Giuseppe Verdi: differenze tra le versioni

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Il 29 agosto 1859, Verdi e Strepponi si sposarono presso il villaggio di [[Collonges-sous-Salève]], allora parte del Piemonte. La cerimonia fu celebrata in assoluta segretezza e i testimoni furono il cocchiere che li aveva portati lì e il campanaro della chiesa.<ref>{{cita|Rosselli, 2000|p. 70}}.</ref> Tornati a Sant'Agata, Verdi iniziò a ristrutturare la residenza, lavori che continuarono per diversi anni. Venne realizzata una stanza quadrata che divenne la sua stanza da lavoro, la sua camera da letto e il suo ufficio.<ref>{{cita|Phillips-Matz, 1993|pp. 412–415}}.</ref>
 
=== 1860-1887: da ''La forza del destino'' a ''Otello'' ===
=== ciao sono linda
[[File:Verdi Russia 1861-62.jpg|thumb|Verdi in Russia]]
[[File:Verdi-Delfico-1860.jpg|thumb|Caricatura dell'amico [[Melchiorre De Filippis Delfico|Delfico]] (1860)]]
Nel dicembre 1860 Verdi ricevette un'offerta da parte del [[Teatro Mariinskij|Teatro Imperiale]] di [[San Pietroburgo]] di un compenso di 60.000 franchi oltre a tutte le spese per la realizzazione di un'opera. Per adempiere a questa commissione, Verdi pensò di adattare ''Don Alvaro o La fuerza del sino'' dello scrittore [[spagnoli|spagnolo]] [[Ángel de Saavedra]]. Tale idea si concretizzò nell'opera ''[[La forza del destino]]'', un interessante connubio di elementi comici e tragici (con decisa prevalenza di questi ultimi), con Piave che si occupò della stesura del libretto. L'opera possiede un indubbio vigore musicale anche se appare in alcuni punti meno compatta, meno unitaria della precedente sotto il profilo teatrale. Verdi giunse a San Pietroburgo nel dicembre 1861 per la prima, ma alcuni problemi con la compagnia di canto ne provocarono il rinvio.<ref>{{cita|Rosselli, 2000|p. 124}}.</ref>
 
Il 24 febbraio 1862 Verdi fece ritorno dalla Russia a Parigi, dove incontrò due giovani scrittori italiani: [[Arrigo Boito]] e [[Franco Faccio]]. Verdi era stato invitato a scrivere un brano musicale per la [[Grande esposizione di Londra (1862)|Grande esposizione di Londra del 1862]],<ref>{{cita|Phillips-Matz, 1993|pp. 446–449}}.</ref> e il compositore scelse Boito per la scrittura del testo che divenne l'''[[Inno delle Nazioni]]''. Nel mese di settembre dello stesso anno, finalmente si riuscì a mettere in scena a San Pietroburgo la prima de ''La forza del destino''. A testimonianza della fortunata esperienza in terra russa, Verdi fu insignito dell'[[Ordine di San Stanislao]].<ref>{{cita|Budden, 1993|p. 88}}.</ref>
 
Una ripresa di ''Macbeth'' a Parigi nel 1865 non ricevette un pieno successo, ma fece ottenere a Verdi una commissione per una nuova opera: ''[[Don Carlo]]s'', basata sul dramma [[Don Carlos (tragedia)|omonimo]] di [[Friedrich Schiller]]. L'opera ricevette giudizi contrastanti. Mentre il critico Théophile Gautier elogiò il lavoro, il compositore [[Georges Bizet]] rimase deluso dal cambiamento di stile di Verdi, sostenendo che «Verdi non è più l'italiano. Sta seguendo Wagner».<ref>{{cita|Budden, 1993|p. 93}}.</ref> ''Don Carlos'', tuttavia, è oggi considerato uno dei grandi capolavori verdiani. In quest'opera il compositore, pur facendo proprie alcune impostazioni del [[grand opéra]] (fra cui l'articolazione in cinque atti, l'inserimento di un balletto fra il terzo e quarto atto e la creazione di alcune scene particolarmente spettacolari), riesce a scavare in profondità nella psicologia dei protagonisti, offrendoci una poderosa raffigurazione del dramma umano e politico che sconvolse la [[Spagna]] nella seconda metà del [[XVI secolo]] e che ruota attorno alla logica spietata della ragion di stato.
 
