Nephesh: differenze tra le versioni

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== Nefeš come gola ==
 
    La bibbia ebraica non ha alcuna definizione dell’anima. La parola ebraica ''nefeš'' (נפש) è fondamentale per l’antropologia biblica. Essa ricorre nelle Scritture ben 755 volte. La versione greca dei LXX la traduce per 600 volte con ''psyché'' [ψυχή] e le restanti 155 con altri termini. Già da ciò ci è possibile comprendere che anche i 70 che, secondo la tradizione, tradussero la Bibbia dall’ebraico al greco avevano rivelato una diversità di significato in alcuni passi biblici.
 
  Il lettore italiano conosce ''nefeš'' con la traduzione di anima che si rifà, però, alla traduzione greca (LXX) e latina (Vulgata) delle Scritture e non all’originale ebraica. Nella Bibbia ebraica ''nefeš'' fu senza alcun dubbio adoperata sin dall’inizio in riferimento all’essere umano e per descriverlo in lacune sue peculiarità. Essa compare per la prima volta in tal senso in ''Genesi'' 2:7, ove si legge:
<br /><blockquote>  L’Eterno Dio formò l’uomo [הָאָדָם (''haadâm''), “il terroso”]
 
  dalla polvere della terra [אֲדָמָה (''adamâh'')],
 
  gli soffiò nelle narici un alito di vita
 
  [נִשְׁמַת חַיִּים (''nišmàt chayìym''), “soffio di vita”],
 
  e l’uomo [הָאָדָם (''haadâm''), “il terroso”]
 
  divenne un essere vivente [חַיָּה נֶפֶשׁ (''nèfeš chayàh'')].</blockquote>
 
''Nefeš'' è vista in stretta relazione con la forma complessiva dell’essere umano. Per questo possiamo dire che la persona non ha ''nefeš'', ma che essa è ''nefeš'' e vive come tale.
 
Ma la parola ebraica che i greci hanno tradotto con ''psyché'' [ψυχή] ed i latini con anima in realtà non vuol dire anima, bensì essa possiede ben altri e più estesi significati. Spesso la parola nefeš assume il significato di gola o bocca come accade in Isaia 5:14, ove si legge:
  ''Nefeš'' è vista in stretta relazione con la forma complessiva dell’essere umano. Per questo possiamo dire che la persona non ha ''nefeš'', ma che essa è ''nefeš'' e vive come tale.
<br /><blockquote> Pertanto gli inferi dilatano le loro nefeš,
 
spalancano senza misura la loro bocca.</blockquote>
  Ma la parola ebraica che i greci hanno tradotto con ''psyché'' [ψυχή] ed i latini con anima in realtà non vuol dire anima, bensì essa possiede ben altri e più estesi significati. Spesso la parola nefeš assume il significato di gola o bocca come accade in Isaia 5:14, ove si legge:
<br /><blockquote>  Pertanto gli inferi dilatano le loro nefeš,
 
Invece il ''Salmo'' 107 al verso nove così recita:
  spalancano senza misura la loro bocca.</blockquote>
<br /><blockquote> Egli ha restorato la nefeš assetata
 
e ha colmato di beni la nefeš affamata.</blockquote>
 
Qui si parla di nefeš affamata e assetata. E che non si tratti di una fame o sete, per così dire, spirituale ce lo dimostra il quarto verso del medesimo salmo poiché:
  Invece il ''Salmo'' 107 al verso nove così recita:
<br /><blockquote>  Egli haEssi restoratoandavano laerrando nefešnel assetatadeserto per vie
 
  e hadesolate; colmatonon ditrovavano benicittà lada nefeš affamataabitare.</blockquote>
 
E, sempre per questo motivo:
<br /><blockquote> Affamati e assetati,
 
la ''nefeš'' veniva meno in loro.
  Qui si parla di nefeš affamata e assetata. E che non si tratti di una fame o sete, per così dire, spirituale ce lo dimostra il quarto verso del medesimo salmo poiché:
<br /><blockquote>  Essi andavano errando nel deserto per vie
 
  desolate; non(''Ibidem'', trovavanov. città da abitare.4)</blockquote>
 
Non si tratta dunque di anima, ma di nefeš come gola o bocca. Essa fa pensare all’organo che ha sempre bisogno di essere ristorata con nuovi cibi ed acqua. E per questo motivo viene presa come figura del bisogno e del desiderio umano. È precisamente nella sua nefeš che la persona sente che non può vivere con le sue sole risorse:
<br /><blockquote> Il Signore non permette che la ''nefeš'' del giusto
 
soffra la fame, ma respinge insoddisfatto l’avidità
  E, sempre per questo motivo:
<br /><blockquote>  Affamati e assetati,
 
degli empi
  la ''nefeš'' veniva meno in loro.
 
  (''IbidemProverbi'', v. 410:3)</blockquote>
 
Anche questo passo indica chiaramente che nefeš ha il significato di gola alludendo contemporaneamente al bisogno umano.
 
In ''Proverbi'' 28:25 si legge:
  Non si tratta dunque di anima, ma di nefeš come gola o bocca. Essa fa pensare all’organo che ha sempre bisogno di essere ristorata con nuovi cibi ed acqua. E per questo motivo viene presa come figura del bisogno e del desiderio umano. È precisamente nella sua nefeš che la persona sente che non può vivere con le sue sole risorse:
<br /><blockquote>  Il SignoreChi nonha permettel’anima chearrogante lasuscita ''nefeš''contesa, delma giustochi
 
confida sarà saziato dall’Eterno.</blockquote>
  soffra la fame, ma respinge insoddisfatto l’avidità
 
Ciò che viene reso con “anima arrogante” è in ebraico ''rekhàv nefeš'' (רְחַב־נֶפֶשׁ) che vuol dire “gola spalancata”.
  degli empi
 
È per questo che ''Abacuc'' 2:5 può definire l’uomo avido come:
  (''Proverbi'', 10:3)</blockquote>
<br /><blockquote> colui che ha reso la sua ''nefeš'' spaziosa proprio
 
come lo Sheol, e che è come la morte e non si può
 
saziare.</blockquote>
  Anche questo passo indica chiaramente che nefeš ha il significato di gola alludendo contemporaneamente al bisogno umano.
 
