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L'espressione "''fuoco greco''" non è riscontrata nelle fonti bizantine, infatti il termine è stato coniato ben dopo la sua scomparsa; nelle fonti dell'epoca la miscela era chiamata:"fuoco marino" (πῦρ θαλάσσιον, ''pŷr thalássion''), "fuoco romano" (πῦρ ῥωμαϊκόν, ''pŷr rhōmaïkón''), "fuoco di guerra" (πολεμικὸν πῦρ, ''polemikòn pŷr''), "fuoco liquido" (ὑγρὸν πῦρ, ''hygròn pŷr''), "fuoco vischioso" (πῦρ κολλητικόν, ''pŷr kollētikón'') o "fuoco artificiale" (πῦρ σκευαστόν, ''pŷr skeuastón'').<ref>Pryor & Jeffreys, 2006, pp. 608–609</ref><ref>Forbes, 1959, p. 83</ref>
La sua efficacia bellica
[[File:Hand-siphon for Greek fire, medieval illumination (detail).jpg|thumb|Dettaglio di un dispositivo manuale per il lancio.]]
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Il fuoco greco, la cui invenzione è attribuita a un greco del VII secolo originario della [[città]] di Eliopolis (oggi [[Baalbek]] in [[Libano]]), di nome [[Callinico di Eliopoli|Callinico]]
Il primo utilizzo registrato, risale al primo assedio di [[Costantinopoli]] da parte degli Arabi nel 678 dove fu usato sulle mura.▼
▲Il primo utilizzo registrato, risale al primo assedio di [[Costantinopoli]] da parte degli Arabi nel 678,
Fu proprio l'utilizzo del fuoco greco che fece fallire il [[Assedio di Costantinopoli (717)|secondo assedio di Costantinopoli]], condotto dagli [[Arabi]] [[musulmani]] fra il 717 d e il 718.<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/armi-da-fuoco_(Enciclopedia-dell'-Arte-Medievale)/|titolo=ARMI DA FUOCO in "Enciclopedia dell'Arte Medievale"|sito=www.treccani.it|lingua=|accesso=2018-09-09}}</ref>
Durante gli anni 821-822 fu usato contro la flotta
Nel 941 fu registrato il suo utilizzo da parte della flotta comandata da [[Romano I Lecapeno]] che, con l'ausilio di sole 15 navi, riuscì a liberare Costantinopoli dall'assedio navale da parte della flotta dei [[Rus']], che comprendeva svariate centinaia di navi.
Nel 972, sotto il regno dell'imperatore [[Giovanni I Zimisce]], venne usato
Nel 988-989 l'imperatore
Nel 1108 fu usato nell'assedio di [[Durazzo]] dove i bizantini bruciarono le macchine d'assedio controllate da [[Boemondo I di Antiochia]].
Molto probabilmente la ragione è da attribuire al declino in termini di numeri ed efficacia della flotta bizantina e alla rivalità di [[Genova]] e [[Venezia]] che, insieme all'arrivo dei [[mongoli]], nel 1220 rese inaccessibili le materie prime per la creazione del composto. == Descrizione ==
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La composizione veniva custodita tanto gelosamente che la legge puniva con la morte chiunque divulgasse ai nemici il [[arma segreta|segreto]].
La miscela veniva spruzzata con la semplice pressione del [[piede]] sulle imbarcazioni nemiche.
▲Il fuoco greco, la cui invenzione è attribuita a un greco del VII secolo originario della [[città]] di Eliopolis (oggi [[Baalbek]] in [[Libano]]), di nome [[Callinico di Eliopoli|Callinico]],<ref>{{Cita libro|autore=[[Michel Rouche]]|traduttore=Marianna Matullo|titolo=[[Attila]]|collana=I protagonisti della storia|anno=2019|editore=[[Salerno Editrice]]|città=[[Pioltello]] (MI)|p=100|volume=14|ISSN=2531-5609}}</ref> oggi si ritiene fosse un insieme di vari elementi chimici probabilmente a base di [[petrolio]], contenuta in un grande [[otre]] di pelle o di [[terracotta]] (''sìfones'') collegato ad un tubo di [[rame]], montato sui [[Dromone|dromoni]] bizantini.
Altre varianti del fuoco greco si
▲La miscela veniva spruzzata con la semplice pressione del [[piede]] sulle imbarcazioni nemiche; il macchinario doveva avere una certa complessità e particolare manifattura; ci sono registri che parlano di 36 navi bizantine contenenti il liquido ed il sistema per usarlo che furono catturate dai bulgari e mai utilizzate.
La caratteristica che rendeva temuti questi primitivi [[lanciafiamme]] era che il fuoco greco, a causa della sua composizione chimica, non poteva essere spento con la sola acqua.
▲Altre varianti del fuoco greco si presentano in forma di granate dove il liquido è stipato dentro vasi di terracotta che venivano lanciati sul naviglio nemico tramite le [[Petriera|petriere]], similmente a mortai di [[artiglieria]].
Nel trattato medievale ''[[Liber Ignium ad Comburendos Hostes]],'' scritto in latino accreditato certo [[Marcus Graecus]], si afferma che l'unico modo per spegnerlo sarebbe stato quello di usare l'[[urina]], [[sabbia|la sabbia]] o [[aceto|l'aceto]].<ref>{{cita libro|titolo=Le armi che hanno cambiato la storia di Roma antica|autore=Marco Lucchetti|editore=Newton Compton|anno=2018|ISBN=9788822717436}}</ref>
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La formula, considerata segreto di stato, conosciuta solo dall'imperatore e pochi artigiani fidati, è stata ormai perduta ma si pensa che la miscela fosse a base di [[petrolio]] o [[nafta]] probabilmente ottenuti dai territori del [[Caucaso]], più precisamente nella città di [[Tmutarakan']], nell'attuale territorio di [[Krasnodar]] della Federazione russa, che presentava un territorio ideale per l'estrazione di petrolio in condizioni ottimali senza particolari sforzi.
Il processo di creazione era complicato e pericoloso, e sicuramente necessitava di una tecnologia particolarmente avanzata per il tempo.
Le
{{Citazione|Questo fuoco è prodotto dalle seguenti arti: dal pino e da alcuni di questi alberi sempreverdi si raccoglie resina infiammabile. Questo viene strofinato con zolfo e messo in tubi di canna, e viene soffiato dagli uomini che lo usano con un respiro violento e continuo. Poi in questo modo incontra il fuoco sulla punta e prende la luce e cade come un turbine infuocato sui volti dei nemici.|Anna Comnena, Alessiade 1148}}
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