Nephesh: differenze tra le versioni

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  Il primo uomo non è tale semplicemente per la sua formazione “dalla polvere della terra”, ma lo diventa soltanto allorché Dio gli immette nella narici “l’alito vitale”, che non ha nulla a che fare con lo spirito (''rûach'' [רוַּח]) come molti dicono e scrivono, ma con il “respiro (''neshâmâh'' [נְשָׁמָה])” come dice bene ''Genesi'' 2:7.
 
  L’espressione ''nefešnefe chayàh'' applicata ad Adamo in ''Genesi'' 2:7, non introduce alcuna differenza tra l’uomo e gli animali che pure, prima di lui, erano stati chiamati ''nefeš chayàh'' (''Genesi'', 1:20-24).
 
  La differenza umana sta nel fatto che l’essere umano è creato a immagine e somiglianza degli esseri divini:<blockquote> ''- Genesi'', 1:26
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  Dio disse: ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine,
 
  conforme alla nostra somiglianza’</blockquote><references/>
 
== Nefeš come pronome ==
   Potendo ''nefeš'' [נֶפֶשׁ] significare anche persona per indicare la totalità dell’essere, diviene facile ed immediato il suo uso come pronome, personale o riflessivo che sia. Si veda a questo proposito
 
''Genesi'' 12:13, ove si legge:
<br /><blockquote>  Ti prego, di’ che sei mia sorella, perché io sia
 
  trattato bene a motivo tuo, e certamente la mia
 
  nefeš [נֶפֶשׁ] vivrà grazie a te.</blockquote>
 
 
  Tenendo ben presente il parallelismo che si trova fra io e ''nefeš'' viene quasi spontanea la traduzione di ''nefeš'' con il pronome personale adatto:
<br /><blockquote>  Ti prego, di’ che sei mia sorella, perché io sia
 
  trattato bene a motivo tuo, e certamente io (''nefeš'' [נֶפֶשׁ])
 
  vivrò grazie a te.</blockquote>
 
 
  Il medesimo fenomeno si presenta in altri passi come:
 
 
''•                   Genesi, 19:19''
 
''   Ti prego, ora, il tuo servitore ha trovato favore ai''
 
''  tuoi occhi in modo che tu magnifichi la tua''
 
''  amorevole benignità, che hai esercitato verso di''
 
''  me per conservare in vita la mia nefeš, ma io, io''
 
''  non posso scampare nella regione montagnosa,''
 
''  affinché la calamità non mi si avvicini e io''
 
''  certamente muoia. Ti prego, ora, questa città è''
 
''  vicina per fuggirvi ed è una piccola cosa. Ti prego,''
 
''  che io scampi là — non è una piccola cosa? — e la''
 
''  mia nefeš seguiterà a vivere.''
 
''•                   Salmi, 54:4''
 
''  Dio è il mio soccorritore: il Signore è fra quelli che''
 
''  sostengono la mia nefeš.''
 
 
  Se non si tenesse conto di questo uso di ''nefeš'' alcuni passi come ''Genesi'' 27:4 sarebbero incomprensibili. In questo, infatti, così si legge:
<br /><blockquote>  Fammi un piatto gustoso come piace a me e
 
  portamelo e, ah, fammi mangiare, perché la mia
 
  ''nefeš'' ti benedica prima che io muoia.</blockquote>
 
 
  Lo stesso ricorre in ''Genesi'' 27:19, ove si legge:
<br /><blockquote>  La tua ''nefeš'' mi benedica</blockquote>
 
 
e in ''Genesi'' 27:25, ove si legge sempre:
<br /><blockquote>  La mia ''nefeš'' ti benedica.</blockquote>
 
 
  Nel testo biblico non vi è assolutamente nulla che possa far pensare all’anima o ad un suo ipotetico dono. Molto più semplicemente si tratta di un uso pronominale del termine ebraico ''nefeš''. Il testo di ''Giobbe'' 16:4 dice:
<br /><blockquote>  Io stesso potrei ben parlare come fate voi. Se solo
 
  le vostre ''nefeš'' esistessero dov’è la mia ''nefeš''</blockquote>
 
 
intendendo dire:
<br /><blockquote>  Parlerei anch’io come voi, se voi foste al posto
 
  mio.</blockquote>
 
 
  Affinché tutto ciò sia ancora più chiaro agli occhi del lettore si veda qui di seguito la differenza tra una traduzione letterale dall’ebraico e una più moderna resa più comprensibile per il lettore occidentale moderno:
<br /><blockquote>•                   ''Esodo'', 12:15
 
