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Il '''campo di concentramento di Arbe''' viene istituito dal comando della [[Regio Esercito|Seconda Armata italiana]] nel luglio del [[1942]] ad [[Arbe]] nel [[Carnaro]] ed ha ospitato complessivamente tra i 10.000 e 15.000 internati tra [[Slovenia|sloveni]], [[Croazia|croati]] ed [[Ebreo|ebrei]] diventando il più esteso e popolato [[Campi di concentramento per slavi|campo di concentramento italiano per slavi]]. Il campo si caratterizza per la durezza del trattamento riservato agli internati
== Il contesto storico ==
Nel [[1918]] con la fine della [[Prima Guerra Mondiale]] l’Italia include nei suoi confini
Negli [[anni Trenta]] il regime fascista stabilisce un rapporto privilegiato con gli ustascia e il loro leader [[Ante Pavelic]], accogliendoli in basi di addestramento in [[Italia]].
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In seguito all'adesione da parte del reggente jugoslavo [[Paolo Karađorđević]] al [[Patto Tripartito]] si scatenano un colpo di stato e una sollevazione popolare (27 marzo [[1941]]). <ref>Gobetti, ''Alleati del nemico'' pp.7-8</ref>
Il 6 aprile 1941 le forze [[Nazifascismo|nazifasciste]] sulla base di una comune decisione aggrediscono la Jugoslavia. La Jugoslavia viene divisa in zone d'occupazione e di influenza italiana e [[Germania|tedesca]]. L'area di influenza italiana è divisa in tre zone, con parte della Slovenia
Nelle intenzioni dell’Asse lo stato croato, divenuto indipendente e governato dagli ustascia, doveva rimanere una sorta di tranquillo satellite
Nel giugno del 1941, in seguito all’invasione nazista dell’[[Urss]], scoppia una vasta e eterogenea insurrezione contro l’occupante in cui assumono rilievo i partigiani del Partito Comunista Jugoslavo guidati da [[Josip Broz]] detto Tito, unica forza panjugoslava attiva su tutto il territorio; in Croazia, a causa dei massacri, esplode la rivolta antiustascia egemonizzata da nuclei di nazionalisti serbi ([[cetnici]]) a cui partecipano anche gruppi di partigiani comunisti. L’esercito italiano
Il peso della resistenza comunista cresce e si consolida al punto da spingere gli ustascia ad allearsi di fatto con i cetnici, diventando entrambi truppe ausiliarie della II Armata posta sotto il comando del [[Mario Roatta|generale Roatta]].
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L’avanzata partigiana sottrae molte aree all'esercito di occupazione e in Slovenia, sotto l’egida del Fronte di liberazione, la lotta armata si diffonde nella provincia di Lubiana. <ref>Gobetti, ''Alleati del nemico'' pp. 33-38 </ref>
Per contrastarla Roatta emana nel marzo [[1942]] la circolare 3C
== Il campo ==
[[File:Inmate_children_at_the_Rab_concenctration_camp.jpg|link=https://it.wikipedia.org/wiki/File:Inmate_children_at_the_Rab_concenctration_camp.jpg|miniatura|Bambini internati ad Arbe]]
Il campo di Arbe, divenuto il più noto tra quelli italiani in Jugoslavia per il suo alto tasso di mortalità, aveva una capienza di circa 10.000 persone. Nelle intenzioni del [[Mario Robotti|generale Mario Robotti]] Arbe doveva essere “Arbissima”, il modello del campo di concentramento al suo massimo livello di rigore.<ref> Tone Ferenc, ''Rab - Arbe - Arbissima Confinamenti - rastrellamenti - internamenti nella provincia di Lubiana 1941 - 1943: documenti'', Ljubjana, Institut za novejso zgodovino Drustvo piscev zgodovine NOB, 2000, p.3 </ref> Come gli altri campi per slavi, situati in Jugoslavia e nel nord-est italiano,
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Inizialmente concepito per internare 20-25000 prigionieri e ridimensionato intorno ai 10-11000 posti, prevedeva la costruzione di quattro settori distinti, ma all'arrivo dei primi internati erano pronte solamente le baracche di servizio ed erano disponibili per gli internati soltanto un migliaio di tende militari da sei posti. Il primo gruppo giunge ad Arbe il 28 giugno 1942 ed è composto da 198 sloveni provenienti da Lubiana, mentre un secondo gruppo di 243 arriva il 31 agosto. Complessivamente vengono portati ad Arbe 27 gruppi di internati di cui il più cospicuo è di 1194 persone giunte il 6 agosto. Dei quattro campi inizialmente immaginati ne vengono realizzati solo tre. Nel 1° e nel 3° vengono inseriti i "repressivi" (soprattutto sloveni), mentre nel 2° i "protettivi" (soprattutto ebrei).<ref> Gianni Oliva, p. 131; campifascisti.it </ref>
