==Biografia==
===Gli inizi===
Figlio del pugile [[Otello Abbruciati]] (detto ''il Moro'', per via della sua carnagione scura), campione italiano dei [[Pesi piuma]] e dei [[Pesi leggeri|leggeri]],<ref>[http://news.boxeringweb.net/la-storia/la-boxe-nella-storia/4495-otello-qil-moroq-abbruciati-un-grande-degli-anni-trenta-.html Otello "il moro" Abbruciati : un grande degli anni trenta] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140409053855/http://news.boxeringweb.net/la-storia/la-boxe-nella-storia/4495-otello-qil-moroq-abbruciati-un-grande-degli-anni-trenta-.html |data=9 aprile 2014 }}</ref>, Danilo nasce al [[Trionfale]], quartiere della zona nord di [[Roma]] per poi trasferirsi, successivamente, con l'intera famiglia, nella zona di [[Primavalle]], cimentandosi lui stesso nell'arte del pugilato per poi abbandonare la disciplina per mancanza di rigore e perfezione nella pratica, richiestagli da suo padre e suo allenatore.<ref>[http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2011/08/03/news/danilo_abbruciati-19953483/ Danilo Abbruciati], Biografia su [[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]]</ref>
La sua carriera da criminale inizia quando, appena compiuta la maggiore età, comincia a frequentare un gruppo di ragazzi della buona società romana che ben presto si trasforma in una vera e propria ''batteria'' di rapinatori, denominata dalla stampa come la ''Gang dei Camaleonti'' che, nel biennio [[1964]]/[[1965]], si specializza in furti nelle abitazioni dei ricchi quartieri capitolini e che gli procura la sua prima condanna (a 4 anni) detentiva. Nel [[1967]], intanto convive con Claudia e nel [[1970]], nasce la loro unica figlia mentre l'anno seguente la donna lo denuncia per lesioni, maltrattamenti e sequestro di persona.<ref>[https://www.iltempo.it/cronache/2014/06/01/gallery/quel-cane-sciolto-di-abbruciati-dalle-batterie-ai-sicari-politici-941655/ Quel cane sciolto di Abbruciati dalle «batterie» ai sicari politici] </ref>
Abbandonate le rapine e con una ''fama'' di criminale sempre crescente, Abbruciati, che nel periodo passato in carcere, a [[Milano]] aveva avuto modo di fare la conoscenza del boss della malavita meneghina [[Francis Turatello]] e di stringere con lui anche un forte legame di amicizia, riesce a spendere questa sua conoscenza per entrare in contatto con il [[Clan dei marsigliesi]] di [[Maffeo Bellicini]], [[Albert Bergamelli]] e [[Jacques Berenguer]]. La banda, operante tra [[Francia]] e [[Roma]], è dedita a rapine, sequestri di persona, traffico di droga, sfruttamento della prostituzione, gestione delle bische clandestine e a quel tempo controllava, tra le altre cose, gran parte dei locali della ''Dolce Vita'' di via Veneto. Con loro Abbruciati realizza numerosi reati per i quali torna ancora una volta dietro le sbarre, alla fine del [[1978]].<ref>{{cita libro|autore=Giovanni Bianconi|titolo=Ragazzi di malavita. Fatti e misfatti della banda della Magliana|url=http://books.google.it/books?id=lXBsixNJkUMC|anno=2005|editore=Dalai editore|isbn=978-88-8490-889-6|p=194|urlmorto=sì}}</ref>
===La Banda della Magliana===
{{vedi anche|Banda della Magliana}}
Tornato di nuovo libero, nelnei luglioprimi mesi del [[1979]], Abbruciati trova una situazione del tutto nuova tra le strade della capitale, una nuova banda di criminali, infatti, sta mano a mano prendendo il controllo dei traffici illeciti della città: la [[Banda della Magliana]]. Grazie all'incontro con i vecchi amici del Testaccio, Abbruciati entra in contatto con i boss di quel nascente clan, [[Enrico De Pedis]] e [[Franco Giuseppucci]], con i quali riallaccia vecchi rapporti di collaborazione e inizia a lavorare con loro (e assieme alla sua nuova amante, [[Fabiola Moretti]]) nello smercio della droga nel quartiere.