Nephesh: differenze tra le versioni
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A dimostrare che ''nefeš'' vuol dire gola o bocca o respiro non vi è solo la radice verbale ''√nfsh'' (√נפש) che vuol dire “tirare il fiato (''ynapèsh'')”, ma anche l’accadico ed altre lingue semitiche. La forma accadica ''napashu'' significa “soffiare”, “sbuffare”, “respirare”. Ancora: in accadico la forma ''napishtu'' indica la “gola”, poi la “vita” e infine l’“essere vivente”. In ugaritico ''npsh'' (le stesse identiche consonanti usate nell’ebraico ''nefeš'' [la lettera ''pe''/''fe'' (פ) indica in ebraico sia la ''p'' che la ''f'']) indica la “gola”, l’“appetito” e il “desiderio”. L’arabo ''nafsum'' può indicare il “fiato”, l’“appetito”, la “vita” e la “persona” intera.
<br />
== Nefeš come collo ==
Il collo non è altro che la parte esterna e visibile della gola. Dunque, se ''nefeš'' poteva designare la gola il passaggio al significato di collo è pressoché immediato. Nel ''Salmo'' 105:18 si pensa esclusivamente alla parte esterna e visibile della gola, cioè il collo:<blockquote>"Afflissero con i ceppi i suoi piedi, la sua ''nefeš'' entrò nei ferri"</blockquote>Che qui si tratti del collo e non dell'anima ce lo dice chiaramente l'analoga espressione riguardante i piedi ed il fatto che si parli di catene non metaforiche. Altra testimonianza e conferma della traduzione di ''nefeš'' come collo ci viene da ''Isaia'' 51:23<blockquote>"Dicevano alla tua ''nefeš'': 'Chinati affinché passiamo' e tu facevi del tuo dorso proprio come la terra, come una strada per i passanti."</blockquote>Ciò avveniva secondo l'uso dei vincitori di porre i propri piedi sulla nuca dei vinti in segno di sconfitta. Ci soffermeremo adesso su questi passi confrontando svariate traduzioni:<blockquote>"Non colpiamo a morte alla sua nefeś" (''Genesi'' 37:21)
"Sai tu che Baalis, re degli Ammoniti, ha mandato Ismael, figlio di Nethania, per colpire alla tua ''nefeš''" (''Geremia'' 40:14)</blockquote>Rileggiamo adesso invece i medesimi passi, ma con altre traduzioni che non riproducono e non mantengono l'originale linguaggio concreto ebraico:<blockquote>"Non togliamogli la vita" (''Genesi'' 37:21)
"[...] ha mandato Ismael, figlio di Nethania, per toglierti la vita?" (''Geremia'' 40:14)</blockquote>È, sì, vero che il messaggio e il significato non cambiano, anzi risulta più chiaro al lettore occidentale, ma la letteralità del testo ci mostra ancora una volta l'essenzialità del linguaggio concreto biblico e il significato di ''nefeš'' come collo. Questo sarebbe, infatti, il testo vero e letterale in tutta la sua freschezza:<blockquote>"Non colpiamolo alla gola" (''Genesi'' 37:21)
"[...] ha mandato Ismael, figlio di Nethania, per colpirti al collo?" (''Geremia'' 40:14)</blockquote>Ancora: il seguente discorso vale anche per i ceppi che vengono messi intorno al collo in 1 Samuele 28:9 ove si dice:<blockquote>"Perché agisci come uno che tende trappole contro la mia ''nefeš'' per farmi mettere a morte?"</blockquote>Anche qui, per comodità del lettore preferisco aggiungere un'altra traduzione del medesimo passo:<blockquote>"Perché dunque tendi un'insidia alla mia vita (''nefeš'') per farmi morire?" (''1 Samuele'' 28:9)</blockquote>Dietro la prolissità e la pomposità delle traduzioni l'ebraico dice letteralmente:<blockquote>"Perché vuoi mettere un cappio intorno alla mia ''nefeš'' così da farmi morire?" (''1 Samuele'' 28:9)</blockquote>Qui l'immagine rimanda precisamente e in modo diretto al cappio che stringe il collo fino alla morte. La prima traduzione riportata, anche qui, gioca con cappio-trappole, mentre la seconda elide il linguaggio concreto biblico per giungere subitaneamente al dunque e rendere il testo più facilmente leggibile all'occidentale; ma la terza traduzione resta senza alcun dubbio comunque la più fedele e la più veritiera. Anche in altri passi è utilizzata la stessa metafora del cappio alla gola per indicare un pericolo mortale ed il testo è chiarissimo, ma le traduzioni un po' meno. Vediamo, anche in questo caso, diverse traduzioni del medesimo passo:<blockquote>"La bocca dello stupido è la sua rovina, e le sue labbra sono il laccio per la sua ''nefeš''" (''Proverbi'' 18:7)
