Massimo Scaligero: differenze tra le versioni
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== Biografia ==
Formatosi agli studi umanistici, li integrò con una conoscenza logico-matematica e filosofica, e con una pratica empirica della [[fisica]]. Attraverso studi ed esperienze personali, ritenne di aver individuato le linee direttive di una realtà originaria del [[pensiero]] per dimostrare la vacuità discorsiva della [[dialettica]].
Studioso di [[Rudolf Steiner]], influenzato{{sf}} anche dalle idee di [[Julius Evola]] e del suo "[[idealismo magico]]"<ref>Julius Evola, ''Teoria dell'Individuo assoluto'', 1927</ref> e di [[Giovanni Gentile]] (in particolare da quest'ultimo per la distinzione fra "pensiero pensante" e "pensiero pensato" e per l'"idealismo attuale" gentiliano come "atto puro del pensiero che pensa"<ref>Giovanni Gentile'', L'atto del pensare come atto puro'' (1912)</ref>), approdò attraverso lo [[yoga]] e lo studio delle [[filosofie orientali|dottrine orientali]] ad una sintesi personale nella quale il [[pensare]], l'"[[atto (filosofia)|atto]] del pensare" e l'"[[Io (filosofia)|Io]]" vengono posti come basi di una [[gnoseologia]] a carattere [[spiritualismo|spiritualistico]] ed [[esoterismo|esoterico]]:
{{sf|Scaligero ricevette spunti fecondi da [[Julius Evola]] (1898-1974), una figura preminente dell'esoterismo italiano. Lo incontrò per la prima volta nel 1930. Il [[Tradizione|tradizionalismo]] di Evola era fortemente critico riguardo l'insegnamento di Steiner, malgrado il mantenimento di buoni rapporti con alcuni antroposofi italiani. Fu Evola tuttavia ad introdurre Scaligero a [[Giovanni Colazza|Colazza]] e all'[[antroposofia]]. Divenuto discepolo diretto di [[Giovanni Colazza]], Scaligero fu fra i maggiori prosecutori delle idee di [[Rudolf Steiner]] in Italia e contribuì a far conoscere e diffondere l'[[antroposofia]].}}
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=== Elementi del pensiero ===
Elemento essenziale del contributo di Scaligero all'antroposofia è l'indicazione costante della "Via del [[pensiero]]" come attitudine teorica e pratica dello sviluppo della personalità
{{citazione|L'uomo conosce e in qualche modo domina il mondo, mediante il [[pensiero]]. La contraddizione è che egli non conosce né domina il [[pensiero]]. Il [[pensiero]] permane un mistero a se stesso. La [[filosofia]], la [[psicologia]], traggono alimento da esso, ma, da quando esistono, non mostrano di aver afferrato il senso del suo movimento, il contenuto ultimo del processo logico, del quale si giovano per le loro strutture dialettiche. Ritengono che il [[pensiero]] sia la [[dialettica]], coincida con la [[dialettica]]: nasca e finisca come [[dialettica]]. Ai fini del Sapere, l'oggettività esteriore sorge come sistema di valori nella coscienza umana, ma questa ignora di istituire il fondamento di quella e di determinare l'oggettività come [[concetto]], prima della [[consapevolezza]] dialettica del concetto medesimo. Logicamente, l'uomo sa che cosa è un [[concetto]], ma ignora che cosa esso sia come [[forza]] e come nasca e quale il suo potere di compimento nel reale: che è più che il suo apparire dialettico e logico: il [[potere]] medesimo della [[vita]]".<ref>Massimo Scaligero'', Tecniche della concentrazione interiore'' (Roma, Edizioni Mediterranee, 1975)</ref>}}
L'esercizio detto della "[[concentrazione mentale|concentrazione]]" del pensiero assume per Scaligero una valenza fondante e si pone come ''conditio sine qua non'' dell'esperienza sovrasensibile. Scrisse numerosi di libri nei quali la tematica del « pensare » e del pensiero vivente » occupano una parte preponderante. Il pensiero veicolato dall’organo [[cervello|cerebrale]] nello stato di coscienza ordinaria, viene chiamato “pensiero riflesso”, o “lunare”: questo è la sede ed il veicolo della dialettica, di quell’attività raziocinante che allontanerebbe l'uomo dallo Spirito, rendendolo schiavo dei due dèmoni Arimane e Lucifero