<ref>{{YouTube|autore=HistoryChannelItalia|id=toStII2Uz8s|titolo=Antonio Mancini racconta - Danilo Abbruciati il Camaleonte|data=3 dicembre 2010}}</ref> In quel periodo Giuseppucci e Abbruciati, frequentando i locali del bar Fermi <ref>{{Cita video|autore = |titolo = Bar di via Fermi|url = http://video.repubblica.it/cronaca/bar-di-via-fermi/42014/41986|accesso = 4 luglio 2012 |data = 4 febbraio 2010|editore = La Repubblica}}</ref> o quelli del bar di via Avicenna (entrambi nella zona di [[Ponte Guglielmo Marconi|Ponte Marconi]]), dove spesso si ritrovano anche molti dei componenti della stessa Banda, entrano in contatto con [[Massimo Carminati]], membro dei [[Nuclei Armati Rivoluzionari]] e, ben presto, lo prendono sotto la loro ala protettiva. A loro Carminati inizia ad affidare i proventi delle rapine di autofinanziamento effettuate con i NAR, in modo da poterli riciclare in altre attività illecite quali l'usura o lo spaccio di droga. In regime di reciproco scambio di ''favori'', la Banda, di tanto in tanto commissiona ai giovani fascisti anche di eliminare alcune persone poco gradite. <br>
Il 20 marzo di quell'anno il giornalista [[Mino Pecorelli]] viene assassinato a Roma in circostanze non del tutto chiarite e [[Maurizio Abbatino]], un altro dei capi della Banda che poi si sarebbe pentito, racconterà che:
{{Citazione|Fu Franco Giuseppucci a dirmi che a uccidere Pecorelli era stato Massimo Carminati. Mi disse che la richiesta era stata fatta da [[Pippo Calò]] a [[Danilo Abbruciati]]. Franco aggiunse che Pecorelli era un giornalista sbirro ... che stava creando problemi a un personaggio politico [ [[Giulio Andreotti]], ndr]. Tornando indietro non direi più niente perché è da quel processo che sono iniziati tutti i miei guai. Mi ritirarono il passaporto. Avrei dovuto capire subito che certe persone non si toccano. Andreotti e Carminati non potevano essere processati insieme.}}
[[Vittorio Carnovale]] invece racconterà di aver saputo da [[Edoardo Toscano]] che ad aver organizzato l'omicidio sarebbero stati Enrico De Pedis e Abbruciati con esecutori materiali Carminati e [[Michelangelo La Barbera]] il quale avrebbe poi riconsegnato l'arma a De Pedis. Invece Fabiola Moretti, prima di "pentirsi di essersi pentita", dichiarerà di aver saputo dal suo compagno Abbruciati che la pistola gli veniva riconsegnata da La Barbera e che la avrebbe riportata al deposito.<ref>{{cita libro| nome=Raffaella | cognome=Fanelli | capitolo=Il delitto Pecorelli| titolo=La verità del Freddo| curatore= | anno=2018 | editore=[[Chiarelettere]] | città=Milano | ed=1 | pp=210-214| ISBN=9788832960389 }}</ref> <br>
Il processo vedrà coinvolti Giulio Andreotti, [[Gaetano Badalamenti]], [[Claudio Vitalone]], Pippo Calò, [[Michelangelo La Barbera]] e Massimo Carminati e si concluderà con l'assoluzione di tutti gli imputati ''"per non aver commesso il fatto"''.<ref>{{cita libro| nome=Raffaella | cognome=Fanelli | capitolo=Il delitto Pecorelli| titolo=La verità del Freddo| curatore= | anno=2018 | editore=[[Chiarelettere]] | città=Milano | ed=1 | p=191| ISBN=9788832960389 }}</ref>
Come poi riferirà anni dopo, un altro dei capi della Magliana, [[Maurizio Abbatino]], interrogato dagli inquirenti nell'istruttoria del processo che vedrà alla sbarra tutta quell'organizzazione malavitosa romana, nel [[1992]]: "''prima dell'omicidio di Franco Giuseppucci, avevano cominciato a gravitare intorno alla nostra banda, più precisamente nell'orbita di "Renatino" (De Pedis, ndr), Paolo Frau e Danilo Abbruciati. Quest'ultimo era stato uno dei boss della malavita romana, ma, a seguito dell'emergere della nostra banda e dei cambiamenti che ciò induceva nell'ambiente malavitoso, si era trovato "cane sciolto", per questo motivo si era avvicinato a De Pedis, cercando di rientrare nel giro, insieme al Frau che era il suo "tirapiedi"''."<ref name="ordinanza">[https://nottecriminale.wordpress.com/2011/11/14/banda-della-magliana-la-vera-storia-in-esclusiva-l%E2%80%99intera-ordinanza-di-sentenza/ Banda della Magliana: la vera storia. In esclusiva, l'intera ordinanza di sentenza]</ref>