  In Infatti, ''Proverbi'' 2813:25 siribadisce leggeche:
<br /><blockquote>  Chi haIl l’animagiusto arrogantemangia suscitafino contesaa saziare la sua ''nefeš'', ma chiil
 
  confida saràventre saziatodei malvagi sarà dall’Eternovuoto.</blockquote>
 
Sete, acqua e ''nefeš'' sono spesso nella Bibbia tra loro correlati:
<br /><blockquote> Una bona notizia da un paese lontano è come
 
acqua fresca per una ''nefeš'' stanca e assetata.
  Ciò che viene reso con “anima arrogante” è in ebraico ''rekhàv nefeš'' (רְחַב־נֶפֶשׁ) che vuol dire “gola spalancata”.
 
(''Proverbi'', 25:25)</blockquote>
  È per questo che ''Abacuc'' 2:5 può definire l’uomo avido come:
<br /><blockquote>  colui che ha reso la sua ''nefeš'' spaziosa proprio
 
È sempre più chiaro che ''nefeš'' non significhi anima, ma gola o bocca. La ''nefeš'' nella primitiva anatomia ebraica non è considerata solo come organo del nutrimento, del gusto e, per estensione, del desiderio, ma anche come il condotto della respirazione. Così ci dimostra ''Geremia'' 15:9, ove si legge che:
  come lo Sheol, e che è come la morte e non si può
<br /><blockquote> colei che aveva partorito sette figliuoli è languente;
 
  saziare la sua ''nefeš'' ha ansimato.</blockquote>
 
Ma ,anche in Genesi 35:18, mentre Rachele muore si dice che:
<br /><blockquote> la sua ''nefeš'' se ne usciva</blockquote>
 
Qui non si tratta dello spirito o dell’anima che esala via dal corpo nel momento della morte o del parto, ma del respiro che, passando attraverso la gola, esce dalla bocca.
  Infatti, ''Proverbi'' 13:25 ribadisce che:
<br /><blockquote>  Il giusto mangia fino a saziare la sua ''nefeš'', ma il
 
Solo se si considera la ''nefeš'' come organo della respirazione sono comprensibili i passi biblici in cui la radice ''√nfsh'' (√נפש) viene usata con valore verbale. Si trovano di seguito alcuni esempi dell’utilizzo di tale radice:
  ventre dei malvagi sarà vuoto.</blockquote>
<br /><blockquote> Alla fine il re e tutto il popolo che era con lui
 
arrivarono stanchi. Là dunque si ristorarono
 
[יִּנָּפֵשׁ (''ynapèsh''), tirarono il fiato]
  Sete, acqua e ''nefeš'' sono spesso nella Bibbia tra loro correlati:
<br /><blockquote>  Una bona notizia da un paese lontano è come
 
(''Secondo Libro di Samuele'', 16:14)</blockquote><br /><blockquote> Per sei giorni devi fare il tuo lavoro; ma il settimo
  acqua fresca per una ''nefeš'' stanca e assetata.
 
giorno devi desistere, perché il tuo toro e il tuo
  (''Proverbi'', 25:25)</blockquote>
 
asino si riposino e il figlio della tua schiava e il
 
residente forestiero si ristorino [יִנָּפֵשׁ (''ynapèsh''),
  È sempre più chiaro che ''nefeš'' non significhi anima, ma gola o bocca. La ''nefeš'' nella primitiva anatomia ebraica non è considerata solo come organo del nutrimento, del gusto e, per estensione, del desiderio, ma anche come il condotto della respirazione. Così ci dimostra ''Geremia'' 15:9, ove si legge che:
<br /><blockquote>  colei che aveva partorito sette figliuoli è languente;
 
tirino il fiato]
  la sua ''nefeš'' ha ansimato.</blockquote>
 
(''Esodo'', 23:12)
 
In sei giorni l’Eterno fece i cieli e la terra e il
  Ma ,anche in Genesi 35:18, mentre Rachele muore si dice che:
<br /><blockquote>  la sua ''nefeš'' se ne usciva</blockquote>
 
settimo giorno si riposò e si ristorava [יִּנָּפַשׁ (''ynapàsh''),
 
tirò il fiato]”
  Qui non si tratta dello spirito o dell’anima che esala via dal corpo nel momento della morte o del parto, ma del respiro che, passando attraverso la gola, esce dalla bocca.
 
(''Esodo'', 31:17)</blockquote>
  Solo se si considera la ''nefeš'' come organo della respirazione sono comprensibili i passi biblici in cui la radice ''√nfsh'' (√נפש) viene usata con valore verbale. Si trovano di seguito alcuni esempi dell’utilizzo di tale radice:
<br /><blockquote>  Alla fine il re e tutto il popolo che era con lui
 
A dimostrare che ''nefeš'' vuol dire gola o bocca o respiro non vi è solo la radice verbale ''√nfsh'' (√נפש) che vuol dire “tirare il fiato (''ynapèsh'')”, ma anche l’accadico ed altre lingue semitiche. La forma accadica ''napashu'' significa “soffiare”, “sbuffare”, “respirare”. Ancora: in accadico la forma ''napishtu'' indica la “gola”, poi la “vita” e infine l’“essere vivente”. In ugaritico ''npsh'' (le stesse identiche consonanti usate nell’ebraico ''nefeš'' [la lettera ''pe''/''fe'' (פ) indica in ebraico sia la ''p'' che la ''f'']) indica la “gola”, l’“appetito” e il “desiderio”. L’arabo ''nafsum'' può indicare il “fiato”, l’“appetito”, la “vita” e la “persona” intera.
  arrivarono stanchi. Là dunque si ristorarono
 