  Quella ''nefeš'' dev’essere stroncata da Israele”
 
  (originale)
 
 
  Lui verrà escluso dal popolo di Israele
 
  (riveduta)
 
 
•                   ''Numeri'', 23:10
 
  Muoia la mia ''nefeš'' della morte dei retti
 
  (originale)
 
 
  Io mi auguro di morire come quei giusti
 
  (riveduta)
 
 
•                   ''Ezechiele'', 18:4
 
  La ''nefeš'' che pecca, essa stessa morirà
 
  (originale)
 
 
  Chi pecca morrà
 
  (originale)
 
 
 
•                   ''Salmi'', 3:2
 
  Molti dicono della mia ''nefeš''
 
  (originale)
 
 
  Troppi di me vanno dicendo”
 
  (riveduta)
 
 
•                   ''Proverbi'', 13:4
 
 
  Il pigro si mostra desideroso, ma la sua ''nefeš'' non
 
  ha nulla
 
  (originale)
 
 
  Il pigro desidera molto, ma [egli] nulla ottiene”
 
  (riveduta).</blockquote>
 
 
  Notiamo qui che ''nefeš'' nella totalità dei suoi significati indica sempre l’uomo bisognoso. Per l’ebreo biblico l’essere umano è principalmente composto dal suo desiderio e della sua vulnerabilità ed eccitabilità. Tutti questi aspetti sono ricondotti somaticamente alla gola ed essendo costitutivi dell’intero essere umano ''nefeš'' finisce col significare e con l’indicare la persona nella sua interezza e, ancor di più, ad essere usata come pronome. Per questo stesso e preciso motivo in tutto il ''Pentateuco'' ''nefeš'' viene riferita a Dio soltanto pochissime volte. Ciò accade, per esempio, nel Levitico, ove è possibile leggere:
<br /><blockquote>•                   ''Levitico'', 26:11
 
  Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi e la mia
 
  ''nefeš'' non vi respingerà</blockquote><br /><blockquote>•                   ''Levitico'', 26:30
 
  Devasterò le vostre alture, distruggerò i vostri
 
  altari per l'incenso, butterò i vostri cadaveri sui
 
  cadaveri dei vostri idoli e la mia ''nefeš'' vi detesterà</blockquote>
 
 
  Davanti a Dio l’uomo è solito rivolgersi nella sua interezza, con la sua ''nefeš'', cioè con se stesso. Dice infatti ''Salmi'' 103:1:
<br /><blockquote>  Benedici Dio, o nefeš mia, sì, ogni cosa che è dentro
 
  di me, il suo santo nome.</blockquote>
 
 
  Questo medesimo passo è fondamentale per comprendere cosa davvero significhi ed indichi nel profondo per l’ebreo la parola ''nefeš''. Per questo motivo ricorreremo alla traduzione letterale dall’ebraico che così recita:
<br /><blockquote>  ''Nefeš'' di me  benedici Dio / Ogni interiora di me
 
  [benedici] nome della santità di lui.</blockquote>
 
 
  Così è possibile comprendere che ''nefeš'' indica la totalità dell’essere umano, comprese le sue interiore. E’ tutta la persona a lodare Dio. In termini più moderni, l’occidentale direbbe: “Loda, vita mia, Yvhv”, anche se chiaramente ciò non tiene minimamente il confronto con l’originale ''nefeš'' che indica l’uomo completo: nel suo corpo, nelle sue interiora, nella sua esistenza e nel suo bramare la vita e Dio. Questo è ''nefeš''. In ultima istanza si veda ancora il testo di ''Salmi'' 42:3 a confronto con la traduzione letterale dall’ebraico:
<br /><blockquote>Vado in cerca di te,
 
  di te, mio Dio.
 
  Di te ho sete, o Dio,
 
  Dio vivente:
 
  quando potrò venire
 
  e stare alla tua presenza?
 
  (riveduta)
 
 
 
La mia medesima ''nefeš'' anela a te, o Dio.
 
  La mia ''nefeš'' in realtà ha sete di Dio, dell’Iddio vivente.
 
  Quando verrò e apparirò dinanzi a Dio?
 
(originale).</blockquote>
 
 
  Non vi è neppure una singola volta nelle Sacre Scritture in cui sia possibile tradurre l’ebraico ''nefeš'' con anima. Coloro che scelgono anima per rendere ''nefeš'' fanno una scelta dissennata spesso mossa da una troppa precomprensione cristiano-platonica nel leggere e soprattutto nell’interpretare e nel tradurre la Bibbia.<references/>
 
==Bibliografia==