Arduino d'Ivrea: differenze tra le versioni

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Marchese di Ivrea: La pratica dei vescovi-conte è una leggenda storiografica: in realtà essi riuscirono ad acquisire potere nel contesto dell'indebolimento del potere regio nel periodo post-carolingio. Ottone I poté solo constatare il loro potere, attuando «politiche di compromesso» con essi ma tentò contemporaneamente si riavvivare il potere pubblico/comitale (Vito Fumagalli, Terra e società nell'Italia padana. I secoli IX e X pp. 94; Luigi Provero, L'Italia dei poteri locali, p.26)
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La marca comprendeva i comitati di [[Ivrea]], [[Vercelli]], [[Novara]], [[Vigevano]], [[Pombia]], [[Burgaria]] e la zona [[Pavia|pavese]] della [[Lomellina]].
 
Tra il [[997]] e il [[999]] Arduino ebbe forti contrasti con i [[vescovi di Ivrea]] e di [[vescovi di Vercelli|Vercelli]]. Ai fini di limitare il potere dei [[marchese|marchesi]] e di impedire che il loro titolo diventasse dinastico, gli imperatori del [[Sacro Romano Impero]] avevano infatti da tempo imboccato la strada del conferimento di [[Vescovo-Conte|poteri comitali]] a vescovi da essi direttamente prescelti (''[[lotta per le investiture]]'').
 
Venuto a guerra aperta nel febbraio del [[997]] con il [[vescovo di Vercelli]] Pietro, il marchese assediò la città e infine entrò in [[Vercelli]] con i suoi [[Vassallo|vassalli]] minori, incendiando il [[Duomo di Vercelli|Duomo]] e causando la morte del vescovo.