  [יִּנָּפֵשׁ (''ynapèsh''), tirarono il fiato]
 
  (''Secondo Libro di Samuele'', 16:14)</blockquote><br /><blockquote>  Per sei giorni devi fare il tuo lavoro; ma il settimo
 
  giorno devi desistere, perché il tuo toro e il tuo
 
  asino si riposino e il figlio della tua schiava e il
 
 residente forestiero si ristorino [יִנָּפֵשׁ (''ynapèsh''),
 
  tirino il fiato]
 
  (''Esodo'', 23:12)
 
 
  In sei giorni l’Eterno fece i cieli e la terra e il
 
  settimo giorno si riposò e si ristorava [יִּנָּפַשׁ (''ynapàsh''),
 
  tirò il fiato]”
 
  (''Esodo'', 31:17)</blockquote>
 
 
  A dimostrare che ''nefeš'' vuol dire gola o bocca o respiro non vi è solo la radice verbale ''√nfsh'' (√נפש) che vuol dire “tirare il fiato (''ynapèsh'')”, ma anche l’accadico ed altre lingue semitiche. La forma accadica ''napashu'' significa “soffiare”, “sbuffare”, “respirare”. Ancora: in accadico la forma ''napishtu'' indica la “gola”, poi la “vita” e infine l’“essere vivente”. In ugaritico ''npsh'' (le stesse identiche consonanti usate nell’ebraico ''nefeš'' [la lettera ''pe''/''fe'' (פ) indica in ebraico sia la ''p'' che la ''f'']) indica la “gola”, l’“appetito” e il “desiderio”. L’arabo ''nafsum'' può indicare il “fiato”, l’“appetito”, la “vita” e la “persona” intera.
 
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== Nefeš come vita ==
    Fra i molteplici significati che ''nefeš'' può assumere vi è anche quello di vita. La vita, del resto, non è altro che un agglomerato di necessità, bisogni e desideri. Il significato di ''nefeš'' come vita è più che chiaro ed evidente in ''Deuteronomio'' 12:23, ove è possibile leggere:<blockquote>  Il sangue è la ''nefeš''</blockquote>  Con ciò si compie l’identificazione sangue-vita, che è alla base della prescrizione enunciata in ''Levitico'' 17:10-11 che ne vieta il consumo e in cui è detto chiaramente che<blockquote>  la ''nefeš'' della carne è nel sangue</blockquote>  Qui la ''nefeš'' non può essere nient’altro che la ''nefeš'' come vita. A documentare ulteriormente il significato di ''nefeš'' come vita è un dei passi più noti del testo biblico. In concordanza con il famoso passo di ''Esodo'' 21:24–25 che così recita:<blockquote>  occhio per occhio, dente per dente, mano per
 
  mano, piede per piede, scottatura per scottatura,
 
  ferita per ferita, contusione per contusione</blockquote>in ''Levitico'' 24:18 si legge:<blockquote>  ''nefeš'' per ''nefeš''</blockquote>che chiaramente non sta a significare anima per anima, ma vita per vita.
 
  Anche ''Genesi'' 9:4 pone in stretta relazione la ''nefeš'' con il sangue, in esso infatti si legge:<blockquote>  Non mangerete la carne con la sua ''nefeš'',</blockquote>cioè con il suo sangue.
 
  Anche nella vita militare la sentinella rispondeva con la propria “vita”:<blockquote>  La tua ''nefeš'' dovrà prendere il posto della sua
 
  ''nefeš''
 
  (''Primo libro dei Re'', 20:39)</blockquote>  In ''Salmi'' 30:3 sta scritto:<blockquote>  Hai tratto la mia nefeš dallo stesso Sheol</blockquote>di cui il seguito chiarisce con il sinonimo:<blockquote>  Mi hai mantenuto in vita</blockquote>il che rende manifesto che ''nefeš'' non è qui altro che la vita. Anche in ''Proverbi'' 19:8 il significato che si adatta a ''nefeš'' è quello di vita:<blockquote>  Chi acquista cuore ama la sua ''nefeš''</blockquote>  Così anche in ''Proverbi'' 7:23, ove si legge:<blockquote>  Proprio come un uccello si affretta nella trappola,
 
  ed egli non ha saputo che vi è implicata la sua
 
  medesima ''nefeš''</blockquote>In ''Proverbi'' 8:35-36 il contesto induce a tradurre ''nefeš'' necessariamente con vita. Lì la sapienza personificata dice:<blockquote>  Chi mi trova certamente troverà la vita [(''nefeš'') נֶפֶשׁ];
 
  ma chi mi perde fa violenza alla sua ''nefeš'';
 
  tutti quelli  he mi odiano intensamente sono quelli
 
  che davvero amano la morte</blockquote>  Nel periodo precedente ''nefeš'' appare come sinonimo esatto di “vita”, e nel parallelismo con quello seguente ''nefeš'' si figura come il perfetto contrario di “morte”.
 
== Nefeš come persona ==
    Abbiamo ripetuto fino a questo punto che l’essere umano ha una ''nefeš'' [נֶפֶשׁ], ma vi sono passi in cui è chiaro che la Bibbia dica che l’uomo stesso è ''nefeš''.
 
  In questi passi in cui si dice che l’essere umano è ''nefeš'', dobbiamo assolutamente escludere che questa assuma il significato di vita, in quanto è proprio la vita ad essere attribuita alla ''nefeš''.
 
