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Attraverso le sue ricerche De André si convinse della mancanza di un vero contatto tra la musica folkloristica che allora era diffusa e la reale tradizione popolare genovese, soprattutto a causa dell'introduzione di temi musicali [[Lombardia|lombardi]] e [[Piemonte|piemontesi]], oltre a [[valzer]] e [[tango argentino|tanghi]] adottati per il mercato degli emigranti in [[Sudamerica]]; proprio in relazione con le sonorità sudamericane nacque negli anni sessanta un nuovo filone compositivo che, sfruttando l'assonanza tra genovese e [[portoghese]], utilizzava ritmi [[Brasile|brasiliani]] per musicare testi dialettali, allontanando in questo senso ancor di più la musica dalla tradizione ligure.[[Image:Santa_Teresa_di_Gallura_Capo_Testa_Bathing.jpg|thumb|250px|Gallura, scorcio di un'insenatura]]Fabrizio si persuase dunque dell'esistenza di due livelli di musica popolare: quella che chiama "musica folkloristica" in realtà è musica tesa al consumo delle classi elevate, mentre la "musica etnica" è la musica interna al popolo, realizzata per il divertimento del popolo stesso. <ref name=Lanza>Luciano Lanza. ''Intervista a Fabrizio De André'' (1993). [http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/deandre/16.htm]</ref>
Con il trasferimento in [[Gallura]], presso [[Tempio Pausania]], durante la prima metà degli [[anni '70]], De André ebbe l'occasione di di avere una visione più ampia sulle tradizioni popolari: l'impatto della cultura sarda si manifestò nell'uso del [[dialetto gallurese|gallurese]] nel ''Baddu tundu''
Nonostante l'interesse per il patrimonio culturale popolare, probabilmente perché (a detta dello stesso De André) i tempi non erano sufficientemente maturi, Fabrizio non prese mai seriamente in considerazione l'idea di comporre un album in dialetto; decisivo in tal senso fu l'incontro fortuito con [[Mauro Pagani]], nel [[1981]].
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