Leonardo Sinisgalli: differenze tra le versioni

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Dopo la laurea in Ingegneria Elettronica e Industriale e all'esame di Stato sostenuto a [[Padova]] nel 1932, parte alla volta di [[Milano]], ma dovrà fare i conti, nei primi tempi, con molte difficoltà, nonostante qualche saltuaria collaborazione a “[[L'Italia Letteraria|L’Italia Letteraria]]” e a “[[La Lettura (rivista)|La Lettura]]”. La svolta fu sancita dall'incontro con [[Giuseppe Ungaretti|Ungaretti]], poeta già di fama, che, nel '34 , non tacque l'entusiasmo per il talento del giovane Sinisgalli, dapprima con una corrispondenza sulla “Gazzetta del Popolo”, in seguito a Torino, durante una conferenza sul Petrarca. Il 1934 lo vede partecipare, dietro suggerimento di Zavattini, ai Littorali per la gioventù a [[Firenze]], durante i quali una giuria composta da [[Riccardo Bacchelli|Bacchelli]], Ungaretti, [[Aldo Palazzeschi|Palazzeschi]] decreta la vittoria della sua poesia "Interno Orfico”, che supera quella di [[Attilio Bertolucci]]; nell'ambito dello stesso concorso, [[Alfonso Gatto]] è primo nella prosa. Essere primo littore di poesia non gli fu giovevole: il suo componimento e quello di Bertolucci furono oggetto di una feroce critica di Telesio Interlandi su “Tevere”, giornale fascista, nel quale lo stesso Interlandi elogiò, invece, il lavoro del quinto classificato [[Pietro Ingrao]], politicamente più impegnato.
 
Il poeta ripara a Montemurro dove prepara, nel 1935, la prima stesura del “Quaderno di geometria” e di molte delle diciotto poesie che in seguito pubblicherà. In virtù delle insistenze di [[Domenico Cantatore|Cantatore]], Zavattini ed altri, decide di ritornare a Milano e dove inizia una stagione ricca di soddisfazioni. Le 18 poesie furono pubblicate per le edizioni Scheiwiller, e la linea editoriale era quella di un libriccino rosso delle dimensioni di un francobollo, per una ragione non prettamente estetica ma funzionale, essendo la carta razionata ai tempi dell'Impero. Quelle poesie si imposero prepotentemente all'attenzione di critici come Emilio Cecchi e De Robertis, che gli dedicò un famoso saggio sul primo numero di "Letteratura", ed inaugurarono la fortunata collana “All'insegna del pesce d'oro”, che prese il nome dall'osteria in cui Leonardo, [[Salvatore Quasimodo|Quasimodo]], Cantatore e [[Giovanni Scheiwiller|Scheiwiller]] si ritrovavano. “Sinisgalli era veramente uno dei più pronti a dominare la situazione e la conversazione, nei giochi propri dei caffè letterari. Ricordo ancora, con una certa emozione, l'uscita della 18 poesie. Fu uno dei libri che allora ebbero una accoglienza sicura da parte dei giovani e della critica più sensibile. Subito ci si accorse che si era davanti ad una figura rilevante della civiltà poetica di quel tempo”, sono queste le parole che usò Luciano Anceschi scrivendo di Leonardo al ''Savini'', un caffè abituato a veder seduti ai suoi tavoli artisti e letterati. Contemporaneamente il poeta si dedicava in maniera febbrile alla sua attività pubblicistica, scrivendo su riviste di architettura e di arredamento, non tralasciando il suo interesse per gli allestimenti e la grafica<ref>cfr. "La merce e l'oggetto" ne "Il Mattino" del 30/01/1977 e ne scrisse su "La Stampa" C. Alvaro</ref>. Nel periodo milanese, pregno di amicizie e possibilità, impegnava le sue giornate a coltivare le amicizie con Persico, Pagano, Nizzoli, Terragni, Veronesi, con il grande architetto [[Gio Ponti]], e frequentando lo studio Boggeri e la Galleria del Milione. I suoi "Ritratti di macchine" e "Quaderno di geometria" fissano il primo tentativo di Sinisgalli di giungere ad un superamento del dualismo tra la cultura scientifica e artistica. Il lungo legame che intreccerà la vita di Sinisgalli al mondo della grande industria comincia nel '37 quando, dietro consiglio di Gatto, risponde ad un'inserzione che gli procurerà un contratto con la Società del Linoleum come organizzatore di convegni e collaboratore di una rivista specializzata. Nel '38, [[Adriano Olivetti]] lo assume come responsabile dell'Ufficio tecnico di pubblicità.
 
Un grande fervore creativo caratterizza i due anni in cui lavora alla [[Olivetti]]: le sue vetrine e i manifesti pubblicitari assurgono quasi a prodromi delle tecniche proprie della pop-art; sono oggetto di commenti e attenzioni, la rosa in un calamaio accanto alla macchina da scrivere “Studio 42” diventa l'emblema della sua lirica peculiarità di reclamizzare i prodotti industriali. Pubblica in questo stesso periodo ”Campi Elisi”, opera che sottolinea la sua adesione al gusto ermetico, della quale scriveranno Anceschi, Contini, Bo, quest'ultimo sottolineandone la leggibilità estrema e la concretezza di sentimenti così da contraddire le critiche di oscurità di cui erano fatte oggetto le liriche ermetiche.