"La bocca dello stupido è la sua rovina, e le sue labbra sono un laccio per l'anima sua" (Ibidem)
"La bocca dello stolto è la sua rovina, le sue labbra sono un laccio alla sua vita" (Ibidem)</blockquote>È chiaro che la seconda traduzione che traduce ''nefeš'' con anima non ha alcun senso, posto che non si pensi ad un'anima mortale e corporea (cioè non un'anima). Ma ciò, come vedremo in seguito, non è neppure vero perché la Bibbia ebraica e la lingua ebraica non dispongono né di alcuna definizione sistematica dell'anima né di un termine per indicare tale concetto metafisico che è proprio della filosofia greca platonica e neo-platonica e che non ha nulla a che fare con il mondo e la concezione semita dell'uomo. Ritornando a ''Proverbi'' 18:7, anche qui la traduzione "sono un laccio alla sua vita" elide il linguaggio concreto biblico, ma non è comunque più chiara di "sono laccio per la sua gola" che è la traduzione letterale oltre che è la più chiara. L'occidentale direbbe: "egli, stolto per com'è, si condanna da solo con le sue medesime parole (in quanto, è chiaro, labbra sta concretamente per parole).
== Nefeš come desiderio ==
In ''Deuteronomio'' 4:29 si legge:<blockquote>"Ma di là cercherai l'Eterno, il tuo Dio; e lo troverai, se lo cercherai con tutto il tuo cuore e con tutta l'anima tua"</blockquote>Al di là del cercare spiegazioni su cosa significhi cercare con tutta la propria anima, il testo ebraico contiene ''lebab'' (לבב) là dove si traduce con cuore e ''nefeš'' (נפש) là dove si traduce con anima. Il cuore, nel linguaggio antropologico biblico, a differenza di quello occidentale, indica l'intelligenza dell'uomo. Sostituendo le parti del corpo con le loro funzioni potremmo dunque tradurre:<blockquote>"Ma di là cercherai l'Eterno, il tuo Dio; e lo troverai, se lo cercherai con tutta la tua intelligenza e tutto il tuo desiderio" (''Deuteronomio'' 4:29)</blockquote>La gola essendo il canale attraverso cui passa il cibo, che è un bisogno, una vera e propria necessità dell'uomo, e, secondo la primitiva anatomia ebraica, anche del respiro, indica il bisogno e il desiderio dell'uomo. Esprime cioè la vita in quanto essa è fatta di bisogni, necessità e desideri. Una gola affannata e stretta dai ceppi finisce col perdere il respiro e così anche la vita. Ricorrente è l'espressione "con tutto il tuo cuore (leb [לב]) e tutta la tua anima (nefeš [נפש]) e per questo possono esservi molteplici variazioni di significato e traduzione, fra cui:
α) con tutta la tua intelligenza (''leb'' [לב]; anche sapienza) e tutto il tuo desiderio (''nefeš'' [נפש])
β) con tutta la tua decisione (''leb'' [לב]) e tutta la tua vita (''nefeš'' [נפש]; cioè con tutto il tuo impegno che dimostrerai con il tempo impiegato nella ricerca)
In ''Numeri'' 21:5 sta scritto:<blockquote>"E il popolo parlò contro Dio e contro Mosè, dicendo: 'Perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto? Qui non c'è né pane né acqua, e la nostra ''nefeš'' è nauseata di un cibo così inconsistente"</blockquote>Esattamente come in ''Salmi'' 107, qui non si tratta di una fame spirituale poiché essi camminano nel deserto e si lamentano dicendo che "Qui non c'è né pane né vino" e che "la nostra gola è nauseata di un cibo così inconsistente". È qui che chiaro che qui si faccia riferimento a della vera e propria fame, non spirituale.
