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{{Infobox conflitto
|Tipo=Guerra
|Nome del conflitto=Guerra Savoia-Genova del 1625
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== Antefatti ==
Le tensioni tra il ducato di Savoia e la repubblica di Genova risalivano a molto prima del 1625. Nel 1533 l'ultimo marchese del Monferrato, [[Giangiorgio Paleologo]], morì senza eredi e il territorio, dopo essere stato sequestrato dall'impero, fu assegnato nel 1536 ai Gonzaga grazie al [[trattato di Cateau-Cambrésis]]<ref>{{cita| Enrico Lusso| p. 190|Lusso2015}}, 2015.</ref>. Questo provocò l'entrata del marchesato nell'orbita spagnola garantendo assieme al [[marchesato del Finale]] un corridoio tra Genova, filospagnola, e Milano. Il problema era che i Savoia vantavano diritti sull'area, e questo portò a numerose tensioni nei decenni seguenti<ref>{{cita| Enrico Lusso| p. 191|Lusso2015}}, 2015.</ref>. Dopo la prima guerra del Monferrato, finita nel 1617 con il ritiro delle truppe savoiarde<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/guerre-del-monferrato_%28Dizionario-di-Storia%29/|titolo=Guerre del Monferrato|accesso=8 maggio 2019}}</ref>, il ducato, interessato anche a ottenere ulteriori sbocchi sul mare, non ritenendo sufficienti Oneglia e Maro acquisiti in precedenza, si focalizzò sulla Repubblica di Genova<ref>{{cita| Enrico Lusso| p. 196|Lusso2015}}, 2015.</ref>. Altro elemento problematico fu il [[Marchesato di Zuccarello]], utile per potere controllare la [[Riviera di Ponente]]: esso era stato comprato da [[Carlo Emanuele I]] nel 1586 dal marchese [[Scipione del Carretto]], ma la repubblica di Genova contraria mandò all'imperatore [[Rodolfo II d'Asburgo|Rodolfo II]] un inviato a Praga per chiedere, col supporto di [[Ottavio del Carretto]] fratello del marchese e gentiluomo alla corte imperiale, che la compravendita fosse invalidata. L'imperatore nel 1593 diede infine il territorio a Ottavio del Carretto, a patto che all'estinzione della famiglia il feudo passasse ai Savoia. Ma nel 1622 tale diritto fu annullato e Ottavio vendette il marchesato alla repubblica di Genova nel 1624<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/manfredo-goveano_%28Dizionario-Biografico%29/|titolo=Manfredo Goveano|accesso=8 maggio 2019}}</ref>. Nel 1623 il duca di Savoia, la Francia e Venezia firmarono un'alleanza per la [[Guerra di Valtellina]], ma nel 1624, all'insaputa dei Veneziani, il ducato e i Francesi (che volevano distrarre gli Spagnoli dagli altri fronti su cui erano impegnati in quel periodo) organizzarono le operazioni contro la repubblica di Genova, e ne pianificarono la spartizione tra loro<ref>{{cita| Frédéric Ieva| pp. 83-84| Ieva2015}}, 2015. </ref>. Nei primi mesi del 1625 i Francesi fecero marciare i loro soldati in Piemonte, e negli stessi mesi i Genovesi, accortisi delle manovre, iniziarono i preparativi militari, mentre il [[Gómez Suárez de Figueroa y Córdoba|duca di Feria]], inviato del [[Filippo IV di Spagna|re di Spagna]], disse che la Spagna avrebbe sostenuto la Repubblica, e su insistenza dei Genovesi promise che 4000 [[Mercenari svizzeri|svizzeri]] sarebbero stati mandati ad aiutare lo stato ligure<ref>{{cita| Frédéric Ieva| p. 85| Ieva2015}}, 2015. </ref>.
 