  Quando la Bibbia dice che la persona è ''nefeš'' non si indica ciò che uno ha, ma ciò che è. Vediamo alcuni passi in cui è presente quest’ulteriore significato di ''nefeš'':<blockquote> ''- Levitico'', 17:10
 
  In quanto a qualunque uomo della casa d’Israele o
 
  a qualche residente forestiero che risiede come
 
  forestiero in mezzo a voi il quale mangi qualsiasi
 
  sorta di sangue, certamente porrò la mia faccia
 
  contro la ''nefeš'' che mangia il sangue, e in realtà la
 
  stroncherò di fra il suo popolo.</blockquote>  Qui è necessario tradurre ''nefeš'' con “persona”, pur notando che qui si parla di una ''nefeš'' che mangia e che ciò potrebbe far pensare di nuovo all’originario significato di ''nefeš'' come gola o bocca.<blockquote> ''- Levitico'', 20:6
 
  Se un uomo (''nefeš'' [נֶפֶשׁ]) si rivolge ai negromanti e
 
  agli indovini, per darsi alle superstizioni dietro a
 
  loro, io volgerò il mio volto contro quella persona
 
  (''nefeš'' [נֶפֶשׁ])  e la eliminerò dal suo popolo</blockquote>  In quest’ultimo passo si vede bene che ''nefeš'' indica la singola persona in contrapposizione al popolo. Lo stesso accade in ''Levitico'' 19:8, ove sta scritto:<blockquote>  Quella persona (''nefeš'' [נֶפֶשׁ]) sarebbe eliminata dal
 
  suo popolo</blockquote><br /><blockquote> ''- Levitico'', 22:3
 
  Dì loro: «Nelle generazioni future ogni uomo della
 
  vostra discendenza che si accosterà in stato di
 
  impurità alle offerte sante, consacrate dagli
 
  Israeliti in onore del Signore, quello (''nefeš'' [נֶפֶשׁ])
 
  sarà eliminato dalla mia presenza. Io sono il
 
  Signore.
 
Signore.
 
''- Numeri'', 5:5 – 6
 
  Il Signore parlò a Mosè e disse: «Di' agli Israeliti:
 
  «Quando un uomo o una donna avrà fatto qualsiasi
 
«Quando un uomo o una donna avrà fatto qualsiasi
  peccato contro qualcuno, commettendo
 
  un'infedeltà peccato contro il Signorequalcuno, questa personacommettendo
 
un'infedeltà contro il Signore, questa persona
  (''nefeš'' [נֶפֶשׁ]) sarà in condizione di colpa.
 
(''nefeš'' [נֶפֶשׁ]) sarà in condizione di colpa.
 
''- Numeri'', 9:13
 
  Però l'uomo che sia puro e non sia in viaggio, ma
 
  ometta di fare la Pasqua, quella persona (''nefeš'' [נֶפֶשׁ])
 
  sarà eliminata dal suo popolo, perché non ha
 
  presentato l'offerta al Signore nel tempo stabilito:
 
  quell'uomo porterà il suo peccato.
<br /></blockquote>  Indicando ''nefeš'' la singola persona è anche possibile l’immagine plurale con il corrispondente plurale del termine ''nefašot'' [נְּפָשֹׁות].
 
  Ciò avviene in passi ove si riferisce ad un maggiore di individui o ad una collettività, come accade in:
<br /><blockquote> ''- Levitico'', 18:29
 
  Nel caso che qualcuno faccia una qualunque di
 
  tutte queste cose detestabili, le ''nefašot'' [נְּפָשֹׁות] che
 
  le fanno devono essere stroncate di fra il loro
 
  popolo</blockquote>
 
Quando ''Geremia'' 43:6 elenca i gruppi di persone che saranno portati in Egitto, il testo menziona in primo luogo “uomini, donne, bambini, le figlie del re”, poi prosegue dicendo:<blockquote> e ogni persona (''kol-nefeš'' [כָּל־נֶפֶשׁ]) che
 
Nabuzaradàn, capo delle guardie, aveva lasciato
  Quando ''Geremia'' 43:6 elenca i gruppi di persone che saranno portati in Egitto, il testo menziona in primo luogo “uomini, donne, bambini, le figlie del re”, poi prosegue dicendo:<blockquote>  e ogni persona (''kol-nefeš'' [כָּל־נֶפֶשׁ])  che
 
con Godolia, figlio di Achikàm, figlio di Safan,
  Nabuzaradàn, capo delle guardie, aveva lasciato
 
insieme con il profeta Geremia e con Baruc, figlio
  con Godolia, figlio di Achikàm, figlio di Safan,
 
di Neria</blockquote> Qui ''nefeš'', seppur al singolare, è usato in senso collettivo per indicare un gruppo di singole persone.
  insieme con il profeta Geremia e con Baruc, figlio
 
Lo stesso avviene in ''Genesi'' 12:5 dove si enumera tutto ciò che Abraamo prese con sé in Haran alla volta di Canaan:<blockquote> E Abramo prese Sarai sua moglie e Lot, figliuolo
  di Neria</blockquote>  Qui ''nefeš'', seppur al singolare, è usato in senso collettivo per indicare un gruppo di singole persone.
 
del suo fratello, e tutti i beni che possedevano e le
  Lo stesso avviene in ''Genesi'' 12:5 dove si enumera tutto ciò che Abraamo prese con sé in Haran alla volta di Canaan:<blockquote>  E Abramo prese Sarai sua moglie e Lot, figliuolo
 
persone che avevano acquistate in Charan</blockquote> Qui è necessario fare un’osservazione, perché là dove è tradotto con “persone” in ebraico, in realtà, sta scritto ''nefeš'' [נֶפֶשׁ], al singolare, e non ''nefašot'' [נְּפָשֹׁות], al plurale, come ci si potrebbe, invece, aspettare. Si tratta dell’uso di ''nefeš'' al singolare in senso collettivo che viene ulteriormente confermato dalla traduzione greca dei LXX che ha, anch’essa, ''psychaì'' [ψυχαὶ], al plurale, e non ''psyché'' [ψυχή], al singolare.
  del suo fratello, e tutti i beni che possedevano e le
 