== Nefeš come vita ==
Fra i molteplici significati che ''nefeš'' può assumere vi è anche quello di vita. La vita, del resto, non è altro che un agglomerato di necessità, bisogni e desideri. Il significato di ''nefeš'' come vita è più che chiaro ed evidente in ''Deuteronomio'' 12:23, ove è possibile leggere:<blockquote> Il sangue è la ''nefeš''</blockquote> Con ciò si compie l’identificazione sangue-vita, che è alla base della prescrizione enunciata in ''Levitico'' 17:10-11 che ne vieta il consumo e in cui è detto chiaramente che<blockquote> la ''nefeš'' della carne è nel sangue</blockquote> Qui la ''nefeš'' non può essere nient’altro che la ''nefeš'' come vita. A documentare ulteriormente il significato di ''nefeš'' come vita è un dei passi più noti del testo biblico. In concordanza con il famoso passo di ''Esodo'' 21:24–25 che così recita:<blockquote> occhio per occhio, dente per dente, mano per
mano, piede per piede, scottatura per scottatura,
ferita per ferita, contusione per contusione</blockquote>in ''Levitico'' 24:18 si legge:<blockquote> ''nefeš'' per ''nefeš''</blockquote>che chiaramente non sta a significare anima per anima, ma vita per vita.
Anche ''Genesi'' 9:4 pone in stretta relazione la ''nefeš'' con il sangue, in esso infatti si legge:<blockquote> Non mangerete la carne con la sua ''nefeš'',</blockquote>cioè con il suo sangue.
Anche nella vita militare la sentinella rispondeva con la propria “vita”:<blockquote> La tua ''nefeš'' dovrà prendere il posto della sua
''nefeš''
(''Primo libro dei Re'', 20:39)</blockquote> In ''Salmi'' 30:3 sta scritto:<blockquote> Hai tratto la mia nefeš dallo stesso Sheol</blockquote>di cui il seguito chiarisce con il sinonimo:<blockquote> Mi hai mantenuto in vita</blockquote>il che rende manifesto che ''nefeš'' non è qui altro che la vita. Anche in ''Proverbi'' 19:8 il significato che si adatta a ''nefeš'' è quello di vita:<blockquote> Chi acquista cuore ama la sua ''nefeš''</blockquote> Così anche in ''Proverbi'' 7:23, ove si legge:<blockquote> Proprio come un uccello si affretta nella trappola,
ed egli non ha saputo che vi è implicata la sua
medesima ''nefeš''</blockquote>In ''Proverbi'' 8:35-36 il contesto induce a tradurre ''nefeš'' necessariamente con vita. Lì la sapienza personificata dice:<blockquote> Chi mi trova certamente troverà la vita [(''nefeš'') נֶפֶשׁ];
ma chi mi perde fa violenza alla sua ''nefeš'';
tutti quelli he mi odiano intensamente sono quelli
che davvero amano la morte</blockquote> Nel periodo precedente ''nefeš'' appare come sinonimo esatto di “vita”, e nel parallelismo con quello seguente ''nefeš'' si figura come il perfetto contrario di “morte”.
== Nefeš come
Abbiamo ripetuto fino a questo punto che l’essere umano ha una ''nefeš'' [נֶפֶשׁ], ma vi sono passi in cui è chiaro che la Bibbia dica che l’uomo stesso è ''nefeš''.
In questi passi in cui si dice che l’essere umano è ''nefeš'', dobbiamo assolutamente escludere che questa assuma il significato di vita, in quanto è proprio la vita ad essere attribuita alla ''nefeš''.
Quando la Bibbia dice che la persona è ''nefeš'' non si indica ciò che uno ha, ma ciò che è. Vediamo alcuni passi in cui è presente quest’ulteriore significato di ''nefeš'':<blockquote> ''- Levitico'', 17:10
In quanto a qualunque uomo della casa d’Israele o
a qualche residente forestiero che risiede come
forestiero in mezzo a voi il quale mangi qualsiasi
sorta di sangue, certamente porrò la mia faccia
contro la ''nefeš'' che mangia il sangue, e in realtà la
stroncherò di fra il suo popolo.</blockquote> Qui è necessario tradurre ''nefeš'' con “persona”, pur notando che qui si parla di una ''nefeš'' che mangia e che ciò potrebbe far pensare di nuovo all’originario significato di ''nefeš'' come gola o bocca.<blockquote> ''- Levitico'', 20:6
Se un uomo (''nefeš'' [נֶפֶשׁ]) si rivolge ai negromanti e
agli indovini, per darsi alle superstizioni dietro a
loro, io volgerò il mio volto contro quella persona
(''nefeš'' [נֶפֶשׁ]) e la eliminerò dal suo popolo</blockquote> In quest’ultimo passo si vede bene che ''nefeš'' indica la singola persona in contrapposizione al popolo. Lo stesso accade in ''Levitico'' 19:8, ove sta scritto:<blockquote> Quella persona (''nefeš'' [נֶפֶשׁ]) sarebbe eliminata dal
suo popolo</blockquote><br /><blockquote> ''- Levitico'', 22:3
Dì loro: «Nelle generazioni future ogni uomo della
vostra discendenza che si accosterà in stato di
impurità alle offerte sante, consacrate dagli
Israeliti in onore del Signore, quello (''nefeš'' [נֶפֶשׁ])
sarà eliminato dalla mia presenza. Io sono il
Signore.
