Ferdinando I d'Asburgo: differenze tra le versioni

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# Il principio del ''[[cuius regio, eius religio]]'' ("Di chi è lo stato, di questi sia la religione") che consentiva la libertà religiosa ad ogni singolo Stato tedesco, con l'unica forma di doversi adeguare alla scelta fatta dal principe locale: la religione del principe divenne religione di Stato per tutti i suoi abitanti. Gli abitanti che non si fosser oconformati alla religione del principe, avevano il permesso di abbandonare il paese oppure di pagare una forte tassa per il mantenimento del loro culto, idee estremamente innovative per il XVI secolo.
# Il principio del ''[[reservatum ecclesiasticum]]'' (riserva ecclesiastica), che riconosceva uno status speciale agli stati ecclesiastici. Se un prelato di uno Stato ecclesiastico cambiava infatti il proprio orientamento religioso, gli uomini e le donne che vivevano sotto il suo dominio non erano tenuti a fare lo stesso. Al contrario, il prelato doveva entro breve abbandonare il proprio incarico.
# Il principio della ''[[Declaratio FerdinandeiFerdinandea]]'' (Dichiarazione di Ferdinando), che esentava i cavalieri e molte città dall'uniformità religiosa, permettendo quindi l'esistenza di città e villaggi ove potessero convivere cattolici e protestanti insieme. Ferdinando inserì questa clausola all'ultimo minuto e per propria autorità personale.<ref>Per una discussione generale sull'impatto della Riforma nel Sacro Romano Impero, si veda Holborn, cap. 6–9 (pp. 123–248).</ref>
 
==== Problemi con gli accordi di Augusta ====
Dopo il [[1555]], la [[Pace di Augusta]] divenne l'unico documento legale e legittimo per la coesistenza delle fedi cattolica e luterana nelle terre tedesche del [[Sacro Romano Impero]] ed essa servì per migliorare molte delle tensioni tra i seguaci della "Vecchia fede" (cattolici) e quelli di Lutero, ma non mancò di creare due problemi fondamentali. Dapprima Ferdinando quando portò il ''[[reservatum ecclesiasticum]]'' in dibattito, si originarono ben presto dei problemi di contrasto con la norma del ''cuius regio, eius religio'' approvata appena prima. In secondo luogo, la ''Declaratio FerdinandeiFerdinandea'' non venne dibattuta in sessione plenaria dal momento che Ferdinando, sfruttando la propria piena autorità,<ref name="Holborn, p. 241"/> l'aveva aggiunta all'ultimo minuto, per compiacere un ristretto numero di famiglie e cavalieri.<ref>Holborn, pp. 244–245.</ref>
 
Queste falle attanaglieranno ancora l'Impero con nuove problematiche nei decenni successivi, ancor più per il fatto che la Pace di Augusta si concentrò essenzialmente sull'analisi delle contrapposizioni tra luteranesimo e cattolicesimo, tralasciando tutta un'infinità di sfumature e differenti espressioni religiose che stavano creandosi dalla tradizione protestante. Così facendo, altre confessioni religiose che avevano ormai acquisito popolarità, non avevano esistenza o riconoscimento a livello legale: gli [[anabattisti]] capeggiati da [[Menno Simons]], i [[calvinisti]] guidati da [[Giovanni Calvino]], [[Ulrico Zwingli]] alla guida degli [[zwingliani]] ed altri minori vennero esclusi dunque dai termini della Pace di Augusta e perdipiù venendo tacciati di eresia sia da parte dei protestanti che da parte dei cattolici.<ref name="Holborn, pp. 243–246">Holborn, pp. 243–246.</ref>