Domenico di Sora: differenze tra le versioni

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==== Domenico in Campania ====
Le fonti tradizionali non dicono nulla sulle cause del viaggio di Domenico in Campania ed adducono come motivo della nuova missione l'ispirazione divina, arrivata per mezzo di una guida angelica<ref>''Per revelationem profectus''. Alberico, ''op. cit.'', 63.</ref>. Il ''Comitatus Campaniae'' (così si chiavachiamava l'amministrazione feudale della [[Campagna di Roma]]) però, prima dell'arrivo del predicatore, era stato teatro della lotta, come lo era stata la [[Sabina]], tra i [[Crescenzi]] e i nobili locali, che detenevano il titolo di ''comes Campaniae''. Il contrasto nel 969 arrivò al punto che il conte di Campania, Roffredo I di Veroli si schierò con il ''praefectus Urbis'' ribelle Pietro, contro [[Papa Giovanni XIII|Giovanni XIII]], che favoriva i Crescenzi romani, riuscendo però sconfitto<ref>Roffredo I però inizialmente condusse la propria battaglia degnamente, riuscendo persino ad assediare il Papa per confinarlo poi nella stessa Veroli, ''ad fines Marsorum''. Marchetti Longhi G., ''La Ciociaria dal V all'XI secolo.'', in ''La Ciociaria. Storia, arte, costume'', Editalia, Roma 1972.</ref>. Così, benché le agiografie dimentichino completamente il contesto politico in cui operò il santo, risulta evidente la connessione tra la sua attività e la nobiltà romana: Domenico si insediò infatti proprio in quel tratto dei [[monti Ernici]] al confine tra il territorio di Veroli e la [[conti dei Marsi|Contea dei Marsi]], località che erano state teatro della capitolazione dei campanini ribelli a Giovanni XIII.
 
Per tre anni visse qui in una grotta del ''Monte Porca'', un'appendice del ''Monte Rotonaria'', finché non divenne celebre per il suo carisma e per la sua predicazione anche tra i pastori campani e i nobili locali.<ref>Taglienti A., ''op. cit.'', p. 30-31.</ref> Poi, con l'aiuto di alcuni monaci cassinesi, edificò un monastero beneficiando di una donazione del comune di [[Vico nel Lazio|Vico]], attorno al [[987]], dedicato a [[San Bartolomeo]], dove insediò una comunità monastica sotto la direzione di tale Alberto.<ref>«''Et genere et uita et docrtina praeclarus''». Alberico, ''op. cit.'', 65. Sembra che la comunità monastica ivi insediata fosse composta in parte di monaci esuli da Montecassino, che in disaccordo con l'abate [[Mansone]], come altri confratelli lasciarono l'abbazia benedettina fino al 997, quando dopo l'insediamento del nuovo abate Giovanni III, poterono tornare nella loro sede naturale. Taglienti A., ''op. cit.'', p. 31.</ref> L'area è oggi nota come [[Trisulti]], e a poche centinaia di metri dal monastero fondato dal Santo è poi sorta l'omonima [[Certosa di Trisulti]]. Iniziò da qui poi una nuova campagna missionaria, incentivata dalla maggiore vicinanza a Roma e dalla maggiore disponibilità di appoggi politici entro i confini dello [[Stato Pontificio]], che ancora non aveva un'identità giuridica uniforme. Ancora una volta il legame con i Crescenzi, allora l'unica forza politica in grado di intervenire incisivamente nel ''Comitatus Campaniae'', permise a Domenico di continuare l'opera monastica: Amato, ''comes Signae'', vicino<ref>''Reg. Farf.'', 4:286 (doc. 891)</ref>, per via del nipote Gregorio, sposo di Maria di Rogasia dei Crescenzi, alla nobile famiglia romana,<ref>Il titolo comitale di Amato, già dal 978, era evidentemente legato a quello della Campania, di cui Segni forse fu capoluogo, dopo [[Veroli]], fino al 1011, quando un altro Amato, forse lui stesso, è detto ''Comes Campaniae''; l'ultimo. Machetti Longhi G., ''op. cit.'', p. 89. ''Reg. Farf.'', 4:14-15 (doc. 616).</ref>, richiamò il santo sui [[monti Lepini]], presso la cima del «[[Monte Cacume|Cacume]]»<ref>Oggi nel comune di [[Patrica]].</ref>, dove gli commissionò la costruzione di un monastero dedicato all'Arcangelo Michele. Domenico affidò il luogo sacro a tale Cofredo<ref>Alberico, ''op. cit.'', 116-117.</ref> o Pietro<ref>Taglienti A., ''op. cit.'', p. 32.</ref>.