Nel corso del decennio tra il 1860 e il 1870, Verdi prestò grande attenzione alla sua tenuta vicino a Busseto, acquisendo ulteriore terreno e migliorandone gli impianti, affrontando raccolti variabili e crisi economiche.<ref>{{cita|Rosselli, 2000|pp. 128–131}}.</ref> Nel 1867, sia suo padre Carlo, con il quale aveva restaurato buoni rapporti, sia il suo mecenate Antonio Barezzi morirono. Verdi e Giuseppina decisero di adottare la pronipote di Carlo, Maria Filomena Verdi, di sette anni, come figlia propria.<ref>{{cita|Rosselli, 2000|pp. 131, 133}}.</ref>
 
La massima maturazione umana e artistica del compositore di Busseto culminò con ''[[Aida]]'', andata in scena a [[Il Cairo]] la vigilia di Natale del 1871. L'opera fu il risultato finale dei contatti tra Verdi e il [[Chedivè|kedivè]] d'Egitto, che nel 1869 aveva invano tentato di ottenere dal maestro un inno per l'inaugurazione del [[Canale di Suez]].<ref>{{cita web|url=http://www.giuseppeverdi.it/it/works/list-of-operas/aida/|titolo=Aida|accesso=17 aprile 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170418082713/http://www.giuseppeverdi.it/it/works/list-of-operas/aida/|dataarchivio=18 aprile 2017|urlmorto=sì}}</ref> Il libretto di ''Aida'', scritto in francese da [[Camille du Locle]] sulla base di uno scenario immaginato dall'[[egittologia|egittologo]] [[Auguste Mariette]], fu trasformato in versi italiani da [[Antonio Ghislanzoni]].<ref>{{cita|Porter, 1980|p. 655}}.</ref> A Verdi fu offerta l'enorme somma di 150.000 franchi per l'opera, tuttavia egli confessò di non aver mai ammirato la civiltà dell'[[Antico Egitto]].<ref>{{cita|Rosselli, 2000|pp. 149–150}}.</ref> ''Aida'' costituisce un ulteriore, grande passo in avanti verso la modernità. Il quasi completo abbandono dei pezzi a forma chiusa e l'uso ancor più accentuato che in passato di temi e motivi musicali ricorrenti potrebbero accostare tale opera al dramma [[Richard Wagner|wagneriano]]. In realtà Verdi aveva seguito un percorso del tutto autonomo in ''Aida'', opera fondamentalmente intimista e poggiata su una vocalità dalle caratteristiche prettamente italiane. Ricordiamo a questo proposito che la prima opera wagneriana ad essere rappresentata in Italia fu il ''[[Lohengrin (opera)|Lohengrin]]'' a [[Bologna]], e ciò avvenne dopo la prima esecuzione dell<nowiki>'</nowiki>''Aida''. Verdi era tuttavia già al corrente di alcune innovazioni musicali del grande compositore tedesco, verso il quale inizialmente non nutriva molta stima.<ref group=N>Possiamo constatarlo dai carteggi. Il 31 dicembre [[1865]], in una lettera diretta ad un amico da [[Parigi]], Verdi così scriveva: «Ho sentito anche la sinfonia del ''[[Tannhäuser (opera)|Tannhäuser]]''. È matto!!!» (''Verdi, lettere 1835-1900'', a cura di Giuseppe Porzio, p. 403, Milano, Mondadori, 2000) e qualche anno più tardi (19 novembre 1871) nell'esprimere un giudizio sul ''[[Lohengrin (opera)|Lohengrin]]'': «Impressione mediocre [...] l'azione lenta come la parola. Quindi noia...» (''Verdi, lettere 1835-1900'', a cura di Giuseppe Porzio, p. 420, Milano, Mondadori, 2000). Con gli anni avrebbe mutato il proprio giudizio e alla morte di Wagner avrebbe pronunciato parole di sincero rammarico e profonda stima nei suoi confronti. Si dice che, benché avesse ascoltato pochissime opere di Wagner, Verdi nel suo armadio conservasse sempre le pubblicazioni di tutti gli spartiti del maestro tedesco.</ref>
 