Con l'arrivo della stagione autunnale la situazione nei campi diviene più difficile, soprattutto in quelli in cui sono reclusi i "repressivi", dove le piogge provocano più volte il riversamento del liquame delle latrine del campo, arrivando alla distruzione di
== L'internamento repressivo degli slavi ==
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Come sottolinea Capogreco, i deportati jugoslavi costituiscono la categoria più colpita dal regime fascista per i numeri e la durezza della persecuzione, che nei loro confronti appare improntata al modello coloniale sperimentato in [[Africa]] negli anni Trenta.<ref> Capogreco, pp.82; 140-41; sul carattere coloniale della guerra in Jugoslavia cfr. anche Gobetti, pp. 92-93 </ref>
Le dimensioni di massa dell’internamento vanno ricondotte anche al progetto di
Unici in [[Europa]], i campi per slavi sono tendopoli esposte alle intemperie e prive di requisiti igienici, caratterizzati da denutrizione cronica e malattie. Arbe ne costituisce l’esempio estremo. Complessivamente ad Arbe vengono internati circa 10.000 civili, tra cui vecchi, donne e bambini di famiglie sospettate di collaborare con il movimento partigiano, spesso provenienti dai villaggi incendiati, ma anche residenti in aree sgombrate per esigenze belliche.<ref> Cattaruzza, L'Italia e il confine orientale, p. 230 </ref> La cifra non comprende coloro che sono passati in transito verso altri campi, nei territori occupati o nel Regno d'Italia.
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|'''Periodo'''
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A causa della precarietà in cui versa il campo l'inverno del 1942 è molto duro per gli internati, che hanno le tende come unico riparo e spesso sono privi del vestiario adeguato. Peculiarità del campo è anche, riportano i sopravvissuti, il sadismo del comandante, [[Vincenzo Cuiuli|il colonnello dei carabinieri Vincenzo Cuiuli]], il quale, nonostante ciò violasse le norme italiane, faceva incatenare a dei pali gli internati in punizione. L'alimentazione insufficiente rende gli internati particolarmente deperiti e soggetti a diverse malattie, tra cui la [[tubercolosi]] e le infezioni intestinali che contribuiscono all'elevato tasso di mortalità.<ref> Gobetti, Alleati del nemico, p. 88-89; Cattaruzza pp.230 - 231; Gianni Oliva p.132; campifascisti.it </ref> Secondo
Nel novembre del 1942 il vescovo di Lubiana Gregorij Rožman si
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Nell'area occupata dall'Italia si trovavano alcune centinaia di ebrei concentrati soprattutto nella città di [[Mostar]]<nowiki/> e lungo la costa, cui si aggiungono migliaia di profughi in fuga dai territori occupati dai tedeschi e dai massacri commessi dagli ustascia nello Stato Indipendente di Croazia. Eccetto una parte respinta alla frontiera di Fiume gli ebrei vengono accolti nel Governatorato di Dalmazia e la protezione viene estesa anche a quelli che si trovavano nelle zone occupate dalle truppe italiane in Croazia i quali, pur sottoposti a vigilanza continuarono, a vivere liberamente Alla fine del 1942 la situazione si complica quando alle richieste croate di ottenere gli ebrei presenti nei territori occupati italiani si aggiungono anche le pressioni tedesche. <ref> Gobetti, Alleati del nemico, p. 131 Millo, ''L'Italia e la protezione degli ebrei'', in Caccamo Monzali (a cura di), ''L'occupazione italiana della Iugoslavia'', pp. 367; Gobetti, p. 129-30; Steinberg, p. 81</ref>
La tragedia che avrebbe colpito gli ebrei in caso di consegna, inizialmente ipotizzata, fa sì che il Regio Esercito escogiti pretesti e opponga una serie di rinvii per non procedere ad alcuna consegna degli ebrei internati anche ad Arbe
