Io, l'erede: differenze tra le versioni

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'''''Io, l'erede''''' è una [[commedia]] scritta ed interpretata da [[Eduardo De Filippo]] ([[Napoli]] [[24 maggio]] [[1900]] – [[Roma]] [[31 ottobre]] [[1984]]), nel [[1942]] ed inserita dallo stesso autore nel gruppo di opere che ha chiamato [[Cantata dei giorni pari]].
 
==Trama==
 
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==Analisi della commedia==
 
Eduardo si misura in questa commedia con le tematiche pirandelliane <ref>Racconta [[Andrea Camilleri]] che ebbe frequentazioni di amicizia e di lavoro con Eduardo per la trasposizione televisiva delle sue commedie:«''Io gli chiesi una volta dei suoi rapporti con [[Luigi Pirandello|Pirandello]]. Avevano fatto ‘L’Abito Nuovo’ insieme. Lui aveva una sorta di stima-disistima. Stima l’aveva come uomo di teatro, aveva minore stima come inventore di commedie. Mi raccontò che i "Sei Personaggi...." in realtà non erano originali, ma risalivano non so a quale fonte. Però diceva alla fine: "Come l’ha saputo strutturare lui..." ''».</ref>volendo però mantenere i contatti con la farsa dialettale napoletana. Vuole dimostrare come questo teatro popolare possa assumere a dignità d'arte, come sia possibile cioè la conciliazione tra un uso comico e uno drammatico del dialetto per arrivare ad un tipo di commedia dove permanessero assieme i toni comici alla Scarpetta e quelli drammatici del Teatro d'Arte.
Il fratello Peppino molto sensibile ai gusti del pubblico avrebbe voluto che la commedia non fosse rappresentata ed infatti l'accoglienza del pubblico fiorentino del Teatro La Pergola fu piuttosto tiepida. Eduardo tradusse e rivide profondamente il testo nel 1972 e in questa nuova versione ebbe successo ma egli non recitò più alcun ruolo nella commedia.
 
Il tema apparentemente stravagante della commedia che cioè la beneficenza è qualcosa di positivo sia per chi la fa, soddisfacendo il proprio spirito di altruismo, sia per chi la riceve è qui mescolato alla critica di una certa società borghese che con gli avanzi della propria ricchezza soddisfa il proprio ipocrita buonismo.
Altrettanto paradossale e pirandelliana è la figura di Ludovico Ribera che ragiona con una logica tipica delle maschere di Pirandello: è lui, l'erede, in fondo che benefica la famiglia perché le dà la possibilità di presentarsi agli occhi del mondo con l'ipocrita facciata di benefattori.
 
==Bibliografia essenziale==
*Teatro – ''Cantata dei giorni pari'' di Eduardo De Filippo Mondadori Meridiani 2005
*Giovanni Antonucci, ''Eduardo De Filippo: introduzione e guida allo studio dell'opera eduardiana - storia e antologia della critica'', Firenze 1981
 
==Nota==
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