Verdi trascorse gran parte dei due anni seguenti a sovrintendere alle produzioni italiane di ''Aida'' a Milano, Parma e Napoli.<ref>{{cita|Rosselli, 2000|pp. 158–159}}.</ref> Durante le prove per la produzione di Napoli scrisse il suo ''[[Quartetto in mi minore]]'' per archi, l'unica [[musica da camera]] da lui scritta di cui si abbia prova, che lo fa eseguire privatamente nel suo appartamento.<ref>{{cita web|titolo=Giuseppe Verdi|url=http://www.studiverdiani.it/verdi.html|accesso=15 aprile 2017|editore=Istituto nazionale di studi verdiani|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20071224093350/http://www.studiverdiani.it/verdi.html|dataarchivio=24 dicembre 2007|urlmorto=sì}}.</ref>
 
[[File:G. Verdi 2.jpg|thumb|Foto di Giuseppe Verdi, con firma autografa, donata a [[Francesco Paolo Frontini]]]]
Nel 1869, a Verdi fu chiesto di comporre una sezione per una [[Requiem|messa da requiem]] in memoria di [[Gioachino Rossini]]. Egli completò il lavoro che, tuttavia, abbandonò per cinque anni, fino a quando venne ripreso per il ''[[Requiem (Verdi)|Requiem]]'' in memoria di [[Alessandro Manzoni]].<ref name="Rosselli p. 138">{{cita|Rosselli, 2000|pp. 138–139}}.</ref> La prima esecuzione si tenne il 22 maggio 1874 nella [[Chiesa di San Marco (Milano)|chiesa di San Marco]] di Milano in occasione dell'anniversario della morte del celebre scrittore.<ref name="Rosselli p. 138"/> Il [[soprano]] lirico-drammatico [[Teresa Stolz]] (1834-1902), che aveva cantato nelle produzioni a La Scala, dal 1865 in poi fu la solista nelle prime e in molte delle successive esecuzioni del ''Requiem''; nel febbraio 1872 cantò ''Aida'' in anteprima europea a Milano e instaurò un rapporto personale con Verdi (la cui esatta natura è stata oggetto di congetture, mai ben dimostrate), suscitando l'inquietudine iniziale di Giuseppina Verdi. Tuttavia, le due donne si riconciliarono e la Stolz rimase in buoni rapporti fino alla morte di Verdi.<ref>{{cita|Marri, 2013|p. 110}}.</ref><ref>{{cita|Gatti, 1981|p. 633}}.</ref>
 
Nel 1875 Verdi diresse il suo ''Requiem'' a Parigi, Londra e Vienna e nel 1876 a [[Colonia (Germania)|Colonia]].<ref name="cita|Porter, 1980|p. 653">{{cita|Porter, 1980|p. 653}}.</ref> Nonostante i più ritenessero che quella fosse la sua ultima opera,<ref>{{cita|Rosselli, 2000|pp. 163–165}}.</ref> segretamente Verdi iniziò a lavorare su ''[[Otello]]'', che Boito gli propose privatamente nel 1879. La composizione fu ritardata per via di una revisione del ''Simon Boccanegra'' e del ''Don Carlos''. Conteso da numerosi teatri, infine, l<nowiki>'</nowiki>''Otello'' debuttò trionfalmente alla Scala nel febbraio del 1887.<ref>{{cita|Rosselli, 2000|pp. 164–172}}.</ref>
 
=== 1887-1901: ''Falstaff'' e gli ultimi anni ===