siano dotate di un proprio mercato particolare, ma che dall'altro non si trovino in condizioni di puro monopolio (Questo stimolò tutta una serie di studi sui casi di [[concorrenza imperfetta]] a [[Cambridge]]). Mentre, laddove venisse mantenuta l'ipotesi di [[concorrenza perfetta]], le economie di scala dovrebbero essere escluse.
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==Bibliografia==
*Babbage, C. (1832), ''On the Economy of Machinery and Manufactures'', Londra, Knight; trad. it. ''Sull'economia delle macchine e delle manifatture'', in https://archive.org/stream/bub_gb_kxFIoGAjaXAC/bub_gb_kxFIoGAjaXAC_djvu.tx.
*Baumol W.J. (1961), ''Economic Theory and Operational Analysis'', Englewood Cliffs, New Jersey, Prenticel Hall, 4ª° ed., trad. it. ''Teoria economica e analisi operative'', Milano, F. Angeli, 1968.
*Georgescu-Roegen, N. (1966) ''Analytical Economics: Issues and Problems'', Cambridge, Mass., Harvard University Press.
*Kaldor, N. (1972), ''The irrelevance of equilibrium economics'', The Economic Journal, trad. it. ''La irrilevanza delle teorie dell'equilibrio economico'', in M. D'Antonio (a cura di), ''La crisi postkeynesiana, Torino, Boringhieri, 1975.
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*Marshall, A. and Marshall, M. P. (1975), ''Economia della produzione'', Becattini, G. (a cura di), Milano, ISEDI.
*Marshall, A. (1975), ''Teoria pura dei prezzi interni'', in Conigliani, C. (a cura di), Teoria pura del commercio estero e Teoria pura dei prezzi interni, Milano, Feltrinelli Editore.
*Marx, K. (1867), ''Das Kapital''; trad. it. di D. Cantimori e R. Panzieri, ''Il capitale'', libro I, Roma, Editori Riuniti, 1970.
*Marx, K. (1870), ''Il Capitale''.
*Marx K. (1894), ''Das Kapital''; trad. it. di M.L. Boggeri e R. Panzieri, ''Il capitale'', libro III, Roma, Editori Riuniti, 1970.
*Mill, J. S. (1983), ''Principi di economia politica'', Torino, Unione Tipografico-Editrice Torinese.
*Morroni, M. (1992), ''Production Process and Technical Change'', CUP, Cambridge.
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
*{{cita web | 1 = http://cepa.newschool.edu/het/essays/product/returns.htm#understanding | 2 = The History of Economic Thought Website: Neoclassical Theories of Production - Returns to scale | accesso = 21 ottobre 2005 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20051130035216/http://cepa.newschool.edu/het/essays/product/returns.htm#understanding | dataarchivio = 30 novembre 2005 | urlmorto = sì }}
*{{cita web|http://internationalecon.com/v1.0/ch80/80c020.html|The International Economics Study Center: Economies of scale and Returns to scale}}
*{{cita web|http://www.tutor2u.net/economics/content/topics/buseconomics/cost_measures.htm|Measuring Costs of Production}}