Robot: differenze tra le versioni

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|contenuto=«Il vecchio Rossum, grande filosofo, [...] cercò di imitare con una sintesi chimica la sostanza viva detta protoplasma finché un bel giorno scoprì una sostanza il cui comportamento era del tutto uguale a quello della sostanza viva sebbene presentasse una differente composizione chimica, era l'anno 1932 [...]. Per esempio, poteva ottenere una medusa con il cervello di Socrate oppure un lombrico lungo cinquanta metri. Ma poiché non aveva nemmeno un pochino di spirito, si ficcò in testa che avrebbe fabbricato un normale vertebrato, addirittura l'uomo. [...] Doveva essere un uomo, visse tre giorni completi. Il vecchio Rossum non aveva un briciolo di gusto. Quel che fece era terribile. Ma dentro aveva tutto quello che ha un uomo. Davvero, un lavoro proprio da certosino. E allora venne l'ingegner Rossum, il nipote del vecchio. Una testa geniale. Appena vide quel che stava facendo il vecchio, disse: È assurdo fabbricare un uomo in dieci anni. Se non lo fabbricherai più rapidamente della natura, ce ne possiamo benissimo infischiare di tutta questa roba. [...] Gli bastò dare un'occhiata all'anatomia per capire subito che si trattava d'una cosa troppo complicata e che un buon ingegnere l'avrebbe realizzata in modo più semplice. [...] Quale operaio è migliore dal punto di vista pratico? È quello che costa meno. Quello che ha meno bisogni. Il giovane Rossum inventò l'operaio con il minor numero di bisogni. Dovette semplificarlo. Eliminò tutto quello che non serviva direttamente al lavoro. Insomma, eliminò l'uomo e fabbricò il Robot.»|titolo=Brano estratto da [[R.U.R. (Rossum's Universal Robots)|R.U.R.]] di [[Karel Čapek]]
}}
Il termine ''robot'' deriva dal termine [[lingua ceca|ceco]] ''robota'', che significa ''lavoro pesante'' o ''lavoro forzato'' (al plurale in ceco è ''roboty'', mentre in italiano è invariabile). L'introduzione di questo termine si deve allo scrittore ceco [[Karel Capek|Karel Čapek]], il quale usò per la prima volta il termine nel [[1920]] nel suo dramma teatrale ''[[R.U.R. (Rossum's Universal Robots)|I robot universali di Rossum]]''. In realtà non fu il vero inventore della parola, la quale infatti gli venne suggerita dal fratello [[Josef Čapek|Josef]], scrittore e [[Robotica|pittore]] cubista, il quale aveva già affrontato il tema in un suo racconto del [[1917]], ''[[Opilec]]'' (''L'ubriacone''), nel quale però aveva usato il termine ''automat'', [[automa meccanico|automa]]. La diffusione del romanzo di Čapek, molto popolare sin dalla sua uscita, servì a dare fama al termine robot.
 
Secondo altre ricerche, tuttavia, la parola robot compariva già verso la metà del [[XIX secolo]]: in ''The Modern Vassal'' di John Wilmer (1849), in ''Elements of Political Economy'' di [[Henry Dunning Macleod]] (1848), in ''The Village Notary. A Romance of Hungarian Life'' di [[József Eötvös]] (1850), in ''Austria'' di Peter Evan Turnbull (1849), in ''Hungary in 1851'' di Charles Loring Brace (1852). Il vocabolo risulterebbe dunque esistente oltre mezzo secolo prima che la adoperasse Čapek e ben diffuso in Europa centro-orientale per indicare la [[servitù della gleba]]. Esiste inoltre un vocabolario ceco-italiano stampato nel [[1831]] a [[Praga]] che registra la parola robot traducendola come "giorni di lavoro". In conclusione, il vocabolo non sarebbe stato coniato da Čapek ma risalirebbe, almeno, a quasi un secolo prima di questa sua attribuzione.<ref>{{cita libro|autore=[[Vittorio Curtoni]]|titolo=Robot 64|città=[[Milano]]|editore=[[Delos Books|Delos Digital srl]]|anno=2012}}</ref>