Ca' Dolfin: differenze tra le versioni
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In una data ignota l'edificio trecentesco dei Barbo fu acquisito dai Secco, una ricca famiglia di origine bergamasca. È pensabile che avesse già la configurazione di un palazzo, visto che prima della cessione la tenevano in affitto a Marcella Marcello per 95 ducati annui. Gli ultimi eredi, che risiedevano da tempo a Padova dove erano stati ammessi nella nobiltà locale, decisero di vendere la casa per 12.000 scudi nel 1621.<ref>{{Cita|Mantoan-Quaino}}, pp. 184, 207, 210-211.</ref> L'acquirente fu l'importante famiglia Dolfin che presto vi intraprese grandi lavori di modifica.<ref>{{Cita|Zorzi 1989}}, p. 478.</ref>[[File:Dolfin01.jpg|miniatura|Scorcio del salone di Ca' Dolfin verso est|alt=|sinistra]]
L'acquirente diretto dell'edificio fu il [[cardinale]] [[Giovanni Dolfin (1545-1622)|Giovanni Dolfin]], figlio di Iseppo, questi però morì l'anno successivo per cui si deve quasi certamente al nipote Nicolò l'avvio della ristrutturazione del palazzo.<ref>{{Cita|Mantoan-Quaino}}, pp. 181, 184</ref> Difatti già nel 1663 Giustiniano Martinioni, nelle sue aggiunte al [[Francesco Sansovino|Sansovino]], tiene a segnalare come ragguardevole il palazzo «di Nicolò Delfino grandissimo Senatore, fabbricato […] alla Romana […]» sul «rio di S. Pantaleone».<ref>{{Cita|Martinioni 1663}}, p. 393.</ref> Sicuramente prima che i lavori fossero conclusi venne approntata nel giardino una grande costruzione in legno, provvisoria ma lussuosa, per accogliere il re di Danimarca [[Federico IV di Danimarca|Federico IV]] l'11 febbraio nel 1709 con una festa di carnevale ricordata come memorabile.<ref>Lo stesso stratagemma della costruzione provvisoria fu utilizzato dalle altre famiglie incaricate dell'ospitalità, Il re aveva deciso di viaggiare in forma privata come conte di Oldenburg per questo la Repubblica non
Nei due decenni successivi i fratelli Daniele III e Daniele IV Dolfin fecero intraprendere un vasto programma iconografico per la decorazione del salone. Lo scopo era la glorificazione della loro storica famiglia. Dapprima, intorno al 1914, chiamarono [[Nicolò Bambini]] e [[Antonio Felice Ferrari]] per affrescarne il soffitto e successivamente [[Giambattista Tiepolo]] per realizzare, tra il 1725 e il 1729, dieci tele con storie dell'antica Roma. In entrambi i casi furono molto probabilmente consigliati da un altro fratello, il patriarca di Udine [[Dionisio Dolfin]], che aveva già commissionato alcuni lavori a tutti questi artisti. Anzi Tiepolo si divise tra le due commesse eseguendo le sue tele negli inverni di quegli anni e riservando la stagione calda per finire gli affreschi udinesi. In onore ai suoi committenti Tiepolo dipinse (probabilmente tra il 1745 e il 1755) anche il ritratto postumo di [[Daniele Girolamo Dolfin|Daniele IV]] (morto nel 1729).
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