Clare Boothe Luce: differenze tra le versioni

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Dal 1953 al 1956, nominata dal [[Presidente degli Stati Uniti d'America|Presidente]] [[Dwight D. Eisenhower|Dwight Eisenhower]], fu ambasciatrice statunitense in [[Italia]] dove il suo deciso [[anticomunismo]] ed alcuni interventi nelle vicende [[Politica interna|politiche interne]] provocarono diverse polemiche<ref>[[Indro Montanelli]] e [[Mario Cervi]], ''L'Italia della Repubblica'', Milano, Rizzoli, 1985, pp. 200-201.</ref><ref>[[Giuseppe Mammarella]], ''L'Italia dopo il fascismo. 1943-1973'', Bologna, Il Mulino, 1974, pag. 268.</ref>; tra l'altro, nel 1955 convinse il Dipartimento della difesa a dichiarare ufficialmente che il governo statunitense non avrebbe più concesso [[Delocalizzazione (economia)|contratti ''offshore'']] per la produzione di equipaggiamento militare a quelle imprese italiane in cui "i sindacati rossi" fossero stati in maggioranza nelle commissioni interne<ref>S. Colarizi, ''La seconda guerra mondiale e la Repubblica'', in G. Galasso (a cura di), ''Storia d'Italia'', vol. XXIII, UTET, Torino 1984, p. 688.</ref>.
Grande apprezzatrice dell'alta moda italiana, fu a [[Roma]], assidua frequentatrice e cliente degli ateliers [[Gattinoni]], [[Vincenzo Ferdinandi|Ferdinandi]], [[Emilio Schuberth|Schuberth]] e [[Sorelle Fontana]].
 
I ''dossier'' di Claire Booth Luce, recentemente desecretati dagli archivi nazionali Usa, confermano lo spiccato anticomunismo dell'ambasciatrice che più volte aveva ribadito: «Il principale obiettivo degli aiuti militari ed economici americani all'Italia è di difendere il [[mondo libero]] dal comunismo». "Al presidente della Fiat, [[Vittorio Valletta]], la Luce chiede ad esempio (...) «di non dare pubblicità ai giornali comunisti, di escludere i comunisti dal novero dei tecnici e del management, di precisare mensilmente a quale sindacato siano iscritti e di organizzare un fondo di sicurezza interna». Gli stessi ''dossier'' sottolineano anche l'obiettivo della Luce «di sottrarre il cinema italiano dal dominio del [[Partito Comunista Italiano|Pci]]» A preoccupare Claire Booth Luce, nell'estate del '55, era il fatto che il 90-95% delle maestranze di ''[[Guerra e pace (film 1956)|Guerra e pace]]'' (...) fosse iscritto alla Cgil. Dopo un lungo braccio di ferro, nel cast, verranno assunti anche iscritti a [[Cisl]] e [[Unione Italiana del Lavoro (1950)|Uil]]"<ref>Ennio Caretto, ''L'offensiva sugli intellettuali caldeggiata dall'ambasciatrice Luce. Una diplomatica anticomunista. Troppa Cgil per Tolstoj'', [[Corriere della Sera]], 17 aprile 2005.</ref>.