Il “Sé” trascendente degli orientali ([[Ātman|Atman]]) è identificato da Massimo Scaligero con l'"Io"
Scaligero dal canto suo affermava: {{citazione|Sono stato sempre grato a Evola e Guénon di avermi dato modo di superare la barriera critica da loro eretta riguardo alle dottrine dello Steiner. Invero, superando simili barriere, io avrei potuto nell'avvenire riconoscerle quando mi sarebbero state prospettate da altri e dar modo loro di superarle, in quanto costoro si rivolgessero a me: e ciò mi sembrava un dovere, soprattutto trattandosi di giovani. Del resto, non avrei mai polemizzato sulla Tradizione, se da parte dei tradizionalisti non avessi incontrato attacchi gratuiti contro Steiner.|Massimo Scaligero, ''[https://www.massimoscaligero.net/wp-content/uploads/2016/09/Massimo-Scaligero-Dallo-Yoga-Alla-Rosacroce.pdf Dallo yoga alla Rosacroce]'', pag. 69, Roma, Perseo, 1972}}[[René Guénon]], in ''"Iniziazione e realizzazione tradizionale''" (capitolo II, "Metafisica e Dialettica") rispose alle critiche a lui rivolte da Massimo Scaligero (in ''Esoterismo moderno. L’opera e il pensiero di René Guénon,'' nel primo numero della rivista italiana ''Imperium ,''maggio 1950).<ref>"Lo si voglia o no, la verità che non ha niente a che spartire con una "dialettica" qualsiasi, è che al di fuori del riallacciamento ad un'organizzazione tradizionale non c'é iniziazione, e senza preventiva iniziazione nessuna realizzazione metafisica è possibile: questi non sono "miraggi" o illusioni "ideali", o varie speculazioni del "pensiero", ma realtà assolutamente positive. Senza dubbio il nostro contradditore (Scaligero) continuerà a dire che i nostri scritti non escono dal "mondo delle parole"; questo è più che evidente, per forza di cose, e altrettanto si puo' dire di quel che scrive lui stesso, ma per lo meno vi é una differenza essenziale: per quanto egli possa esser persuaso del contrario, le sue parole, per chi ne comprende il "senso ultimo", traducono unicamente l'attitudine mentale di un profano".[http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/reneguenon/iniziazioneerealizzazione.pdf]</ref>
==== Aspetti filosofici ====
{{F|filosofia|dicembre 2018}}
La distinzione scaligeriana fra “pensiero vivente” e “pensiero riflesso” ricorda quella della “logica del pensare” e “logica del pensato” formulata da [[Giovanni Gentile]]. L’idea del “pensiero pensante” formulata da Gentile in contrapposizione al “pensiero pensato”, in Scaligero trascende la sua valenza filosófica per divenire un fondamento esotérico, nel quale il pensiero pensante, da lui chiamato “vivente” assurge a forza cosmica onnicomprensiva capace di aprire all’uomo il varco del sovrasensibile. Allo stesso modo, la “logica del pensato” gentiliana, diviene in Scaligero il limite del “pensiero riflesso”, ovvero di una dialettica fine a sé stessa incapace di innalzarsi alla luce del pensiero in atto
L’atto puro del pensiero pensante che in Gentile si limita ad essere un’idea filosofica riformatrice dell’idealismo hegeliano, in Scaligero diviene un vero e proprio “esercizio” interiore a valenza iniziatica, denominato “concentrazione”
Attraverso l’esercizio della concentrazione – sorta di atto puro del pensiero – che consiste nella descrizione mentale di un oggetto costruito dall’uomo e in seguito dalla contemplazione dell’immagine sintesi del concetto cosi’ formato, il discepolo dovrebbe arrivare all’esperienza del pensiero pensante, o vivente, esperienza che gli permetterebbe di trascenderé quella dialettica del pensato che lo inchioda alla riflessità del mondo, ovvero alla sua ''[[maya]]'' o apparenza.
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