Circostanza confermata anche dalla Moretti, compagna di Abbruciati, che sempre nella medesima istruttoria ebbeha amodo di dichiarare: "''{{Citazione|Quando Danilo venne scarcerato, la situazione nel mondo della malavita era sostanzialmente cambiata: la malavita aveva scoperto quanto rendesse la commercializzazione della droga. Quando Danilo uscì di prigione, si era già costituita la cosiddetta banda della Magliana. Maurizio Abbatino aveva imposto una sorta di monopolio della droga, attraverso il quale controllava l'approvvigionamento e lo smercio su tutta Roma''."<ref name="ordinanza" />}}
All'interno della Banda, però, nonostante le strette regole autoimposteauto-imposte dagli stessi componenti, il ''Camaleonte'' manterrà sempre una certa indipendenza che rispecchia il suo ''spirito imprenditoriale'' e che lo porterà a stringere rapporti di collaborazione con politici corrotti, estremisti di destra, mafiosi del calibro di [[Pippo Calò]], boss palermitano della famiglia di Porta Nuova e punto di riferimento di [[Cosa Nostra]] a [[Roma]] e, indirettamente, anche con faccendieri come [[Flavio Carboni]] con i quali Abbruciati investìinveste i proventi dello spaccio della droga in operazioni immobiliari in [[Sardegna]]. Grazie al buon rapporto con [[Pippo Calò|Calò]] e con l'altro boss palermitano [[Stefano Bontade]], Abbruciati portòporta inoltre in dote alla Banda, un prezioso canale di rifornimento di stupefacenti direttamente connesso a [[Cosa Nostra]].
Oltre al fiuto per gli affari, il ''Camaleonte'' eraè anche un killer senza scrupoli ed agivaagisce sia per regolare interessi personali (o della Banda) sia su commissione, pagato da terzi. Il 3 febbraio del [[1981]], ad esempio, nel periodo in cui la resa dei conti all'interno della [[Banda della Magliana]] iniziavainizia a prendere la forma di una vera e propria mattanza, partecipòpartecipa alla esecuzione di [[Antonio Leccese]], cognato dell'altro boss della Magliana [[Nicolino Selis]], ucciso da Abbatino ed [[Edoardo Toscano]], che venneviene giustiziato da Abbruciati e [[Antonio Mancini (criminale)|Antonio Mancini]] per strada, mentre a bordo della sua A112 faceva ritorno a casa dopo aver firmato la presenza al commissariato di zona. E della faida interna che, da lì a poco, avrebbe divisodividerà per sempre gli ex sodali della Banda ne fusarà vittima anche [[Domenico Balducci]], detto ''Memmo er Cravattaro'' che, nello stesso anno, compìcompie il fatale errore di trattenere per sé una parte del denaro (150 milioni) destinato a [[Pippo Calò]], firmando così la sua condanna a morte che avvenneavviene, sempre per mano di Abbruciati (accompagnato questa volta da De Pedis e [[Raffaele Pernasetti]]), la sera del 16 ottobre [[1981]] quando, rincasando in motorino nella sua lussuosa villa all'Aventino, venneviene ucciso dai testaccini. Ne seguirà un litigio acceso tra Abbruciati e Abbatino, il quale rinfaccia al testaccino di perseguire propri scopi personali al di fuori dell'interesse comune del gruppo. In pratica, ai testaccini viene rivolta l'accusa di essere dei traditori che mettono in pericolo i compagni unicamente per proteggere gli affari dei Corleonesi.
Il 25 novembre la polizia scopre l'arsenale della Banda nello scantinato del [[Ministero della Sanità]] all'[[EUR]] e il custode chiama in causa Abbatino e Abbruciati salvo poi ritrattare.