''- Numeri'', 5:5 – 6
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Di' agli Israeliti:
«Quando un uomo o una donna avrà fatto qualsiasi
peccato contro qualcuno, commettendo
un'infedeltà contro il Signore, questa persona
(''nefeš'' [נֶפֶשׁ]) sarà in condizione di colpa.
''- Numeri'', 9:13
Però l'uomo che sia puro e non sia in viaggio, ma
ometta di fare la Pasqua, quella persona (''nefeš'' [נֶפֶשׁ])
sarà eliminata dal suo popolo, perché non ha
presentato l'offerta al Signore nel tempo stabilito:
quell'uomo porterà il suo peccato.
<br /></blockquote> Indicando ''nefeš'' la singola persona è anche possibile l’immagine plurale con il corrispondente plurale del termine ''nefašot'' [נְּפָשֹׁות].
Ciò avviene in passi ove si riferisce ad un maggiore di individui o ad una collettività, come accade in:
<br /><blockquote> ''- Levitico'', 18:29
Nel caso che qualcuno faccia una qualunque di
tutte queste cose detestabili, le ''nefašot'' [נְּפָשֹׁות] che
le fanno devono essere stroncate di fra il loro
popolo</blockquote>
Quando ''Geremia'' 43:6 elenca i gruppi di persone che saranno portati in Egitto, il testo menziona in primo luogo “uomini, donne, bambini, le figlie del re”, poi prosegue dicendo:<blockquote> e ogni persona (''kol-nefeš'' [כָּל־נֶפֶשׁ]) che
Nabuzaradàn, capo delle guardie, aveva lasciato
con Godolia, figlio di Achikàm, figlio di Safan,
insieme con il profeta Geremia e con Baruc, figlio
di Neria</blockquote> Qui ''nefeš'', seppur al singolare, è usato in senso collettivo per indicare un gruppo di singole persone.
Lo stesso avviene in ''Genesi'' 12:5 dove si enumera tutto ciò che Abraamo prese con sé in Haran alla volta di Canaan:<blockquote> E Abramo prese Sarai sua moglie e Lot, figliuolo
del suo fratello, e tutti i beni che possedevano e le
persone che avevano acquistate in Charan</blockquote> Qui è necessario fare un’osservazione, perché là dove è tradotto con “persone” in ebraico, in realtà, sta scritto ''nefeš'' [נֶפֶשׁ], al singolare, e non ''nefašot'' [נְּפָשֹׁות], al plurale, come ci si potrebbe, invece, aspettare. Si tratta dell’uso di ''nefeš'' al singolare in senso collettivo che viene ulteriormente confermato dalla traduzione greca dei LXX che ha, anch’essa, ''psychaì'' [ψυχαὶ], al plurale, e non ''psyché'' [ψυχή], al singolare.
Quest’uso collettivo di ''nefeš'' si dimostra molto significativo in quei passi in cui vengono riportati dati numerici, come accade in:
<br /><blockquote> ''- Genesi'', 46:15
Questi sono i figli di Lea, che essa partorì a
Giacobbe in Paddan-Aram, insieme a sua figlia
Dina. Tutte le anime (''kol-nefeš'' [כָּל־נֶפֶשׁ], “ogni
nefeš”) dei suoi figli e delle sue figlie furono
trentatré
''- Genesi'', 46:18
Questi sono i figli di Zilpa, che Labano diede a sua
figlia Lea. A suo tempo essa partorì a Giacobbe
questi: sedici anime (''nefeš'' [נָפֶשׁ], al singolare)
''- Genesi'', 46:25
Questi sono i figli di Bila, che Labano diede a sua
figlia Rachele. A suo tempo essa partorì a Giacobbe
questi; tutte le anime (''kol-nefeš'' [כָּל־נֶפֶשׁ], “ogni
''nefeš''”) furono sette
''- Genesi'', 46:26
Tutte le anime (''nefeš'' [נֶפֶשׁ], al singolare) furono
sessantasei”</blockquote>
In tutti questi casi la LXX greca traduce il singolare ''nefeš'' con il plurale ''psychaì'' [ψυχαὶ]; lo stesso fa la Vulgata con il latino ''animae''.