Quest’uso collettivo di ''nefeš'' si dimostra molto significativo in quei passi in cui vengono riportati dati numerici, come accade in:
  persone che avevano acquistate in Charan</blockquote>  Qui è necessario fare un’osservazione, perché là dove è tradotto con “persone” in ebraico, in realtà, sta scritto ''nefeš'' [נֶפֶשׁ], al singolare, e non ''nefašot'' [נְּפָשֹׁות], al plurale, come ci si potrebbe, invece, aspettare. Si tratta dell’uso di ''nefeš'' al singolare in senso collettivo che viene ulteriormente confermato dalla traduzione greca dei LXX che ha, anch’essa, ''psychaì'' [ψυχαὶ], al plurale, e non ''psyché'' [ψυχή], al singolare.
 
  Quest’uso collettivo di ''nefeš'' si dimostra molto significativo in quei passi in cui vengono riportati dati numerici, come accade in:
<br /><blockquote> ''- Genesi'', 46:15
 
  Questi sono i figli di Lea, che essa partorì a
 
  Giacobbe in Paddan-Aram, insieme a sua figlia
 
  Dina. Tutte le anime (''kol-nefeš'' [כָּל־נֶפֶשׁ], “ogni
 
  nefeš”) dei suoi figli e delle sue figlie furono
 
  trentatré
 
trentatré
 
''- Genesi'', 46:18
 
  Questi sono i figli di Zilpa, che Labano diede a sua
 
  figlia Lea. A suo tempo essa partorì a Giacobbe
 
  questi: sedici anime (''nefeš'' [נָפֶשׁ], al singolare)
 
questi: sedici anime (''nefeš'' [נָפֶשׁ], al singolare)
 
''- Genesi'', 46:25
 
  Questi sono i figli di Bila, che Labano diede a sua
 
  figlia Rachele. A suo tempo essa partorì a Giacobbe
 
figlia Rachele. A suo tempo essa partorì a Giacobbe
  questi; tutte le anime (''kol-nefeš'' [כָּל־נֶפֶשׁ], “ogni
 
questi; tutte le anime (''kol-nefeš'' [כָּל־נֶפֶשׁ], “ogni
  ''nefeš''”) furono sette
 
''nefeš''”) furono sette
 
''- Genesi'', 46:26
 
  Tutte le anime (''nefeš'' [נֶפֶשׁ], al singolare) furono
 
  sessantasei”</blockquote>
 
In tutti questi casi la LXX greca traduce il singolare ''nefeš'' con il plurale ''psychaì'' [ψυχαὶ]; lo stesso fa la Vulgata con il latino ''animae''.
 
Con questa espressione vengono indicati i singoli individui.
  In tutti questi casi la LXX greca traduce il singolare ''nefeš'' con il plurale ''psychaì'' [ψυχαὶ]; lo stesso fa la Vulgata con il latino ''animae''.
 
In ''Numeri'' 19:18 l’acqua della purificazione deve essere versata<blockquote> su tutte le persone (''nefašot'' [נְּפָשֹׁות]) che son quivi</blockquote>indicando naturalmente tutte le singole persone.
  Con questa espressione vengono indicati i singoli individui.
 
Come abbiamo avuto modo di vedere, in tutti questi passi il termine ''nefeš'' è spostato dal significato di vita a quello di persona, singola o collettiva.
  In ''Numeri'' 19:18 l’acqua della purificazione deve essere versata<blockquote>  su tutte le persone (''nefašot'' [נְּפָשֹׁות]) che son quivi</blockquote>indicando naturalmente tutte le singole persone.
 
Solo in tal modo diventa comprensibile l’espressione che ricorre in ''Numeri'' 6:6 dove si dice che un nazireo:<blockquote> Per tutto il tempo in cui rimane votato al Signore,
  Come abbiamo avuto modo di vedere, in tutti questi passi il termine ''nefeš'' è spostato dal significato di vita a quello di persona, singola o collettiva.
 
non si avvicinerà a un cadavere</blockquote> L’ebraico ha ''nefeš met'' [מֵ֖ת נֶ֥פֶשׁ]. È errata l’interpretazione di questa espressione ebraica con “anima morta” o “anima di un morto”.
  Solo in tal modo diventa comprensibile l’espressione che ricorre in ''Numeri'' 6:6 dove si dice che un nazireo:<blockquote>  Per tutto il tempo in cui rimane votato al Signore,
 
L’ebraico ''nefeš met'' non indica affatto un’anima morta né tanto meno l’anima di un morto! Non indica neppure una vita uccisa. Indica la persona deceduta.
  non si avvicinerà a un cadavere</blockquote>  L’ebraico ha ''nefeš met'' [מֵ֖ת נֶ֥פֶשׁ]. È errata l’interpretazione di questa espressione ebraica con “anima morta” o “anima di un morto”.
 
Rende bene la traduzione greca della LXX: ψυχῇ τετελευτηκυίᾳ (''psychê teteleutekuía''), “persona deceduta”. Traduce bene anche la Vulgata: mortuum.
  L’ebraico ''nefeš met'' non indica affatto un’anima morta né tanto meno l’anima di un morto! Non indica neppure una vita uccisa. Indica la persona deceduta.
 
La traduzione di ''nefeš met'' [מֵ֖ת נֶ֥פֶשׁ] con “cadavere” è dunque la più adatta e la più corretta.
  Rende bene la traduzione greca della LXX: ψυχῇ τετελευτηκυίᾳ (''psychê teteleutekuía''), “persona deceduta”. Traduce bene anche la Vulgata: mortuum.
 