Un profilo criminale a tutto tondo quindi, quello di Abbruciati, che poteva godere del rispetto da parte degli altri malavitosi che lo temevano e che avrebbero pagato a duro prezzo qualsiasi affronto nei suoi riguardi. Come, ad esempio avvenne a due esponenti della criminalità romana, Roberto Belardinelli (detto Bebbo) e Massimo Barbieri. Con il primo il motivo del contendere fu una banale rissa in un locale notturno capitolino, nel corso della quale Abbruciati esplose alcuni colpi di pistola all'indirizzo del Belardinelli che si dette alla fuga e che, come spiega Fabiola Moretti interrogata dal giudice istruttore, iniziò una guerra personale contro Abbruciati che trovò la fine con un morto ammazzato e innocente. La Moretti spiega che ''Bebo sparò raffiche di mitra contro le auto parcheggiate in via dei Ponziani. Infine sequestrò Oscaretto Meschino, per farsi dire, a suon di botte, dove potesse trovare Danilo. Infine una mattina che Danilo doveva incontrare Umbertino Cappellari sulla via del Mare dove, all'altezza della deviazione per Fiumicino, questi aveva un magazzino di lampadari, Bebo Belardinelli si trovò sul posto e uccise Umbertino, sotto gli occhi del figlio Pino, tossicodipendente: per sua fortuna Danilo era arrivato in ritardo all'appuntamento, sicché al suo posto morì il Cappellari.'' ▼
▲Un profilo criminale a tutto tondo quindi, quello di Abbruciati, che potevapuò godere del rispetto da parte degli altri malavitosi che lo temevanotemono e che avrebbero pagatopagherebbero a duro prezzo qualsiasi affronto nei suoi riguardi. Come, ad esempio avvenneavviene a due esponenti della criminalità romana, [[Roberto Belardinelli ]] (detto Bebbo) e [[Massimo Barbieri ]]. Con il primo il motivo del contendere fuè una banale rissa in un locale notturno capitolino, nel corso della quale Abbruciati esploseesplode alcuni colpi di pistola all'indirizzo del Belardinelli che si dettedà alla fuga e che, come spiega Fabiola Moretti interrogata dal giudice istruttore, iniziòinizia una guerra personale contro Abbruciati che trovòtrova la fine con un morto ammazzato e innocente. La Moretti spiega che '' "Bebo sparò raffiche di mitra contro le auto parcheggiate in via dei Ponziani. Infine sequestrò Oscaretto Meschino, per farsi dire, a suon di botte, dove potesse trovare Danilo. Infine una mattina che Danilo doveva incontrare Umbertino Cappellari sulla via del Mare dove, all'altezza della deviazione per Fiumicino, questi aveva un magazzino di lampadari, Bebo Belardinelli si trovò sul posto e uccise Umbertino, sotto gli occhi del figlio Pino, tossicodipendente: per sua fortuna Danilo era arrivato in ritardo all'appuntamento, sicché al suo posto morì il Cappellari. "''
Lo scontro con Massimo Barbieri fu causato, invece, da un festino organizzato da quest'ultimo con la madre di sua figlia e con la sorella. Il Camaleonte non accettò questa mancanza di rispetto e cercò di vendicarsi uccidendo Barbieri ma, tradito dalla pistola, inceppatasi all'ultimo momento, lo pestò a sangue con il calcio dell'arma stessa. Dal canto suo, Barbieri cercò di vendicarsi attentando alla vita di Abbruciati con un colpo di pistola alla tempia. Il proiettile, che il Camaleonte decise di far rimuovere solo a vendetta eseguita, però non lo uccise e non lasciò conseguenze gravi, segnando tuttavia la condanna a morte dell'attentatore. Come se non bastasse, Barbieri si rese responsabile del rapimento e delle sevizie a danno di Fabiola Moretti, amante di Abbruciati. La tanto attesa occasione per la vendetta venne offerta ai Testaccini da un compare di Barbieri, Angelo Angelotti, il quale sfruttò il dissidio dell'ex amico con gli esponenti della banda per sbarazzarsi di lui, in quanto segretamente innamorato della moglie. Attirato con una scusa a un droga party presso un'abitazione di Ladispoli, Barbieri venne narcotizzato e legato per poi essere torturato per ore con un coltello da Abbruciati e De Pedis. Una volta ucciso, il suo corpo venne carbonizzato e abbandonato nella campagna romana. ▼
▲Lo scontro con Massimo Barbieri fuè causato, invece, da un festino organizzato da quest'ultimo con la madre di sua figlia e con la sorella. Il Camaleonte non accettòaccetta questa mancanza di rispetto e cercòcerca di vendicarsi uccidendo Barbieri ma, tradito dalla pistola, inceppatasi all'ultimo momento, lo pestòpesta a sangue con il calcio dell'arma stessa. Dal canto suo, Barbieri cercòcerca di vendicarsi attentando alla vita di Abbruciati con un colpo di pistola alla tempia. Il proiettile, che il Camaleonte decisedecide di far rimuovere solo a vendetta eseguita, però non lo ucciseuccide e non lasciòlascia conseguenze gravi, segnando tuttavia la condanna a morte dell'attentatore. Come se non bastasse, Barbieri si reserende responsabile del rapimento e delle sevizie a danno di Fabiola Moretti , amante di Abbruciati. La tanto attesa occasione per la vendetta venneviene offerta ai Testaccini da un compare di Barbieri, [[Angelo Angelotti ]], il quale sfruttòsfrutta il dissidio dell'ex amico con gli esponenti della bandaBanda per sbarazzarsi di lui, in quanto segretamente innamorato della moglie. Attirato con una scusa a un droga partyfestino presso un'abitazione di Ladispoli, Barbieri venneviene narcotizzato e legato per poi essere torturato per ore con un coltello da Abbruciati e De Pedis. Una volta ucciso, il suo corpo venneviene carbonizzato e abbandonato nella campagna romana . Il 18 gennaio [[1982]] il suo cadavere viene ritrovato in una discarica vicino a Ladispoli e le condizioni sono raccapriccianti: bruciato, un occhio perforato da una lama, dei tagli sul viso, il naso spaccato e un proiettile nel cranio e uno al centro della fronte.
