Frammenti dei lirici greci: differenze tra le versioni
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{{citazione|Si fa bello uno dei Sai dello scudo che vicino a un cespuglio<br />
lasciai, ed era non disonoratoǃ,
però mi son salvato. Chi se ne importa di quello scudo?<br />
Al diavoloǃ Presto ne comprerò uno non peggiore. |Trad. A. D'Andria|
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rialzati, resisti contro chi ti tratta male, opponi<br />
il petto, piazzato accanto alle tane dei nemici<br />
con
o, se perdi, non crollare, messoti a lutto in casa,<br />
ma rallegrati per i beni e per i mali soffri<br />
non
θυμέ, θύμ᾽ ἀμηχάνοισι κήδεσιν κυκώμενε,<br />
ἄνα δέ, δυσμενέων δ᾽ ἀλέξευ προσβαλὼν ἐναντίον<br />
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{{citazione|Da me Pluto - però è veramente ciecoǃ -<br />
non venne mai a casa a
ti regalo trenta mine d'argento<br />
e molto altro. Eh, sì, è veramente un vigliaccoǃ |Trad. A. D'Andria|
Riga 1 414:
καὶ πόλλ'ἔτ'άλλα". Δείλαιος γὰρ τὰς φρένας.|lingua=grc}}
Il tetrastico, sempre in [[scazonte|scazonti]], è, più che altro, una sconsolata e canagliesca constatazione di una preghiera fallita al dio [[Pluto (mitologia)|Pluto]], patrono della
'''''Epodo di Strasburgo'''''
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φαίνομ’ ἔμ᾽ αὔτᾳ•<br />
<br />
ἀλλὰ πὰν τόλματον, ἐπεί κ[†]<ref>Molte le proposte di integrazione di quella che, probabilmente, era l'ultima strofe, in cui Saffo si rassegnava al suo amore
'''''Plenilunio di stelle'''''
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πεσδομ]άχεντας.|lingua=grc}}
Saffo, secondo una composizione tipica della lirica arcaica (il cosiddetto ''[[Priamel]]'')<ref>Tipica della poesia gnomica.</ref>, enuncia una opinione di tipo generale, ossia quale possa essere la cosa più
'''''Tu morta giacerai'''''
Riga 1 701:
Ideo, e apparve, rapido nunzio<br />
(''lacuna'')<br />
e dal resto dell'Asia quest'inconsumabile
"Ettore e i suoi compagni scortano la occhi splendenti,<br />
da Tebe e dalla sacra Plakia dall'acque perenni,<br />
la dolce Andromaca, con le navi, sul salso
e molti bracciali d'oro, e vesti multicolori<br />
e belle porpore e troni e fregi multiformi<br />
Riga 1 712:
Subito le donne d'Ilio ai carri preziosi, ampie ruote,<br />
aggiogavan le mule e saliva tutta la folla<br />
di donne e insieme di vergini dall'agili
e, un po' discoste, le figlie di Priamo pure partivan;<br />
ma gli uomini aggiogavano cavalli ai lor carri<br />
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Il canto, in distici di [[pentametri eolici]] ([[Gliconeo|gliconei]] con doppio inserto dattilico), forse faceva parte di un [[epitalamio]], come indicherebbero il tema ed il metro.
Esso si riferisce ad un argomento inusuale e, a quanto sappiamo, trattato solo da
'''''La vecchiaia'''''
Riga 1 989:
Metro: dimetro trocaico catalettico; enoplio; dimetro trocaico catalettico; enoplio; dimetro trocaico catalettico; enoplio; dimetro trocaico catalettico; enoplio, trimetro trocaico x 2; dimetro trocaico x 2, alcmanio; alcmanio catalettico o decasillabo alcaico.
Il '''Partenio I''' (detto anche ''Grande Partenio'' o ''Partenio del Louvre'') è un componimento di lirica corale di [[Alcmane]]<ref>Fr. 3 Garzya = 3 Calame.</ref>. Esso proviene da un papiro ritrovato da [[Auguste Mariette]] nel [[1855]]<ref>''P. Louvre'' E 3320.</ref>, di cui la parte meglio leggibile è costituita dai vv. 36-
[[File:Cratère de Derveni 0010.jpg|thumb|left|upright=1.2|Menadi danzanti, che portano un agnello o capretto sacrificale]]{{Citazione
|C'è un castigo che viene dagli dei.<br/> Felice chi è sereno<br/> e trascorre il giorno<br/> senza pianto. Io canto,<br />la luce di Agido. La scorgo come<br /> un sole, e così a noi Agido rivela<br/> il suo splendore. Io non lodo o rimprovero<br/> la famosa corifea<br/> in alcun modo. Essa spicca<br/> come, in mezzo all'armento<br/> che pascola, un cavallo<br/> dal piede sonante, uso a vincere,<br/> veloce più dei sogni, nelle gare.<br/>
Riga 2 015:
καὶ κνώδαλʼ ἐν βένθεσσι πορφυρέας ἁλός•<br />
εὕδουσι δʼ οἰωνῶν γένος τανυπτερύγων.|lingua=grc}}
In questo frammento<ref>Peraltro, nella sua apparente semplicità, complesso da
Ogni parola e ogni immagine del brano di Alcmane ha precisi antecedenti in [[Omero]], come, peraltro, in tutta la lirica
A livello stilistico, a parte l'uso del dialetto [[dori]]co, si nota la duplice [[Anafora (figura retorica)|anafora]] di εὕδουσι<ref>Vv. 1 e 6.</ref> e la ''variatio'' φῦλά ... γένος ... γένος, che mira a dare sacralità alla descrizione della notte con una ripetizione variata del termine indicante le specie.
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{{Citazione|Non più, o fanciulle dolcecanore e altisonanti,<br />
le mie membra mi posson
che sul fior dell'onda vola con l'alcioni,<br />
avendo un cuore puro, sacro uccello d'ali purpureeǃ
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