Romano Prodi: differenze tra le versioni
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Nel [[1963]] iniziò la sua carriera accademica come assistente di [[Beniamino Andreatta]] alla cattedra di "[[economia politica]]" della facoltà di [[Scienze politiche]] dell'[[Università di Bologna]]. Nel [[1973]] all'[[Università di Trento]], il cui rettore era all'epoca il fratello [[Paolo Prodi]]<ref>{{cita web|url=http://portale.unitn.it/ateneo/portalpage.do?channelId=-8319&channel2Id=-54729&content_OID=272578&page=/jsp/editorial/editorial.jsp&programId=272590|titolo=Tutti i Rettori dell'Ateneo|opera=[[Università degli Studi di Trento]]|accesso=16 novembre 2009|urlmorto=sì}}</ref>, ha l'incarico per l'insegnamento di "Economia e politica industriale", l'anno successivo l'[[Università di Harvard]] negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] lo chiama come ''[[visiting professor]]''. Come professore ordinario, tenne la cattedra di "Economia politica e industriale" all'[[Università di Bologna]] fino al [[1999]]. È stato anche ''visiting professor'' presso lo [[Stanford Research Institute]]. Ha insegnato presso il Johns Hopkins University - SAIS - Bologna Center.
Il 6 febbraio [[2009]] è stato nominato professore presso l'Istituto di Studi Internazionali della [[Brown University]]<ref>{{cita web|url=
I temi delle sue ricerche hanno riguardato principalmente lo sviluppo delle [[Piccola e media impresa|piccole e medie imprese]], dei [[distretto industriale|distretti industriali]] e la politica contro i [[monopolio|monopoli]]. In un secondo momento si è anche interessato delle relazioni fra [[Stato]] e [[Mercato]] e della dinamica dei diversi modelli di [[capitalismo]].
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L'IRI, durante il primo mandato di Prodi, nel 1985 fallì nell'intento di cedere la SME a privati. Dopo aver ottenuto per l'intero assetto della società solo l'offerta d'acquisto della [[Buitoni]] di [[Carlo De Benedetti]], con essa siglò un'intesa preliminare, da far approvare dal proprio Cda e dal governo. L'accordo prevedeva la vendita dell'intera partecipazione dell'IRI, pari al 64% del capitale, della SME e la cessione della [[Sidalm]], a un prezzo in linea con quanto stabilito dalle perizie effettuate su richiesta dell'ente pubblico a soggetti terzi<ref name="autori_perizie">Un primo documento fu redatto da [[Roberto Poli]], professore di Ragioneria generale alla Cattolica di Milano. Un'altra perizia fu stilata da [[Luigi Guatri]], rettore dell'Università Bocconi</ref>. Tale accordo non portò però ai suoi effetti. Nonostante l'approvazione all'unanimità del consiglio dell'IRI, fermamente intenzionata a uscire dal settore alimentare<!--per favorire investimenti in settori come quello delle telecomunicazioni e a tecnologia più avanzata-->, decisione appoggiata anche dal [[Comitato interministeriale]] per la Politica Industriale (CIPI), quanto stabilito saltò perché, alla fine, venne meno l'appoggio del governo, presieduto allora da [[Bettino Craxi]], che vedeva come ministro per le Partecipazioni statali [[Clelio Darida]], con cui il presidente dell'IRI aveva fino alla stipula dell'accordo relazionato sulla vicenda.
Vi fu così un primo rinvio della decisione, causato dall'arrivo di un'offerta anonima superiore del 10% di quella di De Benedetti poco prima dei termini a disposizione, seguita da un'ulteriore offerta, da parte di Barilla, Berlusconi e Ferrero, davanti un'altra scadenza e da quelle di altri imprenditori. De Benedetti volle portare la questione con l'IRI in tribunale perché si sentì discriminato e pensò di poter far valere come contratto l'accordo firmato con Prodi. Dalla sentenza di primo grado, che diede torto alla Buitoni, scaturì il [[Processo SME]], che vide imputati [[Silvio Berlusconi]] e altri per corruzione di giudici. Ciò nonostante, la sentenza in appello venne confermata, seppur criticandone le motivazioni addotte<ref name="fonte_critiche_sentenza_primigrado">[
Toccata da problematiche giudiziarie, da dispute politiche e senza un esplicito assenso governativo, la questione della privatizzazione della SME venne nei successivi anni messa completamente da parte, nel [[1988]] un nuovo intervento del CIPI riconsiderò strategico il mantenimento del gruppo.
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Prodi lasciò l'incarico di garante il 20 maggio [[1993]] per tornare alla presidenza dell'IRI su richiesta dell'allora Presidente del Consiglio [[Carlo Azeglio Ciampi]]. Nel [[1996]] un'inchiesta sulla questione portò a una serie di 40 perquisizioni della [[Guardia di Finanza]] e al sequestro di numerosi documenti riguardanti la TAV, operazione disposta dal PM di Roma Giuseppa Geremia, e a un'imputazione per concorso in [[abuso d'ufficio]] verso [[Ercole Incalza]] (ex amministratore della TAV) ed [[Emilio Maraini]] (ex dirigente Italfer). Prodi non venne coinvolto direttamente in questa seconda inchiesta.
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In seguito a un articolo polemico<ref>{{en}}[
{{citazione|Il Sig. Prodi non ebbe ruolo decisionale nell'assegnazione dei contratti a Nomisma. Inoltre, il Sig. Prodi non aveva alcun interesse, finanziario o altro, in Nomisma. Non era azionista e non copriva alcun ruolo operativo o decisionale nella compagnia. Era semplicemente il presidente del comitato scientifico della compagnia.}}
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|Trascrizione delle dichiarazioni di Gerald Batten a Strasburgo il 3 aprile 2006<ref>{{cita web
|autore=
|url=
|titolo= Intervento di Gerard Batten
|accesso=13 marzo 2008
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