Locomotiva FS E.330: differenze tra le versioni

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{{Box treno/Dati
|Tipo_elemento=
|Lunghezza={{M|11008|m|mul=mm}}
|Larghezza=2 900 mm
|Altezza=4&nbsp;265 mm senza ''trolley''<ref>{{Cita|Mascherpa|nº 225, pp. 32-33}}.</ref>
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|Passo_tra_carrelli=
|Passo_dei_carrelli=
|Peso_In_Servizio={{M|73||ul=t}}
|Peso_Aderente=51 t
|Peso_Vuoto=
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|Distribuzione=
|Rapporto_di_trasmissione=
|Potenza_Massima={{M|2000|k|Wul=kW}}<ref name="ReferenceA">Effettiva ai cerchioni e alla velocità di 75 km/h: cf {{Cita|Mascherpa|nº 225, p. 35}}.</ref>
|Potenza_Continuativa=1&nbsp;750 kW<ref name="ReferenceA"/>
|Sforzo_Trazione_Massimo={{M|84|k|Nul=kN}}<ref>A regime continuativo e alla velocità di {{M|75||ul=kmh}}: cf {{Cita|Mascherpa|nº 225, p. 35}}.</ref>
|Sforzo_Avviamento=
|Velocità_Massima={{M|100||ul=kmh}} (vedi il testo)
|Alimentazione=3,6 k[[volt|V]] [[corrente alternata|CA trifase]] 16⅔ [[hertz|Hz]]
|Autonomia=
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Le '''locomotive E.330''' sono state un gruppo di [[Locomotiva elettrica|locomotive elettriche]] delle [[Ferrovie dello Stato Italiane|Ferrovie dello Stato]], alimentate a [[corrente alternata]] [[Sistema trifase|trifase]] a [[frequenza]] ferroviaria, utilizzate per la trazione dei treni viaggiatori dal [[1914]] al [[1963]].
 
La velocissima espansione della rete ferroviaria italiana,<ref>L'estensione della rete passò dagli {{M|11003|k|mul=km}} del 1885 ai 16&nbsp;429&nbsp;km del 1900. Cf {{Cita libro|Andrea|Curami|I trasporti del Regno. Iniziativa privata e intervento statale in Italia 1861-1946|2007|Fondazione Negri|Brescia|ISBN=88-89108-10-X|p=49|nome2=Paolo|cognome2=Ferrari}}</ref> contemporaneamente effetto e causa dello sviluppo economico e sociale del Paese e dell'aumento del traffico manifestatosi dopo il [[1895]], insieme ad alcuni disastri come [[Incidente ferroviario dei Giovi|quello]] del [[Stazione di Piano Orizzontale dei Giovi|Piano orizzontale dei Giovi]] (avvenuto l'11 agosto [[1898]] e in cui morirono 13 persone<ref>In quell'incidente "un treno in doppia trazione procedeva a stento in salita al 29 per mille nella galleria di valico della vecchia linea dei Giovi. Le macchine slittavano. Era stato necessario fermarsi per rifare pressione. Al momento di riprendere la marcia il macchinista della locomotiva di testa si accorse di non essere secondato da quello della macchina di coda che era stato colpito da asfissia. Egli fece ogni sforzo per portare il treno fuori dalla galleria. C'era quasi riuscito, ma il treno cominciò a retrocedere ed accelerando nella discesa continua che raggiunge il 35 per mille, piombò addosso ad un altro treno che era in sosta al Piano Orizzontale dei Giovi. Ci furono 13 morti, una cosa enorme per quei tempi. Fu incriminato persino il Direttore Generale della Rete Mediterranea, ing. Mattia Massa. Cf {{Cita pubblicazione|autore=Zeta-Zeta [Bruno Bonazzelli]|titolo=La trazione elettrica nelle ferrovie italiane|rivista=H0 Rivarossi|anno=1964|numero=65|p=9}}</ref>) richiamò l'attenzione anche dell'opinione pubblica non specializzata sulla necessità di ovviare ai limiti della trazione a vapore.<ref>"L'esigenza di disporre di locomotive molto più potenti era connessa anche al progressivo aumento di peso del materiale rotabile, il quale nel giro di pochi anni aveva subito una rapida evoluzione passando dai vagoni a due-tre assi alle lunghe carrozze a carrelli il cui peso a vuoto si avvicinava alle 20 tonnellate. Ma l'adozione di macchine di maggiori dimensioni comportò anche profonde e costose modifiche a tutte le infrastrutture della linea, dal consolidamento dei ponti e dei terrapieni, all'incremento degli impianti di rifornimento di acqua e di carbone, alla costruzione di nuove piattaforme girevoli negli scali affinché fosse possibile invertire il senso di marcia delle locomotive. […] Come le locomotive aumentavano in potenza, peso e velocità […] si dovevano anche predisporre gli strumenti atti a fermare in poco spazio queste valanghe di ferro che procedevano, seguite da vagoni carichi di passeggeri, a velocità ormai prossime ai 100&nbsp;km/h. Si dette cioè l'avvio a una seria campagna sulle norme di sicurezza, la quale fu molto opportuna non solo perché tale aspetto era stato finora abbastanza trascurato, ma anche per controbattere i detrattori della ferrovia che continuavano a sostenere l'estrema pericolosità della recente invenzione; in effetti alcuni gravi incidenti avevano turbato l'opinione pubblica sia in Europa sia in America." Cf {{Cita libro|Luciano|Greggio|Le locomotive a vapore. Modelli di tutto il mondo dalle origini a oggi con dati tecnici|1977|Mondadori|Milano|pp=110 e 114}}</ref>
 
