Marco Atilio Regolo: differenze tra le versioni

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A questo punto si inserisce la tradizione e nasce la leggenda di Marco Atilio Regolo, raccontata da [[Tito Livio]]<ref>[[Tito Livio]], [[Ab Urbe condita libri|Ab Urbe condita]], Libri XVIII Periocha.</ref> e cantata da [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]].<ref>[[Quinto Orazio Flacco]], ''[[Odi (Orazio)|Odi]]'', III, 5.</ref> Narra la tradizione che Cartagine abbia inviato l'illustre prigioniero a Roma perché convincesse i concittadini a chiedere la pace. L'intesa era che, se questi non avessero accettato, egli sarebbe ritornato a Cartagine e sarebbe stato mandato a morte.
 
Regolo, in quegli anni di prigionia, aveva potuto agevolmente rendersi conto delle terribili condizioni economiche in cui giaceva la città nemica e probabilmente delle convulsioni politiche che sempre hanno contrassegnato Cartagine e ne hanno infine decretato la sorte. Anziché perorare la causa della pace, rivelò ai concittadini la condizione economico-politica dei nemici, esortando Roma a procedere con un ultimo sforzo, in quanto Cartagine non poteva reggere alla pressione bellica e sarebbe stata sconfitta. Al termine del discorso, onorando la parola data, fece ritorno a Cartagine, dove fu giustiziato.STRONZATE
 
Non si conosce l'anno preciso in cui ciò avrebbe avuto luogo, ma si suppone che ciò sia avvenuto nel [[246 a.C.]], in quanto l'anno successivo la guerra riprese slancio con l'intervento cartaginese in Sicilia, guidato da [[Amilcare Barca]]. Le torture a cui Regolo fu sottoposto, ossia il taglio delle palpebre per l'[[abbacinamento]] e il rotolamento da una collina dentro una botte irta di chiodi, si ritiene oggigiorno siano frutto della propaganda bellica romana ([[Lucio Anneo Seneca]] parla di [[crocifissione]] come metodo di esecuzione).