== Eserciti/forze in campo ==
===Genova===
La repubblica di Genova allora impiegava stabilmente pochi soldati (giusto il necessario per proteggere Genova da rivolte o colpi di mano da fazioni politiche e alcuni centri rivieraschi e posti di confine<ref>{{cita| Carlo Bruzzo| p. 161| Bruzzo1938}}, 1938.</ref>), che nel 1625 arrivavano a un totale di 1600 uomini a Genova e Savona e 620 in fortezze minori <ref>{{cita| Carlo Bruzzo| p. 162| Bruzzo1938}}, 1938.</ref>. In caso di guerra si assoldavano mercenari detti "stipendiati", specialmente tedeschi, svizzeri e corsi, ma si poteva ricorrere anche a soldati arruolati localmente detti "paeselli". Per alleggerire il fardello delle case pubbliche era possibile che ricchi privati mantenessero a proprie spese delle compagnie di soldati<ref>{{cita| Carlo Bruzzo| pp. 161-162| Bruzzo1938}}, 1938.</ref>. A supportare il tutto vi erano poi le compagnie della Milizia, servizio a cui tutti gli uomini validi della Repubblica erano sottoposti, ma solo alcuni vi prendevano parte, e questi individui erano chiamati "Scelti". Questi uomini dovevano provvedere da soli al proprio equipaggiamento e alle munizioni, e non ricevevano alcuna paga<ref>{{cita| Carlo Bruzzo| p. 167| Bruzzo1938}}, 1938.</ref>. Privilegi ed esenzioni dal servizio, la gratuità della prestazione e il fatto che ogni soldato dovesse procurarsi le proprie armi ostacolava la funzionalità della milizia, che in molti casi (anche se non tutti, come nella battaglia presso il Monte Pertuso) diede pessima prova di sé. Pare che le truppe della riviera di Levante fossero anche meno idonee di quelle del Ponente ligure, poiché avevano avuto meno occasioni di combattere nel passato recente<ref name="ReferenceA">{{cita| Carlo Bruzzo| p. 168| Bruzzo1938}}, 1938.</ref>. Il territorio della Repubblica era stato diviso in colonnellati, presieduti da colonnelli che si preoccupavano di addestrare la milizia nei giorni di festa<ref>{{cita| Carlo Bruzzo| p. 168| Bruzzo1938}}, 1938.<name="ReferenceA"/ref>.
Le truppe erano composte prevalentemente da archibugieri e picchieri.
 
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== Svolgimento ==
L'8 marzo una forza di 24.000 fanti e 3000 cavalli (un terzo del totale era francese, il resto savoiardo) con 40 cannoni<ref>{{cita| Frédéric Ieva| p. 89| Ieva2015}}, 2015. </ref> avanzò verso [[Capriata]], poi passò a [[Ovada]] e Rossiglione che furono conquistate, ma a causa della difficoltà di muovere l'esercito attraverso i passi montani dovettero dirigersi verso [[Novi]], che fu presa anch'essa, e poi a Volteggio<ref>{{cita| Frédéric Ieva| p. 87| Ieva2015}}, 2015. </ref>. La repubblica di Genova sfortunatamente non era ancora pronta per la guerra, ma dopo un'iniziale panico che fece pensare di abbandonare la riviera di Ponente, mandò [[Tommaso Caracciolo]] (nobiluomo napoletano al servizio spagnolo), appena giunto in città come rinforzo con 3000 uomini. La repubblica di Genova mandò anche 5000 soldati a Voltaggio, dove si scontrarono coi franco-piemontesi e vennero sconfitti<ref>{{cita| Frédéric dIeva| p. 88| Ieva2015}}, 2015. </ref>. Tommaso Caracciolo fu inoltre catturato dall'esercito nemico. Il duca di Savoia assediò e prese [[Gavi]] agli inizi di aprile, ma il re di Spagna aveva mandato altri 6000 soldati a Genova.
Contemporaneamente i Liguri iniziarono a spargere notizia sia a Madrid che a Roma delle brutali occupazioni franco-piemontesi<ref>{{cita| Frédéric Ieva| p. 91| Ieva2015}}, 2015.</ref>. Nello stesso periodo i Genovesi catturarono Oneglia, enclave piemontese dal 1576<ref name="ReferenceB">{{cita| Giuseppe Maria Pira| pp. 40-41|Pira1847}}, 1847.</ref>.
 