I rapidi sviluppi dell'[[elettrotecnica]] e della [[Materiale|tecnologia dei materiali]], permettendo alla [[Locomotiva elettrica|trazione elettrica]] di uscire dai limiti dell'impiego sulle [[Tram|tramvie urbane e suburbane]] consentirono l'inizio delle elettrificazioni ferroviarie con sistemi di alimentazione a media e ad alta [[Differenza di potenziale elettrico|tensione]].<ref>{{Cita libro|autore=[[Lucio Mayer]]|titolo=Impianti ferroviari. Tecnica ed esercizio|città=Roma|editore=[[Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani]]|anno=1970|pp=237-251}}</ref>
 
I limiti dell'[[Ferrovia|infrastruttura (tracciato, ponti, corpo stradale e armamento)]], che nel breve periodo avrebbero impedita l'adozione di nuovi gruppi di locomotive dotate di un carico per [[Sala montata|sala]] maggiore delle {{M|15||ul=t}} ammesse sulla parte già ammodernata della rete (clamoroso fu l'anacronismo delle locomotive del [[Locomotiva FS 690|gruppo 690 FS]] progettate nel 1908, commissionate nel giugno [[1910]] e consegnate dal febbraio [[1911]] che, avendo un carico di 17,1&nbsp;t su ognuna delle sale motrici, furono autorizzate a circolare solo su due linee)<ref>{{Cita libro|Giovanni|Cornolò|Locomotive a vapore FS|1998|Ermanno Albertelli|Parma|ISBN=88-85909-91-4|pp=334-339}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|nome=Erminio|cognome=Mascherpa|titolo=691, compromesso vincente|rivista=[[I Treni]]|anno=1997|numero=186|pp=22-24}}</ref> e la necessità d'importare tutto il carbon fossile necessario per l'alimentazione delle locomotive a vapore, che avevano già dimostrato i loro limiti energetici e d'esercizio<ref>{{Cita libro|autore=[[Giovanni Robert|Gianni Robert]]|titolo=Le ferrovie nel mondo|città=Milano|editore=Vallardi|anno=1964|pp=426-429}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=[[Giuseppe Vicuna]]|titolo=Organizzazione e tecnica ferroviaria|città=Roma|editore=Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani|anno=1968|pp=301-350}}</ref>, spinsero la dirigenza delle Ferrovie dello Stato a sviluppare rapidamente i programmi di elettrificazione anzitutto delle linee di valico afferenti alla [[pianura padana]], impiegando le nuove [[Locomotiva FS E.550|locomotive del gruppo E.550]] (soprannominato "il mulo dei Giovi") costruite dal 1908 nello stabilimento di [[Vado Ligure]] appositamente impiantato dalla Società Italiana Westinghouse.
 