È interessante notare il fatto che anche se non accompagnata dall’aggettivo ''met'', ''nefeš'' indica ugualmente il cadavere di una persona morta.
  La traduzione di ''nefeš met'' [מֵ֖ת נֶ֥פֶשׁ] con “cadavere” è dunque la più adatta e la più corretta.
 
Così accade in:<blockquote> ''- Numeri'', 5:2
  È interessante notare il fatto che anche se non accompagnata dall’aggettivo ''met'', ''nefeš'' indica ugualmente il cadavere di una persona morta.
 
Ordina agli Israeliti che espellano
  Così accade in:<blockquote> ''- Numeri'', 5:2
 
  Ordina agli Israeliti che espellano
 
  dall'accampamento ogni lebbroso, chiunque soffre
 
  di gonorrea e ogni impuro a causa di un morto.
 
dall'accampamento ogni lebbroso, chiunque soffre
 
di gonorrea e ogni impuro a causa di un morto.
 
''- Numeri'', 6:11
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Il sacerdote ne offrirà uno in sacrificio per il peccato e l'altro in olocausto
 
e compirà il rito espiatorio per lui, per il peccato in cui è incorso a causa di quel morto.</blockquote>  Quest’uso particolare di ''nefeš'', riferito ad un cadavere, ci chiarisce l’espressione ''nefeš chayàh'' [חַיָּ֑ה נֶ֣פֶשׁ]. Non si tratta di un aggettivo superfluo, bensì indica una realtà vivente.
 
  Così, in ''Genesi'' 1:20 non tratta di cadaveri che galleggiano nell’acqua, ma di:<blockquote>  esseri viventi (''nefeš chayàh'' [חַיָּ֑ה נֶ֣פֶשׁ])
 
  che brulicano nelle acque.</blockquote>  La versione greca dei LXX traduce bene con “''psychôn zosôn'' [ψυχῶν ζωσῶν]”.
 
  L’uomo stesso, in ''Genesi'' 2:7, viene definito “essere vivente” utilizzando proprio l’espressione
 
''nefeš chayàh'' [חַיָּה נֶפֶשׁ].
 
  Il primo uomo non è tale semplicemente per la sua formazione “dalla polvere della terra”, ma lo diventa soltanto allorché Dio gli immette nella narici “l’alito vitale”, che non ha nulla a che fare con lo spirito (''rûach'' [רוַּח]) come molti dicono e scrivono, ma con il “respiro (''neshâmâh'' [נְשָׁמָה])” come dice bene ''Genesi'' 2:7.
 
  L’espressione ''nefe chayàh'' applicata ad Adamo in ''Genesi'' 2:7, non introduce alcuna differenza tra l’uomo e gli animali che pure, prima di lui, erano stati chiamati ''nefeš chayàh'' (''Genesi'', 1:20-24).
 
  La differenza umana sta nel fatto che l’essere umano è creato a immagine e somiglianza degli esseri divini:<blockquote> ''- Genesi'', 1:26
 
  Dio disse: ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine,
 
  conforme alla nostra somiglianza’</blockquote>
 
== Nefeš come pronome ==
    Potendo ''nefeš'' [נֶפֶשׁ] significare anche persona per indicare la totalità dell’essere, diviene facile ed immediato il suo uso come pronome, personale o riflessivo che sia. Si veda a questo proposito
 
''Genesi'' 12:13, ove si legge:
<br /><blockquote>  Ti prego, di’ che sei mia sorella, perché io sia
 
  trattato bene a motivo tuo, e certamente la mia
 
  nefeš [נֶפֶשׁ] vivrà grazie a te.</blockquote>
 
Tenendo ben presente il parallelismo che si trova fra io e ''nefeš'' viene quasi spontanea la traduzione di ''nefeš'' con il pronome personale adatto:
<br /><blockquote> Ti prego, di’ che sei mia sorella, perché io sia
 
trattato bene a motivo tuo, e certamente io (''nefeš'' [נֶפֶשׁ])
  Tenendo ben presente il parallelismo che si trova fra io e ''nefeš'' viene quasi spontanea la traduzione di ''nefeš'' con il pronome personale adatto:
<br /><blockquote>  Ti prego, di’ che sei mia sorella, perché io sia
 
vivrò grazie a te.</blockquote>
  trattato bene a motivo tuo, e certamente io (''nefeš'' [נֶפֶשׁ])
 
Il medesimo fenomeno si presenta in altri passi come:
  vivrò grazie a te.</blockquote>
 
''• Genesi, 19:19''
 
'' Ti prego, ora, il tuo servitore ha trovato favore ai''
  Il medesimo fenomeno si presenta in altri passi come:
 
'' tuoi occhi in modo che tu magnifichi la tua''
 
'' amorevole benignità, che hai esercitato verso di''
''•                   Genesi, 19:19''
 
'' me per conservare in vita la mia nefeš, ma io, io''
''   Ti prego, ora, il tuo servitore ha trovato favore ai''
 
'' non posso scampare nella regione montagnosa,''
''  tuoi occhi in modo che tu magnifichi la tua''
 
'' affinché la calamità non mi si avvicini e io''
''  amorevole benignità, che hai esercitato verso di''
 
'' certamente muoia. Ti prego, ora, questa città è''
''  me per conservare in vita la mia nefeš, ma io, io''
 
'' vicina per fuggirvi ed è una piccola cosa. Ti prego,''
''  non posso scampare nella regione montagnosa,''
 
''  affinché lache calamitàio scampi là — non miè siuna avvicinipiccola cosa? — e iola''
 
'' mia nefeš seguiterà a vivere.''
''  certamente muoia. Ti prego, ora, questa città è''
 
''• Salmi, 54:4''
''  vicina per fuggirvi ed è una piccola cosa. Ti prego,''
 
'' Dio è il mio soccorritore: il Signore è fra quelli che''
''  che io scampi là — non è una piccola cosa? — e la''
 
''  mia nefešsostengono seguiteràla amia viverenefeš.''
 
