Scipione Ammirato: differenze tra le versioni
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Datosi allo studio assiduo delle opere di [[Platone]], verso il 1560 compose, per consiglio del vescovo [[Braccio Martelli|Martelli]] e di [[Girolamo Seripando]], il dialogo ''[[s:Il dedalione o ver del poeta|Il dedalione o ver del poeta]]'' (Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Magl. VII 12)<ref>Edito in: {{cita libro|curatore=Bernard Weinberg|titolo=Trattati di poetica e retorica del Cinquecento|volume= 2|città=Bari|editore=[[Casa editrice Giuseppe Laterza & figli]]|anno=1970|pp=477-512|collana=[[Scrittori d'Italia Laterza]]}}</ref>, dedicato a Seripando e presentato manoscritto dieci anni più tardi nell'Accademia degli Alterati a Firenze.<ref>{{Cita libro|editore=[[Salerno editrice]]|autore=Enrico Malato|titolo=Storia della letteratura italiana: La critica letteraria dal due al novecento|accesso=2 giugno 2019|data=2003|p=376}}</ref><ref>{{Cita libro|autore1= [[Giulio Ferroni]]|autore2= Amedeo Quondam|titolo= La "Locuzione Artificiosa": Teoria ed esperienza della lirica a Napoli nell'età del manierismo|anno= 1973 |editore= [[Bulzoni Editore]]|p= 75|citazione= In Firenze, nell'Accademia degli Alterati, l'Ammirato presentò nel 1571 il manoscritto del dialogo ''Il Dedalione o ver del poeta'', composto però in Napoli intorno al 1560 e dedicato a Girolamo Seripando, arcivescovo di Salerno ed esponente di rilievo della riforma cattolica}}</ref><ref>Monsignor Seripando con lettera del 21 dicembre 1560 ringraziava l'autore esprimendo anche il proprio giudizio sull'opera: « vi dico in parola di verità che io non ho letto tra i latini dialogo pur uno più simile ai platonici di questo, dico quanto al filosofo et al modo di procedere. Perché i dialoghi di ms. Tullio (voglio scoprirvi cosa, mai più da me né scritta né detta ad altri, ancorché io gli abbia sempre letti con grande mio piacere et soddisfattone) nondimeno mi è paruto sempre, che rappresentassero più presto persone congregate ad ascoltar uno, che a ragionar fra loro ... Piacemi ancora che a guisa di Platone tratta cose appartenenti a varie scentie et arti, il che fa la copia del dire, e serva quel che si fa ne i cotidiani ragionamenti et dispute : ove con la varietà si fa una certa ostentatione alla quale sono gli uomini comunemente inchinati. Quanto alla materia non voglio distendermi, essendo tutta utile e trattata tanto dotta e facilmente con risolutione di tutti i dubbi, che possono occorrere al lettore, che più non può desiderarsi. »</ref>
Ormai famoso in tutta Italia, non riuscì tuttavia a ottenere la carica di storiografo regio a Napoli, proposta per lui da [[Angelo Di Costanzo]], e indignato se ne andò a Firenze (1569), non accettando più alcun incarico nel [[Regno di Napoli]], nonostante le sollecitazioni del viceré. Dal granduca [[Cosimo I de' Medici]], che lo ospitò presso [[Villa medicea della Topaia|Villa La Topaia]], ottenne l'incarico di scrivere le ''Istorie fiorentine'', per la cui stesura poté servirsi del materiale conservato presso l'Archivio Pubblico istituito nel [[1570]]. Obiettivo polemico delle ''Istorie'' di Ammirato sono le ''[[Istorie fiorentine]]'' di Machiavelli, di cui contestò sia l'impostazione dispersiva sia le numerose inesattezze (1° vol., pp. 1-2, e 3° vol., pp. 96-97).<ref name=Machiavelliana>{{cita|Francesco Vitali (2014)}}.</ref>
==Teoria della ragion di stato==
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