San Calocero al Monte: differenze tra le versioni

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Nel 1368 l'abate Federico di Ceva, il vescovo Giovanni Fieschi e il Comune di Albenga, in cambio di un canone annuo, cedettero la chiesa di San Calocero, gli edifici, e i terreni attigui, allo scopo di costituirvi un monastero femminile sotto la regola di San Benedetto, così come ci è stato tramandato e confermato dalla bolla di Gregorio X del 1374. Questo convento è visto e sovrinteso soprattutto dal monastero di San Martino, che per la prima volta in Albenga vede l'istituzione di una casa di religiose regolari. Già nel Duecento è presente in città la Congregatio Sancte Marie, ente benefico e laico, volta al sostentamento e alla cura dei bisognosi, che trova in questo convento femminile una più profonda devozione. La costituzione del monastero tuttavia è fragile.
 
In questo periodo si ha una diminuzione del numero dei monaci anche nel convento di San Martino, che diventa assieme a San Calocero, espressione di un esile segmento sociale, egemonizzato dalla famiglia dei [[Del Carretto]] che hanno due abati della Gallinara, Pietro (1398-1413) e Carlo (1424-1473), oltre al vescovo ingauno Matteo (1429-1448) e anche la badessa di San Calocero, Venezia, che sappiamo che nel 1485 prende in concessione un pezzo di terra, a nome suo di altre tre consorelle, di cui c'è anche Antonietta Del Carretto. Nel 1473 con la morte di Carlo, San Martino viene concesso in commenda, un evento simbolo del tramonto del cenobitismo benedettino albenganese. Nel 1490 i notabili ingauni, Nicolò Marchese, Francesco Marchese, Bernardo d'Aste, Agostino Giorgis, Gaspare Lavagna e Lorenzo [[Noberasco]], approfittando della scomparsa della badessa, chiedono in Consiglio Comunale di provvedere alla riforma del convento in direzione della clausura. Tuttavia il gioco è importante e dura diversi anni, anche perché si deve avere il beneplacito delle stesse monache. Un primo impianto delle [[agostiniane]], poi nel 1519 una delibera consigliare, ribadendo la necessità della clausura, prospetta il monastero la soggezione a quello dell'Annunziata di Pavia, sotto la regola di [[Monache clarisse|Santa Chiara]]. L'approvazione papale avviene quattro anni dopo, sotto la direzione spirituale di [[Chiesa di San Bernardino (Albenga)|San Bernardino]], ma la decisione è in contrasto con le monache, che sono cinque e decidono di lasciare il convento. Le [[Monache clarisse|Clarisse]] affermano la loro forse presenza con una ''inventio'' dove la badessa, suor Innocenza della Lengueglia, si mette alla pari agli altri uomini di potere clericale e cittadino; con questa traslazione avvenuta il 29 novembre 1523 il convento ottiene piena legittimazione. Si sa che alla vigilia della traslazione in [[Centro Storicostorico di Albenga|centro]] nel 1586 si hanno undici monache, una Spelta, due Ricci , una Cepollina, tre Lengueglia. Il culto di San Calocero ottiene nuova linfa, con il rinnovamento dei luoghi e del culto attraverso il recinto sacro del monastero, capace di scontrarsi con San Verano e San Benedetto per devozione spirituale. Viene definito anche il nome diffuso all'epoca di ''Calozano'' a partire dalla seconda metà del Trecento. San Calocero era anche il protettore dalla peste nel tardo Medioevo, tant'è che in città non si radica il culto di San Rocco e San Sebastiano, che erano gli specialisti della malattia.
 
 
 
Altri ampiamenti e modifiche vennero realizzati nel corso dei secoli fino al 1593 quando le [[monache clarisse]] si trasferirono nel quartiere di Sant'Eulalia nell'attuale Ospedale Vecchio. L'area il monastero vennero acquistate 1607 dalla famiglia Cepolla. Nel 1934 [[Nino Lamboglia]] eseguì i primi scavi, e in altre fasi durante il corso del XX secolo e dei decenni successivi. L'area è diventata comodamente visitabile e fruibile a partire del 2008.