Le locomotive E.330, progettate e costruite dalla stessa azienda industriale e destinate al traino dei treni viaggiatori veloci sulle linee di pianura,<ref>"Al termine di questo periodo [1871-1905] l'[[Italia]] è al 7º posto nella graduatoria della velocità media commerciale del treno più veloce: lungo il tronco Milano-Bologna di 219 chilometri si registra il valore di {{M|62,9||ul=kmh}}. Ma tutto quanto riguarda la sovrastruttura ferroviaria è in via di netto miglioramento: impianto del binario, segnalamento, dispositivi di sicurezza. […] L'Italia è al 7º posto in un'altra graduatoria: ha 4 km di ferrovie ogni {{M|100|k|m2ul=km2}} e 3,8 ogni 10&nbsp;000 abitanti. È preceduta da U.S.A., Germania, Austria-Ungheria, Inghilterra, Francia, Russia europea". Cf {{Cita libro|Francesco|Ogliari|1839-1989. Centocinquant'anni di trasporti in Italia|1989|SOCIMI|Milano|nome2=Piero|cognome2=Muscolino|p=12}}</ref> risolsero in modo rimasto ineguagliato il problema, tipico della trazione con [[Motore asincrono|motori asincroni trifase]], dell'adeguamento delle velocità alle diversificate necessità del traffico.<ref>{{Cita|Puccia}}.</ref><ref>"Il motore trifase […] aveva l'enorme vantaggio di essere un mulo, un motore docilissimo, agli effetti della manutenzione, ma come mulo [l'E.550] camminava praticamente soltanto a una sola velocità, quella che a lui piaceva, per stare al paragone!" {{Cita pubblicazione|nome=Lucio|cognome=Mayer|titolo=Intervento al 2º Convegno internazionale sui trasporti ferroviari. Torino, 1º-3 ottobre 1973|rivista=Ingegneria ferroviaria|anno=1974|numero=1|p=38}}</ref> Le soluzioni tecniche che le caratterizzarono furono frutto della genialità di progettisti stranieri, ma alla dirigenza politica e tecnica italiana va ascritto il merito di avere generate le condizioni per la loro introduzione e di avere stimolato anche grazie a esse lo sviluppo di un'autonoma scuola progettuale e di un'[[Storia dell'industria italiana|industria]] specializzata nazionale.<ref>Solo dalla fine dell'Ottocento l'industria italiana produttrice di locomotive a vapore cominciò a emanciparsi dalla più precoce industria straniera. Cf {{Cita pubblicazione|nome=Michèle|cognome=Merger|titolo=Un modello di sostituzione: la locomotiva italiana dal 1850 al 1914|rivista=Rivista di storia economica|numero=nº s. 3|anno=1986|pp=66-108}}</ref>
 
== Premesse ==
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== Caratteristiche ==
 
Le E.330 avevano quattro [[velocità di regime]], variate di poco col variare della [[Differenza di potenziale elettrico|tensione]] (da 3&nbsp;000 a {{M|3700||ul=V}}) e della [[frequenza]] della [[Trazione ferroviaria|corrente di alimentazione]] (15&nbsp;Hz sulle linee Lecco-Sondrio e Colico-Chiavenna fino al 1917; {{M|15,8||ul=Hz}} sulle linee precedenti dal 1917 al 1930 e sulla Monza-Lecco fino al 1930; 16,7&nbsp;Hz su tutta la rete dal 1930 in poi)<ref>{{Cita|Verole, Marsili, ''I nuovi''|nº 1, p. 2|Verole Marsili nº 1}}.</ref><ref name=Masc226-31>{{Cita|Mascherpa|nº 226, p. 31}}.</ref>
 
I corrispondenti valori di [[potenza (fisica)|potenza]], [[Sforzo di trazione|forza di trazione]]<ref>È la [[forza]] utile, misurata ai cerchioni delle ruote o al gancio di trazione, per il traino del treno.</ref>, [[Rendimento meccanico|rendimento dei motori]] e [[fattore di potenza]], tutti ''a regime orario''<ref>Da esso si ha la potenza oraria, che è la massima erogabile dalla locomotiva senza eccessivi surriscaldamenti dei motori e delle altre sue parti.</ref> e misurati durante il collaudo svolto nel 1914 sulla [[Ferrovia Lecco-Milano|linea Monza-Lecco]] sono riepilogati nella tabella seguente<ref name=Verole1926-300-301>{{Cita|Verole|pp. 300-301}}.</ref><ref>{{Cita|Mascherpa|nº 225, p. 26}}.</ref>: