Emanuele Tesauro: differenze tra le versioni
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In giovinezza Tesauro mise insieme una raccolta di [[Epigramma|epigrammi]] latini, più volte ristampati, con alcune [[Ode|odi]] di sapore [[Quinto Orazio Flacco|oraziano]].<ref>Sulla produzione latina del Tesauro, cfr. l'importante contributo di M. L. Doglio, ''Latino e ideologia cortigiana di Emanuele Tesauro (con due inediti delle Inscriptiones)'', in ''Filologia e forme letterarie. Studi offerti a Francesco Della Corte'', vol. V, Urbino, Università degli Studi di Urbino, 1987, pp. 567-588.</ref> Gli è attribuita una tragedia musicale, cioè una specie di [[melodramma]], l’''Alcesti o sia l'amor sincero'', stampata adespota a Torino nel 1665 e rappresentata in occasione delle seconde nozze di Carlo Emanuele II con [[Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours]]<ref>{{Cita pubblicazione|autore=[[Giulio Ferroni]]|titolo=Tesauro e Martello: due varianti del mito di Alcesti|anno=2006|pubblicazione=La scena del mondo: studi sul teatro per Franco Fido|p=113|ISBN=978-88-8063-508-6|editore=[[Angelo Longo Editore]]|curatore=Rena Anna Syska-Lamparska|doi=10.1400/55560}}</ref> La [[tragicommedia]] a lieto fine è costruita da Tesauro sulle orme della mistione tragicomica sperimentata da [[Battista Guarini]], che proprio per le nozze di [[Carlo Emanuele I di Savoia]] e di [[Caterina Michela d'Asburgo]] aveva composto il [[Il pastor fido (Guarini)|''Pastor fido'']].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Denise Aricò|titolo=Recensione di: Emanuele Tesauro, Alcesti o sia l'amor sincero, a cura di Maria Luisa Doglio|p=223|volume=62|pubblicazione=Studi e problemi di critica testuale|curatore=Silvia Salvi|numero=1|anno=2001}}</ref>
Al teatro Tesauro diede anche tre tragedie vere e proprie: l’''Hippolito'' e l’''Edipo'' e l’''Ermenegildo'' (pubblicate insieme a Torino nel 1661 ma rielaborate in un lunghissimo arco di tempo, con un «quotidiano ritorno» a [[Sofocle]], a [[Euripide]], a [[Seneca]]).
«Lungi dall'essere un'attività di contorno, il teatro di Tesauro colpisce il suo lettore per la fitta rete di rimandi alla riflessione teorica, di cui i drammi si rivelano intessuti.»<ref>{{cita|Valeria Merola (2006)|p. 403}}.</ref>
L’''Ermenegildo'', che non si attiene strettamente alle [[Unità aristoteliche|regole aristoteliche]], è da annoverarsi fra le migliori opere drammatiche del Seicento. La vicenda del [[Ermenegildo (principe visigoto)|principe visigoto]], affrontata due volte da Tesauro a quarant'anni di distanza, era in gran voga nel Seicento grazie all'iniziativa di [[Filippo II di Spagna]], desideroso di contrapporre un re santo spagnolo all'omologo [[Luigi IX di Francia|San Luigi]] venerato dai francesi.
Nell’''Ermenegildo'' di Tesauro la trama si sviluppa intorno al conflitto per l'eredità del [[Regno visigoto|regno]], con un padre imbelle e due aspiranti, Ermenegildo e [[Recaredo I|Recaredo]], rappresentanti rispettivamente bene e male, che si combattono strenuamente. «Per Tesauro è fondamentale il tessuto verbale, le metafore, le arguzie e i concetti, in un teatro di musica e parole che oscura la trama edificante e terribile della lotta tra padre e figlio.»<ref>{{Cita pubblicazione|titolo=Barocco italiano|autore=Franca Angelini|isbn=9788806147501|pubblicazione=Storia del teatro moderno e contemporaneo|volume=1|curatore1=Roberto Alonge|curatore2=Guido Davico Bonino|editore=[[Giulio Einaudi Editore]]|anno=2000|p=243}}</ref> Fedele all'intento di suscitare nel lettore meraviglia e stupore, Tesauro utilizza uno stile intriso di concetti raffinati, antitesi e strutture parallele.<ref>{{cita libro|curatore=Peter Brand|titolo=The Cambridge History of Italian Literature|url=https://books.google.it/books?id=6bfZ5O8Vsm4C&pg=PA333&lpg=PA333&dq=Tesauro#v=onepage&q&f=false|anno=1996|editore=[[Cambridge University Press]]|p=333|isbn=978-0-521-43492-8}}</ref>
Nell’''Edipo'', edito due anni dopo l’''Œdipe'' di [[Pierre Corneille]], Tesauro parte dallo spunto offertogli dall’[[Edipo (Seneca)|Edipo]] senecano per esplorare la questione del [[destino]], del [[libero arbitrio]] e della responsabilità personale. Molto spazio è dato a [[Tiresia]]. Trasformato in sacerdote, in netto contrasto con i suoi antecedenti, in particolare quello senecano, Tiresia è in grado di riconoscere tutti i segni "celesti", abilità che contrasta con il costante fallimento del tentativo di Edipo di interpretarli razionalmente. Il Tiresia di Tesauro è di conseguenza persuaso della responsabilità di Edipo, cosicché, mentre Sofocle propende per l’innocenza di Edipo, Tesauro, adottando la prospettiva di Tiresia, propende decisamente per la sua colpevolezza.<ref>{{cita pubblicazione|pubblicazione=Brill's Companion to the Reception of Sophocles|autore=Rosanna Lauriola|anno=2017|editore=[[Brill Editore]]|titolo=Oedipus the King|p=190|isbn=978-90-04-30094-1|citazione=On account of his religious credo Tesauro seems to approach the tragedy to explore the issue of fate, free will, and personal responsibility. Much space is given to Tiresias. Turned into a priest, in contrast to his antecedents, in particular the Senecan one, he is able to recognize all the 'celestial' signs—such a skill that contrasts with the consistent failure of Oedipus' rational response to those same signs. This Tiresias is accordingly persuaded of Oedipus' responsibility, so that, whereas in Sophocles the scales tip in favor of innocence, in Tesauro, through Tiresias' lenses, the scales firmly tip in favor of guilt.|lingua=en}}</ref> «L’''Edipo'' del Tesauro, per la sapienza della costruzione, l'ardita capacità di legare i temi dell'inconscio individuale con le ragioni politiche dello stato, le [[anfibologie]] del testo sofocleo e senechiano a un secentesco gusto del concettismo e dell'argutezza, rimane una delle prove più alte del nostro teatro, certamente più suggestivo, ricco, affascinante di quello di Corneille e forse anche del pur pungente ''[[Edipo (Voltaire)|Edipo]]'' di [[Voltaire]].» <ref>{{cita pubblicazione|autore=[[Carlo Ossola]]|titolo=«Edipo e ragion di Stato»: mitologie comparate|pubblicazione=Lettere italiane|volume=34|numero=4|mese= ottobre-dicembre|anno=1982|p=498|jstor=26260739}}</ref>
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