Se non si tenesse conto di questo uso di ''nefeš'' alcuni passi come ''Genesi'' 27:4 sarebbero incomprensibili. In questo, infatti, così si legge:
''•                   Salmi, 54:4''
<br /><blockquote> Fammi un piatto gustoso come piace a me e
 
portamelo e, ah, fammi mangiare, perché la mia
''  Dio è il mio soccorritore: il Signore è fra quelli che''
 
''nefeš'' ti benedica prima che io muoia.</blockquote>
''  sostengono la mia nefeš.''
 
 
  Se non si tenesse conto di questo uso di ''nefeš'' alcuni passi come ''Genesi'' 27:4 sarebbero incomprensibili. In questo, infatti, così si legge:
<br /><blockquote>  Fammi un piatto gustoso come piace a me e
 
  portamelo e, ah, fammi mangiare, perché la mia
 
  ''nefeš'' ti benedica prima che io muoia.</blockquote>
 
 
  Lo stesso ricorre in ''Genesi'' 27:19, ove si legge:
<br /><blockquote>  La tua ''nefeš'' mi benedica</blockquote>
 
Lo stesso ricorre in ''Genesi'' 27:19, ove si legge:
<br /><blockquote> La tua ''nefeš'' mi benedica</blockquote>
 
e in ''Genesi'' 27:25, ove si legge sempre:
<br /><blockquote>  La mia ''nefeš'' ti benedica.</blockquote>
 
Nel testo biblico non vi è assolutamente nulla che possa far pensare all’anima o ad un suo ipotetico dono. Molto più semplicemente si tratta di un uso pronominale del termine ebraico ''nefeš''. Il testo di ''Giobbe'' 16:4 dice:
<br /><blockquote> Io stesso potrei ben parlare come fate voi. Se solo
 
le vostre ''nefeš'' esistessero dov’è la mia ''nefeš''</blockquote>
  Nel testo biblico non vi è assolutamente nulla che possa far pensare all’anima o ad un suo ipotetico dono. Molto più semplicemente si tratta di un uso pronominale del termine ebraico ''nefeš''. Il testo di ''Giobbe'' 16:4 dice:
<br /><blockquote>  Io stesso potrei ben parlare come fate voi. Se solo
 
  le vostre ''nefeš'' esistessero dov’è la mia ''nefeš''</blockquote>
 
 
intendendo dire:
<br /><blockquote>  Parlerei anch’io come voi, se voi foste al posto
 
  mio.</blockquote>
 
Affinché tutto ciò sia ancora più chiaro agli occhi del lettore si veda qui di seguito la differenza tra una traduzione letterale dall’ebraico e una più moderna resa più comprensibile per il lettore occidentale moderno:
<br /><blockquote>• ''Esodo'', 12:15
 
Quella ''nefeš'' dev’essere stroncata da Israele”
  Affinché tutto ciò sia ancora più chiaro agli occhi del lettore si veda qui di seguito la differenza tra una traduzione letterale dall’ebraico e una più moderna resa più comprensibile per il lettore occidentale moderno:
<br /><blockquote>•                   ''Esodo'', 12:15
 
(originale)
  Quella ''nefeš'' dev’essere stroncata da Israele”
 
Lui verrà escluso dal popolo di Israele
  (originale)
 
(riveduta)
 
• ''Numeri'', 23:10
  Lui verrà escluso dal popolo di Israele
 
Muoia la mia ''nefeš'' della morte dei retti
  (riveduta)
 
(originale)
 
Io mi auguro di morire come quei giusti
•                   ''Numeri'', 23:10
 
(riveduta)
  Muoia la mia ''nefeš'' della morte dei retti
 
• ''Ezechiele'', 18:4
  (originale)
 
La ''nefeš'' che pecca, essa stessa morirà
 
(originale)
  Io mi auguro di morire come quei giusti
 
Chi pecca morrà
  (riveduta)
 
(originale)
 
                  ''EzechieleSalmi'', 183:42
 
Molti dicono della mia ''nefeš''
  La ''nefeš'' che pecca, essa stessa morirà
 
  (originale)
 
Troppi di me vanno dicendo”
 
(riveduta)
  Chi pecca morrà
 
• ''Proverbi'', 13:4
  (originale)
 
Il pigro si mostra desideroso, ma la sua ''nefeš'' non
 
ha nulla
 
(originale)
•                   ''Salmi'', 3:2
 
Il pigro desidera molto, ma [egli] nulla ottiene”
  Molti dicono della mia ''nefeš''
 
(riveduta).</blockquote>
  (originale)
 
Notiamo qui che ''nefeš'' nella totalità dei suoi significati indica sempre l’uomo bisognoso. Per l’ebreo biblico l’essere umano è principalmente composto dal suo desiderio e della sua vulnerabilità ed eccitabilità. Tutti questi aspetti sono ricondotti somaticamente alla gola ed essendo costitutivi dell’intero essere umano ''nefeš'' finisce col significare e con l’indicare la persona nella sua interezza e, ancor di più, ad essere usata come pronome. Per questo stesso e preciso motivo in tutto il ''Pentateuco'' ''nefeš'' viene riferita a Dio soltanto pochissime volte. Ciò accade, per esempio, nel Levitico, ove è possibile leggere:
<br /><blockquote>• ''Levitico'', 26:11
 
Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi e la mia
  Troppi di me vanno dicendo”
 