Con questa espressione vengono indicati i singoli individui.
In ''Numeri'' 19:18 l’acqua della purificazione deve essere versata<blockquote> su tutte le persone (''nefašot'' [נְּפָשֹׁות]) che son quivi</blockquote>indicando naturalmente tutte le singole persone.
Come abbiamo avuto modo di vedere, in tutti questi passi il termine ''nefeš'' è spostato dal significato di vita a quello di persona, singola o collettiva.
Solo in tal modo diventa comprensibile l’espressione che ricorre in ''Numeri'' 6:6 dove si dice che un nazireo:<blockquote> Per tutto il tempo in cui rimane votato al Signore,
non si avvicinerà a un cadavere</blockquote> L’ebraico ha ''nefeš met'' [מֵ֖ת נֶ֥פֶשׁ]. È errata l’interpretazione di questa espressione ebraica con “anima morta” o “anima di un morto”.
L’ebraico ''nefeš met'' non indica affatto un’anima morta né tanto meno l’anima di un morto! Non indica neppure una vita uccisa. Indica la persona deceduta.
Rende bene la traduzione greca della LXX: ψυχῇ τετελευτηκυίᾳ (''psychê teteleutekuía''), “persona deceduta”. Traduce bene anche la Vulgata: mortuum.
La traduzione di ''nefeš met'' [מֵ֖ת נֶ֥פֶשׁ] con “cadavere” è dunque la più adatta e la più corretta.
È interessante notare il fatto che anche se non accompagnata dall’aggettivo ''met'', ''nefeš'' indica ugualmente il cadavere di una persona morta.
Così accade in:<blockquote> ''- Numeri'', 5:2
Ordina agli Israeliti che espellano
dall'accampamento ogni lebbroso, chiunque soffre
di gonorrea e ogni impuro a causa di un morto.
''- Numeri'', 6:11
Il sacerdote ne offrirà uno in sacrificio per il peccato e l'altro in olocausto
e compirà il rito espiatorio per lui, per il peccato in cui è incorso a causa di quel morto.</blockquote> Quest’uso particolare di ''nefeš'', riferito ad un cadavere, ci chiarisce l’espressione ''nefeš chayàh'' [חַיָּ֑ה נֶ֣פֶשׁ]. Non si tratta di un aggettivo superfluo, bensì indica una realtà vivente.
Così, in ''Genesi'' 1:20 non tratta di cadaveri che galleggiano nell’acqua, ma di:<blockquote> esseri viventi (''nefeš chayàh'' [חַיָּ֑ה נֶ֣פֶשׁ])
che brulicano nelle acque.</blockquote> La versione greca dei LXX traduce bene con “''psychôn zosôn'' [ψυχῶν ζωσῶν]”.
L’uomo stesso, in ''Genesi'' 2:7, viene definito “essere vivente” utilizzando proprio l’espressione
''nefeš chayàh'' [חַיָּה נֶפֶשׁ].
Il primo uomo non è tale semplicemente per la sua formazione “dalla polvere della terra”, ma lo diventa soltanto allorché Dio gli immette nella narici “l’alito vitale”, che non ha nulla a che fare con lo spirito (''rûach'' [רוַּח]) come molti dicono e scrivono, ma con il “respiro (''neshâmâh'' [נְשָׁמָה])” come dice bene ''Genesi'' 2:7.
L’espressione ''nefeš chayàh'' applicata ad Adamo in ''Genesi'' 2:7, non introduce alcuna differenza tra l’uomo e gli animali che pure, prima di lui, erano stati chiamati ''nefeš chayàh'' (''Genesi'', 1:20-24).
La differenza umana sta nel fatto che l’essere umano è creato a immagine e somiglianza degli esseri divini:<blockquote> ''- Genesi'', 1:26
Dio disse: ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine,
conforme alla nostra somiglianza’</blockquote><references/>
==Bibliografia==
* Umberto Galimberti, ''Psichiatria e fenomenologia'', in particolare Parte Prima: Storia dell'Anima, capitolo 2.
*http://www.biblistica.it/wordpress/?page_id=97
==Voci correlate==
*[[Anima]]
*Bibbia
*Ebraismo
[[Categoria:Bibbia]]
[[Categoria:Ebraismo]]
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