Muhammad ibn al-Qasim: differenze tra le versioni
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==Politica conciliativa==
Realizzati appieno i suoi obiettivi, il giovane generale si rivelò un prudente e avveduto amministratore. Non impose infatti alcuna conversione alle popolazioni conquistate (che non appartenevano all<nowiki>'</nowiki>''[[Ahl al-Kitab|Ahl al-Kitāb]]''), grazie a un'intelligente inclusione dei ''[[Veda]]'' ai Libri di origine celeste, come - oltre al [[Corano]] - erano considerati anche la ''[[Torah]]'' e l'''[[Vangeli|Injīl]]'', tale da assimilare alle comunità protette anche gli [[induisti]], difficilmente definibili [[Monoteismo|monoteisti]]. Ciò servì a impedire in quelle aree (e poi al resto del [[subcontinente indiano]]) l'alternativa prevista tra "conversione all'Islam o morte" riservata ai [[Politeismo|politeisti]] e di evitare probabili massacri di dimensioni incalcolabili.<br>
Ai nuovo sudditi fu imposta quindi esclusivamente la fiscalità islamica prevista per i ''[[dhimmi]]'', l'amministrazione di quanto atteneva al loro statuto personale, la gestione delle loro norme ereditarie e il libero culto della propria fede. Furono inoltre mantenuti al loro posto gli amministratori indigeni, imponendo a loro e a tutti i nuovi sudditi induisti la pura e semplice lealtà politica nei confronti del [[califfo]] di [[Damasco]].
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