''nefeš'' non vi respingerà</blockquote><br /><blockquote>• ''Levitico'', 26:30
  (riveduta)
 
Devasterò le vostre alture, distruggerò i vostri
 
altari per l'incenso, butterò i vostri cadaveri sui
•                   ''Proverbi'', 13:4
 
cadaveri dei vostri idoli e la mia ''nefeš'' vi detesterà</blockquote>
 
Davanti a Dio l’uomo è solito rivolgersi nella sua interezza, con la sua ''nefeš'', cioè con se stesso. Dice infatti ''Salmi'' 103:1:
  Il pigro si mostra desideroso, ma la sua ''nefeš'' non
<br /><blockquote> Benedici Dio, o nefeš mia, sì, ogni cosa che è dentro
 
di me, il suo santo nome.</blockquote>
  ha nulla
 
Questo medesimo passo è fondamentale per comprendere cosa davvero significhi ed indichi nel profondo per l’ebreo la parola ''nefeš''. Per questo motivo ricorreremo alla traduzione letterale dall’ebraico che così recita:
  (originale)
<br /><blockquote> ''Nefeš'' di me benedici Dio / Ogni interiora di me
 
[benedici] nome della santità di lui.</blockquote>
 
Così è possibile comprendere che ''nefeš'' indica la totalità dell’essere umano, comprese le sue interiore. E’ tutta la persona a lodare Dio. In termini più moderni, l’occidentale direbbe: “Loda, vita mia, Yvhv”, anche se chiaramente ciò non tiene minimamente il confronto con l’originale ''nefeš'' che indica l’uomo completo: nel suo corpo, nelle sue interiora, nella sua esistenza e nel suo bramare la vita e Dio. Questo è ''nefeš''. In ultima istanza si veda ancora il testo di ''Salmi'' 42:3 a confronto con la traduzione letterale dall’ebraico:
  Il pigro desidera molto, ma [egli] nulla ottiene”
 
  (riveduta).</blockquote>
 
 
  Notiamo qui che ''nefeš'' nella totalità dei suoi significati indica sempre l’uomo bisognoso. Per l’ebreo biblico l’essere umano è principalmente composto dal suo desiderio e della sua vulnerabilità ed eccitabilità. Tutti questi aspetti sono ricondotti somaticamente alla gola ed essendo costitutivi dell’intero essere umano ''nefeš'' finisce col significare e con l’indicare la persona nella sua interezza e, ancor di più, ad essere usata come pronome. Per questo stesso e preciso motivo in tutto il ''Pentateuco'' ''nefeš'' viene riferita a Dio soltanto pochissime volte. Ciò accade, per esempio, nel Levitico, ove è possibile leggere:
<br /><blockquote>•                   ''Levitico'', 26:11
 
  Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi e la mia
 
  ''nefeš'' non vi respingerà</blockquote><br /><blockquote>•                   ''Levitico'', 26:30
 
  Devasterò le vostre alture, distruggerò i vostri
 
  altari per l'incenso, butterò i vostri cadaveri sui
 
  cadaveri dei vostri idoli e la mia ''nefeš'' vi detesterà</blockquote>
 
 
  Davanti a Dio l’uomo è solito rivolgersi nella sua interezza, con la sua ''nefeš'', cioè con se stesso. Dice infatti ''Salmi'' 103:1:
<br /><blockquote>  Benedici Dio, o nefeš mia, sì, ogni cosa che è dentro
 
  di me, il suo santo nome.</blockquote>
 
 
  Questo medesimo passo è fondamentale per comprendere cosa davvero significhi ed indichi nel profondo per l’ebreo la parola ''nefeš''. Per questo motivo ricorreremo alla traduzione letterale dall’ebraico che così recita:
<br /><blockquote>  ''Nefeš'' di me  benedici Dio / Ogni interiora di me
 
  [benedici] nome della santità di lui.</blockquote>
 
 
  Così è possibile comprendere che ''nefeš'' indica la totalità dell’essere umano, comprese le sue interiore. E’ tutta la persona a lodare Dio. In termini più moderni, l’occidentale direbbe: “Loda, vita mia, Yvhv”, anche se chiaramente ciò non tiene minimamente il confronto con l’originale ''nefeš'' che indica l’uomo completo: nel suo corpo, nelle sue interiora, nella sua esistenza e nel suo bramare la vita e Dio. Questo è ''nefeš''. In ultima istanza si veda ancora il testo di ''Salmi'' 42:3 a confronto con la traduzione letterale dall’ebraico:
<br /><blockquote>Vado in cerca di te,
 
  di te, mio Dio.
 
  Di te ho sete, o Dio,
 
  Dio vivente:
 
  quando potrò venire
 
  e stare alla tua presenza?
 
  (riveduta)
 
 
 
La mia medesima ''nefeš'' anela a te, o Dio.
 
  La mia ''nefeš'' in realtà ha sete di Dio, dell’Iddio vivente.
 
  Quando verrò e apparirò dinnanzi a Dio?
 
(originale).</blockquote>
 
Non vi è neppure una singola volta nelle Sacre Scritture in cui sia possibile tradurre l’ebraico ''nefeš'' con anima. Coloro che scelgono anima per rendere ''nefeš'' fanno una scelta dissennata spesso mossa da una troppa precomprensione cristiano-platonica nel leggere e soprattutto nell’interpretare e nel tradurre la Bibbia.<references/>
 
  Non vi è neppure una singola volta nelle Sacre Scritture in cui sia possibile tradurre l’ebraico ''nefeš'' con anima. Coloro che scelgono anima per rendere ''nefeš'' fanno una scelta dissennata spesso mossa da una troppa precomprensione cristiano-platonica nel leggere e soprattutto nell’interpretare e nel tradurre la Bibbia.<references/>
 
==Bibliografia==