Si ipotizza in un primo tempo di internare gli ebrei in locande e alberghi dismessi nella città di [[Grado (Italia)|Grado]], poi si preferisce la soluzione del campo di Arbe dove viene allestita appositamente un'area in cui sono fatti confluire complessivamente gli oltre 3.500 nuovi internati. Qui gli ebrei vivono in una condizione sicuramente migliore degli internati slavi potendo ricevere visite esterne e svolgere attività ricreativa. <ref> Gobetti, p. 131; Cattaruzza, p. 214; Romano, ''Jevreji u logoru na Rabu i njihovo uklucivanje u Narodnooslobodilacki rat'', in: "Zbornik" 1973 n. 2 p. 70</ref>
A contribuire almeno in parte alla salvezza degli ebrei jugoslavi, il bando emanato nel 1941 dal [[Vittorio Ambrosio|generale della II Armata Ambrosio]] prometteva salva la vita a tutti coloro che indipendentemente da religione e nazionalità si fossero sottomessi all’autorità militare italiana. Ma in ultima istanza l’escamotage che permette di salvare migliaia di profughi dalla deportazione è la decisione da parte dei comandi italiani in Jugoslavia di internare le minoranze perseguitate finora non sottoposte a misure restrittive (ebrei e serbi di Croazia) per mettere a tacere le accuse di mancata collaborazione con l’alleato tedesco: internati, sì, ma in campi a scopo protettivo. <ref>"(...) Nell'agosto-settembre 1941, per fermare la violenza antiebraica e stroncare gli eccidi in corso fra serbi e croati, l'Esercito italiano assunse provvisoriamente il controllo di una nuova zona ceduta dalla Croazia di Pavelic. (...) Mentre Mussolini per non sfidare apertamente i tedeschi si opponeva all'ipotesi di un trasferimento dei rifugiati in Italia, in gran parte ebrei stranieri formalmente impediti all'ingresso nella penisola da una legge del 1939, nel 1942, fu finalmente escogitata la formula che avrebbe permesso di sfuggire alle pretese dell'alleato pur senza affrontarlo in un rifiuto diretto. I circa 3000 ebrei croati e stranieri (...) dal mese di ottobre (furono) internati in appositi campi (...) allo scopo di tacitare le accuse tedesche di spionaggio a favore del nemico, sarebbero stati sottoposti ad un lungo e laborioso censimento (...). La tattica temporeggiatrice funzionò fino al febbraio 1943 (...) quando Mussolini cedette alle richieste di trasferire gli ebrei a Trieste dove sarebbero stati prelevati dai tedeschi, autorizzando però i suoi generali a trovare nuovi pretesti per il rinvio. (...) nel marzo 1943 si decise di concentrare tutti i rifugiati in un campo dipendente dalla II Armata nell'isola dalmata di Arbe, (...) cioè in un territorio sottoposto alla sovranità italiana, al sicuro da qualsivoglia insidioso tentativo di colpo di mano". Anna Millo, ''L'Italia e la protezione degli ebrei'', in ''L'occupazione italiana della Iugoslavia'', Le Lettere, 2009, pp. 367 e 367. </ref>
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=== La chiusura del campo ===
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 il campo viene temporaneamente occupato dalle forze partigiane di Tito. Gli internati ebrei - liberati - raggiungono in massima parte la terraferma. Di costoro circa 240 giovani atti alle armi sono radunati in un battaglione ebraico<ref>Per una foto del reparto si veda http://emperors-clothes.com/croatia/rab.jpg</ref> che combatte nell'[[Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia|EPLJ]] contro l'Asse; 200 persone rimangono sull'isola e vengono catturate dai tedeschi durante la successiva occupazione nazista; infine, circa 200 persone raggiungono via mare l'Italia<ref>Menachem Shelah, ''Un debito di gratitudine. Storia dei rapporti tra Esercito Italiano e gli ebrei in Dalmazia (1941-1943)'', USSME, 1991, pp. 156-168.</ref>.
Negli [[Anni 1950|anni cinquanta]] viene eretto un monumento commemorativo ad opera dell'architetto sloveno [[Edvard Ravnikar]].
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