Paolo Scheggi: differenze tra le versioni

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[[File:Paolo scheggi, intercamera plastica, 1967 (2007), 02.jpg|thumb|''Intercamera plastica'', 1967 (ricorstruzione del 2007 al [[Museo Pecci]] di Prato)]]
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|Nome = Paolo
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== Biografia ==
[[File:Paolo scheggi, intercamera plastica, 1967 (2007), 02.jpg|thumb|''Intercamera plastica'', 1967 (ricorstruzione del 2007 al [[Museo Pecci]] di Prato)]]
Nato a Settignano (una frazione del comune di Firenze) nel 1940, si forma all'Istituto Statale d'Arte ed all'Accademia di Belle Arti della città. Nel 1960 fonda la rivista d'arte e letteratura ''Il malinteso''. Si trasferisce a Milano nel 1961 dove entra a far parte del mondo culturale milanese. Le sue ricerche, fortemente interdisciplinari, sono rivolte a problematiche legate alla percezione visiva, all'integrazione tra spazi reali e spazi virtuali. Suoi compagni di sperimentazioni sono, tra gli altri, [[Vincenzo Agnetti]], [[Agostino Bonalumi]], [[Enrico Castellani]], [[Dadamaino]]. Scheggi rielabora lo [[Movimento spazialista|Spazialismo]] di [[Lucio Fontana]] che nel 1962 lo presenta alla mostra tenutasi alla Galleria Il Cancello di Bologna. Importanti sono anche gli scambi e le collaborazioni con gruppi internazionali (Gruppo Nul, Gruppo Zero, Nove Tendencjie). Nel 1965 entra nella redazione della rivista ''[[Marcatré]]''. La sua attività si alterna tra le prime pitture-oggetto a elementi modulari e le ''Intersuperfici curve'' o ''a zone riflesse'', utilizzando per tutta la sua ricerca il monocromo. Nel 1966 è presente alla XXXIII [[Biennale di Venezia]] dove presenta quattro ''Intersuperfici curve'' dal bianco, dal giallo, dal rosso e dal blu, e al XXI Salon de Réalités Nouvelles al Musée d'Art Moderne di Parigi. Importanti sono anche le ambientazioni, che lo portano a collaborare con il mondo della moda, del teatro, del cinema: in esse la modularità dei suoi quadri viene estesa allo spazio come accade, per esempio, nell<nowiki>'</nowiki>''Intercamera plastica'' allestita alla [[Galleria del Naviglio]] di Milano nel 1967. Nello stesso anno espone a Foligno nella rassegna ''[[Lo spazio dell'immagine]]''. Negli ultimi anni della sua vita, oltre a proseguire le ricerche verso una sempre maggiore programmaticità dell'opera (è il periodo delle lamiere modulari), Scheggi si accosta all'ambito teatrale e performativo, partecipando a manifestazioni pubbliche e facendo proprie le sperimentazioni concettuali. Nel 1969 gli viene assegnata la cattedra di Psicologia della forma all'Accademia di Belle Arti dell'Aquila. Nel 1970 partecipa alla collettiva ''Amore mio'' organizzata da [[Achille Bonito Oliva]] in Palazzo Ricci a Montepulciano e volta a documentare proposizioni di tipo installativo e ambientale. Nello stesso anno lo troviamo in ''Vitalità del negativo nell'arte italiana 1960/1970'', a Roma a rappresentare insieme a Castellani, Colombo e De Vecchi la linea dell'arte programmata con esiti ambientali. Dopo la sua morte, avvenuta a Roma nel 1971, le ultime opere di Scheggi vengono presentate alle Biennali di Venezia del 1972 e del 1976 (G. Celant, ''Ambiente/Arte dal Futurismo alla Body Art''). Nello stesso anno una retrospettiva sull'artista viene organizzata dalla [[Galleria d'arte moderna (Bologna)|Galleria d'Arte Moderna di Bologna]].<ref>{{Cita|Pirovano 1993|p. 863.}}</ref>
Nato a [[Settignano]], si formò all'[[Istituto Statale d'Arte di Firenze|Istituto Statale d'Arte]] e all'[[Accademia di Belle Arti (Firenze)|Accademia di Belle Arti]] della città.
 