A seguito della presa di Gavi, i comandanti sabaudi e francesi ebbero delle divergenze nel mettere in pratica gli accordi stabiliti precedentemente tra il ducato e il regno sulla spartizione del territorio e sul collocamento della guarnigione a Genova, nonostante il fatto che l'esercito non fosse neanche giunto presso la città, ma riuscirono a ricomporre lo screzio verso metà maggio<ref>{{cita| Frédéric Ieva| pp. 92-93| Ieva2015}}, 2015.</ref>. Un tentativo di penetrazione del duca Carlo Emanuele I presso Mignanego e il monte Pertuso fu fermato dalla locale milizia di scelti; in generale la milizia della Val Polcevera si diede alla guerriglia per arrestare l'avanzata nemica.
[[Vittorio Amedeo]], figlio del duca, prese Pieve di Teco con 10.000 uomini e catturò Giovanni Gerolamo Doria che gli si era opposto con 4500 soldati<ref>{{cita|Giuseppe Maria Pira|p. 41|Pira1847}}, 1847.</ref>; poi giunse in rapida successione ad [[Albenga]] (15 maggio), [[Oneglia]] (16 maggio) a [[Porto Maurizio]] (18 maggio) e a [[Ventimiglia]] (22 maggio) accettandone la resa. A Ventimiglia però, nonostante la resa della città, il castello oppose resistenza. Dal 26 maggio i cannoni dell'esercito attaccante aprirono il fuoco, spingendo il governatore alla capitolazione<ref>{{cita| Frédéric Ieva| pp. 93-94| Ieva2015}}, 2015. </ref>. Questo fu l'ultimo successo franco-piemontese della guerra, perché i dissidi tra Carlo Emanuele e il comandante francese, il maresciallo [[François de Bonne de Lesdiguières]], si acuirono nuovamente: il primo voleva puntare a Genova, mentre il secondo, considerando le perdite tra le sue truppe, voleva interrompere la campagna, temendo sia il numero dei soldati spagnoli a Genova sia la mancanza di rifornimenti. Poiché si escludeva l'assedio a Genova, non si poteva però ritornare in Piemonte, pena l'ignominia; inoltre le truppe si trovavano in una posizione poco difendibile, quindi si decise di attaccare Savona<ref>{{cita| Frédéric Ieva| pp. 94-95| Ieva2015}}, 2015. </ref>, ma prima ancora, a inizio giugno, il duca di Feria raccolse truppe ad Alessandria e attaccò Acqui, spingendo i savoiardi a ritirarsi dalle proprie posizioni verso metà giugno<ref>{{cita| Frédéric Ieva| p. 96| Ieva2015}}, 2015. </ref>, mentre il marchese di Santa Cruz con una flotta di settanta galee e 8000 soldati tra Spagnoli e Genovesi riconquistò numerosi centri costieri<ref>{{cita| Giuseppe Maria Pira| pp. 40-41|Pira1847}}, 1847.<name="ReferenceB"/ref> e prese i possedimenti sabaudi di Oneglia e Maro.
Le ostilità furono quindi interrotte fino al 5 marzo 1626, quando col trattato di Monzon si pose fine alla guerra, ma la vera pace si ottenne solo nel 1633<ref>{{cita| Carlo Bruzzo| p. 157| Bruzzo1938}}, 1938.</ref>. Oneglia fu restituita ai Savoia, ma prima le sue fortificazioni furono distrutte<ref>{{cita|Giuseppe Maria Pira| p. 45|Pira1847}}, 1847.</ref>. In definitiva la vittoria genovese riportò lo status quo ante bellum.
 
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* C. Bruzzo, Note sulla guerra del 1625, Atti della Società ligure di storia patria, LXVII, Genova, Società Ligure di Storia Patria, 1938.
* Paola Anna Elena Bianchi, La riorganizzazione militare del Ducato de Savoia e i rapporti del Piemonte con la Francia e la Spagna da Emanuele Filiberto a Carlo Emanuele II (1553-1675), in Davide Maffi e Enrique Garcia Hernàn (a cura di), Guerra y sociedad en la monarquía hispánica: política, estrategia y cultura en la Europa Moderna, 1500-1700, Madrid, Ediciones del Laberinto: Fundación Mapfre, Instituto de Cultura: Consejo Superior de In-vestigaciones Científicas, CSIC, 2006, pp. 189-216, ISBN 84-8483-235-X.
 
 
== Collegamenti esterni ==