Un primo recupero del clavicembalo nell'esecuzione del repertorio originariamente destinato a questo strumento (nel corso del XIX secolo le opere per tastiera di [[Johann Sebastian Bach|Bach]], [[Georg Friedrich Händel|Haendel]] e [[Domenico Scarlatti]] erano eseguite al pianoforte) si ebbe all'inizio del Novecento, soprattutto per iniziativa della clavicembalista polacca [[Wanda Landowska]] (1879-1959). La Landowska utilizzava un clavicembalo costruito da [[Ignaz Pleyel|Pleyel]], piuttosto somigliante a un pianoforte. Strumenti come questo, anche se oggi considerati non appropriati per la musica del XVII e del XVIII secolo, conservano un'importanza per la musica che è stata composta, nella prima metà del Novecento e fino agli anni 1960, appositamente per quel tipo di clavicembalo.
Una svolta si ebbe negli anni sessantaSessanta del Novecento con la nascita, in Europa e nel Nordamerica, di una nuova prassi esecutiva basata sulla [[musica antica|ricerca filologica]], per la quale l'uso di strumenti d'epoca (o di copie di strumenti originali), a fianco della conoscenza diretta delle fonti trattatistiche e delle partiture originali, costituisce un elemento irrinunciabile per l'interpretazione della musica del passato. I primi strumenti realizzati secondo le tecniche costruttive antiche e copiando fedelmente strumenti originali si ebbero grazie alla pionieristiche iniziative di costruttori del mondo anglosassone, come [[Frank Hubbard]] e [[William Dowd]], e tedesco, come [[Martin Skowroneck]], seguiti in anni più recenti da un gran numero di costruttori. Negli stessi anni, interpreti come [[Gustav Leonhardt]], [[Kenneth Gilbert]], [[Ralph Kirkpatrick]] sono stati i capostipiti di generazioni di esecutori, sempre più numerose nei decenni successivi, che hanno ulteriormente approfondito lo studio della prassi esecutiva e delle fonti dell'epoca e hanno riportato in luce un repertorio sempre più vasto.