===La morte===
La forte personalità, il carisma e l'intelligenza di questo bandito lo spinsespinge a stringere rapporti anche con neofascisti ed esponenti dei servizi segreti, che in più di una occasione, in cambio dei suoi servizi, gli offrivanooffriono protezione ed impunità. Proprio un intreccio di interessi criminali tra componenti della bandaBanda, ambienti della criminalità economica e politica, e [[Cosa Nostra]] furonosono alla base del tentato omicidio di [[Roberto Rosone]], vice presidente del [[Banco Ambrosiano]]. Fu in questa occasione chequando Abbruciati perseperde la vita, il 27 aprile del [[1982]].
Su richiesta di [[Ernesto Diotallevi]], altro esponente di spicco della [[Banda della Magliana]] e tramite tra i mandanti ([[Flavio Carboni]] e [[Pippo Calò]]) e gli esecutori, Abbruciati giunsegiunge a [[Milano]] in treno insieme a [[Bruno Nieddu]] per attentare alla vita del funzionario ma non riuscìriesce nell'impresa di ucciderlo a causa di un guasto alla sua pistola e, dopo essere riuscito solo a gambizzarlo, fuviene ferito a morte da una guardia giurata con un colpo alle spalle, mentre scappavascappa a bordo di una motocicletta guidata dal suo complice.<ref>[http://archiviofoto.unita.it/index.php?f2=recordid&cod=13370&codset=BIO&pagina=0 Attentato a Roberto Rosone] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20120113073750/http://archiviofoto.unita.it/index.php?f2=recordid&cod=13370&codset=BIO&pagina=0 |data=13 gennaio 2012 }}, [[L'Unità]]</ref> Nella giacca del suo cadavere, i poliziotti trovaronotrovano una scatoletta di fiammiferi con appuntato un numero intestato a Mirella Fiorani, cognata di Diotallevi.<ref>{{cita libro|autore=Raffaella Notariale|titolo=Segreto criminale|url=http://books.google.it/books?id=IINLgy0iBEYC|anno=2010|editore=Newton Compton Editori|isbn=978-88-541-2514-8}}</ref>
La notizia della sua morte a Milano colsecoglie di sorpresa sia i suoi amici della Magliana, sia gli stessi investigatori che si chieserochiedono, per molto tempo, le ragioni che avesseroabbiano portato Abbruciati a Milano, così lontano dai suoi interessi romani, da mero sicario. Una stranezza, quella che sia andato personalmente a eseguire un "lavoro" così rischioso quanto ben remunerato, che non verrà mai spiegata fino in fondo dalle inchieste che seguiranno negli anni a venire. Come mandanti dell'agguato furonoverranno comunque condannati [[Michele Sindona]], il banchiere [[Roberto Calvi]], lo stesso [[Ernesto Diotallevi]] e il faccendiere [[Flavio Carboni]].<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1994/gennaio/15/condannati_Carboni_boss_della_Magliana_co_0_940115795.shtml Condannati Carboni e un boss della Magliana. sono i mandanti del tentato omicidio di Rosone], [[Corriere della Sera]]</ref>
==Influenza culturale==
La figura di Abbruciati ha ispirato il personaggio di ''[[Nembo Kid (Romanzo criminale)|Nembo Kid]]'' nel libro [[Romanzo criminale (romanzo)|Romanzo criminale]], scritto nel 2002 da [[Giancarlo De Cataldo]] e riferito alle vicende realmente avvenute della [[bandaBanda della Magliana]]. Nell'omonima [[Romanzo criminale - La serie|serie televisiva]], diretta da [[Stefano Sollima]], i panni di ''Nembo Kid'' furono vestiti dall'attore [[Edoardo Leo]].
Il personaggio di Danilo Abbruciati, interpretato dall'attore romano [[Bruno Bilotta]], compare anche nel film ''[[I banchieri di Dio - Il caso Calvi]]'', diretto da [[Giuseppe Ferrara]] nel [[2002]] e tratto dall'omonimo libro curato da Mario Almerighi, il giudice che all'epoca si occupò del caso Calvi.
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