Nel 1960 fondò la rivista d'arte e letteratura ''Il malinteso''. Si trasferì a [[Milano]] nel 1961, entrando a far parte del mondo culturale della città. Le sue ricerche, fortemente interdisciplinari, erano rivolte a problematiche legate alla percezione visiva, all'integrazione tra spazi reali e spazi virtuali, soprattutto attraverso la femosa serie di superfici forate sovrapposte. Suoi compagni di sperimentazioni erano, tra gli altri, [[Vincenzo Agnetti]], [[Agostino Bonalumi]], [[Enrico Castellani]], [[Dadamaino]]. Scheggi rielaborò lo [[Movimento spazialista|Spazialismo]] di [[Lucio Fontana]] che nel 1962 lo presentò alla mostra tenutasi alla Galleria Il Cancello di Bologna.
 
Importanti furono anche gli scambi e le collaborazioni con gruppi internazionali (Gruppo Nul, Gruppo Zero, Nove Tendencjie). Nel 1965 entrò nella redazione della rivista ''[[Marcatré]]''. La sua attività si alternava tra le prime pitture-oggetto a elementi modulari e le ''Intersuperfici curve'' o ''a zone riflesse'', utilizzando per tutta la sua ricerca il monocromo. Nel 1966 fu presente alla XXXIII [[Biennale di Venezia]] dove presentò quattro ''Intersuperfici curve'' dal bianco, dal giallo, dal rosso e dal blu, e al XXI Salon de Réalités Nouvelles al [[Musée d'art moderne de la ville de Paris]]. Importanti sono anche le ambientazioni, che lo portarono a collaborare con il mondo della moda, del teatro, del cinema: in esse la modularità dei suoi quadri viene estesa allo spazio come accade, per esempio, nell<nowiki>'</nowiki>''Intercamera plastica'' allestita alla [[Galleria del Naviglio]] di Milano nel 1967. Nello stesso anno espone a Foligno nella rassegna ''[[Lo spazio dell'immagine]]'', e la scenografia del [[Festival di Sanremo 1967|Festival di Sanremo]] omaggia le sue ''Intersuperfici''<ref>[https://core.ac.uk/download/pdf/41181647.pdf]</ref>.
 
Negli ultimi anni della sua breve vita, oltre a proseguire le ricerche verso una sempre maggiore programmaticità dell'opera (è il periodo delle lamiere modulari), Scheggi si accostò all'ambito teatrale e performativo, partecipando a manifestazioni pubbliche e facendo proprie le sperimentazioni concettuali. Nel 1969 gli venne assegnata la cattedra di Psicologia della forma all'[[Accademia di Belle Arti dell'Aquila]]. Nel 1970 partecipò alla collettiva ''Amore mio'' organizzata da [[Achille Bonito Oliva]] in Palazzo Ricci a [[Montepulciano]] e volta a documentare proposizioni di tipo installativo e ambientale. Nello stesso anno partecipò in ''Vitalità del negativo nell'arte italiana 1960/1970'', a Roma, a rappresentare insieme a Castellani, Colombo e De Vecchi la linea dell'arte programmata con esiti ambientali.
 
==Omaggi e mostre dopo la scomparsa===
Dopo la sua morte, avvenuta a Roma nel 1971, le ultime opere di Scheggi vengono presentate alle Biennali di Venezia del 1972 e del 1976 (G. Celant, ''Ambiente/Arte dal Futurismo alla Body Art''). Nello stesso anno una retrospettiva sull'artista viene organizzata dalla [[Galleria d'arte moderna (Bologna)|Galleria d'Arte Moderna di Bologna]].<ref>{{Cita|Pirovano 1993|p. 863.}}</ref>
 
Nel 2000 dalla collaborazione tra la [[Galleria d'arte Niccoli]] di Parma e gli eredi Scheggi, nasce l'Archivio Paolo Scheggi.
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*[[Agostino Bonalumi]]
*[[Dadamaino]]
 
==Altri progetti==
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== Collegamenti esterni ==